Nel reato di abbandono di persone minori o incapaci la componente soggettiva – consistente nel dolo generico – va rigorosamente dimostrata nel processo. Laddove si volesse ritenere sussistente il dolo nella sua forma eventuale, peraltro, occorrerà dare rigorosa prova del fatto che l’agente abbia con la propria condotta non soltanto preveduto l’evento, ma vi abbia mostrato adesione, sia pure in forma eventuale, quale “prezzo” da pagare per il raggiungimento di un determinato risultato.
Così ha stabilito la Corte di Cassazione, Sezione Quinta Penale, con la sentenza numero 12733 depositata il 27 marzo 2024. Il baby parking La vicenda processuale sottesa alla sentenza che oggi vi proponiamo si svolgeva nella “sala ninna” di un baby parking. Nulla di drammatico, per fortuna una bambina di poco più di un anno e mezzo era addormentata in una delle culle. Improvvisamente, però, la piccola cadeva e si procurava lesioni. Durante il giudizio si accertava che – in quel momento – nessuno stava controllando i bambini nelle culle tre donne, a vario titolo impegnate nel baby parking, venivano così condannate per abbandono di minori o incapaci. Dopo la conferma in appello, la difesa non aveva altra strada se non quella del ricorso per cassazione, con il quale prospettava, oltre a una questione processuale di minore rilievo, una interessante censura relativa all'accertamento del dolo nel reato in esame. Vediamo perché la cassazione ha annullato la sentenza impugnata. Il dolo non può essere presunto, nemmeno quando è eventuale La doglianza spiegata dal difensore è chiarissima dopo aver osservato che il delitto in esame rientra tra quelli di pericolo concreto, l'estensore del ricorso appuntava la propria attenzione sul dolo. I giudici di merito lo hanno dichiarato sussistente nella forma eventuale, ma non avrebbero individuato alcun atteggiamento dal quale desumere che le imputate avessero manifestato una loro adesione all'evento che poi si sarebbe malauguratamente verificato. Su questo punto, pertanto, la decisione impugnata mostra delle evidenti carenze. Prima di entrare nel vivo del ragionamento con il quale la Corte di Cassazione ha accolto il ricorso proposto avverso la sentenza d'appello, i Supremi Giudici ricordano quali sono i connotati essenziali della componente oggettiva del reato di abbandono di minori o incapaci. Quest'ultimo, si afferma nella sentenza, tutela la vita e l'incolumità di quei soggetti che, per ragioni di età o delle condizioni in cui versano, non sono capaci di provvedere a se stessi. Affinchè sussista il reato – si ricorda – è necessario che tra persona offesa e soggetto agente si sia instaurato un rapporto di effettivo affidamento o custodia. Fin qui, l'elemento oggettivo sub specie di condotta. Andando adesso alla componente soggettiva dell'illecito, la corte ha osservato che essa consiste nel dolo generico, corrispondente alla consapevolezza “di abbandonare a se stesso il soggetto passivo”. Nel caso che ci occupa, però, i giudici di merito di prima e seconda istanza riconoscevano nella condotta delle imputate i connotati del dolo eventuale, spiegando che le stesse avrebbero accettato il rischio che si verificasse l'incidente alla piccola persona offesa. Su questo punto, la sentenza impugnata veniva giudicata irrimediabilmente carente perché non si conforma alle prescrizioni delle Sezioni Unite Espenhan del 2014 in tema, per l'appunto, di accertamento di questa particolare tipologia di elemento soggettivo. Dice infatti il massimo consesso che l'individuazione del dolo eventuale – e la sua distinzione rispetto alla colpa cosciente – va eseguita tenendo presente l'adesione psichica all'evento, che va inteso quale “prezzo da pagare” per la sua eventuale verificazione. Come sempre avviene in questa tipologia di giudizio, il vero problema è ricavare la prova del dolo partendo dagli elementi fattuali del processo. In via del tutto esemplificativa, le Sezioni Unite hanno individuato, quali “spie” del dolo eventuale, la lontananza della condotta