Nel calcolo delle distanze tra edifici rilevano anche i balconi

Sono infatti esclusi dal calcolo delle distanze solo gli sporti con funzione meramente ornamentale, di rifinitura o accessoria, come mensole, cornicioni, canalizzazioni di gronda e simili.

Il proprietario di un appartamento sito al quarto piano di un Condominio chiedeva al Tribunale la condanna di una società di costruzioni al ripristino dei luoghi dopo aver edificato un complesso edilizio in violazione delle distanze legali tra costruzioni e in difformità dell'approvato progetto. Secondo la società, le due costruzioni non potevano considerarsi frontiste e confinanti a causa della sussistenza di un manufatto interposto. Il Tribunale rigettava infatti la domanda, decisione confermata poi anche in sede di appello. Il soccombente ha dunque proposto ricorso in Cassazione e il ricorso è stato accolto. Con sentenza in commento infatti, la S.C. ricorda che l' articolo 10 d.m. 2 aprile 1968 numero 1444 prescrive che tra pareti finestrate deve essere osservata la distanza di 10 metri , indicando così una caratteristica del fabbricato, «nel senso che quando questo presenta una facciata munita di finestre, il vicino non può costruire a meno di dieci metri da essa. Conseguentemente, ciascun condomino e non i soli proprietari degli appartamenti con vedute site lungo la facciata interessata, è legittimato a esperire l'azione per fare valere il rispetto, da parte del vicino, della detta distanza, in quanto tale azione è posta a tutela dell'intero edificio». Inoltre occorre ribadire che «sono esclusi dal calcolo delle distanze solo gli sporti con funzione meramente ornamentale , di rifinitura o accessoria come le mensole, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili , non anche le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza, specie ove la normativa locale non preveda un diverso regime giuridico per le costruzioni accessorie Cass. civ. numero 473/2019 ». In conclusione, la Corte accoglie il ricorso e cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte d'appello.

