La procura alle liti rilasciata all’estero è valida se manca la traduzione in lingua italiana?

Appare necessario chiarire se la traduzione in lingua italiana della procura rilasciata all’estero e dell’attività certificativa, sia nelle ipotesi di legalizzazione che ai sensi della Convenzione dell’Aja del 5.10.1961 e di quella di Bruxelles del 25.5.1987, integri un requisito di validità dell’atto.

In caso di assenza di traduzione della procura o dell'attività certificativa deve essere stabilito se il giudice possa farne a meno, qualora conosca la lingua straniera in cui è stata redatta la procura possa o debba assegnare un termine, ai sensi dell'articolo 182 c.p.c. per la traduzione dell'atto e se tale potere dovere possa esercitarsi anche nel giudizio di cassazione possa o debba egli stesso disporre la traduzione tramite la nomina di un esperto. Questa la questione di massima importanza che la Prima Sezione ha rimesso alla decisione delle Sezioni Unite. Il caso La questione si è posta durante un giudizio successorio nell'ambito del quale è stata contestata la validità della procura speciale rilasciata da uno dei controricorrenti al difensore per difetto di traduzione nella lingua italiana e per omesso accertamento dell'identità del soggetto che ha rilasciato la procura. In particolare, nel caso de quo la procura speciale era stata rilasciata innanzi al “notary public” dello Stato della Florida e conteneva l'attestazione del rilascio in sua presenza in lingua inglese con allegata asseverazione giurata “subscribed and sworn before me, this second day of January, 2018 a Notary Public” , la firma del notaio e della parte, l'attestazione di conformità ed era corredata da apostille in lingua inglese, ai sensi della Convenzione dell'Aja del 5.10.1961, anch'essa non tradotta. I due diversi orientamenti In merito alla validità della procura alle liti rilasciata all'estero priva dell'autorizzazione in lingua italiana si registra un contrasto nella giurisprudenza di legittimità. Secondo un primo orientamento, posto che la procura alle liti deve considerarsi come un atto preparatorio del processo e non un atto processuale in senso proprio, riguardo ad essa non trova applicazione l'articolo 122, comma 1, c.p.c., ma l'articolo 123 c.p.c., che prevede il potere-dovere del giudice di disporre la traduzione attraverso un interprete dei documenti relativi al processo redatti in lingua straniera. Pertanto, non è necessaria l'esistenza della traduzione al momento della costituzione in giudizio della parte, ben potendo il giudice disporre la traduzione attraverso un interprete cfr. ex multis Cass. 14 novembre 2008, numero 27282 Cass., 29 dicembre 2011, numero 30035 e Cass., 18 settembre 2020, numero 19513 . Secondo un altro orientamento, invece, la procura speciale alle liti rilasciata all'estero, sia pur esente dall'onere di legalizzazione da parte dell'autorità consolare italiana, nonché dalla c.d. apostille, in conformità alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, ovvero ad apposita convenzione bilaterale, è nulla, agli effetti dell'articolo 12 della L.31.5.1995, numero 218, relativo alla legge regolatrice del processo, ove non sia allegata la traduzione dell'attività certificativa svolta dal notaio, e cioè l'attestazione che la firma sia stata apposta in sua presenza da persona di cui egli abbia accertato l'identità, vigendo pure per gli atti prodromici al processo il principio generale della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto cfr. ex multis Cass. 2 dicembre 2013, numero 26937 Cass. 4 novembre 2019, numero 28217 e Cass. 29 settembre 2023, numero 27598 . A fronte, quindi, dell'esistenza del contrasto appena ricordato, segnalato anche dall'Ufficio del Massimario, si è resa necessaria la trasmissione degli atti alla Prima Presidente, al fine di valutare l'opportunità di assegnare la causa alle Sezioni Unite, trattandosi, peraltro, di questione di massima importanza, avente notevole impatto sulla corretta instaurazione del giudizio.

