Quando risulta improponibile la domanda di arricchimento ingiustificato?

Con ordinanza numero 9094/2024, i ricorrenti ritengono che il Comune, pur avendo la possibilità di agire direttamente nei confronti dell’avvocato protagonista della vicenda in esame, aveva agito per indebito nei loro confronti, utilizzando l’azione ex articolo 2041 c.c. quale escamotage per contestare l’evidente legittimità della sentenza di primo grado […].

[…] E la Corte d'appello avrebbe eluso «tutti i fattori ostativi all'accoglimento delle domande attoree e, con inammissibile applicazione ‘congiunta' degli articoli 2033 e 2041 c.c. ed erroneamente avrebbe posto a loro carico l'obbligo di indennizzare il Comune» in questione, «mediante restituzione di entrambi gli importi che l'ente aveva a suo tempo versato al professionista, maggiorati di interessi e di rivalutazione dal giorno della domanda». La Suprema Cassazione, accogliendo la doglianza in oggetto, ricorda che « sulla determinazione del carattere di sussidiarietà/residualità dell'azione di arricchimento ingiustificato » sono intervenute le Sezioni Unite, con la pronuncia numero 33954/2023, la quale «ha negato che si debba utilizzare una nozione rigorosa della sussidiarietà in astratto che prescinda in assoluto da ogni verifica sul merito della domanda avanzata in via principale basata sulla mera esistenza di un'altra azione preclusiva della tutela residuale, indipendentemente dal fatto che l'interessato ne abbia usufruito invano o che essa sia divenuta improponibile per altra ragione, perché altrimenti la stessa circostanza che sia stata proposta una diversa domanda renderebbe improponibile ex articolo 2042 c.c., la domanda di arricchimento , anche a voler annettere alla prima pronuncia di improponibilità una valenza solo processuale ». Pertanto, la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere improponibile la domanda di arricchimento ingiustificato per difetto del carattere di sussidiarietà, atteso che il giudice di prime cure aveva rigettato la pretesa «poichè l'aveva ritenuta erroneamente rivolta verso gli odierni ricorrenti piuttosto che nei confronti dell'avvocato che aveva ricevuto le somme di cui l'attore chiedeva la restituzione».

Presidente Travaglino – Relatore Gorgoni Svolgimento del giudizio Nel 2007 il Comune di OMISSIS citava, dinanzi al Tribunale di Palmi - Sezione distaccata di Cinquefondi, M.G.V., F.R. e G.G., chiedendone la condanna pro quota e comunque in via solidale alla restituzione della somma di euro 14.888,04, oltre agli interessi legali e alla rivalutazione, nonché la condanna di M.G.V. alla restituzione dell'importo di euro 14.503,25, al netto di interessi e di rivalutazione. A tal fine adduceva che detti importi i coincidevano con i compensi pagati all'avvocato F.B. per l'attività professionale prestata nei due procedimenti penali subiti dai convenuti nelle loro qualità di sindaco M.G.V. e di consiglieri comunali F.R. e G.G. , conclusisi con l'assoluzione “perché il fatto non sussiste” e con il non luogo a procedere con formula “perché il fatto non costituisce reato” ii erano stati posti a carico dell'ente quale debiti fuori bilancio con le delibere consiliari numero 51/2004 e numero 7/2005, poi annullate con le delibere numero 24/2006 e 50/2006, per difetto dei presupposti previsti dalla legge per il rimborso delle spese legali. Tutti i convenuti eccepivano, in via preliminare, il loro difetto di legittimazione passiva, in quanto le somme che il Comune asseriva di aver “indebitamente versato” risultavano per tabulas corrisposte direttamente all'avvocato F.B. e, nel merito, insistevano affinché fosse riconosciuta la connessione delle vicende processuali in cui erano stati coinvolti con l'espletamento del loro mandato di amministratori dell'ente locale e chiedevano che le delibere di annullamento parziale in autotutela fossero disapplicate per evidente illegittimità. Con la sentenza numero 244/2009, il Tribunale di Palmi accoglieva l'eccezione preliminare di difetto di legittimazione passiva dei convenuti rispetto all'azione di ripetizione dell'indebito oggettivo