L’assenza dal servizio priva di valida giustificazione rilevante ai fini dell’articolo 55-quater, lett. b, d.lgs. numero 165/2001 presuppone che il lavoratore non si sia presentato al lavoro e abbia omesso di rendere la prestazione lavorativa in un giorno in cui avrebbe dovuto farlo e, dunque, non può sussistere nel caso in cui si tratti di un giorno festivo.
Un'insegnante di una scuola primaria veniva licenziata all'esito di un procedimento disciplinare avviato dal MIUR nel quale le era stata contestata l'assenza ingiustificata dal servizio per 4 giorni nell'arco di un quadrimestre e, quindi, «per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio», come previsto dall'articolo 55-quater, lett. b, d.lgs. numero 165/2001. L'insegnante impugnava il licenziamento, senza però ottenere successo. La vicenda è quindi giunta all'attenzione della Suprema Corte. In particolare, la lavoratrice contesta l'assenza ingiustificata con riferimento a 3 dei 4 giorni indicati nel provvedimento sanzionatorio. Ed in effetti, ripercorrendo la vicenda che vedeva il susseguirsi di due certificati medici di malattia, lasciando scoperti i giorni di domenica e lunedì , la Cassazione sottolinea che «ai fini della rilevanza disciplinare, l'assenza ingiustificata dal servizio presuppone necessariamente che il lavoratore abbia omesso di recarsi sul luogo di lavoro e prestare il servizio in un giorno in cui avrebbe dovuto farlo ed era atteso dal datore di lavoro per ricevere la sua prestazione lavorativa non in un giorno in cui non avrebbe dovuto, e neanche potuto, recarsi al lavoro ed eseguire la sua prestazione». Nello specifico, «il ritardo nel richiedere il rilascio del secondo certificato medico potrà eventualmente essere giudicato, di per sé, un inadempimento del lavoratore, ma non può certo essere una base su cui costruire artificiosamente una impossibile «assenza» del lavoratore dal servizio … che non c'è». In conclusione, la Corte accoglie il ricorso alla luce del principio di diritto secondo cui «l'assenza dal servizio priva di valida giustificazione rilevante ai fini dell'articolo 55-quater, lett. b, d.lgs. numero 165/2001 presuppone che il lavoratore non si sia presentato al lavoro e abbia omesso di rendere la prestazione lavorativa in un giorno in cui avrebbe dovuto farlo e, dunque, non può sussistere nel caso in cui si tratti di un giorno festivo, in cui il lavoratore non aveva l'obbligo di recarsi al lavoro, a prescindere dalla mancanza di una valida giustificazione per l'assenza dal servizio nelle giornate immediatamente precedenti e successive al giorno festivo».
Presidente Tria – Relatore Zuliani Fatti di causa La ricorrente, insegnante di scuola primaria dipendente del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca presso l'Istituto OMISSIS , venne licenziata con preavviso di quattro mesi all'esito di un procedimento disciplinare nel quale le era stata contestata l'assenza ingiustificata dal servizio per quattro giorni nell'arco di un quadrimestre e, quindi, «per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio», secondo quanto previsto dall'articolo 55-quater, lett. b, del d.lgs. numero 165 del 2001. La lavoratrice impugnò il licenziamento davanti al Tribunale di Firenze, in funzione di giudice del lavoro, negando l'addebito con riferimento a tre giornate di assenza e, comunque, la proporzionalità della sanzione terminativa applicata rispetto alla gravità dell'illecito disciplinare contestato. Instauratosi il contraddittorio, il Tribunale respinse la domanda della lavoratrice, la quale si rivolse quindi alla Corte d'Appello di Firenze, che respinse a sua volta l'impugnazione, confermando la sentenza di primo grado. Contro la sentenza della Corte d'Appello la lavoratrice ha proposto ricorso per cassazione articolato in due motivi. Il Ministero si è difeso con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa. Il Pubblico Ministero ha rassegnato conclusioni scritte per il rigetto del ricorso. Alla pubblica udienza sono