Presidente Manna – Relatore Giannaccari Ritenuto in fatto 1.Ob.Ed.Jole citò in giudizio innanzi al Tribunale di Chiavari Ga.Sa., No.Anumero , Gr.Ma., l'USB s.g. Società Generale Private Banking di Lugano, la Provincia Religiosa San Benedetto di Don Orione della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza, la Divisione delle Contribuzioni Ticino, Ufficio Imposte di Successione e di Donazione di Lugano, l'Ufficio Circondariale di Tassazione Lugano e, allegando la propria qualità di erede universale di Ob.Gi., propose querela di falso in via principale dell'inventario dell'eredità di Ob.Ro. redatto dal notaio No.Anumero su istanza della Provincia Religiosa San Benedetto di Don Orione, che aveva accettato l'eredità con beneficio di inventario. l.l. L'attrice dedusse che l'inventario era incompleto e non veritiero perché non comprendeva alcuni beni di proprietà della de cuius. 1.2. II Tribunale di Chiavari dichiarò inammissibile la querela di falso. 1.3. La Corte d'appello di Genova con sentenza confermò la decisione di primo grado. 1.4. La Corte distrettuale rigettò l'eccezione di nullità del procedimento per violazione delle norme sull'intervento del Pubblico Ministero perché era il medesimo stato posto nelle condizioni di partecipare al giudizio, attraverso la regolare comunicazione della lite. 1.5.Quanto all'ammissibilità della querela di falso, la Corte d'appello osservò che l'imprecisione e l'incompletezza di dichiarazioni rese da terzi al notaio ed il mancato accertamento dell'esistenza di altri beni asseritamente compresi nel patrimonio ereditario non intaccava la genuinità del documento affermò che il contenuto del documento non costituiva mezzo di prova contro l'istante in quanto la fede privilegiata era riservata solo alle dichiarazioni di provenienza del documento dall'organo che l'aveva sottoscritto ovvero di ciò che il pubblico ufficiale aveva attestato essere avvenuto in sua presenza. 1.6. Infine, la Corte d'appello dichiarò che l'attrice era carente di interesse o priva di legittimazione attiva , essendo passata in giudicato la sentenza del Tribunale di Genova numero 815/2009, che non aveva riconosciuto la sua qualità di erede. 1.7. La Corte d'appello condannò Ob.Ed. alle spese di lite ed al risarcimento del danno ex articolo 96 c.p.c per lite temeraria. 2.Per la cassazione della sentenza d'appello ha proposto ricorso Ob.Ed. sulla base di cinque motivi. 2.1. Ga.Sa. e No.Anumero hanno resistito con distinti controricorsi. 2.2. La Provincia Religiosa San Benedetto di Don Orione della Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza è rimasta intimata. 2.1. Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ. 2.2. In prossimità della camera di consiglio, la ricorrente ha depositato memorie illustrative. Considerato in diritto 1. In via preliminare, deve essere esaminata la questione, proposta dalla ricorrente, di nullità della procura speciale rilasciata dal controricorrente Ga.Sa. al difensore per difetto di traduzione nella lingua italiana e per omesso accertamento dell'identità del soggetto che ha rilasciato la procura. Si tratta di procura speciale rilasciata da Ga.Sa. innanzi al notary public dello Stato della Florida essa contiene l'attestazione del rilascio in sua presenza in lingua inglese con allegata asseverazione giurata subscribed and sworn before me, this second day of January, 2018 a Notary Public , contiene la firma del notaio e della parte, l'attestazione di conformità ed è corredata da apostille in lingua inglese, ai sensi della Convenzione dell'Aja del 5.10.1961, anch'essa non tradotta. 