Vis grata puellae e violenza sessuale

L’assenza di una reazione fisica della persona offesa nonché l'assenza di segni esteriori indicativi di una violenza, non sono indici della c.d. vis grata puellis.

Lo ha chiarito la Terza sezione della Corte di Cassazione, con la sentenza 13222 del 2 aprile 2024, che ha annullato una sentenza della Corte di appello di Palermo limitatamente agli effetti civili, con rinvio per un nuovo giudizio al giudice civile competente. Il caso I fatti traggono origine da una sentenza impugnata della Corte di appello di Palermo, in riforma integrale della pronuncia di condanna emessa dal giudice di primo grado, ed in accoglimento dell'appello dell'imputato, ha assolto l'imputato con revoca delle statuizioni civili, per i reati di cui agli articolo 81, 609-bisc.p. e per i reati di cui agli articolo 582, 585 c.p., consistiti nell'aver costretto la parte offesa a subire plurimi rapporti sessuali, in orario notturno, prima in una zona isolata, all'interno del proprio furgone, e successivamente in un'abitazione nella sua disponibilità, approfittando del fatto di averle offerto un passaggio al rientro da una serata trascorsa in discoteca, a fronte delle rimostranze manifestate dalla persona offesa, che chiedeva di essere riaccompagnata a casa, ed avendole provocato ecchimosi, escoriazioni e lesioni personali. II Tribunale di Agrigento, con sentenza, aveva dichiarato colpevole l'imputato per alcuni reati a lui ascritti, assolvendolo dal reato di cui all'articolo 605 c.p., in quanto, la privazione della libertà personale non si era protratta oltre il tempo necessario per i compimento del reato di violenza sessuale, e considerate che la prima parte del viaggio era stata effettuata su richiesta della medesima parte offesa e che, sia pure per pochi minuti, la persona offesa era rimasta da sola in macchina con gli sportelli non chiusi a chiave. La persona offesa ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di assoluzione ai soli fini della responsabilità civile dell'imputato, formulando un unico motivo di ricorso, con il quale ha dedotto la violazione di legge, contraddittorietà e vizio della motivazione nonché il travisamento della prova in ordine alla valutazione della inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa. La ricorrente ha, in particolare, evidenziato la contraddittorietà della sentenza impugnata posto che la Corte d'appello ha più volte evidenziato l'assenza di una reazione fisica della persona offesa nonché l'assenza di segni esteriori indicativi di una violenza, facendo richiamo alla anacronistica massima della vis grata puellae , assunto in base al quale la donna ha un onere di resistenza, forte e costante, agli approcci sessuali dell'uomo non essendo sufficiente manifestare un mero dissenso. Il Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione ha chiesto il rigetto del ricorso Le soluzioni giuridiche La sentenza della S.C. è di particolare interesse perché muove un altro passo in materia di tutela delle vittime di violenze sessuali, eliminando alcune sue criticità sull'applicazione pratica del consenso della donna all'atto sessuale. Il Collegio, nell'occasione non accoglie e qui riposa pure l'importanza della pronuncia emessa dalla Terza , l'assunto richiamato dalla Corte di appello di Palermo dellavis grata puellae, in base al quale la donna ha un onere di resistenza, forte e costante, agli approcci sessuali dell'uomo. Vis grata puellae scriveva Ovidio nella sua Ars Amandi e questa sua tesi che la violenza è gradita alla fanciulla, è stata utilizzata in un contesto moralistico di una parte del Codice Rocco, per mettere in discussione proprio la validità di quel rifiuto, ovvero la diffidenza nei confronti della presunta vittima della violenza, sul presupposto del quasi inevitabile consenso - assenso della donna. «Se una donna era normale era in grado di resistere alle brame dell'uomo e doveva farlo poiché se non lo faceva quella del maschio era vis grata puellae se non era normale non era in grado di resistere». Un'attenuante non presa in considerazione da tempo , per il colpevole, scaturente dalla presunta provocazione della vittima, nei casi di violenza sessuale. E tuttavia, l'argomentazione