intervenuti il rappresentante del Pubblico Ministero e i difensori delle parti. Ragioni della decisione 1. Il primo motivo di ricorso denuncia «violazione e falsa applicazione, ex articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c., dell'articolo 55-quater, lett. b, del d.lgs. numero 165 del 2001». Con questo motivo la ricorrente nega l'esistenza stessa della fattispecie astratta dell'illecito disciplinare contestatole «assenza priva di valida giustificazione per un numero di giorni, anche non continuativi, superiore a tre nell'arco di un biennio» , in quanto contesta che sussista l'assenza ingiustificata con riferimento a tre dei quattro giorni indicati nel provvedimento sanzionatorio. 1.1. Il motivo è fondato. 1.1.1. Poiché la sanzione del licenziamento è prevista dalla norma di legge che si assume violata nel caso di cumulo, nell'arco temporale previsto, di più di tre giorni di assenza ingiustificata, l'errata contestazione con riferimento anche ad uno solo dei quattro giorni menzionati nel provvedimento disciplinare è sufficiente per determinarne l'illegittimità. È dunque decisivo ed assorbente il palese errore insito nell'essere stata contestata, come giorno di assenza, anche una domenica, ovverosia un giorno in cui il servizio scolastico non viene prestato e la dipendente non avrebbe dovuto, né potuto, recarsi al lavoro. La Corte d'Appello ha rilevato che, dopo la produzione di un primo certificato medico che attestava la malattia fino al 27.10.2018, un secondo certificato medico attestante la continuazione della malattia venne richiesto dalla ricorrente solo in data 30.10.2018, rimanendo quindi scoperti due giorni domenica 28 ottobre e lunedì 29 ottobre. Dalla giusta considerazione che, in caso di continuazione di malattia, il nuovo certificato medico deve essere chiesto dal lavoratore nel primo giorno successivo a quello di scadenza del primo certificato, anche se si tratta di un giorno festivo, la Corte territoriale ha tratto l'errata conseguenza che anche la domenica potesse essere contestata, sul piano disciplinare, come giorno di assenza ingiustificata dal servizio. Ma è di tutta evidenza che, ai fini della rilevanza disciplinare, l'assenza ingiustificata dal servizio presuppone necessariamente che il lavoratore abbia omesso di recarsi sul luogo di lavoro e prestare il servizio in un giorno in cui avrebbe dovuto farlo ed era atteso dal datore di lavoro per ricevere la sua prestazione lavorativa non in un giorno in cui non avrebbe dovuto, e neanche potuto, recarsi al lavoro ed eseguire la sua prestazione. Il ritardo nel richiedere il rilascio del secondo certificato medico potrà eventualmente essere giudicato, di per sé, un inadempimento del lavoratore, ma non può certo essere una base su cui costruire artificiosamente una impossibile «assenza» del lavoratore dal servizio … che non c'è. 1.2. La palese erroneità della contestazione dell'assenza domenicale, facendo venire meno il presupposto dell'assenza dal servizio per più di tre giorni, anche non consecutivi, rende superfluo l'esame del motivo di ricorso nella parte in cui è volto a negare la sussistenza dell'assenza ingiustificata con riferimento anche ad altri due giorni di assenza 4.10.2018 e 14.1.2019 , ove verrebbero in rilievo anche aspetti della valutazione in fatto, non sindacabile in sede di legittimità contraddittorietà e intempestività della richiesta del permesso possibilità di qualificare d'ufficio come richiesta di un giorno di ferie una inammissibile domanda di usufruire di un ulteriore giorno di permesso, dopo esaurito il numero massimo disponibile . 2. Il secondo motivo è rubricato «violazione applicazione, ex articolo 360, comma 1, numero 3, c.p.c., dell'articolo 55-quater, lett. b, in relazione all'articolo 55 del d.lgs. numero 165 del 2001 e in relazione all'articolo 2106 c.c.». Con questo motivo la ricorrente – premesso che la sanzione disciplinare del licenziamento non può essere comminata in modo automatico in base alla semplice corrispondenza tra fattispecie astratta e fattispecie concreta, ma richiede sempre un «giudizio di proporzionalità in concreto» Corte cost. numero 123/2020 – sostiene che la Corte d'Appello non avrebbe di fatto svolto tale giudizio in concreto, essendosi limitata a riconsiderare, come profili di gravità, gli stessi elementi costitutivi dell'illecito. 