Risarcimento del danno “per spese di futura assistenza medica”

La Cassazione si pronuncia su una questione delicata sotto diversi punti di vista. Un danno, infatti, non sempre è “istantaneo”, ma può continuare a produrre effetti nel tempo, durante o successivamente al processo.

È il caso del danno patrimoniale per spese di assistenza vita natural durante, danno che si produce “de die in diem”. Esso pone diverse questioni di inquadramento rispetto al danno futuro di onere di allegazione e prova criteri di liquidazioni applicabili. Il caso Il caso è, purtroppo, frequente sinistro stradale all'esito del quale la vittima riporta lesioni gravissime e lamenta un danno patrimoniale per “ spese di futura assistenza medica ”. Al di là della vicenda processuale che vede cassata con rinvio la decisione di appello , il giudice del rinvio riconosceva il danno patrimoniale «per le spese di futura assistenza medica», liquidandole «nella somma di 2.554.832, oltre interessi», peraltro «da scontare con il coefficiente di capitalizzazione» e «fermo restando lo scomputo con quanto determinato per tale tipo di voce dal primo giudice e già corrisposto». La questione La questione riguarda la stima delle spese necessarie per l'assistenza al danneggiato. Più precisamente, si censura in Cassazione « l'omessa distinta liquidazione del danno patrimoniale futuro da spese per assistenza medica nella componente danno passato e nella componente danno futuro ». Il ricorrente lamenta che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente applicato, anche alle spese di assistenza medica già sostenute, un sistema di calcolo basato su di un «esborso prevedibile per l'assistenza domiciliare», fondato sulla «retribuzione giornaliera degli assistenti domestici», «tenendo conto delle tabelle retributive del CCNL Colf e Badanti applicabili ratione temporis », relative a lavoratori inquadrabili nella qualifica di « assistente a persona non autosufficiente », e dunque considerando un trattamento retributivo e previdenziale annuale pari a € 19.844,72, ferma la necessità che gli «importi come determinati» siano «attualizzati tenendo conto dell'incremento progressivo delle tabelle retributive del CCNL», giungendo, così, a liquidare l'importo complessivo di € 2.554.832. Tale somma, tuttavia, includerebbe in modo indebito , secondo la ricorrente, anche le spese di assistenza che parte attrice avrebbe dovuto documentare come effettivamente sostenute , potendo operare «la previsione di spesa» suddetta solo per quelle future. Nel caso concreto, l'importo di queste ultime risulterebbe pari a € 377.689,56, essendo necessario eliminare – dalla somma calcolata dalla Corte territoriale – «i primi tre anni del compendio risarcitorio liquidato» dalla stessa, «che ipotizzava 50 anni» di sopravvivenza in vita del danneggiato. La soluzione La Cassazione ritiene fondate le doglianze, sebbene entro alcuni limiti che vengono precisati. Innanzitutto, occorre avere presente che siamo di fronte ad un danno permanente , che il giudice è chiamato a liquidare e che avrà due componenti . «Il pregiudizio patrimoniale consistente nella necessità di dovere retribuire una persona che garantisca l'assistenza personale ad un soggetto invalido è un danno permanente, che si produce de die in diem » e poiché, di regola, «il giudice interviene a liquidare tale danno in un momento successivo rispetto a quello nel quale esso si è determinato e il relativo onere economico è insorto», esso «sarà chiamato a tradurre in moneta sia un danno che si è già verificato sia un danno che dovrà ancora verificarsi», essendo, dunque, «evidente che le due operazioni di cui si è detto non possono essere regolate con lo stesso criterio» così, Cassazione civile sez. III, 13/06/2023, numero 16844 . In particolare, quando «si tratti di liquidare un danno passato permanente che si assuma essere consistito nella necessità di una spesa periodica per assistenza, delle due l'una o il danneggiato dimostra di averla sostenuta anche attraverso presunzioni semplici, ex articolo 2727 c.c. , oppure nessuna liquidazione può essere consentita», e ciò perché – a differenza di quanto mostra di ritenere la sentenza impugnata – il «danno per spese di assistenza», quando «si assuma essere già maturato al momento della liquidazione, è rappresentato dalla spesa sostenuta, non dalla necessità di sostenerla» così, nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. numero 16844 del 2023 , cit., che richiama anche su questo punto Cass. Sez. 3, sent. 20 aprile 2016, 7774 . La Suprema