sintetizzata nella locuzione “vis grata puellae” non sembra un residuo storico, essendo l'assunto, rientrato di soppiatto nei dibattimenti e anche in qualche pronuncia di merito. Vittima di un viaggio sbagliato! La Terza Sezione considera fondate le doglianze prospettate dalla ricorrente e non si fa guidare da preconcetti o stereotipi di vecchia memoria. La Corte non condivide infatti, un meno recente orientamento interpretativo di legittimità secondo cui agli effetti dell'art 519 c.p. per violenza deve intendersi quella che pone il soggetto passivo in condizione di non poter opporre tutta la resistenza che avrebbe effettivamente voluta. Secondo tale impostazione, ne conseguiva che non costituiva violenza quella necessaria a vincere la ritrosia naturale femminile, ossia la c.d. vis grata puellis Sez. 1, Sentenza numero 254 del 20/02/1967, Fallini, CED Cass. numero 105160 . Su tale posizione si attestava del resto pure la giurisprudenza di merito che ha avuto modo di ritenere come la vittima dovesse opporre una strenua resistenza con tutti i mezzi e le forze consentite dalle sue condizioni, non sussistendo di contro il reato di violenza sessuale Trib. Bolzano 30 giugno 1982 in Giur, merito, 1984, p.135 . Anche una parte della dottrina è concorde nel ritenere che qualsiasi forma di violenza o minaccia sono sufficienti a realizzare l'ipotesi della violenza sessuale, purché in concreto idonee a vincere il dissenso effettivo, che non sia soltanto la mera ritrosia Antolisei, Manzini . Sostiene invero, Antolisei che non può ravvisarsi il reato ex articolo 609-bisc.p. nel caso, tutt'altro che raro nella pratica della c.d. vis grata puellise cioè di quella violenza che in realtà è desiderata dalla controparte per salvare le apparenze o gli scrupoli della propria. Invero, dopo la nuova formulazione dell'articolo  609-bisc.p.  pur varata senza tener conto delle indicazioni di una parte della dottrina finalizzate a dare formale rilievo all'elemento del mero dissenso della vittima o, più sfumatamente, dalla mancanza di dissenso, v. Padovani, Violenza carnale e tutela della libertà, in Riv. it. dir. proc. penumero 1989, Mantovani 1998, Romano 2002 , la giurisprudenza pare aver attribuito una centralità al dissenso all'atto sessuale da parte vittima. Si è del resto, sostenuto in dottrina, Romano, Delitti contro la sfera sessuale della persona, 2007, p. 104 che la modifica della norma sostanziale nel senso indicato avrebbe influito sulla impostazione vetero-maschilista della vis grata puellis e introdotto a forza un concetto bene noto può non reagirsi alla violenza, e si può persino acconsentire apparentemente per il timore di possibili ulteriori conseguenze alla violenza. La giurisprudenza ha dunque progressivamente privato di una effettiva portata selettiva il requisito della violenza, facendo coincidere la coercizione con la mancanza di consenso, espresso o tacito. Tonin, articolo 6609-bisc.p. in Codice penale. Rassegna di Giurisprudenza e di Dottrina a cura di Lattanzi –Lupo, 2022, p. 574 ss. . Non di rado si è così sostenuto che ai fini della configurabilità del reato di violenza sessuale, di cui all'articolo 609-bisc.p. , a seguito del suo inquadramento tra i delitti contro la libertà personale e non più tra quelli contro la moralità pubblica, ha rilevato che l'illiceità dei comportamenti deve essere valutata alla stregua del rispetto dovuto alla persona e sulla loro attitudine ad offendere la libertà di determinazione della sfera sessuale, che prescinde dal grado di intrusione corporale subita dalla vittima, assumendo minore rilievo l'indagine sul loro impatto nel contesto sociale e culturale in cui avvengono. In tale ottica, si è precisato che ai fini della configurabilità del delitto di cui all'articolo 609-bis c.p. non è necessario che l'uso della violenza o della minaccia sia contestuale al rapporto sessuale per tutto il tempo, dall'inizio sino al congiungimento, essendo sufficiente che il rapporto non voluto sia consumato anche solo approfittando dello stato di prostrazione, angoscia o diminuita resistenza in cui la vittima è ridotta. Peraltro, secondo la giurisprudenza integra l'elemento oggettivo del reato di violenza sessuale non soltanto