In attesa del Correttivo al Codice della crisi d’impresa: qualche auspicio di chiarezza ed una previsione di rigore

Ad ormai quasi due anni dalla piena applicazione del Codice della crisi di impresa ed in particolare dal debutto della composizione negoziata, in attesa del decreto correttivo che verrà, è possibile cominciare ad abbozzare qualche proposta di limatura o di integrazione di alcune disposizioni del codice più sotto forma di auspicio degli operatori ed osservatori del flusso giurisprudenziale, nel frattempo scorso, che di vero e proprio input o moral suasion destinato al Legislatore.

Insolvenza e composizione della crisi Un aspetto controverso che ha attraversato l'iter applicativo della composizione negoziata della crisi in più pronunciamenti dei Tribunali aditi per la conferma di misure protettive è stata la compatibilità di uno stato di insolvenza prodromico più alla liquidazione giudiziale di un'impresa con il ricorso al nuovo istituto compositivo. Nel corso dell'anno 2023 si sono contrapposti in particolare due orientamenti, uno che potremmo definire rigoroso, l'altro permissivo, entrambi ancorati a ragionamenti di diritto di per sé validi e ben argomentati, il secondo a parere di chi scrive più aderente alla cultura giuridico-fattuale di riferimento della realtà imprenditoriale tipica italiana poco avvezza all'early warning e più protesa a tentare anche in limine ogni escamotage di salvataggio pur di porre argine ad uno stato di crisi spintosi in prossimità dell'insolvenza eppure ancora in qualche modo evitabile. Portatore dell'orientamento rigoroso è stato, in particolare, il Tribunale di Palermo Sezione IV Procedure concorsuali, Dott.ssa Vittoria Rubino, Ordinanza del 22.05.2023 pronunciatosi per un'interpretazione rigorosa del combinato normativo disposto degli articolo 25-quinquies, comma 1 e 40 del CCII in base alla quale la tecnica legislativa del rinvio formale dell'articolo 25-quinquies all'articolo 40 CCII privo di eccezioni espresse, adottata dagli autori della riforma, pone quale limite all'accesso della composizione negoziata la pendenza di un procedimento unitario per l'accesso agli strumenti di regolazione della crisi e dell'insolvenza e alla liquidazione giudiziale, proposto da qualsiasi soggetto legittimato. In particolare, secondo il Tribunale di Palermo sarebbe l'articolo 54, comma 4, CCII a prevedere che “prima del deposito della domanda di cui all'articolo 40, le misure protettive di cui al comma 2, primo e secondo periodo, possono essere richieste dall'imprenditore presentando la domanda di cui agli articoli 17, 18 e 44, comma 1” il che, a contrario, implica che “dopo il deposito del ricorso ex articolo 40 CCII le misure protettive possono essere richieste unicamente all'interno del procedimento unitario, congiuntamente ad uno strumento di regolazione della crisi”. Di diverso avviso si è posto il Tribunale di Bologna Sezione IV Procedure concorsuali, Dott.ssa Alessandra Mirabelli, Ordinanza del 23.06.2023 , secondo il quale l'accesso alla composizione negoziata, quindi anche alle misure protettive, non può essere inibito ad un'impresa che versi già in uno stato di insolvenza o nei cui confronti sia stata anteriormente avanzata un'istanza di liquidazione giudiziale da un soggetto altro rispetto al debitore. Non sussiste un effetto inibitorio alla conferma di misure protettive prodotto dalla pendenza di un'istanza di liquidazione giudiziale di un creditore in quanto secondo il tribunale di Bologna va data giusta rilevanza alla dichiarazione richiesta all'imprenditore dall'articolo 17 comma 3 lett. d CCI da rendere sia “sulla pendenza, nei suoi confronti, di ricorsi per l'apertura della liquidazione giudiziale […] che sul mancato deposito di “ricorsi ai sensi dell'articolo 40, anche nelle ipotesi di cui agli articoli 44, comma 1, lettera a , e 54, comma 3”. Pertanto, proprio il diverso tenore della dichiarazione non può non avere una sua rilevanza perché se la preclusione vi fosse in entrambi i casi sarebbe stato sufficiente richiedere all'imprenditore di dichiarare la non pendenza del procedimento, ricalcando il testo dell'articolo 25 quinquies CCI e conduce a ritenere che il procedimento unitario incardinato da terzi non sia preclusivo, perché solo il ricorso depositato dal debitore è incompatibile con l'accesso alla composizione negoziata l'articolo 25 quinquies primo periodo si riferirebbe quindi esclusivamente a questa seconda ipotesi il “ricorso” che genera la pendenza preclusiva sarebbe solo quello dell'imprenditore. Tenuto conto del contrasto giurisprudenziale creatosi sarebbe auspicabile un intervento chiarificatore del Legislatore attraverso un correttivo all'articolo 25-quinquies CCII, intervento adesivo all'orientamento assunto dal tribunale di Bologna sì da rendere a tutti gli effetti accessibile l'istituto della composizione negoziata anche a quelle realtà imprenditoriali che possano essere messe sotto attacco da creditori con istanze di liquidazione giudiziale che seppur