2.Deve essere premesso che, per il disposto dell'articolo 12 della Legge 31 maggio 1995, numero 218, la procura alle liti utilizzata in un giudizio che si svolge in Italia, anche se rilasciata all'estero, è disciplinata dalla legge processuale italiana, la quale, tuttavia, nella parte in cui consente l'utilizzazione di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata, rinvia al diritto sostanziale, sicché in tali evenienze la validità del mandato deve essere riscontrata, quanto alla forma, alla stregua della lex loci è necessario, però che il diritto straniero conosca, quantomeno, i suddetti istituti e li disciplini in maniera non contrastante con le linee fondamentali che lo caratterizzano nell'ordinamento italiano e che consistono, per la scrittura privata autenticata, nella dichiarazione del pubblico ufficiale che il documento è stato firmato in sua presenza e nel preventivo accertamento dell'identità del sottoscrittore Cassazione civile sez. III, 15/11/2017, numero 26951 Cassazione civile sez. unumero , 13/02/2008, numero 3410 Cass., sez. unumero , 24 luglio 2007, numero 16296 Cass., sez. unumero , 5 maggio 2006, numero 10312 Cass. 25 maggio 2007, numero 12309 Cass. 30 settembre 2005, numero 19214 Cass. 29 aprile 2005, numero 8933 Cass. 12 luglio 2004, numero 12821 . 3. Anche prima dell'entrata in vigore della Legge numero 218 del 1995, relativamente alla rappresentanza tecnica, come pure all'atto da cui essa trae origine, la dottrina processualista, riteneva applicabile la lex fori, dato lo strettissimo collegamento di questa specie di rappresentanza al processo, oltre che per ragioni pubblicistiche connesse all'idoneità tecnica del difensore a partecipare al processo. Ai sensi dell'articolo 27 disp. prel. c.c. del 1942 vigente prima dell'entrata in vigore dell'articolo 12 legge numero 218-95 la procura alla lite, che conferisce la rappresentanza tecnica in giudizio o jus postulandi era soggetta alla legge italiana, secondo la posizione unanime della dottrina e della giurisprudenza Cass. numero 2094-80 numero 3739-80 numero 462-84 . E' pertanto necessario che l'atto redatto all'estero, secondo le formalità della Iex loci, sia equivalente, nella forma e nell'efficacia, a quello previsto dalla legge italiana di diritto processuale. In altri termini, se si tratta di scrittura privata, l'atto deve contenere una sottoscrizione autenticata 4. E' stato osservato che la procura alle liti è interamente disciplinata dal codice di procedura civile e la dottrina processualistica, nonostante dubiti che la procura sia un atto processuale in senso proprio, è, tuttavia, concorde nell'asserire che si tratti di un atto coordinato al processo o preparatorio dello stesso o diretto ad avere influenza esclusiva su di esso oppure lo qualifica come condizione per rendere effettivi e concreti i poteri processuali del difensore. 5. La procura alle liti, anche se rilasciata all'estero, deve rispondere, in base al disposto dell'articolo 83 c.p.c., alla forma dell'atto pubblico o della scrittura privata autenticata, i cui requisiti necessari sono quelli previsti dagli artt.2699 e 2703 c.c., fermo restando che l'individuazione del soggetto autorizzato ad attribuire pubblica fede all'atto deve essere individuato in base alla legge dello Stato in cui è formato Cass. 13578/2002 e 8867/2003 Cass. numero 264 del 1996 Cass. numero 3744 del 1988 Cass. 5075 del 1985 Cass. numero 2347 del 1976 . 6. Il rispetto di tali forme per la redazione della procura comporta per l'ordinamento interno l'esigenza di acquisire la prova del carattere pubblico dell'atto o dell'autenticazione della sottoscrizione. Questa soluzione ha destato critiche di parte della dottrina, che ha evidenziato come essa possa condurre a negare validità a procure rilasciate validamente secondo la lex loci nei Paesi, soprattutto di common law, in cui è manca il concetto di pubblica fede ed è deformalizzato l'accertamento dell'identità e dell'autentica della sottoscrizione. Alcuni autori hanno evidenziato che la procura alle liti non è propriamente un atto processuale fintanto che non venga prodotta in giudizio, ovvero è un atto processuale sui generis, al quale si affianca, solitamente, un contratto tra difensore e cliente così Cass. 7.11.1989, numero 4653, secondo cui la procura diventa atto processuale al momento della sua produzione in giudizio , sicché occorrerebbe far riferimento alla disciplina sostanziale dettata in tema di atto pubblico e scrittura privata, individuando il fondamento normativo nell'articolo 60 della L. 21 maggio 1995, numero 218 in tema di rappresentanza volontaria. Secondo tale disposizione, si applica la legge del Paese in cui il rappresentante ha la propria sede d'affari, e l'atto di conferimento dei poteri di rappresentanza, quanto alla forma, va disciplinato con riferimento alla legge che ne regola la sostanza oppure dalla legge dello Stato in cui è l'atto è posto in essere. 