la condotta invasiva della sfera della libertà ed integrità sessuale altrui realizzata in presenza di una manifestazione di dissenso della vittima, ma anche quella posta in essere in assenza del consenso, non espresso neppure in forma tacita, della persona offesa, come nel caso in cui la stessa non abbia consapevolezza della materialità degli atti compiuti sulla sua persona. Ora, secondo la S.C. nel caso in disamina, la Corte territoriale non solo non ha confutato le argomentazioni della sentenza di primo grado, a sostegno della assoluzione, ma non le ha nemmeno analizzate, ribaltando l'epilogo decisorio sulla base di un iter logico-giuridico del tutto avulso dal ·percorso argomentativo seguito dal giudice di prime cure. Per di più, osserva la Corte non si evince sulla base di quali ragioni i giudici di merito siano pervenuti all'asserto relativo alla sussistenza di un sostrato probatorio idoneo a valicare la soglia del ragionevole dubbio e a supportare adeguatamente la declaratoria di responsabilità. La Corte territoriale si è infatti, limitata ad affermare dubbi relativi alla volontarietà o meno dei diversi rapporti sessuali consumati tra i giovani, alimentati dal fatto che il testimone ha riferito di aver offerto alla persona offesa un passaggio fino a casa, visto che le amiche con cui la giovane si era recata in discoteca erano andate già via e considerato che, a seguito di una lite con il fidanzato, la parte offesa era rimasta sola. Il teste ha riferito che la parte offesa aveva poi rifiutato il passaggio e riferito che sarebbe andata via con l'imputato. Inoltre, al termine della serata, il testimone ha dichiarato di aver incontrato i due giovani nei pressi della casa della persona offesa e si era avvicinato per riferire che le due amiche la stavano cercando. Secondo la S.C. il giudice del merito avrebbe dunque dovuto chiarire le ragioni per le quali egli abbia ritenuto inattendibili le deposizioni della persona offesa e, in particolare, le ragioni per le quali non ha ritenuto attendibile il pianto della ragazza nell'immediatezza dei fatti allorquando, appena scesa dalla macchina dell'imputato manifestava al testimone tutto il suo disagio, mettendosi a piangere e raccontando di essere stata violentata. Osserva la Corte che il giudice di merito avrebbe poi dovuto ricostruire, con precisione, l'accaduto, in stretta aderenza alle risultanze·processuali e verificando se queste ultime, valutate non· in modo parcellizzato ma in una prospettiva unitaria e globale, potessero essere ordinate in una costruzione razionale e coerente, di spessore tale da approdare sul solido terreno della verità processuale. In questa prospettiva, non può non rilevarsi come difetti, in particolare, una disamina della tematica relativa al rinvenimento di indumenti intimi, appartenenti alla persona offesa, che sono stati acquisiti in giudizio e che risultano lacerati e alle ragioni per le quali la persona offesa, al termine della serata, appena incontrato l'amico e scesa dall'auto dell'imputato, una volta rimasta sola, si sia messa a piangere e abbia affermato, nell'immediatezza, di essere stata violentata, confermando ii giorno successive il racconto anche alla madre, alle numerose amiche. La Corte d'appello, dunque, avrebbe dovuto osserva ancora, la S.C. spiegare in maniera puntuale le ragioni per le quali ha ritenuto di addivenire ad una pronuncia di segno opposto rispetto a quella di primo grado, che aveva evidenziato come l'imputato, convinto che si fosse creata una situazione favorevole e forte del pregiudizio secondo cui la parte offesa era una ragazza facile , mosso dal desiderio maturato da tempo di avere un rapporto sessuale con lei, ha disatteso i segnali di dissenso che la stessa aveva manifestato. Contraddittoria è risultata per la Corte di Cassazione, poi l'affermazione del giudice territoriale ove, da un lato afferma l'inattendibilità della persona offesa in ordine al dissenso ai rapporti sessuali, dall'altro, afferma che il semplice rifiuto verbale ai rapporti sessuali, comunque manifestato dalla persona offesa, potesse essere interpretato dall'imputato come ritrosia, meramente formale e di facciata , di una donna alle iniziative erotiche del partner.

