Richiesta di autorizzazione allo svolgimento di attività lavorativa: l’ISEE non basta a dimostrare l’indigenza del detenuto

Nel caso di specie, il Tribunale di Napoli ha correttamente negato l’autorizzazione allo svolgimento di attività lavorativa da parte di un soggetto sottoposto ad arresti domiciliari. La richiesta si fondava infatti solo sui dati ISEE e non precisava le caratteristiche dell’attività lavorativa.

Il Tribunale di Napoli confermava il rigetto dell'istanza difensiva proposta nei confronti di un soggetto sottoposto ad arresti domiciliari per reati in materia di contrabbando volta ad ottenere l'autorizzazione allo svolgimento di attività lavorativa. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione dolendosi, sostanzialmente, dell'asserita mancata dimostrazione dello stato di indigenza dell'interessato quale presupposto per l'autorizzazione al lavoro. Il ricorso risulta però infondato. L'articolo 284, comma 3, c.p.p. deve infatti essere interpretato nel senso che, in presenza della misura degli arresti domiciliari, la valutazione dello stato di assoluta indigenza richiede l'apprezzamento delle complessive fonti di sostentamento disponibili al richiedente, «tenuto conto che con riguardo agli apporti provenienti da terzi, possono essere considerati solo quelli proveniente da soggetti obbligati legalmente, tra i quali non sono compresi i familiari non gravati da un obbligo legale di mantenimento». In tale contesto, la sola dichiarazione ISEE, che nel caso di specie aveva motivato la richiesta, non può considerarsi sufficiente in termini di efficacia dimostrativa. Infine, ricorda la Corte, «la valutazione dell'esistenza dello stato di assoluta indigenza non implica l'automatica concessione dell'autorizzazione richiesta, dato che deve essere successivamente valutato se l'attività lavorativa in concreto richiesta incida sull'efficacia cautelare del vicolo». In conclusione, la Cassazione rigetta il ricorso avendo correttamente il Tribunale escluso che lo stato di indigenza potesse essere provato sulla base della sola dichiarazione ISEE e ribadito la necessità di conservare la funzione cautelare degli arresti domiciliari, in quanto la richiesta era totalmente priva di specificazione delle caratteristiche dell'attività lavorativa richiesta e dei necessari spostamenti dell'interessato.