plausibilmente fondate quanto ai presupposti potrebbero pregiudicare una ragionevole composizione della crisi mediante il ricorso ad altri strumenti e procedure concorsuali. Misure cautelari Un altro aspetto controverso emerso nel flusso giurisprudenziale riguarda il ricorso alle misure cautelari da parte di un'impresa che abbia già fatto accesso alla composizione negoziata della crisi. In argomento è stato il Tribunale di Torino con l'ordinanza del 5.12.2023 resa dalla Dott.ssa Maurizia Giusta,  Sezione VI Civile a ritenere che le misure cautelari previste dall'articolo 19 CCII possono essere concesse anche nel corso della procedura di composizione negoziata della crisi in stadio avanzato laddove sussista l'esigenza di garantire la cristallizzazione del patrimonio dell'imprenditore che abbia intrapreso tale percorso di risanamento, proteggendolo da eventuali iniziative individuali dei creditori al fine di evitare il rischio che, nelle more del procedimento stesso, il piano negoziale diventi inattuabile. Secondo l'interpretazione fornita da un creditore dell'istante l'articolo 19 CCII non prevederebbe esplicitamente la possibilità di proporre un separato ricorso per misure cautelari, per asserite esigenze sopravvenute, potendo tale richiesta essere prospettata solo contestualmente all'istanza di conferma o modifica delle misure protettive, nel rispetto dei termini stabiliti per lo svolgimento della fase giudiziaria e di quella amministrativa. Ebbene, al fine di superare l'incertezza sul frangente temporale di avanzamento di un'istanza di adozione di misure cautelari, sarebbe auspicabile che il Legislatore integrasse l'articolo 19 CCII precisando che sia in potere del debitore avanzare la richiesta di adozione di misure cautelari durante l'intero percorso compositivo della propria crisi e non già contestualmente all'istanza di conferma di misure protettive come un'interpretazione letterale del primo comma dell'articolo 19 CCII potrebbe indurre a ritenere.   Cram-down fiscale Infine, grande attesa non può non aversi per la regolamentazione del cram-down fiscale, tenuto conto che per tale istituto, disciplinato dall'articolo 63 CCII, l'articolo 1-bis d.l. 13 giugno 2023, numero 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 10 agosto 2023, 103, ha sospeso l'applicabilità dei commi 2 e 2-bis dell'articolo 63 prevedendo delle soglie percentuali di soddisfacimento dell'Erario e/o degli Enti previdenziali ed assistenziali la cui osservanza funge da presupposto ineludibile dell'omologa forzosa degli accordi di ristrutturazione dei debiti che prevedano anche una transazione fiscale. Secondo la disciplina transitoria attualmente vigente, infatti, l'omologazione dell'accordo di ristrutturazione dei debiti richiede un'adesione di creditori titolari del 60% dei crediti e in molte circostanze l'Erario o gli Enti previdenziali sono portatori di crediti in una misura percentuale rilevante rispetto al parterre dei creditori dell'impresa in crisi ai fini del raggiungimento della soglia di creditori aderenti. Pertanto, l'adesione forzosa dei creditori istituzionali può aver luogo se l'accordo di ristrutturazione punti alla prosecuzione dell'attività d'impresa e non alla sua liquidazione se un professionista incaricato dall'imprenditore attesti con una relazione che la proposta di soddisfacimento dei crediti istituzionali sia conveniente rispetto all'alternativa di una liquidazione giudiziale dell'impresa in crisi se con i crediti istituzionali si raggiunga la maggioranza richiesta per l'omologazione se il credito complessivo vantato dagli altri creditori aderenti alla proposta dell'imprenditore sia pari ad almeno il 25% dell'importo complessivo dei crediti se il soddisfacimento di Erario ed Enti previdenziali sia pari ad almeno il 30% dei rispettivi crediti comprensivi di interessi e sanzioni ovvero sia pari al 40% e la dilazione di pagamento richiesta non superi dieci anni nel caso in cui i crediti degli altri creditori aderenti siano inferiori al 25% dei crediti complessivi. È bene ricordare che ai sensi del comma 2-bis fatto oggetto di sospensione da parte del Legislatore con l'intervento “d'urgenza” del 2023 invece sarebbe “sufficiente” che la transazione fiscale s'inserisca in un accordo di ristrutturazione che possa essere forzosamente omologato dal tribunale «quando l'adesione è determinante ai fini del raggiungimento [di almeno il sessanta per cento dei crediti] e, anche sulla base delle risultanze della relazione del professionista indipendente, la proposta di soddisfacimento della predetta amministrazione o degli enti gestori di forme di previdenza o assistenza obbligatorie è conveniente rispetto all'alternativa liquidatoria». Tenuto conto che nel frattempo si è sviluppata una prassi di cram-down fiscale con le percentuali introdotte nel 2023 è ragionevole aspettarsi che il Legislatore provvederà a modificare il comma 2-bis dell'articolo 63 recependo quanto già previsto nel decreto-legge o comunque non discostandosene significativamente.