Presidente Liberati – Relatore Magro Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 23/06/2022, la Corte di appello di Palermo, in riforma integrale della pronuncia di condanna emessa dal giudice di primo grado, ed in accoglimento dell'appello dell'imputato, ha assolto Fu.Ca., con revoca delle statuizioni civili, per i reati di cui agli articolo 81,609 bis cod. penumero capo d'imputazione sub A , di cui agli articolo 582,585 cod. penumero capo di imputazione sub B , consistiti nell'aver costretto Mi.He. a subire plurimi rapporti sessuali, in data 11 agosto 2016, in orario notturno, prima in una zona isolata, all'interno del proprio furgone, e successivamente in un'abitazione nella sua disponibilità, approfittando del fatto di averle offerto un passaggio al rientro da una serata trascorsa in discoteca, a fronte delle rimostranze manifestate dalla persona offesa, che chiedeva di essere riaccompagnata a casa, ed avendole provocato ecchimosi, escoriazioni e lesioni personali. Il Tribunale di Agrigento, con sentenza del 12/02/2020, aveva dichiarato colpevole Fu.Ca. per i reati a lui ascritti al capo sub A e sub B della rubrica, assolvendolo dal reato di cui al capo C , relativo al reato di cui all'articolo 605 cod. penumero , in quanto la privazione della libertà personale non si era protratta oltre il tempo necessario per il compimento del reato di violenza sessuale, e considerato che la prima parte del viaggio era stata effettuata su richiesta della medesima parte offesa e che, sia pure per pochi minuti, la persona offesa era rimasta da sola in macchina con gli sportelli non chiusi a chiave. 2. La persona offesa Mi.He. ricorre per cassazione avverso la sentenza di assoluzione in epigrafe indicata ai soli fini della responsabilità civile dell'imputato, formulando un unico motivo di ricorso, con il quale deduce violazione di legge, contraddittorietà e vizio della motivazione nonché il travisamento della prova in ordine alla valutazione della inattendibilità delle dichiarazioni rese dalla persona offesa. La ricorrente ha, in particolare, evidenziato l'illogicità della motivazione della sentenza assolutoria laddove ha riconosciuto un ruolo decisivo, ai fini dell'affermazione della credibilità della persona offesa, a quanto dichiarato da Ca.Mo. su circostanze marginali della vicenda, relative alla fase antecedente alla violenza subita e concernenti la circostanza in cui la persona offesa, rimasta sola, senza le amiche e il fidanzato, con il quale aveva litigato, aveva cercato un passaggio per poter rientrare a casa. La Corte territoriale ha ribaltato l'esito del giudizio del primo grado sulla base di quanto riferito dal Ca.Mo., che ha affermato che la richiesta di essere accompagnata a casa in piena notte provenisse dalla persona offesa e non dall'imputato. La ricorrente evidenzia altresì la contraddittorietà della sentenza impugnata posto che la Corte d'appello ha più volte evidenziato l'assenza di una reazione fisica della persona offesa nonché l'assenza di segni esteriori indicativi di una violenza, facendo richiamo alla anacronistica massima della vis grata puellae, assunto in base al quale la donna ha un onere di resistenza, forte e costante, agli approcci sessuali dell'uomo, non essendo sufficiente manifestare un mero dissenso. Inoltre, è illogica la motivazione laddove il giudice territoriale non ha considerato che la mancata fuga da parte della persona offesa, rimasta nell'auto da sola per circa due minuti sotto la casa della nonna dell'imputato, mentre egli andava a prendere le chiavi, non sia da ricondurre ad uno stato di prostrazione psichica tale da inibirle qualunque forma di reazione concreta ed attiva. 3. Il Procuratore Generale presso questa Corte, con requisitoria scritta, ha chiesto il rigetto del ricorso. 4. La parte civile costituita deposita conclusioni e nota spese Considerato in diritto 1. Le doglianze prospettate dalla ricorrente sono fondate. In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che, come nel caso in disamina, riformi totalmente la decisione di primo grado, sostituendo alla pronuncia di condanna quella di assoluzione dell'imputato, ha l'obbligo di delineare le linee portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza, dimostrandone in modo rigoroso l'incompletezza o l'incoerenza Sez. U, 12/07/2005, Mannino . Nel caso in disamina, la Corte territoriale non solo non ha confutato le argomentazioni della sentenza di primo grado, a sostegno della assoluzione, ma non le ha nemmeno analizzate, ribaltando l'epilogo decisorio sulla base di un iter logico - giuridico del tutto avulso dal percorso argomentativo seguito dal giudice di prime cure Per di più, l'apparato logico posto a base della sentenza di secondo grado non è esente da vizi, non evincendosi con chiarezza sulla base di quali argomentazioni i giudici di merito siano pervenuti all'asserto relativo