Sospesa l’avvocata che consuma cocaina insieme alla sue praticanti

Un’avvocata di Bologna è stata sospesa dall’esercizio della professione forense per aver fornito ripetutamente cocaina alle proprie praticanti, consumandola insieme a queste ultime ed altri all’interno ed all’esterno dello studio professionale.

La legale, protagonista della vicenda in esame, ha riferito con dovizia di particolari, anche soffermandosi sulle modalità di consumo della sostanza stupefacente , di esser stata indotta all'uso della cocaina e di aver proseguito nel consumo , sempre dietro cessione del titolare della sua pratica forense, in quanto si sentiva coinvolta sempre più in quello che definisce “ un mondo perverso ” dato dalla sua pratica forense presso lo studio professionale. Ella incentra la sua difesa sull'inattendibilità delle due praticanti dello studio, una delle quali sentita anche nel contraddittorio con l'accusata in sede dibattimentale disciplinare, «senza però poter dedurre altro se non un generico rancore conseguente alla decisione dell'incolpata di allontanarle dal suo studio». Inoltre, sostiene che l'uso personale di sostanze stupefacenti «deve trovare collocazione nell'ambito della vita privata, sottratta ad ogni rilievo disciplinare, o quanto meno da valutare con minor rigore». Il CNF rigetta, ovviamente, il ricorso della professionista, con la piena conferma della decisione del Consiglio di Disciplina di Bologna, anche in ordine alla sanzione inflitta, tenuto conto della gravità delle condotte assunte, in particolare nei confronti di giovani praticanti che si affacciano alla professione forense e che quindi dovrebbero trovare nel dominus la guida e l'esempio da seguire nella prossima vita professionale.

Presidente Corona Fatto L' avv. [RICORRENTE], con l'assistenza di proprio difensore, ha proposto impugnazione avverso la decisione assunta nel procedimento disciplinare da CDD di Bologna che l'ha ritenuta responsabile dei fatti addebitati di cui al seguente capo di incolpazione 1 avere, in violazione dei doveri di probità, dignità e decoro di cui all'articolo 9 CDF e dell'articolo 4 comma 2 CDF, commettendo altresì il reato di cui agli articolo 81 c.p. e 73 comma 5 DPR 309/90, fornito ripetutamente sostanza stupefacente del tipo cocaina alle proprie praticanti [AAA], [BBB] e [CCC], consumandola insieme a queste ed altri all'interno ed all'esterno dello studio professionale. In Bologna ed altrove dall'ottobre 2014 all'ottobre 2016 2 avere, in violazione dei doveri di probità, dignità e decoro di cui all'articolo 9 CDF e dell'articolo 40 I comma CDF, con le condotte di cui al capo precedente nonché subordinando di fatto la formazione al consumo di stupefacenti da parte delle proprie praticanti [AAA], [BBB] e [CCC], omesso di assicurare a queste la proficuità della pratica forense. In Bologna ed altrove dall'ottobre 2014 all'ottobre 2016 3 avere, in violazione dei doveri di probità, dignità e decoro di cui all'articolo 9 CDF e dell'articolo 40 II comma CDF, omesso di riconoscere alle proprie praticanti [AAA], [BBB] e [CCC] alcun compenso e comunque un compenso adeguato. In Bologna ed altrove dall'ottobre 2014 all'ottobre 2016 4 avere, in violazione dei doveri di probità, dignità e decoro di cui all'articolo 9 CDF e dell'articolo 23 III comma CDF, intrattenuto con propri clienti non identificati tra i quali [DDD] rapporti consistenti nell'acquisizione di stupefacenti dai clienti medesimi, idonei a influire sul rapporto professionale con questi. In Bologna ed altrove dall'ottobre 2014 all'ottobre 2016 5 avere, in violazione dei doveri di probità, dignità e decoro di cui all'articolo 9 CDF e dell'articolo 4 comma 2 CDF, commettendo altresì il reato di cui agli articolo 110 c.p. e articolo 12 comma V D. lgs 286/98 , svolto la funzione di testimone alla celebrazione del matrimonio civile tra [EEE] e [DDD], matrimonio simulato e contratto al solo fine di consentire al suddetto [DDD] di ottenere il permesso di soggiorno ed evitare l'espulsione dal territorio italiano. In 2 Valsamoggia il 27/09/2016”, comminando la sanzione della sospensione dall' esercizio professionale per anni quattro Il procedimento disciplinare a carico dell'Avv. [RICORRENTE] è stato originato da indagini preliminari della Procura della Repubblica presso li Tribunale di Bologna, che vedevano la medesima indagata, nel procedimento penale N. [OMISSIS]/2017 Mod. 21, per i seguenti fatti 1- Delitto p. e p. dagli articolo 110 c.p. , 12 comma 5 D. Lgs 286/1998 perché, in concorso con [EEE], consapevole della natura simulata dell'atto, interveniva quale testimone alla celebrazione del matrimonio civile tra [DDD] e la stessa [EEE], che acconsentiva a sposare l'[DDD] verso la promessa del pagamento della somma di €5.000,00 matrimonio contratto al fine di consentire all'[DDD] di ottenere li permesso di soggiorno ed evitare così l'espulsione dal territorio nazionale del quale era destinatario. nI Valsamoggia li 27/09/2016 , 2- Delitto p. ep. dagli articolo 81 cpv. c.p. e 73 comma 5 D.P.R. 309/1990 perché fuori dei casi previsti dall'articolo 75 e senza le autorizzazioni di cui all'articolo 17, con più azioni esecutive del medesimo disegno criminoso cedeva a titolo gratuito sostanza stupefacente del tipo cocaina a [AAA], [BBB] e [CCC], praticanti dello studio di cui era titolare. In Bologna ed altrove dall'ottobre 2014 all'estate del 2016 successivamente modificata ni all'ottobre 2016 . Nel corso delle indagini preliminari veniva applicata all'Avv. [RICORRENTE] dal Tribunale del Riesame di Bologna, con ordinanza del 16/04/2018, la misura cautelare interdittiva del divieto dell'esercizio della professione di avvocato per la durata di 12 mesi ordinanza che è divenuta definitiva in data [OMISSIS]/2018 a seguito di sentenza della Corte di Cassazione. Concluse le indagini preliminari la Procura della Repubblica di Bologna ha emesso, in data 19/04/2018, decreto di citazione a giudizio nei confronti dell'Avv. [RICORRENTE], imputata dei delitti sopra indicati, provvedendo inoltre a formulare richiesta di aggravamento della citata misura interdittiva tramite applicazione, in cumulo con la stessa, della misura cautelare degli arresti domiciliari a seguito delle accertate molteplici violazioni, da parte dell'imputata, delle prescrizioni connesse alla vigente misura interdittiva cumulo che veniva disposto dal Giudice competente a con ordinanza del 27/02/2019, notificata li 05/03/2019. All'esito della discussione dibattimentale, il giudizio di primo grado si è concluso con sentenza numero [OMISSIS] del 05/04/2019 dichiarativa della responsabilità dell'imputata per i reati alla medesima ascritti e recante condanna alla pena di anni 1 e mesi 3 di reclusione ed € 3.000,00 di multa, con il beneficio della sospensione condizionale della pena. La decisione del Tribunale è stata fatta oggetto di impugnazione. 3 Nel procedimento disciplinare avanti il CDD sono stati acquisiti gli atti ed i documenti del processo penale definito con la sentenza citata emessa dal Tribunale di Bologna è stata altresì svolta la fase istruttoria, all' esito della quale l'Avv. [RICORRENTE] è stata citata a giudizio. Il dibattimento si è svolto in due udienze il 20 gennaio 2020 ed il 20 febbraio 2020, nel corso delle quali a sono stati assunte le prove testimoniali, all'esito delle quali e della istruttoria esperita, sentito il difensore e la parte in dibattimento, il Consiglio Distrettuale di Disciplina ha ritenuto provate le condotte illecite contestate all'incolpata, e, dichiarata la sua responsabilità, ha comminato la sanzione della sospensione dell'attività professionale per quattro anni Con il proprio difensore, l'Avv. [RICORRENTE] ha presentato ricorso