esperita dal Comune di OMISSIS “ causa petendi restituzione somme pagate in esecuzione di delibere annullate petitum pagamento ”, sul rilievo che le pretese restitutorie avevano ad oggetto somme pagate dall'ente direttamente in favore dell'avvocato F.B. e non, come erroneamente indicato in citazione, “rimborsate ai convenuti” . La Corte d'appello di Reggio Calabria, investita del gravame dal Comune di OMISSIS , con la sentenza numero 180/2020, resa pubblica in data 26/02/2020, ha riformato quella di primo grado e condannato gli appellati, ciascuno pro quota e comunque in via solidale, al pagamento a favore del Comune della somma di euro 14.884,04 anche a titolo di indennizzo per indebito arricchimento ai sensi dell' articolo 2041 cod.civ. , oltre agli interessi e alla rivalutazione dal giorno della domanda per lo stesso titolo ha, inoltre, condannato M.G.V. al pagamento a favore del Comune della somma di euro 14.503,25. Segnatamente, la Corte d'appello ha ritenuto il Comune legittimato ad agire a titolo arricchimento ingiustificato nei confronti degli appellati per recuperare quanto corrisposto al professionista che li aveva assistiti nei procedimenti penali a loro carico, ritenendo che il pagamento effettuato dal Comune nelle mani dell'avvocato avesse avuto effetto sostitutivo dell'adempimento degli appellati, i quali se ne erano avvantaggiati per sgravarsi dall'obbligo di corrispondere l'onorario al proprio legale. Ha aggiunto che l'avvocato aveva ricevuto quanto spettantegli per la prestazione svolta dall'amministrazione comunale anziché dai clienti e perciò non poteva essere il legittimato passivo dell'azione restitutoria e che, venuto meno il titolo per la sostituzione nel pagamento/adempimento, non poteva che spettare agli appellati, che avevano salvato il loro patrimonio da una deminutio, l'obbligo di tenere indenne il Comune. Ha osservato che l'azione di ripetizione dell'indebito ha natura restitutoria e riflette l'obbligazione che insorge tra il solvens e l'effettivo beneficiario del pagamento privo di causa adquirendi accipiens e concluso che “non v'è dubbio che gli appellati ex amministratori abbiano la piena legittimazione passiva rispetto l'azione svolta dal Comune, essendo ciascuno di essi convenuti l'effettivo accipiens delle somme pagate dall'Ente comunale, in difetto di causa adquirendi”. M.G.V., F.R. e G.G. ricorrono per la cassazione di detta decisione, formulando tre motivi. Resiste il Comune di OMISSIS . La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell' articolo 380-bis 1 cod.proc.civ. I ricorrenti hanno depositato memoria. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo i ricorrenti denunciano la violazione dell' articolo 2033 cod.civ. , in relazione all'articolo 360, 1° comma, numero 3, cod.proc.civ. Attinta da censura è la statuizione con cui la Corte d'appello ha ritenuto indubbia la loro legittimazione passiva rispetto all'azione svolta dal Comune, essendo gli effettivi accipientes delle somme pagate dall'ente comunale in difetto di causa adquirendi . Secondo i ricorrenti, la motivazione della condanna restitutoria sarebbe solo apparente, siccome frutto di un iter argomentativo in aperto contrasto con il tenore letterale dell' articolo 2033 cod.civ. e con le più elementari regole ermeneutiche. 1.1 L'illustrazione del motivo non consente di individuare in maniera inequivoca se i ricorrenti intendano imputare alla Corte d'appello di essere incorsa in vizi motivazionali o in un error in iudicando. In ogni caso, il vizio motivazionale non sussiste, perché la motivazione c'è, è perfettamente intellegibile e soddisfa ampiamente il minimo costituzionale. L'error in iudicando avrebbe dovuto essere denunciato, per essere scrutinato come tale, mediante la specifica indicazione delle affermazioni in diritto contenute nella sentenza gravata che motivatamente si assumano in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie o con l'interpretazione delle stesse fornita dalla giurisprudenza di legittimità o dalla prevalente dottrina, non risultando altrimenti consentito a questa Corte di adempiere al proprio compito istituzionale di verificare il fondamento della denunziata violazione Cass., Sez. Unumero , 05/05/2006, numero 10313 . 