alla sussistenza di un sostrato probatorio idoneo a valicare la soglia del ragionevole dubbio e a supportare adeguatamente la declaratoria di responsabilità. La Corte territoriale si è infatti limitata ad affermare dubbi relativi alla volontarietà o meno dei diversi rapporti sessuali consumati tra i giovani, alimentati dal fatto che il teste Ca.Mo. ha riferito di aver offerto alla persona offesa un passaggio fino a casa, visto che le amiche con cui la giovane si era recata in discoteca erano andate già via e considerato che, a seguito di una lite con il fidanzato, la Mi.He. era rimasta sola. Tuttavia, il teste ha riferito che la Mi.He. aveva poi rifiutato il passaggio e riferito che sarebbe andata via con Fu.Ca. . Inoltre, al termine della serata, il teste Ca.Mo. ha dichiarato di aver incontrato i due giovani nei pressi della casa della persona offesa e si era avvicinato per riferire che le due amiche la stavano cercando. Il teste ha dichiarato che in quel frangente la Mi.He. e il Fu.Ca. apparivano sereni e che in particolare la ragazza era sorridente, anzi rideva, ma che poi quando il Fu.Ca. se n'era andato, si era messa a piangere e gli aveva raccontato di aver subito una violenza sessuale. Il giovane si era mostrato incredulo ed aveva suggerito alla persona offesa di dimenticare tutto, rimproverandola persino di non aver lasciato il suo attuale fidanzato, tale Gi.Gr. . L'apparato giustificativo del decisum non può però ridursi alla semplice riproduzione delle risultanze acquisite, dovendo il giudice elaborare il materiale probatorio disponibile e dare puntuale risposta alle argomentazioni delle parti Sez.6, 11/02/2008, Rv. 34042/07, Napolitano . Il giudice a quo avrebbe dunque dovuto chiarire le ragioni per le quali egli abbia ritenuto inattendibili le deposizioni della persona offesa e, in particolare, le ragioni per le quali non ha ritenuto attendibile il pianto della ragazza nell'immediatezza dei fatti allorquando, appena scesa dalla macchina del Fu.Ca. . manifestava al Ca.Mo. tutto il suo disagio, mettendosi a piangere e raccontando di essere stata violentata. La valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni processualmente rilevanti, da qualunque parte provengano, esige infatti un'accurata disamina, anche in ordine ai rapporti tra i protagonisti della vicenda sub iudice, agli interessi e ai moventi che possono aver mosso un testimone a rendere una dichiarazione di un determinato tenore e a tutte le circostanze che abbiano eventualmente influito sulla deposizione Sez. U, 4/02/1992, Ballan . Occorre, in questa prospettiva, tener presente, in particolare, come la deposizione della persona offesa dal reato, pur potendo certamente rientrare nello spettro cognitivo e valutativo del giudice, in sede decisoria, vada riguardata con ogni cautela, considerato che la parte lesa è portatrice di un interesse contrapposto a quello dell'imputato Cass. 13/05/1997, Di Candia, Rv. 208229 . Sulla base di tali criteri, il giudice di merito avrebbe poi dovuto ricostruire, con precisione, l'accaduto, in stretta aderenza alle risultanze processuali e verificando se queste ultime, valutate non in modo parcellizzato ma in una prospettiva unitaria e globale, potessero essere ordinate in una costruzione razionale e coerente, di spessore tale da approdare sul solido terreno della verità processuale Cass. 25/06/1996, Cotoli, Rv. 206131 . In questa prospettiva, non può non rilevarsi come difetti, in particolare, una disamina della tematica relativa al rinvenimento di indumenti intimi, appartenenti alla persona offesa, che sono stati acquisiti in giudizio e che risultano lacerati e alle ragioni per le quali la persona offesa, al termine della serata, appena incontrato l'amico Ca.Mo. e scesa dall'auto del Fu.Ca. . una volta rimasta sola, si sia messa a piangere e abbia affermato, nell'immediatezza, di essere stata violentata, confermando il giorno successivo il racconto anche alla madre, alle numerose amiche in particolare si richiama la teste Ca.Anumero e successivamente alla psicologa. La Corte territoriale non ha neppure adeguatamente e compiutamente confutato i riscontri alla valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni della persona offesa che il giudice di primo grado aveva richiamato a conforto, costituiti, oltre che dagli indumenti intimi lacerati e dalle dichiarazioni testimoniali, dalle comunicazioni intercorse tra i due protagonisti della vicenda appena il giorno dopo i fattive il Fu.Ca., pur confermando il contesto e i tratti essenziali della vicenda e sostenendo di non ricordare bene cosa fosse successo, contesta di aver usato violenza e riferisce che a un certo punto della serata la ragazza si era spaventata, ammettendo di essere leggermente nervoso. Orbene, occorre tener presente che le sezioni unite hanno stabilito che il giudice d'appello che riformi in senso assolutorio