avverso la decisione del CDD di Bologna, richiedendo a la sospensione del procedimento disciplinare per pregiudizialità penale l'incolpata, richiamando la questione preliminare già sollevata innanzi al CDD, sostiene che il procedimento disciplinare è sovrapponibile a quello penale, sicché, a suo avviso, il primo avrebbe dovuto essere sospeso in attesa che la sentenza penale fosse divenuta definitiva. la decisione del CDD di proseguire il procedimento disciplinare utilizzando gli atti del procedimento penale viene ritenuta pregiudizievole dall'Avv. [RICORRENTE], trattandosi di atti che non rappresentano ancora una realtà cristallizzata dal giudicato penale conseguentemente, la ricorrente reitera la richiesta di sospensione del procedimento disciplinare sino al passaggio in giudicato della decisione penale b di essere assolta dagli addebiti di cui ai capi di incolpazione sub 1 - 4, essendo la prova che l'incolpata abbia commesso il fatto insufficiente o contraddittoria la ricorrente eccepisce l'insufficienza o, quantomeno, la contraddittorietà della prova di aver commesso i fatti di cui ai capi di incolpazione nnumero 1 - 4 e ciò, in quanto la sua responsabilità sarebbe stata affermata unicamente sulla base delle dichiarazioni rese dalle due praticanti, [AAA] e [BBB] le dichiarazioni delle due testimoni sarebbero state ritenute attendibili senza che fossero corredate da riscontri esterni, nonostante le stesse non sarebbero esterne alla vicenda, dal momento che avrebbero commesso le stesse condotte contestate all'Avv. [RICORRENTE] c di essere assolta dagli addebiti di cui al capo di incolpazione sub 5 la ricorrente afferma di non essere stata al corrente del fine per cui vene contratto il matrimonio e di aver assunto in buona fede il ruolo di testimone l'estraneità dell'Avv. [RICORRENTE] agli scopi fraudolenti emergerebbe dalla circostanza che le pratiche di immigrazione sarebbero state gestite in autonomia dalle praticanti, le quali avrebbero intrattenuto contatti con [DDD] definendosi avvocate l'Avv. [RICORRENTE] si sarebbe ritrovata a svolgere la funzione di 4 testimone del suddetto matrimonio in maniera del tutto casuale, in seguito all'indisponibilità di [BBB], senza avere contezza di quanto organizzato dalla sue praticanti d Infine, con riferimento al capo di incolpazione sub 3, la ricorrente eccepisce l'inutilizzabilità della deposizione resa in sede penale dalla teste [CCC], non essendo stata confermata in sede disciplinare e, pur ammettendo di non aver mai concordato un compenso con le praticanti, l'Avv. [RICORRENTE] sostiene di aver offerto, in alcune occasioni, un rimborso spese oltre ad aver spesso offerto loro pranzi e cene le collaboratrici avrebbero sempre riconosciuto il valore formativo dell'esperienza professionale svolta presso il suo studio legale, nel corso della quale avrebbero acquisito molteplici conoscenze l'Avv. [RICORRENTE] rileva che la qualità della pratica forense deve valutata non tanto nella remunerazione, quanto nell'esperienza formativa ricevuta. All'udienza del 19 ottobre 2023 il procedimento veniva discusso e posto in decisione. Motivi della decisione Il procedimento disciplinare oggetto di impugnazione è scaturito dalle indagini svolte in sede penale, che hanno condotto all'istruttoria dibattimentale e quindi alla decisione del giudice penale che ha affermato la responsabilità dell'Avv. [RICORRENTE] per i reati a lei ascritti. Il Consiglio di Disciplina ha acquisito nel procedimento disciplinare gli atti di indagine e della istruttoria dibattimentale oltre alla sentenza penale e, al fine di poter meglio valutare le contestazioni di natura disciplinare contestate, ha svolto specifica istruttoria, assumendo la testimonianza dei sigg.ri [OMISSIS] e [OMISSIS], in forza all'Arma dei Carabinieri e della Dott.ssa [AAA], praticante e collaboratrice