rispetto a quella che era lecito tenere, il comportamento successivo al fatto, la personalità dell'agente, la probabilità di verificazione del fatto, eccetera. Ma ciò che comunque condiziona il riconoscimento del dolo eventuale è sempre l'adesione psichica all'evento. Un po' di chiarezza non guasta Apprezzabile, anche se non presenta aspetti di particolare originalità, il contributo offerto dalla decisione che vi abbiamo illustrato. La Corte ha ribadito la necessità che la prova del dolo sia effettiva, concreta. Il rischio, diversamente, è quello che si manifesta troppo spesso. Ossia che il dolo “scolorisce” in un giudizio di automatica sussistenza privo di reale concretezza.
Presidente Zaza – Relatore Morosini Ritenuto in fatto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Napoli ha confermato, anche agli effetti civili, la condanna di L.M.A., M.M.T. e P.P.A. in ordine al reato di cui all'articolo 591, commi primo e terzo, cod. penumero , loro ascritto per avere - nelle rispettive vesti di titolare e responsabile del baby parking OMISSIS la prima , operatrice d'infanzia e dipendente la seconda , animatrice e dipendente la terza - abbandonato in modo saltuario , tra le 13 30 e le 15 45 del giorno 21 luglio 2016, la piccola V.C. nata il OMISSIS , la quale, cadendo dalla culla nella quale era stata collocata per il riposino pomeridiano, si procurava lesioni personali guarite il 3 novembre 2016. 2. Avverso la sentenza ricorrono le imputate, con un unico atto a firma del comune difensore, proponendo due motivi. 2.1. Con il primo eccepiscono la nullità della sentenza per difetto di notifica a L.M.A. della citazione per l'udienza del 12 maggio 2023, nella quale è stata deliberata la sentenza. Il processo, inizialmente fissato per il 28 aprile 2023, è stato rinviato al 12 maggio 2023, in accoglimento della eccezione difensiva sul mancato rispetto del termine minimo a comparire nella citazione di L.M.A A seguito del rinvio, la L.M.A. non ha ricevuto ulteriore notificazione della citazione a giudizio per la nuova udienza. Il che avrebbe impedito anche al difensore di fiducia di presentarsi, non avendo egli riscontrato la nuova notifica . L'omessa o tardiva citazione dell'imputata e del suo difensore produce una nullità assoluta rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo. 2.2. Il secondo motivo denuncia violazione di legge in ordine alla ritenuta sussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato di cui all'articolo 591 cod. penumero Il delitto in rassegna è un reato di pericolo concreto e le imputate non hanno mai lasciato la piccola V.C. in situazione di pericolo. La ritenuta sussistenza del dolo eventuale non si conforma agli insegnamenti delle Sezioni Unite Espenhahn i giudici di merito non avrebbero individuato alcun atteggiamento psichico delle imputate teso all'adesione dell'evento . 3. I ricorsi sono stati trattati, senza intervento delle parti, nelle forme di cui all'articolo 23, comma 8 legge numero 176 del 2020 e successive modifiche. Il 16 gennaio 2024 il difensore della parte civile ha trasmesso una memoria con la quale evidenziava l'infondatezza dei motivi di ricorso. Mentre il difensore delle imputate ha trasmesso, solo tardivamente in data 23 gennaio 2024 una memoria, della quale, quindi, non si tiene conto. Considerato in diritto 1. I ricorsi sono fondati. 2. Il primo motivo, che riguarda la sola posizione di L.M.A., è infondato. 