7. Secondo l'interpretazione dominante, accolta dalla giurisprudenza, la procura rilasciata all'estero deve essere equivalente, nella forma e nell'efficacia a quello previsto dalla legge processuale italiana. E' dunque, in particolare indispensabile che dal tenore della procura siano desumibili gli elementi tipici dell'autenticazione, e cioè l'accertamento dell'identità del sottoscrittore e l'apposizione della firma in presenza del pubblico ufficiale Cass. 4.11.2015, numero 22559 Cass. 25.5.2007, numero 12309 Cass. 12.7.2004, numero 12821 . 8. Tale finalità viene perseguita attraverso la legalizzazione, che consiste nella certificazione della qualità legale del soggetto straniero che ha sottoscritto l'atto nella qualità di pubblico ufficiale e dell'autenticità della sottoscrizione. La legalizzazione degli atti pubblici e delle scrittura private autenticate redatte all'estero è disciplinata in via generale dall'articolo 33 del DPR numero 445 del 2000, che riproduce in modo pressoché integrale la disciplina precedentemente contenuta nell'articolo 17 L. numero 18 del 1968, che così recita le firme sugli atti e documenti formati all'estero da autorità estere e da valere nello Stato sono legalizzate dalle rappresentanze diplomatiche o consolari italiane all'estero agli atti e documenti indicati nel comma precedente, redatti in lingua straniera, deve essere allegata una traduzione in lingua italiana certificata, conforme al testo straniero dalla competente rappresentanza diplomatica o consolare, ovvero da un traduttore ufficiale sono fatte salve le esenzioni dall'obbligo di legalizzazione e della traduzione stabilite da leggi o accordi internazionali . Il DPR numero 445/2000 prevede, pertanto, l'obbligo di traduzione in lingua italiana certificata da parte di un esperto. 9. La legalizzazione non è necessaria ove sia applicabile, come nel caso in esame, la Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, resa esecutiva in Italia con la L.L. numero 1253 del 1966 e ratificata negli Stati Uniti, che, nei rapporti tra Stati contraenti dispensa dalla legalizzazione ad opera dei Consolati dello Stato in cui l'atto straniero deve essere prodotto, prevedendo che la certificazione della qualità del pubblico ufficiale e dell'autenticità della sua sottoscrizione avvenga direttamente ad opera di autorità nazionali dello Stato in cui l'atto è redatto. La Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 si applica a tutti gli atti pubblici, con la precisazione che devono intendersi tali, tra gli altri, i rogiti notarili e visti per data certa e i certificati di firma apposti su un atto privato, come disposto dall' articolo 1, lett. c e d . La procura alle liti è un atto di natura sostanziale avente funzione processuale e rientra, pertanto, nell'ambito di applicazione della Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 Cass. 5877/94 Cass. 5021/95 e 10901/2002 , come specificato dall'articolo 1, e ciò sia che sia rilasciata sotto forma di atto pubblico articolo 1, lett. c che di scrittura privata autenticata articolo 1, lett. d . 10. Per completezza, va evidenziato che la legalizzazione o l'apostille non sono necessarie qualora sia applicabile al caso concreto una convenzione internazionale che escluda la necessità di certificazione relative agli atti pubblici rilasciati all'estero, come la Convenzione di Bruxelles del 25.3.1987 resa esecutiva con la Legge numero 106 del 1990 , che dispensa gli Stati contraenti della Comunità Europea da qualsiasi forma di certificazione della pubblicità dell'atto o di chi lo firma e che si caratterizza per lo stesso ambito applicativo della Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961. 11. Quanto alla traduzione in lingua italiana, si registrano due diversi orientamenti nella giurisprudenza di questa Corte, anche a Sezioni Unite. 12. Secondo un primo orientamento, posto che la procura alle liti deve considerarsi come un atto preparatorio del processo e non un atto processuale in senso proprio, riguardo ad essa non trova applicazione l'articolo 122, comma 1 c.p.c. Cass. 8620/96 e 13898/2003 , ma l'articolo 123 c.p.c., che prevede il potere-dovere del giudice di disporre la traduzione attraverso un interprete dei documenti relativi al processo redatti in lingua straniera. 