L’ordinanza sindacale tramite cui si impone la presenza del Crocifisso negli uffici pubblici è illegittima per straripamento di potere e difetto di attribuzione.
Lo ha sentenziato il Consiglio di Stato Cons. Stato, sez. II, sent., 18 marzo 2024, numero 2567 . La legittimità dell'ordinanza in base alla pronuncia CEDU Il TAR aveva in parte dichiarato improcedibile e in parte rigettato il ricorso proposto da un'associazione di atei contro l'ordinanza del novembre 2009, tramite la quale il Sindaco di un Comune, in virtù degli articoli 50 e 54 d.lgs. numero 267/2000, aveva ordinato l'immediata affissione del crocifisso in tutti gli uffici pubblici presenti nel territorio comunale, prevedendo al contempo la sanzione di 500 euro a carico dei trasgressori. Il parziale rigetto era stato motivato sul rilievo che, in base alla sentenza 18 marzo 2011 della Corte Edu in materia di simboli religiosi, ogni Stato membro è titolare di un margine di apprezzamento quanto al luogo della loro esposizione, dovendosi al contempo escludere che il crocifisso rappresenti un elemento di indottrinamento, incompatibile, in quanto tale, con la libera espressione del pensiero. Lo straripamento dei poteri da parte del Sindaco L'associazione adisce il Consiglio di Stato riproponendo i mezzi di impugnazione già dedotti innanzi al TAR, quindi sollevando il vizio di incompetenza dell'ordinanza, per avere il Sindaco straripato dai poteri attribuitigli dagli articoli 50 e 54 d.lgs. numero 267/2000. Nell'accogliere il motivo, il Collegio di Palazzo Spada spiega che nell'ordinamento italiano, a garanzia della sfera giuridico-patrimoniale dei consociati, vigono i principi di legalità e di tipicità dei provvedimenti amministrativi. Per tale ragione, le fattispecie nelle quali la legge ammette che un atto amministrativo possa avere contenuto atipico sono da ritenersi eccezionali e, per l'effetto, di stretta interpretazione. Nell'ipotesi dei poteri contingibili e urgenti attribuiti al Sindaco che, presentando un contenuto atipico, rientrano in quest'ultima categoria onde ulteriormente restringerne l'operatività, il TUEL prevede specifici requisiti per il relativo esercizio. La base normativa del provvedimento impugnato L'ordinanza si basa sugli articoli 50 e 54 d.lgs. numero 267/2000. Il comma 5 dell'articolo 50 attribuisce al Sindaco, in ipotesi di emergenze sanitarie o di igiene pubblica a carattere esclusivamente locale, il potere di emettere ordinanze contingibili e urgenti quando vi sia un'«urgente necessità di interventi volti a superare situazioni di grave incuria o degrado del territorio, dell'ambiente e del patrimonio culturale o di pregiudizio del decoro e della vivibilità urbana, con particolare riferimento alle esigenze di tutela della tranquillità e del riposo dei residenti, anche intervenendo in materia di orari di vendita, anche per asporto, e di somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche … ». L'articolo 54, dopo aver previsto al comma 2 che il sindaco agisce quale Ufficiale del Governo nell'esercizio di detti poteri, prevede al comma 4 che egli «adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei princìpi generali dell'ordinamento al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l'incolumità pubblica e la sicurezza urbana». Il comma 4-bis del medesimo articolo 54 prevede infine che «i provvedimenti adottati ai sensi del comma 4 concernenti l'incolumità pubblica sono diretti a tutelare l'integrità fisica della popolazione, quelli concernenti la sicurezza urbana sono diretti a prevenire e contrastare [le situazioni che favoriscono] l'insorgere di fenomeni criminosi o di illegalità, quali lo spaccio di stupefacenti, lo sfruttamento della prostituzione, la tratta di persone, l'accattonaggio con impiego di minori e disabili, ovvero riguardano fenomeni di abusivismo, quale l'illecita occupazione di spazi pubblici, o di violenza, anche legati all'abuso di alcool o all'uso di sostanze stupefacenti». La motivazione Il provvedimento de quo ha giustificato la prescrizione con cui imponeva l'esposizione del crocifisso negli uffici pubblici con l'urgenza di «preservare le attuali tradizioni ovvero mantenere negli edifici pubblici di questo comune la presenza del crocifisso quale simbolo fondamentale dei valori civili e culturali del nostro paese». Per il Consiglio di Stato tale motivazione non rientra, neppure indirettamente, in alcuno dei presupposti di fatto che avrebbero legittimato l'esercizio del relativo potere. Il difetto di attribuzione Oltre a quanto osservato, in tema di provvedimenti contingibili e urgenti, solamente a fronte di una puntuale rappresentazione della situazione di grave pericolo attuale, suffragata da istruttoria e motivazione adeguate, si può giustificare l'eccezionale deroga al principio di tipicità degli atti amministrativi e alla disciplina vigente, attuata mediante l'utilizzazione di provvedimenti extra ordinem Consiglio di Stato, sez. V, numero 9178/2022 , con la conseguenza che il provvedimento impugnato è stato emesso in difetto di attribuzione. Il bilanciamento degli interessi La declaratoria di illegittimità è stata affermata anche in quanto non risulta che il Sindaco, prima di emettere la misura, abbia effettuato un ragionevole bilanciamento tra gli interessi in gioco coinvolti nella decisione amministrativa. Come hanno chiarito, con riferimento al crocifisso affisso nelle aule scolastiche, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione numero 24414/2021 , tale valutazione andava esperita in quanto il R.D. numero 965 del 1924, articolo 118, che comprende il crocifisso tra gli arredi scolastici, deve essere interpretato in conformità alla Costituzione e alla legislazione che dei principi costituzionali costituisce svolgimento e attuazione, nel senso che la comunità scolastica può decidere di esporre il crocifisso in aula con valutazione che sia frutto del rispetto delle convinzioni di tutti i componenti della medesima comunità, ricercando un “ragionevole accomodamento” tra eventuali posizioni difformi”. La compensazione delle spese L'appello è stato accolto, con dichiarazione dell'illegittimità dell'ordinanza impugnata. Tenuto conto che quest'ultima è stata revocata dopo soli pochi mesi dalla sua emanazione, avendo quindi un modesto impatto nella comunità locale, le spese sono state integralmente compensate.