Corte non fornisce indicazioni, stante l'inammissibilità del motivo di ricorso, sui criteri di liquidazione , lasciando salvi quelli stabiliti dalla sentenza cassata. Il tema è ricorrente pensando ai casi di danni da nascita indesiderata , oltre che sinistro stradale. Ricordiamo, ad esempio, che il danno permanente futuro, consistente nella necessità di sostenere una spesa periodica vita natural durante, non può essere liquidato attraverso la semplice moltiplicazione della spesa attuale per il numero di anni di vita stimata della vittima, ma va liquidato o in forma di rendita, oppure moltiplicando il danno annuo per il numero di anni per cui verrà sopportato e, quindi, abbattendo il risultato in base ad un coefficiente di anticipazione, ovvero, infine, attraverso il metodo della capitalizzazione, vale a dire con la moltiplicazione del danno annuo per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie. Nella specie, la S.C. ha cassato con rinvio la decisione di appello che non aveva determinato il montante di anticipazione, ritenendo di potere compensare la mancata devalutazione di quanto liquidato con l'omessa rivalutazione delle somme fino al giorno della sentenza e con il mancato aggancio dei costi di protesizzazione a quelli delle protesi più costose e performanti richieste dalla parte Cassazione civile sez. III, 06/07/2020, numero 13881 Cassazione civile sez. III, 20/04/2016, numero 7774 . Si pone anche il problema della detrazione compensatio lucri cum damno dell'eventuale valore capitalizzato della indennità sociale Cassazione civile sez. unumero , 22/05/2018, numero 12567 . Conclusioni e principio di diritto La decisione in esame ribadisce quanto già espresso dalla Suprema Corte, lasciando al contempo aperte molte questioni da approfondire connesse alla liquidazione del danno futuro. La Cassazione cassa con rinvio affermando il seguente principio di diritto « il danno patrimoniale per spese di assistenza vita natural durante, consistente nella necessità di dovere retribuire una persona che garantisca l'assistenza personale ad un soggetto invalido, è un pregiudizio permanente che si produce «de die in diem», per la cui liquidazione occorre distinguere il danno passato, ossia già verificatosi, che presuppone che il danneggiato abbia dimostrato anche attraverso presunzioni semplici, ex articolo 2727 c.c. di aver sostenuto dette spese, dal danno futuro, ossia non ancora verificatosi al momento della decisione ma che si verrà ragionevolmente a determinare per tutta la durata della vita residua del danneggiato ».

Presidente Frasca - Relatore Moscarini Fatti di causa 1. La società OMISSIS S.p.a. d'ora in poi, “OMISSIS” ricorre, sulla base di quattro motivi, per la cassazione della sentenza numero 3490/20, del 24 dicembre 2020, della Corte d'appello di Milano, che – pronunciandosi in sede di rinvio, all'esito dell'ordinanza numero 4553/19, del 15 febbraio 2019, con cui questa Corte aveva cassato la sentenza numero 225/17, del 20 gennaio 2017 , della stessa Corte ambrosiana – ne ha accolto solo parzialmente il gravame avverso la sentenza numero 1218/15, del 29 gennaio 2015, del Tribunale di Milano. In particolare, la pronuncia oggetto dell'odierna impugnazione ha confermato – per quanto qui ancora di interesse – la condanna della società A., in solido con il proprio assicurato per la “RCA”, T.C., a risarcire a E.L., in qualità di procuratore speciale di M.T. e A.T., il danno patrimoniale “per le spese di futura assistenza medica”. 2. Riferisce, in punto di fatto, l'odierna ricorrente di essere stata convenuta in giudizio dall'E.L. che agiva nella già indicata qualità di procuratore speciale dei T. , unitamente a T.C., affinché entrambi fossero condannati a risarcire tutti i danni scaturiti dal sinistro di cui fu vittima A.T., in OMISSIS , il OMISSIS . Costui, infatti, mentre viaggiava – in qualità di terzo trasportato – a bordo di ciclomotore assicurato per la “RCA” da A. e di proprietà di T.C., mezzo condotto nell'occasione dal di lui figlio S.T., subiva gravissime lesioni personali, comportanti postumi di invalidità del 90%, in ragione della collisione del mezzo contro un terrapieno di roccia presente sul margine della strada, provocata dalla turbativa originante da una manovra di un veicolo mai identificato. Costituitasi in giudizio, OMISSIS – per quanto qui ancora di interesse – oltre a contestare la dinamica del sinistro sul presupposto che fosse, in realtà, il A.T. alla guida del mezzo e la debenza delle somme richieste dall'E.L. per i danni subiti dai