12.1. Come affermato da Cassazione civile sez. II, 02/10/1996, numero 8620, la disposizione dell'articolo 122 cod. proc. civ., che prescrive l'uso della lingua italiana, si riferisce agli atti processuali in senso proprio e non agli atti giuridici dei soggetti del processo che non hanno una influenza immediata sul rapporto processuale, anche se ad esso sono coordinati, né a quegli atti, quali la procura alle liti, che sono preparatori del processo ed ai quali può applicarsi, come ad ogni altro documento esibito, l'articolo 123 cod. proc. civ. Cass. numero 3074/54 . Discende da tale principio che non è necessaria l'esistenza della traduzione esista al momento della costituzione in giudizio della parte, ben potendo il giudice disporre la traduzione attraverso un interprete. 12.2. Si pone nell'ambito dello stesso orientamento Cassazione civile sez. I, 19/09/2003, numero 13898 in quel caso, il ricorrente aveva dedotto l'erroneità del principio affermato da Cass. 4537/1990, secondo cui l'obbligo dell'uso della lingua italiana è limitato ai soli atti processuali in senso stretto e non esteso anche ai documenti prodotti dalle parti inoltre, il ricorrente aveva rilevato come la procura speciale che conferisce la rappresentanza processuale della parte non potesse essere assimilata ai meri documenti, tanto è vero che sia l'articolo 166, sia l'articolo 369 c.p.c. menzionano la procura separatamente dagli altri documenti. Anche in tale decisione, la Corte ha precisato che l'articolo 122, primo comma, c.p.c., che prescrive l'uso della lingua italiana in tutto il processo, si riferisce agli atti processuali in senso proprio, ossia agli atti del processo, e non agli atti giuridici dei soggetti del processo che a quest'ultimo sono semplicemente coordinati o a quegli atti, come la procura alle liti, che sono preparatori del processo, ai quali può invece applicarsi, come ad ogni altro documento esibito dalle parti, l'articolo 123 c.p.c. . La Corte ha aggiunto che la traduzione deve essere disposta solo ove sia effettivamente necessaria, come nel caso di difficoltà di comprensione del testo in lingua straniera, con valutazione del giudice non sindacabile in sede di legittimità Cass. 4537/1990 Cass. 2217/1984 Cass. 1013/1982 . Nel caso posto all'esame della Corte è stato ritenuto che la procura, redatta in una lingua comunitaria, come l'inglese, fosse di facile comprensibilità e non abbisognasse, quindi, di traduzione. 12.3. L'assenza dell'obbligo di traduzione della procura è stata ribadita da Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, numero 30035, in un caso in cui la procura alle liti era stata conferita per atto pubblico rogato da notaio in un paese aderente alla convenzione dell'Aja 5 ottobre 1961, corredato dalla cd. apostille , contestualmente autenticata ancorché non in lingua italiana anche in tale ipotesi è stata ritenuta la validità della procura in quanto atto prodromico al processo, ai sensi dell'articolo 123 c.p.c. 12.4. Condividono il medesimo principio Cass., sez. lavoro, 2 luglio 2004, numero 12.162 Cass. 14.11.2008 numero 27282 in relazione all'apostille redatta su folio di allungamento e Cassazione civile sez. I, 29/12/2011, numero 30035. 12.5. Nel 2013 intervengono le Sezioni Unite, che, con sentenza del 2.12.2013, numero 26937, ritengono valida la procura alle liti conferita per atto pubblico rogato da notaio in un paese aderente alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, corredato da apostille , contestualmente autenticata ancorché non in lingua italiana, atteso che l'articolo 122, primo comma, c.p.c., prescrivendone l'uso, si riferisce agli atti endoprocessuali e non anche a quelli prodromici, per i quali vige il principio generale della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto. 12.6. Alla consolidata giurisprudenza passata in rassegna aderisce Cassazione civile sez. II, 18/09/2020, numero 19513 non massimata , che si segnala perché non attribuisce alcun rilievo alla circostanza che l'autentica notarile fosse priva di traduzione in lingua italiana dal momento che il testo, ancorché in spagnolo, era perfettamente comprensibile. 