dell'avv. [RICORRENTE]. Sull'eccezione proposta con il primo motivo di ricorso, si deve ricordare che il rapporto tra il procedimento penale e quello procedimento disciplinare è normato dall' articolo 54 L. 247/12 , che prescrive che il primo si svolge ed è definito con procedura e con valutazioni autonome rispetto al processo penale avente per oggetto i medesimi fatti. Solo nell'ipotesi in cui sia indispensabile acquisire atti e notizie dal procedimento penale, quello innanzi li CDD può esser sospeso a tempo determinato. La sospensione del procedimento penale per un tempo definito è quindi prevista solo a fronte della valutazione della indispensabilità di ricavare notizie e documenti dal procedimento penale nel caso oggi all' esame la mole di dati e documenti in atti è assolutamente esaustiva per avere contezza dei fatti contestati all' incolpata inoltre la assunzione in sede dibattimentale avanti il CDD dei due sottoufficiali dell'Arma dei Carabinieri e della dott.ssa [OMISSIS], oltre alle dichiarazioni rese dalla stessa Avv. [RICORRENTE] consentono di integrare i dati istruttori provenienti dal fascicolo 5 penale per poter così giungere ad una rappresentazione delle diverse condotte di tale completezza da poter consentire una valutazione dei fatti e delle condotte riferite alla incolpata, senza dover attingere ad altri documenti del procedimento penale, che non può esser fonte di ulteriori dati di conoscenza per la definizione del procedimento disciplinare. Così, quindi, si può procedere per la valutazione di quanto acquisito nel corso del procedimento per quanto attiene i fatti contestati all'Avv. [RICORRENTE], di cui ai capi di incolpazione numero 1 e 2 motivo numero 2 del ricorso , si deve rilevare che le dichiarazioni della dott.ssa [OMISSIS] rese in sede in penale e in sede disciplinare trovano conferma delle dichiarazioni della dott.ssa [BBB], resa in sede penale. Secondo quanto dichiarato dalle due praticanti, la cessione della sostanza stupefacente era prassi ordinaria una volta terminato l'orario di studio ed all'interno dei locali, attività dipendente dalla disponibilità della cocaina portata in studio dai clienti dell'avv. [RICORRENTE]. La dott.ssa [OMISSIS] riferisce con dovizia di particolari, anche soffermandosi sulle modalità di consumo della sostanza stupefacente, di esser stata indotta all'uso della cocaina e di aver proseguito nel consumo, sempre dietro cessione del titolare della sua pratica forense, in quanto si sentiva coinvolta sempre più in quello che definisce “un mondo perverso” dato dalla sua pratica forense presso lo studio professionale. Le dichiarazioni testimoniali rese in sede penale, e in parte confermate in sede disciplinare, non possono indurre a ritenere che le praticanti dello studio indotte al consumo della sostanza stupefacente fossero anch'esse, come ipotizzato dalla difesa dell'avv. [RICORRENTE], protagoniste delle condotte e dei reati ascritti in capo all' incolpata, in quanto a loro carico si può ritenere sussista il consumo di sostanza stupefacente ma non certo l'induzione o la cessione. L'avv. [RICORRENTE] incentra la sua difesa sull'inattendibilità delle due praticanti dello studio, una delle quali sentita anche nel contraddittorio con l'incolpata in sede dibattimentale disciplinare, senza però poter dedurre altro se non un generico rancore conseguente alla decisione dell'incolpata di allontanarle dal suo studio, ma senza mai giungere ad indicare contraddizioni in cui sarebbero cadute le due testimoni inoltre la incolpata in alcuna parte dell'atto di impugnazione giunge a negare di aver tenuto le condotte contestate rileva inoltre l'avv. [RICORRENTE] che l'uso personale di sostanze stupefacenti deve trovare collocazione nell' ambito della vita privata, sottratta ad ogni rilievo disciplinare, o quanto meno da valutare con minor rigore. In ordine alle