suoi rappresentati, eccepiva il limite dal massimale assicurato, pari, nella specie a € 5.000.000,00, oltre all'infondatezza della domanda di “mala gestio”. Accolta la domanda dal primo giudice, il quale – sul presupposto della minore età del conducente S.T. – condannava T.C. a tenere indenne la società OMISSIS dalle somme corrisposte agli attori, stante la non operatività della polizza, la decisione resa in prime cure veniva parzialmente riformata in appello, limitatamente al “quantum debeatur”, in accoglimento dei reciproci gravami esperiti dall'odierna ricorrente e dall'E.L La decisione allora assunta dalla Corte milanese veniva, tuttavia, cassata – in accoglimento dei motivi primo e terzo del ricorso incidentale dell'E.L. essendo respinta, invece, l'impugnazione principale di OMISSIS – in relazione alla “stima delle spese necessarie per l'assistenza di A.T.”. Si riteneva, infatti, in accoglimento del primo motivo, non “logicamente esaustivo” il percorso motivazionale che aveva portato il giudice di appello a confermare la decisione del Tribunale di liquidare “la somma di euro 750.000,00 all'attualità con riscossione immediata ”. Il calcolo compiuto non teneva conto “della maggiore retribuzione per la fascia notturna”, essendo poi “parametrato, peraltro per difetto – ritenuto compensato dalla liquidazione in unica soluzione – su euro 15.000,00 annui”, a fronte, invece, di “oltre euro 19.000,00 l'anno come affermato dalla stessa sentenza di appello ”. Fondato, del pari, veniva ritenuto il terzo motivo del ricorso incidentale, giacché la sentenza di appello allora impugnata, “pur riscontrando sostanzialmente un difetto di pronuncia del giudice di primo grado”, quanto al “rimborso delle spese mediche documentate”, aveva omesso “a sua volta di provvedere”, sull'erroneo presupposto del difetto di specificità, ex articolo 342 cod. proc. civ. , del motivo di gravame. All'esito del giudizio ex articolo 394 cod. proc. civ. , il giudice del rinvio riconosceva il danno patrimoniale “per le spese di futura assistenza medica” di A.T., liquidandole “nella somma di 2.554.832, oltre interessi”, peraltro “da scontare con il coefficiente di capitalizzazione” e “fermo restando lo scomputo con quanto determinato per tale tipo di voce dal primo giudice e già corrisposto”. 3. Avverso la sentenza della Corte ambrosiana ha proposto ricorso per cassazione OMISSIS rinnovandone, in termini, la notificazione nei confronti dell'E.L., e ciò in ragione del mutamento di sede dello studio legale del difensore dello stesso sulla base – come detto – di quattro motivi. Il ricorso, peraltro, risulta proposto anche nei riguardi di M.T. e A.T., avendo OMISSIS appreso – dopo la pubblicazione della pronuncia resa dal giudice del rinvio – l'avvenuta revoca della procura, già rilasciata da costoro all'E.L 3.1. Il primo motivo denuncia – ex articolo 360, comma 1, numero 3 , cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli articolo 1223, 1226, 2056 cod. civ. , in ragione della “omessa distinta liquidazione del danno patrimoniale futuro da spese per assistenza medica nella componente danno passato e nella componente danno futuro”. La ricorrente deduce che, in relazione al tipo di danno patrimoniale costituito dalle spese mediche per assistenza alla vittima dell'illecito, occorre distinguere e distintamente liquidare “un danno patrimoniale passato e una componente per il futuro”. In relazione, in particolare, alla prima voce di spesa si porrebbe la seguente, secca, alternativa “o il danneggiato dimostra di averla sostenuta anche attraverso presunzioni semplici, ex articolo 2727 cod. civ. , oppure nessuna liquidazione può essere consentita”, giacché si tratta di “danno emergente”. Orbene, la sentenza impugnata avrebbe erroneamente applicato, anche alle spese di assistenza medica già sostenute, un sistema di calcolo basato su di un “esborso prevedibile per l'assistenza domiciliare”, fondato sulla “retribuzione giornaliera degli assistenti domestici” in numero di due, data la necessità dell'assistenza notturna, secondo quanto risultante dalla pronuncia di questa Corte che ha dato origine al giudizio di rinvio , “tenendo conto delle tabelle retributive del CCNL Colf e Badanti applicabili ratione temporis”, relative a lavoratori inquadrabili nella qualifica di “assistente a persona non autosufficiente”, e dunque considerando un trattamento retributivo e previdenziale annuale pari a € 19.844,72, ferma la necessità che gli “importi come determinati” siano “attualizzati tenendo conto dell'incremento progressivo