1.1 Il motivo è, dunque, inammissibile. 2 Con il secondo motivo i ricorrenti lamentano la violazione dell' articolo 345 cod.proc.civ. per errata applicazione dell' articolo 2041 cod.civ. e la violazione dell' articolo 2042 cod.civ. , in relazione all'articolo 360, 1° comma, numero 3 e numero 5 cod.proc.civ. In sede di appello, il Comune di OMISSIS aveva enunciato l'intenzione di proporre “con il presente atto anche azione generale di arricchimento ai sensi dell' articolo 2041 del codice civile nei confronti dei convenuti, essendo evidente la sussistenza dei presupposti di tale azione” e, sull'assunto che essa fosse “proponibile anche per la prima volta in appello”, aveva chiesto che gli odierni ricorrenti venissero condannati al pagamento delle somme indicate nell'atto di citazione introduttivo del primo grado “anche a titolo di indennizzo per indebito arricchimento ex articolo 2041 cod. civ ”. Secondo i ricorrenti, che avevano rifiutato il contraddittorio su detta domanda, ritenendola nuova, e che avevano chiesto che fosse dichiarata inammissibile, ai sensi dell' articolo 345 cod.proc.civ. , la domanda di ingiustificato arricchimento non avrebbe dovuto essere accolta in ragione della sua natura residuale o comunque per non essere stata subordinata alla rituale proposizione nel necessario contraddittorio con l'accipiens. In particolare, i ricorrenti ritengono che il Comune, pur avendo la possibilità di agire direttamente nei confronti dell'avvocato F.B., aveva agito per indebito nei loro confronti, utilizzando l'azione ex articolo 2041 cod.civ. quale escamotage per contestare l'evidente legittimità della sentenza di primo grado e la Corte d'appello avrebbe eluso “tutti i fattori ostativi all'accoglimento delle domande attoree e, con inammissibile applicazione ‘congiunta' degli articoli 2033 e 2041 cod. civ. ” ed erroneamente avrebbe posto a loro carico l'obbligo di “indennizzare” il Comune di OMISSIS , mediante restituzione di entrambi gli importi che l'ente aveva a suo tempo versato all'avvocato F.B., maggiorati di interessi e di rivalutazione dal giorno della domanda. E, considerato che solo il rimborso ex articolo 2033 cod. civ. integra un debito di valuta insensibile alla svalutazione monetaria , mentre l'indennizzo per arricchimento ingiustificato è un debito di valore, produttivo di soli interessi legali, avrebbe, in aggiunta, impropriamente determinato gli “indennizzi” in misura pari all'indebito oggettivo, incorrendo in un ulteriore profilo di violazione degli articolo 2033 e 2041 cod.civ. , giacché i due rimedi non sono “fungibili, né sovrapponibili”. Il motivo merita accoglimento nei termini che seguono. Sulla determinazione del carattere di sussidiarietà/residualità dell'azione di arricchimento ingiustificato sono intervenute, di recente, le Sezioni Unite, con la pronuncia numero 05/12/2023, numero 33954, la quale, ai fini che qui interessano, ha negato che si debba utilizzare una nozione rigorosa della sussidiarietà in astratto che prescinda in assoluto da ogni verifica sul merito della domanda avanzata in via principale basata sulla mera esistenza di un'altra azione preclusiva della tutela residuale, indipendentemente dal fatto che l'interessato ne abbia usufruito invano o che essa sia divenuta improponibile per altra ragione, perché altrimenti la stessa circostanza che sia stata proposta una diversa domanda renderebbe improponibile ex articolo 2042 cod.civ. , la domanda di arricchimento, anche a voler annettere alla prima pronuncia di improponibilità una valenza solo processuale. Ha ritenuto, per contro, corretto, anche per ragioni di economia processuale, distinguere in merito alle ragioni del rigetto della domanda, rimettendo al giudice al quale sia riproposta la domanda di arricchimento di verificare, anche d'ufficio ed anche in sede di appello, sulla scorta di quanto emerge dagli atti e dalle allegazioni offerte dalle parti, se sia stata riscontrata una carenza originaria del diverso