2.1. Va chiarito che L.M.A. al pari delle coimputate è stata citata a comparire nel giudizio di appello per l'udienza del 28 aprile 2023. Il vizio, riscontrato dalla stessa Corte di appello, non è stato quello di omessa citazione dell'imputata che dà luogo alla evocata nullità assoluta ex articolo 179 cod. proc. penumero , bensì quello derivante dalla tardiva notifica della citazione, per il mancato rispetto del termine minimo a comparire, pari a venti giorni. Alla prima udienza del 28 aprile 22023 la Corte di appello ha rilevato la nullità, disponendo il rinvio all'udienza del successivo 12 maggio, quando poi ha deliberato la sentenza impugnata. In premessa si osserva - che non viene sollevata questione sulla mancata concessione per intero di un nuovo termine di venti giorni violazione che - integrando una nullità a regime intermedio verificatasi nella fase degli atti preliminari del giudizio di appello - avrebbe dovuto essere eccepita o rilevata prima della pronuncia della sentenza impugnata - che il difensore, presente all'udienza del 28 aprile 2023, non aveva diritto a un nuovo avviso e pertanto - se non si è presentato a quella successiva confidando su una ulteriore, ma insussistente, nullità cfr. paragrafo seguente - imputet sibi. 2.2. Il collegio ritiene di dare continuità a quell'orientamento giurisprudenziale, decisamente maggioritario, secondo cui «In tema di impugnazioni, nel caso in cui all'imputato sia stato regolarmente notificato il decreto di citazione per il giudizio di appello, ma non sia stato osservato il termine dilatorio per comparire di cui all'articolo 601 cod. proc. penumero , nessuna nullità si verifica ove il giudice rinvii preliminarmente il processo ad altra udienza, concedendo per intero un nuovo termine di venti giorni, senza disporre la notificazione dell'ordinanza di rinvio all'imputato assente Sez. 5, numero 8896 del 18/01/2021, Mottarlini, Rv. 281136-01 Sez. 6, numero 33240 del 16/02/2021, Del Principe, massimata per altro Sez. 2, numero 42490 del 09/07/2021, Ventre Ila, numero m. Sez. 7, Ord. numero 40133 del 17/09/2021, Di Ruocco Assunta, numero m. Sez. 2, numero 193 del 21/11/2019, dep. 2020, De Fabbio, Rv. 277816-01 Sez. 2, numero 33481 del 18/06/2019, L. Rv. 277633-01 Sez. 4, numero 45758 del 15/04/2016, Sbarro, Rv. 268125-01 Sez. 2, numero 52599 del 04/12/2014, Chines, Rv. 261630-01 . Ciò in quanto l'avviso orale della successiva udienza rivolto al difensore vale anche come comunicazione all'interessato, spettando al primo la rappresentanza del proprio assistito. È vero che, per un breve periodo, nella giurisprudenza di legittimità si è affacciato un orientamento contrario, decisamente minoritario, che imponeva, a pena di nullità, la notificazione all'imputato dell'ordinanza di rinvio Sez. 6, numero 19110 del 21/04/2021, Talanca, numero m. Sez. 1, numero 7417 del 11/02/2020, Chiavaro, Rv. 278707-01 Sez. 3, numero 48367 del 18/04/2018 Lettieri, Rv. 274738-01 . Tuttavia il contrasto segnalato anche nella relazione del massimario numero 32 del 2022 sembra essersi definitivamente ricomposto, poiché tutte le pronunce successive si sono schierate a favore della prima opinione Sez. 4, numero 27753 del 10/02/2023, Nastasi Pietro, numero m. Sez. 2, numero 7243 del 04/11/2022, dep. 2023, Panella, numero m. Sez. 4, numero 6155 del 25/01/2023, Giraudo, Rv. 284100-01 Sez. 3, numero 5736 del 24/01/2023, W. numero m. Sez. 2, numero 630 del 25/10/2022, dep. 2023, Pavese, Rv. 284342-01 Sez. 5, numero 28951 del 7/06/2022, Salmaso, numero m. Sez. 3, numero 32021 del 28/04/2022, Terruzzi Astorre, numero m. Sez. 2, numero 13982 del 10/03/2022, Zidan, numero m. Sez. 3, numero 43331 del 29/09/2021, Andriola, numero m. Sez. 2, numero 42480 del 09/07/2021, Asan, numero m. e non si sono più registrate affermazioni di segno contrario. 2.3. In ogni caso, anche a voler seguire l'opinione che ravvisa una nullità nel caso di specie, si tratterebbe pur sempre di una nullità a regime intermedio che deve essere dedotta o rilevata entro i termini di cui all'articolo 180 cod. proc. penumero e, quindi, prima della deliberazione della sentenza dì appello Sez. 3, numero 5736 del 24/01/2023, W., Rv. 284456 - 01 . Mentre nel presente processo l'eccezione è stata sollevata solo con il ricorso per cassazione. 3. Il secondo motivo è fondato. 