Presidente Orilia – Relatore Grasso Osserva 1. G.A., proprietario di un appartamento sito al quarto piano di un fabbricato, lamentando che la omissis s.r.l. aveva edificato un complesso edilizio in violazione delle distanze legali tra costruzioni e in difformità dell'approvato progetto edilizio, chiese che la convenuta società fosse condannata al ripristino dei luoghi. La controparte, costituitasi, eccepì che le due costruzioni non potevano considerarsi frontiste e confinanti, per la sussistenza di un manufatto interposto e che, comunque, in relazione alla parte della nuova costruzione direttamente prospiciente l'appartamento dell'attore era stata assicurata la distanza di 14 metri. Il Tribunale di Reggio Calabria rigettò la domanda. La Corte d'appello di Reggio Calabria disattese l'impugnazione del G.A 2. G.A. propone ricorso sulla base di tre motivi, ulteriormente illustrati da memoria. La controparte è rimasta intimata. 3. Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli articolo 112 e 115 cod. proc. civ. , con ricaduta di violazione e falsa applicazione degli articolo 9 d.m. numero 1444/1968 , 8 e 10 norme tecniche di attuazione del regolamento edilizio del Comune di Reggio Calabria. Si rileva che le misurazioni effettuate dal c.t.u. erano erronee, poiché eseguite non in relazione a tutto il fronte dei fabbricati, ma solo rispetto «alle parti prospicienti le pareti finestrate dell'appartamento» del ricorrente. Era, così rimasto frustrato il principio secondo il quale «le distanze si misurano in relazione a ciascun punto dei fabbricati». La questione era stata posta al Giudice d'appello, che non l'aveva esaminata, incorrendo in omessa pronuncia. 4. La doglianza è fondata. Invero, questa Corte ha avuto modo di chiarire che la norma dell' articolo 10 del d.m. 2 aprile 1968 numero 1444 , la quale prescrive che tra pareti finestrate deve essere osservata la distanza di dieci metri, ha inteso indicare una caratteristica del fabbricato, nel senso che quando questo presenta una facciata munita di finestre, il vicino non può costruire a meno di dieci metri da essa. Conseguentemente, ciascun condomino e non i soli proprietari degli appartamenti con vedute site lungo la facciata interessata, è legittimato a esperire l'Azione per fare valere il rispetto, da parte del vicino, della detta distanza, in quanto tale Azione è posta a tutela dell'intero edificio Sez. 2, numero 1387, 05/03/1986, Rv. 444809 . Incontroverso che le norme tecniche d'attuazione dello strumento urbanistico di Reggio Calabria prevedono la distanza di quattordici metri, essa avrebbe dovuto essere misurata con il criterio immediatamente sopra richiamato, correttamente invocato dal G.A. con l'atto d'appello. La Corte di merito non svolto tale indagine e pertanto la sentenza deve essere cassata. 5. Con il secondo motivo viene denunciata violazione e falsa applicazione dell' articolo 115 cod. proc. civ. , con ricaduta di violazione degli articolo 9 d.m. numero 1444/1968 8 e 19 delle norme tecniche di attuazione del regolamento edilizio comunale, anche in relazione al numero 5 dell'articolo 360 cod. proc. civ. La sentenza d'appello aveva affermato che lo “sbalzo tamponato” ubicato sul lastrico solare del fabbricato della controparte non poteva reputarsi riconducibile alle norme tecniche d'attuazione, le quali si riferivano ad «ambienti a sbalzo, cioè aggettanti e che inoltre risultino tamponati da tutti i lati chiusi» e poiché la lunghezza dello sporto era moderata, l'elemento architettonico in esame non doveva essere considerato ai fini del calcolo delle distanze. Secondo il ricorrente trattavasi di assunto erroneo, alla luce di quanto previsto dal predetto articolo 8, il quale disponeva “la distanza non viene computata da gronde e balconi aperti che non superano mt 1,50 massimo di sporto ma soltanto da pareti e sbalzi tamponati”, tenendo conto che, dagli accertamenti svolti si trattava di uno sbalzo tamponato di 2,20 metri, che non consentiva affaccio alcuno. Quindi, trattandosi di un «elemento di sagoma del fabbricato», avrebbe dovuto essere calcolato. Da qui, conclude il ricorrente, doveva trarsi «la manifesta violazione dei criteri di valutazione degli elementi istruttori da parte della Corte d'appello» e nonostante le specifiche contestazioni dell'appellante, la sentenza si era limitata a confermare le conclusioni del c.t.u. 6. Anche il secondo motivo, al di là dell'impropria evocazione dell' articolo 115 cod. proc. civ. sul punto basti ricordare, sia pure, in breve, la giurisprudenza di questa Corte ex multis, Sez. 6, numero 27000, 27/12/2016, Rv. 642299, Cass. numero 20867, 30/09/2020 , Cass. numero 16016/2021 , merita di essere accolto. Come costantemente affermato da questa Corte, sono esclusi dal calcolo delle distanze solo gli sporti con funzione meramente ornamentale, di rifinitura o accessoria come le mensole, i cornicioni, le canalizzazioni di gronda e simili , non anche le sporgenze degli edifici aventi particolari proporzioni, come i balconi, costituite da solette aggettanti anche se scoperte, di apprezzabile profondità ed ampiezza, specie ove la normativa locale non preveda un diverso regime giuridico per le costruzioni accessorie Cass. numero 473/2019 Cass. 19932/2017 Cass. 18282/2016 Cass. 859/2016 Cass. 1406/2013 cass. 23845/2018 . Inoltre, è noto che a nozione di costruzione è unica, ai sensi dell' articolo 873 c.c. , e non può subire deroghe da parte di fonti secondarie, sia pure al limitato fine del computo delle distanze legali, atteso che il rinvio a norme integrative contenuto nell'ultima parte dell' articolo 873 c.c. riguarda la sola possibilità, per tali norme, di stabilire un distacco maggiore di quello codicistico v. tra le varie cass. 23845/2018 cit. . Si rende pertanto necessario nuovo esame. 7. L'accoglimento dei primi due motivi importa la cassazione con rinvio della sentenza impugnata, perché il giudice si adegui ai principi di diritto sopra riportati, e, di conseguenza, l'assorbimento del terzo motivo concernente la regolamentazione delle spese. P.Q.M. accoglie il primo e il secondo motivo del ricorso e dichiara assorbito il terzo, cassa la sentenza impugnata in relazione agli accolti motivi e rinvia, anche per la statuizione sul capo delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Reggio Calabria, diversa composizione.