Presidente Ramacci – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 12 ottobre 2023, il Tribunale di Napoli ha rigettato l'appello proposto dall'interessato, sottoposto ad arresti domiciliari per reati in materia di contrabbando, avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale il 7 agosto 2023, con la quale era stata respinta l'istanza difensiva di autorizzazione allo svolgimento di attività lavorativa. 2. Avverso l'ordinanza, l'imputato, tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamentando, con un primo motivo di doglianza, la contraddittorietà e la manifesta illogicità della motivazione quanto alla valutazione del modello ISEE prodotto dal ricorrente, da cui emergeva un reddito superiore ad euro 16.000,00, sul rilievo che il Tribunale aveva affermato che tale modello riguardasse solo i rapporti tra cittadino e la pubblica amministrazione per l'erogazione di prestazioni sociali, non potendo essere preso in considerazione ai fini dell'autorizzazione al lavoro ex articolo 284 cod. proc. penumero Si contesta la motivazione del provvedimento nella parte in cui richiede all'imputato la prova della mancanza di redditi diversi da quello lavorativo - presso una società, con mansione di impiegato amministrativo e autotrasportatore ed orario di 40 ore settimanali - e della mancanza di un patrimonio personale. Con un secondo motivo di doglianza, si denuncia la violazione dell'articolo 192, comma 1, cod. proc. penumero , criticando la motivazione del provvedimento nella parte in cui afferma che il ricorrente non avrebbe specificato la mansione lavorativa, i turni di lavoro, i gli orari, i luoghi oggetto della sua richiesta. La difesa richiama la documentazione allegata, che indica una variazione di livello e di mansione sempre come autotrasportatore e impiegato amministrativo, sempre per 40 ore settimanali, solitamente dalle 9,00 alle 17,00, con omissis come sede di lavoro, a pochi minuti di macchina dal luogo degli arresti domiciliari. In terzo luogo, si denuncia la violazione dell'articolo 284, comma 3, cod. proc. penumero , quanto alla ritenuta impossibilità del richiedente provvedere altrimenti alle sue indispensabili esigenze di vita. La difesa afferma che la retribuzione mensile lorda sarebbe di euro 1790,37 e che dallo stato di famiglia dell'interessato risultano cinque persone, di cui una minorenne. Considerato in diritto 1. Il ricorso - i cui motivi possono essere trattati congiuntamente, perché attengono alla prova dell'indigenza quale presupposto per l'autorizzazione al lavoro - è infondato. Deve premettersi che, in tema di arresti domiciliari, nella valutazione di assoluta indigenza, necessaria per la richiesta di svolgere attività lavorativa, la concessione dell'autorizzazione a recarsi al lavoro non si configura come un diritto del detenuto agli arresti domiciliari, posto che consentire attività lavorative svolte con continui spostamenti, difficilmente controllabili, snaturerebbe il regime della custodia domestica Cass. Sez. 3, numero 3472 del 20/12/2012, dep. 23/01/2013, Rv. 254428 Sez. 1, numero 103 del 01/12/2006, dep. 08/01/2007, Rv. 235341 . Dunque, non solo la valutazione in ordine alla concessione del beneficio ex articolo 284, comma 3, cod. proc. penumero deve essere improntata a particolare rigore - proprio come dimostrato dalla qualificazione, nella norma, dei presupposti autorizzativi in termini di indispensabilità e di assolutezza - ma il relativo apprezzamento non può prescindere dalla considerazione della compatibilità dell'attività lavorativa proposta, rispetto alle esigenze cautelari poste alla base della misura stessa, la quale costituisce pur sempre una forma di custodia cautelare. In buona sostanza, ai predetti requisiti di indispensabilità ed assolutezza va accoppiata la considerazione della specifica e concreta compatibilità di tale attività con le esigenze cautelari, e ciò all'effetto 1 di impedire che l'attività lavorativa, che si chiede di poter svolgere, comporti l'allontanamento dal luogo di esecuzione degli arresti domiciliari e spostamenti continui, con orari di lavoro difficilmente controllabili 2 oppure, implicando la possibilità per il prevenuto di restare fuori di casa per considerevoli periodi della giornata, vanifichi, in fatto ogni possibilità di sottoporre la persona ai controlli necessari a fini cautelari ex multis, Sez. 5, numero 27971 del 01/07/2020, Rv. 279532 Sez. 6, numero 12337 del 25/02/2008, Rv. 239316 . Tale apprezzamento è, però, logicamente successivo allo scrutinio dell'esistenza della condizione di ammissibilità della istanza, rappresentata - come visto - da una situazione di assoluta indigenza del richiedente situazione che deve essere valutata, stante l'eccezionalità della previsione, secondo criteri di particolare rigore, che non possono però spingersi sino a pretendere una sorta di prova legale della condizione di impossidenza del nucleo familiare dell'indagato, pur essendo legittimo rifiutare l'autorizzazione in assenza di qualsiasi documentazione che dimostri lo stato economico prospettato Sez. 2, numero 53646 del 22/09/2016, Rv. 268852 Sez. 2, numero 12618 del 12/02/2015, Rv. 262775 . Pertanto lo stato di assoluta indigenza non è desumibile dalla sola produzione della certificazione ISEE, tenuto conto che la stessa si fonda in parte su dati autocertificati e, comunque non consente la valutazione complessiva dello stato economico in valutazione che postula l'analisi delle attuali forme di sostentamento della persona sottoposta al vincolo domiciliare. In conclusione, l'articolo 284, comma 3, cod. proc. penumero deve essere interpretato nel senso che, quando è applicata la misura degli arresti domiciliari a la valutazione della situazione di assoluta indigenza richiede l'apprezzamento delle complessive fonti di sostentamento disponibili, tenuto conto che con riguardo agli apporti provenienti da terzi, possono essere considerati solo quelli provenienti da soggetti obbligati legalmente, tra i quali non sono compresi i familiari non gravati da un obbligo legale di mantenimento b tale apprezzamento globale esclude che possa assegnarsi efficacia dimostrativa esclusiva alla dichiarazione ISEE c la valutazione dell'esistenza dello stato di assoluta indigenza non implica l'automatica concessione dell'autorizzazione richiesta, dato che deve essere successivamente valutato se l'attività lavorativa in concreto richiesta incida sulla efficacia cautelare del vincolo Sez. 2, numero 8276 del 30/01/2018 . 2. Nel caso di specie, il Tribunale, in coerenza con tali linee ermeneutiche, da un lato, ha escluso che lo stato di assoluta indigenza potesse essere provato sulla base della sola dichiarazione ISEE e, dall'altro, ha ribadito la necessità di conservare la funzione cautelare degli arresti domiciliari. Si è infatti riferito sia alla mancanza di puntuali riferimenti alla complessiva situazione economica del soggetto, sia alla mancanza di specificazione delle caratteristiche dell'attività lavorativa richiesta, con particolare riferimento agli spostamenti del prevenuto, che avrebbe dovuto svolgere, fra l'altro, l'attività di autotrasportatore attività evidentemente incompatibile con i controlli necessari ai fini cautelari propri della misura custodiate domiciliare. 3. Da quanto precede consegue che il ricorso deve essere rigettato, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.