modalità di svolgimento della pratica forense, che secondo i principi cardine nella nostra professione deve essere seguita dal dominus al fine di assicurare la proficuità della pratica forense, con adeguato compenso, la condotta contestata all'Avv. 6 [RICORRENTE] deve esser ritenuta come provata, di una pratica nella quale la presenza e l'insegnamento dell' avvocato fu prevalentemente indirizzato a condotte dal contenuto non certo commendevoli ed anzi addirittura spregevoli ed illecite, e caratterizzato dall' assenza di alcun compenso per l'attività svolta in suo favore. Dall'esame dei concordanti dati probatori risultanti dalla istruttoria penale e da quella svolta in sede disciplinare, si deve pervenire alla medesima conclusione alla quale giunge il Consiglio di Disciplina nella sentenza impugnata per quanto attiene la responsabilità disciplinare in ordine ai capi di incolpazione sub 1, 2 e 3. Con riferimento al capo di incolpazione sub 4, relativo all'acquisizione di sostanze stupefacente da propri clienti, si ritiene che possa esser confermato il pensiero espresso nella decisione impugnata, e ciò anche in difetto di specifico motivo di gravame. Infine, in merito al capo di incolpazione sub 5, attinente alla dedotta responsabilità dell'Avv. [RICORRENTE] nella fattiva collaborazione quale testimone per la simulazione della celebrazione del matrimonio civile tra [DDD] e [EEE], l'avv. [RICORRENTE] non contesta la sua presenza ed il suo ruolo, giustificandolo con la necessità di sostituire la dott.ssa [BBB], su richiesta della dott.ssa [AAA] al matrimonio dell'[DDD], abituale cliente dello studio che, nella narrazione delle due praticanti, era colui che approvvigionava di cocaina l'Avv. [RICORRENTE]. Anche per tale capo, si ritiene che gli elementi di prova precisi e concordanti, dati dai rapporti tra i soggetti celebranti il matrimonio, dal rapporto professionale in essere tra l'[DDD] e l'Avv. [RICORRENTE] la quale aveva seguito, fosse anche solo per il tramite delle praticanti dello studio, le vicende dello status del nubendo, devono condurre all'affermazione della responsabilità disciplinare dell'Avv. [RICORRENTE]. Del tutto destituita di fondamento è infine l'asserita irrilevanza deontologia di condotte tenute nell'ambito della vita privata, in primo luogo perché le stesse sono state nello studio professionale coinvolgendo i soggetti affidatisi all'incolpata per lo svolgimento della partica forense. In secondo luogo, in quanto anche le condotte caratterizzanti la vita privata che ledano gli elementari doveri di probità, dignità̀à̀ e decoro compromettono l'immagine dell'avvocatura cfr. da ultimo, CNF numero 24 del 7 marzo 2023 . In conclusione, quindi, si deve pervenire alla reiezione di tutti i motivi di ricorso, con la piena conferma della decisione del Consiglio di Disciplina di Bologna, anche in ordine alla sanzione inflitta, tenuto conto – come poco sopra evidenziato - della gravità delle condotte assunte, in particolare nei confronti di giovani praticanti che si affacciano alla professione forense e che quindi dovrebbero trovare nel dominus la guida e l'esempio da seguire nella prossima vita professionale P.Q.M. visti gli articolo 61 l. 31.12.2012 numero 24 7 e 33 Reg. CNF 21.2.2014 numero 2 nonché gli articolo 59-65 R.D. 22.1.1934 numero 37 richiamati dagli articolo 34, comma 1 35, comma 1 lett. c 36, comma 1 37, comma 1, l. numero 247/2012 Il Consiglio Nazionale Forense, respinge il ricorso e per l'effetto conferma la sanzione della sospensione dall'attività professionale per quattro anni. Dispone che in caso di riproduzione della presente sentenza in qualsiasi forma per finalità di informazione su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante comunicazione elettronica sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi degli interessati riportati nella sentenza.