Un vecchio incidente sul campo da calcio porta alla sanzione disciplinare per l’avvocato

Il caso in oggetto ha avuto origine da un incidente durante una partita di calcio in cui l’avvocato, all'epoca 21enne e non ancora iscritto all'Ordine, era stato coinvolto in uno scontro con un altro giocatore che ha subito l'asportazione della milza a seguito dell'incidente.

Dopo un procedimento penale che ha rilevato la presenza di lesioni colpose punibili, l'avvocato ha pagato una provvisionale ma non ha adempiuto al pagamento dei danni, portando il danneggiato a promuovere un giudizio civile a carico dell'ormai avvocato condannato a versare un rilevante importo pecuniario. Per ottenere tale cifra, il creditore ha eseguito vari pignoramenti, incluso quello di beni immobili, ed ha intrapreso un'azione revocatoria. Parallelamente, l'avvocato è stato sottoposto a un procedimento disciplinare, che ha portato ad una sanzione disciplinare dell'avvertimento. Il giudizio civile ha continuato il suo corso fino all'appello e successivamente in Cassazione, dove l'avvocato ha visto confermare la condanna al risarcimento e al pagamento delle spese legali . Il creditore ha quindi presentato un nuovo reclamo disciplinare, lamentando nuovamente il mancato adempimento. Si è aperto dunque un nuovo procedimento disciplinare , concentrato sull'inadempimento delle due sentenze riguardanti esclusivamente le spese legali . In merito alla sanzione il Consiglio di disciplina, valutando il precedente disciplinare dell'avvertimento in capo all'incolpato, applicava la censura. Avverso la decisione l'incolpato ha proposto ricorso al CNF, senza però avere successo. Il CNF esclude in primo luogo la presunta violazione del ne bis in idem chiarendo che «Ferma ogni valutazione in ordine alla non applicabilità del principio del ne bis in idem al procedimento disciplinare il fatto addebitato al ricorrente è oggettivamente diverso rispetto a quello precedentemente oggetto di valutazione, come correttamente rilevato dal CDD, poiché viene contestato il mancato pagamento delle spese legali di due diverse sentenze rispetto a quella oggetto del primo procedimento e, soprattutto, di un ulteriore e nuovo procedimento esecutivo». Anche in merito alla recidiva il ricorso risulta infondato. Secondo il ricorrente infatti, il CDD avrebbe dovuto contestare la recidiva nel capo d'imputazione ma in realtà «se è pur vero che – ai sensi del Reg. CNF numero 2/2014 – i fatti di rilevanza disciplinare ascritti all'incolpato devono essere sufficientemente riportati con l'indicazione delle norme violate, ciò non è ostativo alla configurabilità della contestazione implicita della recidiva , ovvero allorquando essa emerga, comunque, dal contenuto della descrizione degli addebiti e venga ritenuta, come tale, in esso ricompresa all'atto della decisione disciplinare» Cass. civ. SS.UU. numero 2506/2020 . Infine, il CNF ricorda che «commette e consuma illecito deontologico l'avvocato che non provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi e ciò indipendentemente dalla natura privata o meno del debito, atteso che tale onere di natura deontologica, oltre che di natura giuridica, è finalizzato a tutelare l'affidamento dei terzi nella capacità dell'avvocato al rispetto dei propri doveri professionali e la negativa pubblicità che deriva dall'inadempimento si riflette sulla reputazione del professionista ma ancor più sull'immagine della classe forense . E ancora più grave risulta essere l'illecito deontologico nel caso in cui il professionista, non adempiendo ad obbligazioni titolate, giunga a subire protesti, sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento, considerato che l'immagine dell'avvocato risulta in tal modo compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto quali giudici ed ufficiali giudiziari». In conclusione, in merito alla quantificazione della sanzione da irrogare, occorre deve tener conto di tutte le circostanze e deve essere emessa dopo aver valutato globalmente il comportamento dell'avvocato. Infatti «in ossequio al principio enunciato dall'articolo 21 cdf già articolo 3 codice previgente , nei procedimenti disciplinari l'oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell'incolpato e tanto al fine di valutare la sua condotta in generale, quanto a quello di infliggere la sanzione più adeguata, per la quale occorre effettuare un bilanciamento tra la considerazione di gravità dei fatti addebitati ed i concorrenti criteri di valutazione, quali ad esempio la presenza o assenza di precedenti disciplinari» CNF, sent. 177 del 9 ottobre 2020 .

CNF, sentenza numero 290/2023