12.7 Nell'ambito delle pronunce delle Sezioni semplici, merita particolare menzione Cassazione civile sez. II, 12/07/2023, numero 19900, che ha il pregio di aver ricostruito in modo sistematico l'istituto della procura alle liti rilasciata all'estero, esaminando funditus le questioni relative alla sua validità quando sia priva della traduzione in lingua italiana. La sentenza, dopo un ampio excursus della giurisprudenza, afferma il principio generale secondo cui gli atti prodromici al processo nei quali vanno ricompresi tutti gli atti di conferimento di poteri a soggetti processuali procura alle liti, nomina di rappresentanti processuali, autorizzazioni a stare in giudizio e correlative certificazioni possono essere redatti in lingua diversa dall'italiano, vigendo il principio della facoltatività della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto sicché la contestuale produzione di traduzione in lingua italiana non integra requisito di validità dell'atto, laddove il giudice sia in grado di compiere da sé la traduzione. La decisione prende atto dell'esistenza di orientamenti della giurisprudenza di segno contrario, ma ne esamina la portata decisoria in relazione al caso concreto e giunge alla conclusione che esse vadano interpretate nel senso che esiste nel nostro ordinamento un principio generale di utilizzo della lingua italiana, sia pur con le differenze poste dagli artt.122 c.p.c. e 123 c.p.c. La pronuncia citata è, quindi, consapevole di un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte riguardo alla validità della procura alle liti rilasciata all'estero priva dell'autorizzazione in lingua italiana. 13. La necessità della traduzione in lingua italiana da parte di apposito esperto è affermata dalle Sezioni Unite con ordinanza del 28.2.2020 numero 5592, in sede di regolamento di giurisdizione la Corte ha ritenuto che la procura speciale alle liti rilasciata all'estero, è nulla, ai sensi dell'articolo 12 della Legge numero 218 del 1995, ove non sia allegata la traduzione dell'attività certificativa svolta dal notaio, e cioè l'attestazione che la firma sia stata apposta in sua presenza da persona di cui egli abbia accertato l'identità. In tale ipotesi, la Corte, sul presupposto che tale nullità potesse essere sanata con la rinnovazione della procura, ai sensi dell'articolo 182 c.p.c., ha concesso un termine perentorio per la sanatoria, rinviando la causa a nuovo ruolo. 13.1. Le Sezioni Unite richiamano un precedente della Terza Sezione Civile del 29.5.2015 numero 11165, avente ad oggetto una procura rilasciata in Germania, in relazione alla quale era applicabile la Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961 e la Convenzione bilaterale tra l'Italia e la Germania conclusa in Roma il 7 giugno 1969, priva della legalizzazione da parte dell'autorità consolare italiana e dell'apostille in tale decisione, la Corte ha espressamente affermato che, benché la procura fosse conforme alle formalità prescritte dalla Convenzione dell'Aja ed all'Accordo Bilaterale, essa non era valida perché non era stata allegata la traduzione della procura speciale e dell'attività certificativa svolta dal notaio, e cioè l'attestazione che la firma era stata apposta in sua presenza, da persona di cui egli aveva accertato l'identità. In tale precedente è affermato il principio secondo cui benché l'articolo 122 c.p.c., comma 1, prescrivendo l'uso della lingua italiana, si riferisce ai soli atti endoprocessuali e non anche agli atti prodromici al processo, come la procura, per questi ultimi vige pur sempre il principio generale della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto si richiamano i precedenti Cass. civ., sez. unumero 2 dicembre 2013, numero 26937 Cass. civ. 29 dicembre 2011, numero 30035 Cass. civ. 14 novembre 2008 numero 27282 . La Corte ha, quindi, concluso nel senso che il mancato espletamento di tale adempimento comporti la nullità della procura e quindi l'inammissibilità dell'impugnazione e non ha concesso un termine per la sanatoria. 