3.1. E' utile procedere a una sintetica ricognizione degli approdi interpretativi della giurisprudenza di legittimità a proposito della fattispecie di cui all'articolo 591 cod. penumero 3.1.1. L'elemento oggettivo del reato è integrato da qualsiasi condotta, attiva od omissiva, contrastante con il dovere giuridico di cura o di custodia, gravante sul soggetto agente, da cui derivi uno stato di pericolo, anche meramente potenziale, per la vita o l'incolumità del soggetto passivo Sez. 1, numero 5 del 11/05/2021, dep. 2022, Rv. 282481 Sez. 5, numero 50944 del 13/09/2019 R., Rv. 277842 Sez. 5, numero 27705 del 29/05/2018, P, Rv. 273479 Sez. 2, numero 10994 del 06/12/2012, dep. 2013, T., Rv. 255172 Sez. 1, numero 35814 del 30/04/2015, Andreini, Rv. 264566 . Premesso che la norma di cui all'articolo 591 cod. penumero tutela la vita e l'integrità fisica di persone incapaci di provvedere da sé alla propria incolumità, va osservato, a proposito della fonte del dovere di custodia e di cura, che la giurisprudenza di legittimità ha evidenziato come nessun limite si pone nella individuazione delle fonti da cui derivano gli obblighi di custodia e di assistenza che realizzano la protezione di quel bene e che si desumono dalle norme giuridiche di qualsivoglia natura, da convenzioni di natura pubblica o privata, da regolamenti o legittimi ordini di servizio, rivolti alla tutela della persona umana, in ogni condizione ed in ogni segmento del percorso che va dalla nascita alla morte. A ogni situazione che esige detta protezione fa riscontro uno stato di pericolo che esige un pieno attivarsi, sicché ogni abbandono diventa pericoloso e l'interesse risulta violato quando la derelizione sia anche solo relativa o parziale Sez. 5, numero 50944 del 13/09/2019 R., Rv. 277842 Sez. 5, numero 15245 del 23/02/2005, Nalesso, Rv. 232158 Sez. 5, numero 290 del 30/11/1993, dep. 1994, Balducci, Rv. 196779 . Si è precisato, inoltre, in una prospettiva volta ad assicurare integrale ed effettiva attuazione alla tutela giuridica del soggetto incapace di provvedere a sé stesso garantita dall'articolo 591 cod. penumero , come il dovere di custodia implichi una relazione tra l'agente e la persona offesa, che può sorgere non solo da obblighi giuridici formali, ma anche da una spontanea assunzione da parte del soggetto attivo, nonché dall'esistenza di una mera situazione di fatto, tale per cui il soggetto passivo sia entrato nella sfera di disponibilità e di controllo dell'agente, in ciò differenziandosi dal dovere di cura, che ha invece unicamente ad oggetto relazioni scaturenti da valide fonti giuridiche formali Sez. 5, numero 19448 del 12/01/2016, Corbascio, Rv. 267126 . 3.1.2. Con riferimento all'elemento psicologico del reato, risulta del pari costante l'orientamento della giurisprudenza di legittimità che lo definisce in termini di dolo generico, consistente nella coscienza di abbandonare a se stesso il soggetto passivo, che non abbia la capacità di provvedere alle proprie esigenze, in una situazione di pericolo per la sua integrità fisica di cui si abbia l'esatta percezione, senza che occorra la sussistenza di un particolare malanimo da parte del reo Sez. 2, numero 10994 del 06/12/2012, dep. 2013, T., Rv. 255173 , potendo assumere, altresì, la forma del dolo eventuale Sez. 5, numero 44013 del 11/05/2017, Hmaidan, Rv. 271431 si veda più ampiamente infra paragrafo 5 . 3.1.3. Ciò posto va evidenziato che il disvalore della condotta del reato di cui all'articolo 591 cod. penumero si concentra, nell'economia della fattispecie incriminatrice, sulla nozione di abbandono di persona minore o incapace di cui si abbia la custodia o debba aversi cura la tipicità oggettiva del reato ricorre, dunque, in presenza di qualunque azione od omissione contrastante con il dovere giuridico di cura o custodia gravante sull'agente. 3.2. Il caso di specie. 