titolo fondante la domanda c.d. principale in quanto la fattispecie dedotta in giudizio, pur in astratto congrua a realizzare gli effetti previsti dalla legge, è risultata difettosa di qualche requisito essenziale id est, elemento costitutivo della fattispecie o presenza di elemento impeditivo ovvero non è stato possibile ricondurre la fattispecie concreta a quella astrattamente delineata a fondamento dell'azione proposta in via principale ovvero se le ragioni del rigetto derivino “dall'inerzia dell'impoverito ovvero dal mancato assolvimento di qualche onere cui la legge subordinava la difesa di un suo interesse” p. 27 . Nella prima ipotesi il rigetto per accertamento della carenza ab origine del titolo fondante la domanda c.d. principale esclude - secondo la Corte - la possibilità di configurare un concorso tra azioni da risolvere facendo applicazione dell' articolo 2042 cod.civ. , e quindi, a favore della domanda principale detto concorso è solo apparente, in quanto deve escludersi la stessa ricorrenza di un diritto suscettibile di essere dedotto in giudizio, con la conseguente improponibilità della domanda ex articolo 2041 cod.civ. Quanto detto vale per l'ipotesi in cui nello stesso giudizio siano cumulate la domanda principale e quella di arricchimento, in quanto l'esame della seconda per il nesso di subordinazione che ex lege le correla, potrà avvenire solo una volta che si sia risolta negativamente, e nei termini sopra esposti, la verifica circa la ricorrenza del titolo della prima. Allorquando sia direttamente avanzata la domanda di arricchimento spetterà al giudice riscontrare d'ufficio il carattere della residualità della domanda proposta. L'applicazione di detti principi alla fattispecie per cui è causa induce a ritenere – indipendentemente dal se la domanda di arricchimento ingiustificato fosse stata proposta per la prima volta in appello, come denunciano i ricorrenti, e/o dal se fosse possibile anche per il giudice d'appello riqualificare la domanda, in applicazione del principio iura novit curia, non essendo condizionato dalla formula adottata dalla parte, ma solo dal duplice divieto di non immutare i fatti costitutivi e di rispettare il giudicato eventualmente formatosi sulla qualificazione ex multis cfr. Cass. 28/12/2023, numero 36272 – che la Corte territoriale avrebbe dovuto ritenere improponibile la domanda di arricchimento ingiustificato per difetto del carattere di sussidiarietà, atteso che il giudice di prime cure aveva rigettato la pretesa perché l'aveva ritenuta erroneamente rivolta verso gli odierni ricorrenti piuttosto che nei confronti dell'avvocato che aveva ricevuto le somme di cui l'attore chiedeva la restituzione. 3 Con il terzo motivo i ricorrenti imputano alla Corte d'appello la violazione e falsa applicazione dell' articolo 112 cod.proc.civ. in relazione all'articolo 360, 1° comma, numero 3 e 5 cod.proc.civ. La sentenza sarebbe inficiata da ultrapetizione per aver ritenuto dovuti e congrui gli importi pagati dal Comune all'avvocato F.B., omettendo di considerare che la mancata estensione del contraddittorio nei confronti dell'avvocato F.B. precludeva in radice l'accertamento - effettuato e non richiesto - radice l'accertamento - effettuato e non richiesto - sui temi della regolarità del mandato difensivo e della congruità delle parcelle “an e quantum debeatur . L'accoglimento del secondo motivo determina l'assorbimento di quello qui illustrato. 4 La Corte accoglie il secondo motivo per quanto di ragione, dichiara inammissibile il primo ed assorbito il terzo. Cassa in relazione al motivo accolto la sentenza impugnata, e, decidendo nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, dispone la cancellazione delle statuizioni condannatorie a carico dei ricorrenti. Dispone in oltre la compensazione integrale delle spese dell'intero giudizio. P.Q.M. La Corte accoglie per quanto di ragione il secondo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il primo e assorbito il terzo. Cassa in relazione la sentenza impugnata e, decidendo nel merito rigetta la domanda e compensa le spese dell'intero giudizio.