delle tabelle retributive del CCNL”, giungendo, così, a liquidare l'importo complessivo di € 2.554.832. Tale somma, tuttavia, includerebbe in modo indebito, secondo la ricorrente, anche le spese di assistenza che, quantomeno fino al maggio del 2013 momento di scadenza del termine per il deposito della “memoria ex articolo 183, numero 2, cod. proc. civ. ” , parte attrice avrebbe dovuto documentare come effettivamente sostenute, potendo operare “la previsione di spesa” suddetta solo per quelle future. Ne consegue che l'importo di queste ultime risulterebbe pari a € 377.689,56, essendo necessario eliminare – dalla somma calcolata dalla Corte territoriale – “i primi tre anni del compendio risarcitorio liquidato” dalla stessa, “che ipotizzava 50 anni” di sopravvivenza in vita del A.T 3.2. Il secondo motivo denuncia – sempre ex articolo 360, comma 1, numero 3 , cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli articolo 1223, 1226, 2056 cod. civ. , “per omessa decurtazione”, da parte della sentenza impugnata, “delle provvidenze accordate alla vittima dal sistema sanitario nazionale e regionale”, quali “a titolo esemplificativo l'indennità di accompagnamento, l'assistenza domiciliare socio-sanitaria, ovvero altri tipi di aiuto economico”. Assume la ricorrente di avere, sin dal giudizio di primo grado, “sensibilizzato l'organo giudicante sull'argomento”, anche formulando “espressa istanza ex articolo 213 cod. proc. civ. di acquisizione presso l'INPS e l'INAIL della documentazione afferente alle prestazioni previdenziali erogate ed erogande in favore dell'attore A.T.”. Si duole, dunque, la ricorrente del fatto che – in applicazione del principio “iura novit curia” – la Corte d'appello dovesse conoscere le norme regionali e nazionali che prevedono tali prestazioni, sicché l'averle ignorate integra “violazione dell' articolo 1223 cod. civ. ” per “per sovrastima del danno patrimoniale per l'assistenza domiciliare”. 3.3. Il terzo motivo denuncia – nuovamente ai sensi dell' articolo 360, comma 1, numero 3 , cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione degli articolo 1223, 1226, 2056 cod. civ. , “in relazione all'omessa identificazione del coefficiente di capitalizzazione da adottare per l'operazione di sconto”. La sentenza impugnata avrebbe omesso di indicare, anche solo in dispositivo, il criterio di capitalizzazione della somma liquidata, rimettendone l'individuazione “alla arbitraria determinazione delle parti”, potendo, in effetti, applicarsi almeno “tre criteri”. Difatti, oltre quelli – peraltro, ritenuti da questa Corte, osserva OMISSIS , “non più attuali” – di cui al regio decreto 9 ottobre 2022, numero 1403, vengono in rilevo anche “quelli diffusi dal C.S.M.”. 3.4. Il quarto motivo denuncia – ex articolo 360, comma 1, nnumero 3 e 5 , cod. proc. civ. – violazione e falsa applicazione “dell' articolo 116 cod. proc. civ. , nonché omessa valutazione di un fatto discusso tra le parti”. La sentenza impugnata avrebbe omesso di valutare “l'eccezione contrattuale”, seppur “ritualmente e tempestivamente sollevata e non contestata dalla difesa avversaria”, relativa all'operatività del massimale assicurativo. 4. Ha resistito all'avversaria impugnazione, con controricorso, l'E.L., chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata. In via preliminare, peraltro, egli contesta la legittimità e validità della revoca della procura “ad negotia” già rilasciatagli dai T., in quanto titolare del 50% del credito risarcitorio per cui è causa e ciò in virtù di atto di cessione che assume essere stato notificato ad OMISSIS , donde la necessità di qualificare il mandato conferitogli come “in rem propriam” e per tale ragione irrevocabile. 5. Hanno resistito all'avversaria impugnazione, con controricorso, anche i T., chiedendo che la stessa sia dichiarata inammissibile o, comunque, rigettata. 6. È rimasto, invece, solo intimato il T.C 7. La trattazione del ricorso è stata fissata ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ. 8. Non consta la presentazione di memoria scritta da parte del Procuratore Generale presso questa Corte. Ragioni della decisione 8. Il ricorso va accolto, sebbene nei limiti di seguito precisati. 8.1. Il primo motivo è fondato. 