3.2.1. I giudici di merito hanno ravvisato, a carico delle imputate, una responsabilità concorsuale omissiva in ordine al delitto, a matrice esclusivamente dolosa, di abbandono di minore. L'affermazione di responsabilità è ancorata alle considerazioni di seguito ripercorse. La Corte di appello ha accertato le seguenti circostanze dì fatto - la piccola V.C., che all'epoca aveva un anno e sette mesi, viene affidata dalla madre al baby parking OMISSIS di cui è titolare L.M.A. - terminato il pranzo, alle ore 13,30 P.P.A., operatrice d'infanzia dipendente della struttura, colloca la bambina in una culla da campeggio nella sala ninna per il sonnellino pomeridiano - alle 14 circa, la P.P.A. conclude il proprio turno di lavoro e lascia la struttura sono presenti L.M.A. e M.M.T., quest'ultima animatrice dipendente della struttura le due donne non effettuano un controllo continuativo di V.C. e altri cinque o sei bambini addormentati , perché si occupano anche dei bambini più grandi che giocano all'esterno - alle 15,40 circa L.M.A. e M.M.T. sono richiamate dai lamenti di V.C. che trovano riversa a terra, con evidenti ecchimosi sul volto - a seguito della caduta la piccola riporta le lesioni poi diagnosticate dai sanitari del pronto soccorso. Sulla base di tanto, la Corte di appello ritiene che «le imputate, nei ruoti dalle stesse svolti, avevano il dovere di custodia e di cura della piccola V.C., soggetto bisognoso di assistenza stante l'età della stessa. Non rileva, sul punto, che la P.P.A., dopo aver posto la bimba nella culla, si fosse allontanata perché aveva terminato il turno, perché doveva accertarsi della presenza effettiva di una operatrice nella sala dove erano posizionate le culle degli infanti» e conclude affermando che «il dovere di cura in capo alle operatrici della ludoteca scaturisce dalla mera situazione di fatto dovuta all'affido che i genitori hanno fatto della minore a quella struttura». 3.2.2. Va evidenziato, anzitutto, che i giudici di merito hanno trattato in maniera identica le posizioni delle imputate, quando in realtà il principio costituzionale della responsabilità penale personale, avrebbe imposto - data la diversità delle situazioni P.P.A. aveva addirittura concluso da almeno un'ora il proprio turno di lavoro quando si è verificata la caduta e, a suo carico, non risulta enucleata alcuna condotta di abbandono - una attenta disamina e una differenziazione in rapporto alla attualità del dovere di cura e custodia gravante su ciascuna delle imputate. 3.2.3. Fermo ciò, la maggiore carenza motivazionale si manifesta in punto di elemento soggettivo. Al riguardo la Corte di appello si limita ad affermare «le operatrici, pur consapevoli del rischio che correva l'incolumità fisica della piccola, recandosi ad intervalli anche di mezz'ora presso la sala ninna , hanno accettato il rischio che si verificasse l'incidente poi occorso». La motivazione della sentenza impugnata deve essere valutata al lume della pronuncia delle Sezioni Unite Espenhahn numero 38343 del 24/04/2014 seguita tra le altre da Sez. 5, numero 23992 del 23/02/2015, A., Rv. 265306 , intervenuta proprio sul tema dei rapporti tra dolo eventuale e colpa cosciente, rimarcando la centralità, nel primo, della dimensione volitiva dell'elemento soggettivo del reato. Le Sezioni Unite par. 43.2. hanno affermato che «se la previsione è elemento anche della colpa cosciente, è sul piano della volizione che va ricercata la distinzione tra dolo eventuale e colpa cosciente», laddove «la colpevolezza per accettazione del rischio non consentito corrisponde alla colpevolezza propria del reato colposo, non alla più grave colpevolezza che caratterizza il reato doloso» ai fini della configurabilità del dolo eventuale, pertanto, non bastai «la previsione del possibile verificarsi dell'evento è necessario anche - e soprattutto - che l'evento sia considerato come prezzo eventuale da pagare per il raggiungimento di un determinato risultato» nel dolo eventuale, infatti, «oltre all'accettazione del rischio o del pericolo vi è l'accettazione, sia pure in forma eventuale, del danno, della lesione, in quanto essa rappresenta il possibile prezzo di un risultato desiderato». Nella prospettiva tracciata dalle Sezioni Unite par. 50 , ai fini della configurabilità del dolo eventuale, è necessario «un atteggiamento psichico che indichi una qualche adesione all'evento per il caso che esso si verifichi quale conseguenza non direttamente voluta della propria