13.2. Anche Cass. Civile, Sez. III del 4.11.2019, numero 28217 ha ribadito che la procura speciale alle liti rilasciata all'estero, sia pur esente dall'onere di legalizzazione da parte dell'autorità consolare italiana, nonché dalla cd. apostille, in conformità alla Convenzione dell'Aja del 5 ottobre 1961, ovvero ad apposita convenzione bilaterale, è nulla, agli effetti dell'articolo 12 della L.31.5.1995, numero 218 relativo alla legge regolatrice del processo, ove non sia allegata la traduzione dell'attività certificativa svolta dal notaio, e cioè l'attestazione che la firma sia stata apposta in sua presenza da persona di cui egli abbia accertato l'identità, vigendo pure per gli atti prodromici al processo il principio generale della traduzione in lingua italiana a mezzo di esperto. Nel caso di specie, l'atto allegato al ricorso constava di un authentication certificate e di una certification formulate entrambe in lingua inglese e prive di traduzione in italiano, né la Corte ha ritenuto sufficiente la traduzione della procura generale alle liti generai power of attorney for litigations per integrare il requisito mancante, che concerneva l'attività certificativa in sé. Anche in questo caso, il ricorso è stato dichiarato inammissibile. 13.3. Il contrasto va segnalato anche in relazione alla pronuncia della Sesta Sezione Civile del 4.4.2018, numero 8174, che, pur riconoscendo l'obbligo dell 'uso della lingua per gli atti endoprocessuali, afferma che, limitatamente alla procura, deve essere garantita la traduzione in lingua italiana a mezzo esperto. Nel caso di specie, il collegio ha rilevato che, ai sensi dell'articolo 182 c.p.c., comma 2 nel testo applicabile ratione temporis , successivo alle modifiche introdotte dalla L. numero 69 del 2009, trattandosi di procura rilasciata in data 21 febbraio 2011 , il giudice di merito ogni qualvolta rilevi un difetto di rappresentanza, assistenza o autorizzazione può assegnare un termine per la regolarizzazione della costituzione in giudizio, dev'essere interpretato nel senso che il giudice deve promuovere la sanatoria, in qualsiasi fase e grado del giudizio e indipendentemente dalle cause del predetto difetto, assegnando un termine alla parte che non vi abbia già provveduto di sua iniziativa, con effetti ex tunc , senza il limite delle preclusioni derivanti da decadenze processuali. 13.4. Più recentemente, Cassazione civile sez. I, 29/09/2023, numero 27598 non massimata ha ravvisato la nullità della procura per difetto di traduzione in lingua italiana dell'attività certificativa svolta dal notaio, prevedendo il dovere del giudice di assegnare un termine perentorio per la sanatoria, in applicazione dei principi affermati dalle Sezioni Unite con sentenza del 21 dicembre 2022, numero 37434. 14. L'esistenza di un contrasto nella giurisprudenza di questa Corte, segnalata anche dall'Ufficio del Massimario, rende opportuna la trasmissione degli atti alla Prima Presidente, affinché valuti l'opportunità di assegnare la causa alle Sezioni Unite, trattandosi, peraltro, di questione di massima importanza, avene notevole impatto sulla corretta instaurazione del giudizio. 15. Ad avviso del collegio remittente, appare necessario chiarire se la traduzione in lingua italiana della procura rilasciata all'estero e dell'attività certificativa, sia nelle ipotesi di legalizzazione, sia ai sensi della Convenzione dell'Aja del 5.10.1961, sia ai sensi della Convenzione di Bruxelles del 25.5.1987, integri un requisito di validità dell'atto. In caso di assenza di traduzione della procura o dell'attività certificativa va stabilito se il giudice possa farne a meno, qualora conosca la lingua straniera in cui è stata redatta la procura se possa o debba assegnare un termine, ai sensi dell'articolo 182 c.p.c. per la traduzione dell'atto e se tale potere dovere possa esercitarsi anche nel giudizio di cassazione se possa o debba egli stesso disporre la traduzione tramite la nomina di un esperto. P.Q.M. dispone la trasmissione degli atti alla Prima Presidente affinché valuti l'opportunità di rimettere la causa alle Sezioni Unite sulle questioni esposte in motivazione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sezione Seconda civile della Corte Suprema di Cassazione, in data 18 dicembre 2023. Depositato in Cancelleria il 22 marzo 2024.