2.1. Anche questo motivo è fondato e deve essere pertanto accolto, per le ragioni di seguito esposte. 2.1.1. È bene innanzitutto ricordare l'orientamento consolidato di questa Corte richiamato di recente da Cass. numero 10236/2023 secondo cui le nozioni legali di giusta causa e di giustificato motivo soggettivo richiedono, al pari di ogni altra clausola generale, di essere specificate in via interpretativa, allo scopo di adeguare le norme alla realtà articolata e mutevole nel tempo. È stato evidenziato, in particolare, che il giudizio espresso sulla gravità dell'infrazione ai fini della sussunzione nelle ipotesi legali di giusta causa o giustificato motivo soggettivo, in quanto fondato su norme di legge che si limitano ad indicare un parametro generale di contenuto elastico, presuppone un'attività di interpretazione giuridica delle norme stesse, attraverso la quale si dà concretezza alla parte mobile delle disposizioni per adeguarle ad un determinato contesto storico-sociale. Detto giudizio di valore svolge una funzione integrativa delle regole giuridiche e, quindi, è soggetto al controllo della Corte di Cassazione, perché le specificazioni del parametro normativo hanno natura giuridica e la loro disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge. Il discrimine tra giudizio di fatto e giudizio di diritto va, dunque, individuato tenendo conto della distinzione tra «ricostruzione storica assoggettata ad un mero giudizio di fatto e giudizi di valore, sicché ogniqualvolta un giudizio apparentemente di fatto si risolva, in realtà, in un giudizio di valore, si è in presenza d'una interpretazione di diritto, in quanto tale attratta nella sfera d'azione della Corte Suprema» Cass. numero 6501/2013, richiamata, fra le tante, da Cass. nnumero 4125/2017 15640/2018 11635/2021 . Se ne è tratta la conseguenza che se, da un lato, spetta unicamente al giudice del merito accertare se i fatti addebitati al lavoratore rivestano il carattere di grave negazione degli elementi fondamentali del rapporto ed in specie di quello fiduciario e siano tali da meritare il recesso con o senza preavviso, dall'altro lato, esula dal vizio di cui all'articolo 360, comma 1, numero 5 c.p.c., e ricade nella diversa ipotesi della falsa applicazione di norme di diritto, la censura con la quale si addebiti alla sentenza impugnata di avere escluso la gravità dell'inadempimento sulla base di un'errata interpretazione della disciplina di legge e di contratto e si assuma che la condotta, ricostruita nei termini indicati dal giudice del merito, è idonea a giustificare il recesso dal rapporto, perché riconducibile alle nozioni legali, come enunciate dalla Corte di legittimità. Lo stesso principio si applica per il caso in cui il giudice del merito sulla base di un'errata interpretazione della disciplina di legge e di contratto abbia affermato la sussistenza di una giusta causa di recesso mentre, al più, potrebbe essere applicabile una sanzione conservativa arg. ex Cass. nnumero 11665/2022 20780/2022 36427/2023 . 2.1.2. Inoltre, è stato precisato che in tema di illeciti disciplinari del personale scolastico il giudice del merito è tenuto comunque a formulare un giudizio valoriale di gravità delle condotte addebitate al docente e di proporzionalità della sanzione espulsiva, operando un giudizio di sussunzione della condotta in fatto ricostruita nell'ambito dell'uno o degli altri illeciti disciplinari sia in caso di previsioni di fonte legale che correlano le sanzioni a condotte in parte assimilabili tra loro, salvo l'elemento della maggiore o minore gravità, sia in caso di previsione di condotte non conformi ai doveri specifici inerenti alla funzione, e che quindi denotino l'incompatibilità a svolgere i compiti del proprio ufficio nell'esplicazione del rapporto educativo Cass. numero 30955/2022 . 