8.1.1. Questa Corte, ancora di recente, ha ribadito che “il pregiudizio patrimoniale consistente nella necessità di dovere retribuire una persona che garantisca l'assistenza personale ad un soggetto invalido è un danno permanente, che si produce «de die in diem»” e poiché, di regola, “il giudice interviene a liquidare tale danno in un momento successivo rispetto a quello nel quale esso si è determinato e il relativo onere economico è insorto”, esso “sarà chiamato a tradurre in moneta sia un danno che si è già verificato sia un danno che dovrà ancora verificarsi”, essendo, dunque, “evidente che le due operazioni di cui si è detto non possono essere regolate con lo stesso criterio” così, in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. 13 giugno 2023, numero 16844 , Rv. 667870-02 . In particolare, prosegue il citato arresto, qualora “si tratti di liquidare un danno passato permanente che si assuma essere consistito nella necessità di una spesa periodica per assistenza, delle due l'una o il danneggiato dimostra di averla sostenuta anche attraverso presunzioni semplici, ex articolo 2727 cod. civ. , oppure nessuna liquidazione può essere consentita”, e ciò perché – a differenza di quanto mostra di ritenere la sentenza impugnata – il “danno per spese di assistenza”, quando “si assuma essere già maturato al momento della liquidazione, è rappresentato dalla spesa sostenuta, non dalla necessità di sostenerla” così, nuovamente in motivazione, Cass. Sez. 3, ord. numero 16844 del 2023 , cit., che richiama anche su questo punto Cass. Sez. 3, sent. 20 aprile 2016, 7774 , Rv. 639495-01 . 8.2. Il secondo motivo – che non può ritenersi assorbito dall'accoglimento del primo, giacché pone una questione quella dell'operatività della c.d. “compensatio lucri cum damno” attinente alla delimitazione, per così dire, “a monte” del danno risarcibile – è inammissibile. 8.2.1. Esso, infatti, risulta formulato senza rispettare la previsione di cui all' articolo 366, comma 1, numero 4 , cod. proc. civ. Invero, il motivo – per un verso – risulta del tutto generico, dovendo, all'uopo, rammentarsi che “l'onere di specificità dei motivi, sancito dall' articolo 366, comma 1, numero 4 , cod. proc. civ. , impone al ricorrente che denunci il vizio di cui all' articolo 360, comma 1, numero 3 , cod. proc. civ. , a pena d'inammissibilità della censura”, non solo “di indicare le norme di legge di cui intende lamentare la violazione”, ma anche “di esaminarne il contenuto precettivo e di raffrontarlo con le affermazioni in diritto contenute nella sentenza impugnata, che è tenuto espressamente a richiamare, al fine di dimostrare che queste ultime contrastano col precetto normativo, non potendosi demandare alla Corte il compito di individuare – con una ricerca esplorativa ufficiosa, che trascende le sue funzioni – la norma violata o i punti della sentenza che si pongono in contrasto con essa” Cass. Sez. Unumero , sent. 28 ottobre 2020, numero 23745 , Rv. 659448-01 . Per altro verso, il motivo fa riferimento a “provvidenze accordate alla vittima dal sistema sanitario nazionale e regionale” non meglio identificate, rivelando anche sotto questo profilo la sua assoluta genericità. 8.3. Infine, i motivi terzo e quarto, concernendo parti della sentenza impugnata che dipendono da quella che sarà cassata in accoglimento del primo motivo, restano assorbiti, ai sensi del dell' articolo 336, comma 1, cod. proc. civ. , dovendo procedersi, in sede di rinvio, ad una rinnovata liquidazione del danno. Le questioni oggetto degli stessi, dunque, dovranno essere riproposte in tale sede. 9. In conclusione, in accoglimento del primo motivo di ricorso la sentenza impugnata va cassata, rinviando alla Corte d'appello di Milano, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità, alla luce del seguente principio di diritto “il danno patrimoniale per spese di assistenza vita natural durante, consistente nella necessità di dovere retribuire una persona che garantisca l'assistenza personale ad un soggetto invalido, è un pregiudizio permanente che si produce «de die in diem», per la cui liquidazione occorre distinguere il danno passato, ossia già verificatosi, che presuppone che il danneggiato abbia dimostrato anche attraverso presunzioni semplici, ex articolo 2727 c.c. di aver sostenuto dette spese, dal danno futuro, ossia non ancora verificatosi al momento della decisione ma che si verrà ragionevolmente a determinare per tutta la durata della vita residua del danneggiato”. PQM La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, dichiara inammissibile il secondo, nonché assorbiti il terzo e il quarto, cassando in relazione la sentenza impugnata, rinviando alla Corte d'appello di Milano, in diversa sezione e composizione, per la decisione nel merito, oltre che sulle spese di lite, ivi comprese quelle del presente giudizio di legittimità.