la sentenza di condanna di primo grado deve offrire una motivazione puntuale e adeguata, che fornisca una razionale giustificazione della difforme conclusione adottata, anche riassumendo, se necessario, la prova dichiarativa decisiva Sez. U, numero 14800 del 21/12/2017, Troise, Rv. 27243 . La Corte d'appello, dunque, avrebbe dovuto spiegare in maniera puntuale le ragioni per le quali ha ritenuto di addivenire ad una pronuncia di segno opposto rispetto a quella di primo grado, che aveva evidenziato come l'imputato, convinto che si fosse creata una situazione favorevole e forte del pregiudizio secondo cui la Mi.He. era una ragazza facile , mosso dal desiderio maturato da tempo di avere un rapporto sessuale con lei, ha disatteso i segnali di dissenso che la stessa aveva manifestato. Contraddittoria è poi l'affermazione del giudice territoriale ove, da un lato afferma l'inattendibilità della persona offesa in ordine al dissenso ai rapporti sessuali, dall'altro, afferma che il semplice rifiuto verbale ai rapporti sessuali, comunque manifestato dalla persona offesa, potesse essere interpretato dal Fallii come ritrosia, meramente formale e di facciata , di una donna alle iniziative erotiche del partner. Non si comprende poi quale rilievo probatorio e argomentativo abbia, nel contesto dell'apparato giustificativo della decisione impugnata, il riferimento alla vis grata puellae, a fronte di una problematica inerente ad un atteggiamento coercitivo o meno dell'imputato. Al riguardò il giudice di primo grado aveva evidenziato la intrinseca attendibilità delle dichiarazioni rese darla persona offesa che ha reiterato in modo costante, coerente e lineare il nucleo essenziale dei fatti senza mai entrare in contraddizione e riferendo anche circostanze favorevoli all'imputato. La giovane ha infatti riferito di essersi sempre opposta agli atti sessuali, chiedendo ripetutamente di essere riaccompagnata a casa e che per lei si trattava solo di un passaggio. La persona offesa ha anche riferito di essere rimasta sempre inerte, sopraffatta e paralizzata non solo in occasione dei primi atti sessuali, consumati all'interno del furgone in zona isolata e in piena notte, ove non vi era nessuno a cui chiedere aiuto, ma anche quando, rimasta a pochi minuti da sola in macchina con gli sportelli aperti, non aveva tentato la fuga. La tematizzazione di tali profili è del tutto estranea al tessuto motivazionale del provvedimento impugnato, onde non può affermarsi che i giudici di secondo grado siano pervenuti alla riforma della sentenza di prime cure attraverso un itinerario logico-giuridico immune da vizi, sotto il profilo della correttezza logica, e sulla base di apprezzamenti di fatto esenti da connotati di contraddittorietà o di manifesta illogicità e di un apparato logico coerente con una esauriente analisi delle risultanze agli atti Sez. U, 25/11/1995, Facchini, Rv.203767 . Il giudice a quo avrebbe dunque dovuto chiarire le ragioni per le quali egli abbia ritenuto inattendibili le deposizioni della persona offesa. La valutazione dell'attendibilità delle dichiarazioni processualmente rilevanti, da qualunque parte provengano, esige infatti un'accurata disamina, anche in ordine ai rapporti tra i protagonisti della vicenda sub iudice, agli interessi e ai moventi che possono aver mosso un testimone a rendere una dichiarazione di un determinato tenore e a tutte le circostanze che abbiano eventualmente influito sulla deposizione Sez. U, 04/02/1992, Ballan . Anche se, in questa prospettiva, occorre tener presente, in particolare, come la deposizione della persona offesa dal reato, pur potendo certamente rientrare nello spettro cognitivo e valutativo del giudice, in sede decisoria, vada riguardata con ogni cautela, considerato che la parte lesa è portatrice di un interesse contrapposto a quello dell'imputato Cass. 13/05/1997, Di Candia, Rv. 208229 . E le Sezioni unite, pur ribadendo che le regole dettate dall'articolo 192, comma 3, cod. proc. penumero non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento della declaratoria di responsabilità dell'imputato, hanno sottolineato la necessità di una attenta verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve, in tal caso, essere più penetrante e rigorosa rispetto a quella alla quale vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone. Nel caso poi in cui la persona offesa si sia costituita parte civile può essere opportuno procedere al riscontro delle sue dichiarazioni mediante altri elementi Sez. U, numero 41461 del 19/07/2012, Bell'Arte, Rv. 253214 . 2. Si impone, pertanto, un pronunciamento rescindente. La sentenza impugnata va dunque annullata rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello. Al giudice del rinvio è rimessa anche la liquidazione delle spese tra le parti per.questo grado di legittimità. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.