2.2. L'addebito mosso alla sentenza impugnata con il secondo motivo di ricorso è proprio quello di avere affermato la sussistenza di una giusta causa di licenziamento ricorrendo a parametri incongrui e di non avere effettuato il necessario giudizio di proporzionalità in concreto della sanzione rispetto all'illecito contestato. 2.2.1. Ebbene, formalmente la Corte territoriale non ha messo in discussione il principio per cui è da «escludere qualunque sorta di automatismo» e occorre invece apprezzare le circostanze particolari che rendono proporzionata, nel caso concreto, la sanzione disciplinare espulsiva Cass. nnumero 18858/2016 9314/2018 16393/2021 5805/2023 9120/2023 . Ma poi, in sostanza, riproducendo stralci della motivazione della sentenza di primo grado, la Corte fiorentina ha avallato un elenco di aspetti di speciale gravità del fatto consistente prevalentemente nella mera ripetizione degli stessi elementi costitutivi della fattispecie contestata le precedenti sanzioni irrogate in rapporto alle singole assenze il mancato rispetto degli obblighi procedimentali per le comunicazioni e le attestazioni dei motivi di assenza l'assenza alla visita medica fiscale disposta nel giorno del 4.10.2018, nel quale la ricorrente non era assente per malattia . Si può ben dire che, in tal modo, la valutazione in concreto della gravità del fatto, al fine del giudizio sulla proporzionalità della sanzione del licenziamento, è stata effettuata in modo erroneo e in contrasto con i pertinenti parametri normativi e contrattuali, considerandosi come indice della gravità della condotta la mancata corretta comunicazione delle assenze dal servizio peraltro male conteggiate, come si è detto , senza alcun riferimento all'elemento soggettivo del comportamento e quindi individuando come comportamento meritevole del licenziamento per giusta causa quello della mancata presentazione della domanda per le assenze in modo regolamentare, senza tuttavia neppure specificare nulla di decisivo sulla proporzionalità della sanzione. 2.2.2. Mentre, come è noto, per costante indirizzo di questa Corte, per il licenziamento tanto più per giusta causa, la valutazione sulla gravità dell'inadempimento e sulla proporzionalità della sanzione rispetto all'addebito contestato deve essere espressa tenendo conto, da un lato, dei profili oggettivi e soggettivi della condotta, dall'altro delle caratteristiche proprie del rapporto in relazione al quale va valutata la possibilità o meno della prosecuzione Cass. numero 10236/2023 orientamento consolidato . 3. Per tutte le indicate ragioni il ricorso deve essere accolto e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio alla Corte d'Appello di Firenze, in diversa composizione, perché decida anche sulle spese del presente giudizio di legittimità, attenendosi al seguente principio di diritto «l'assenza dal servizio priva di valida giustificazione rilevante ai fini dell'articolo 55-quater, lett. b, del d.lgs. numero 165 del 2001 presuppone che il lavoratore non si sia presentato al lavoro e abbia omesso di rendere la prestazione lavorativa in un giorno in cui avrebbe dovuto farlo e, dunque, non può sussistere nel caso in cui si tratti di un giorno festivo, in cui il lavoratore non aveva l'obbligo di recarsi al lavoro, a prescindere dalla mancanza di una valida giustificazione per l'assenza dal servizio nelle giornate immediatamente precedenti e successive al giorno festivo. 4. Si dà atto che, in base all'esito del giudizio, non sussistono i presupposti, ex articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo pari al contributo unificato eventualmente dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13. P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte d'Appello di Firenze, perché decida, in diversa composizione, anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.