condotta», sicché riveste decisivo rilievo che «si faccia riferimento ad un reale atteggiamento psichico che, sulla base di una chiara visione delle cose e delle prospettive della propria condotta, esprima una scelta razionale e, soprattutto, che esso sia rapportato allo specifico evento lesivo ed implichi ponderata, consapevole adesione ad esso, per il caso che abbia a realizzarsi». Nella consapevolezza della complessità dell'accertamento giudiziale dell'elemento soggettivo del reato, le Sezioni unite hanno indicato alcuni indizi o indicatori del dolo eventuale nella sintesi offertane dalla massima Rv. 261105 , le Sezioni unite hanno affermato che per la configurabilità del dolo eventuale, anche ai fini della distinzione rispetto alla colpa cosciente, occorre la rigorosa dimostrazione che l'agente si sia confrontato con la specifica categoria di evento che si è verificata nella fattispecie concreta aderendo psicologicamente ad essa, e, a tal fine, l'indagine giudiziaria, volta a ricostruire l'iter e l'esito del processo decisionale, può fondarsi su una serie di indicatori quali a la lontananza della condotta tenuta da quella doverosa b la personalità e le pregresse esperienze dell'agente c la durata e la ripetizione dell'azione d il comportamento successivo al fatto e il fine della condotta e la compatibilità con esso delle conseguenze collaterali f la probabilità di verificazione dell'evento g le conseguenze negative anche per l'autore in caso di sua verificazione h il contesto lecito o illecito in cui si è svolta l'azione nonché la possibilità di ritenere, alla stregua delle concrete acquisizioni probatorie, che l'agente non si sarebbe trattenuto dalla condotta illecita neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento cd. prima formula di Frank . Sotto quest'ultimo profilo la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di ribadire che sussiste il dolo eventuale e non la colpa cosciente, quando l'agente si sia rappresentato la significativa possibilità di verificazione dell'evento e si sia determinato ad agire comunque, anche a costo di cagionarlo come sviluppo collaterale o accidentale, ma comunque preventivamente accentato, della propria azione, in modo tale che, sul piano del giudizio controfattuale, possa concludersi che egli non si sarebbe trattenuto dal porre in essere la condotta illecita, neppure se avesse avuto contezza della sicura verificazione dell'evento medesimo. Sez. 1, numero 18220 del 11/03/2015, Beti, Rv. 263856 . La definizione dei rapporti tra dolo eventuale e colpa cosciente operata dalle Sezioni Unite Espenhahn rende ragione della sussistenza, nei termini di seguito indicati, del vizio motivazionale della sentenza impugnata vuoi sotto il profilo rappresentativo vuoi sotto quello volitivo La Corte di appello sostiene che le imputate hanno accettato il rischio dell'evento. L'assunto però non viene riempito di contenuto e rimane una formula vuota. Ancor più carente è l'impianto motivazionale riguardo al profilo volitivo dell'elemento psicologico. La struttura argomentativa si esaurisce nel riferimento astratto all'accettazione del rischio da parte delle imputate del verificarsi dell'evento, rinunciando a priori al tentativo di stabilire se il reale atteggiamento psichico di ciascuna delle imputate, sulla base di una chiara visione delle cose e delle prospettive della propria condotta, esprimesse una scelta razionale e, soprattutto, fosse rapportato allo specifico evento lesivo, implicando ponderata, consapevole adesione ad esso, per il caso che avesse a realizzarsi Sez. U, numero 38343 del 2014, Espenhahn, cit. . 4. Discende l'annullamento della sentenza impugnata cori rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli, che provvederà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità. La minore età della persona offesa impone, in caso di diffusione della presente sentenza, l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi. P.Q.M. Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Napoli.