Creazione di software e pubblico impiego: chiarimenti sull’esperibilità dell’azione di ingiustificato arricchimento

L’ideatore di un software che abbia eseguito la sua prestazione sulla base di un contratto concluso con una P.A. nullo per mancanza della forma scritta o per violazione delle norme che regolano la procedura finalizzata alla sua conclusione, ove chieda alla stessa P.A. di essere remunerato per l’attività svolta in suo favore, può proporre l’azione di ingiustificato arricchimento.

Il giudice ha il potere di determinare in via equitativa il relativo indennizzo, il quale non può coincidere con il compenso che comunemente sarebbe stato corrisposto per detta prestazione, ma deve ristorare la diminuzione patrimoniale subita dall'autore dell'opera e, quindi, i costi ed esborsi sopportati e il sacrificio di tempo, di energie mentali e fisiche del detto autore, al netto della percentuale di guadagno. I fatti Un medico che, nel contesto di un rapporto lavorativo di continuità assistenziale con un'azienda sanitaria provinciale ASP , aveva svolto attività di creazione di due software , ha agito presso il Tribunale di Palermo richiedendo la condanna della P.A. per ingiustificato arricchimento . La domanda del ricorrente veniva accolta dal Tribunale di Palermo l'ASP proponeva appello, accolto dalla Corte territoriale. La Corte di Appello di Palermo – con sentenza numero 913/2016 – riteneva che l'attività inventiva del medico fosse stata svolta nel contesto del rapporto di continuità assistenziale in essere tra le parti e, in particolare, nel corso delle ore di “ plus orario” specificamente remunerate. Il ricorrente avrebbe quindi dovuto esercitare l'azione ai sensi dell' articolo 1218 c.c. o, alternativamente, quella ai sensi dell' articolo 64 d.lgs. 30/2005 , e non l'azione di ingiusto arricchimento ex articolo 2041 c.c. proposta nel caso concreto, nel rispetto del principio di sussidiarietà ex articolo 2042 c.c Avverso tale sentenza ricorreva in Cassazione il medico. La Corte di Cassazione, non condividendo le conclusioni della Corte di Appello in merito alla esperibilità dell'azione di ingiustificato arricchimento ex articolo 2041 c.c., affronta – fra le altre – le seguenti questioni. La mancata formalizzazione del rapporto di lavoro con la P.A. La Corte di Cassazione riconosce la sussistenza di un rapporto di continuità assistenziale tra la P.A. e il ricorrente, escludendo tuttavia che l'attività di creazione di sistemi informatici rientri nel menzionato rapporto. Sul punto, ritiene che vi sia un'assoluta incompatibilità logica fra l'oggetto del rapporto di continuità assistenziale, formalmente in essere, e la tipologia di prestazione svolta dal medico. Inoltre, alla luce del principio secondo il quale i rapporti con la P.A. richiedono la forma scritta ad substantiam e del fatto che nessuna clausola menzionasse la creazione dei sistemi informatici ad opera del ricorrente conclude che non fosse possibile ritenere che l'attività esercitata dal medico fosse stata posta in essere nell'ambito del rapporto contrattualizzato tra le parti. L'esclusione dell'applicabilità dell'articolo 64 d.lgs. 30/2005 La Corte esclude l'applicabilità della tutela di cui all' articolo 64 d.lgs. 30/2005 in quanto i software elaborati dal medico non erano brevettabili alla luce dell' articolo 45, comma 2, lett. b , d.lgs. numero 30/2005 in base al quale non sono invenzioni i programmi di elaboratore ed in ogni caso in virtù del fatto che i software non fossero stati realizzati nell'ambito di un rapporto di lavoro subordinato. Sul principio di sussidiarietà dell'azione di ingiustificato arricchimento Con riferimento alla possibile esperibilità delle tutele generali offerte dagli articolo 156 e ss. della L.numero 633/1941 , la Corte sostiene che non fosse in ogni caso preclusa al ricorrente – alla luce del principio di sussidiarietà dell'azione di ingiustificato arricchimento di cui all' articolo 2042 c.c. – la possibilità di agire per ingiustificato arricchimento. Sul punto la Corte richiama la giurisprudenza di legittimità Cass., Sez. 3, numero 843 del 17 gennaio 2020 Cass., Sez. 1, numero 27827 del 22 novembre 2017 Cass., Sez. 2, numero 4620 del 22 marzo 2012 , ai sensi della quale il presupposto per proporre l'azione di ingiustificato arricchimento è la mancanza di un' azione tipica , tale dovendo intendersi quella derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata , derivandone l'ammissibilità dell'azione quando i rimedi esperibili siano previsti da clausole generali . La Corte conclude che, posto che la disciplina di cui agli articolo 156 e ss della L.numero 633 del 1941 alla luce della giurisprudenza non era vincolante ai fini dell'esperibilità dell'azione di ingiustificato arricchimento ed alla luce del fatto che il ricorrente non abbia né richiesto un'inibitoria né agito per conseguire il risarcimento del danno ingiusto lamentandosi esclusivamente di non aver ricevuto dalla P.A. il compenso che gli sarebbe espettato alla luce del complesso e incarico con oggetto differente da quello propriamente attribuibile al medico , l'azione che egli avrebbe dovuto esercitare sarebbe stata quella dell'esecuzione di un impegno contrattuale assunto dall'ente al quale i software erano destinati per l'uso. Alla luce di quanto sopra, l'azione di cui si sarebbe dovuto avvalere è quella per inadempimento ex articolo 1453 c.c., ma il fatto che l'incarico ottenuto dalla P.A. non era stato attribuito con atto scritto, ha comportato l'impossibilità di agire ai sensi del richiamato articolo, in ragione della nullità del titolo . La Corte ritiene che, alla luce della giurisprudenza in tema Cass., Sez. 1, numero 14670 del 29 maggio 2019 , il ricorrente non potesse che domandare l'indennizzo per ingiustificato arricchimento, da determinare, eventualmente, in via equitativa, tenuto conto che la diminuzione patrimoniale subita, in assenza di un contratto valido ed efficace, non può essere fatta coincidere con la misura del compenso che sarebbe comunemente spettato, ma deve ricomprendere i costi sopportati e ristorare il sacrificio di tempo, di energie mentali e fisiche del dell'autore, al netto della percentuale di guadagno. La Corte richiama altresì, a supporto delle proprie argomentazioni, la recente sentenza delle Sezioni Unite numero 33954/2023 , che aveva stabilito che, ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all' articolo 2042 c.c. , la domanda di ingiustificato arricchimento è proponibile qualora la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo della lamentela. La Corte di Cassazione cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Palermo per la decisione nel merito.

Presidente Manna – Relatore Cavallari Svolgimento del processo Con atto di citazione notificato il 6 febbraio 2007 F.B. ha convenuto in giudizio l'AUSL numero 6 di omissis e S.I. deducendo che ricopriva presso il Dipartimento di Neurologia del omissis , Texas, la qualifica di Adjunct Associate Professor ed aveva iniziato, quale esperto di informatica medica, una collaborazione con la ASL 6 di omissis , in diretto contatto con il Direttore generale aveva realizzato un sistema di acquisizione ed elaborazione dei flussi informatici aziendali, denominato Flow, e aveva elaborato un documento intitolato Sistema Informativo Aziendale 2004-2005, inviato agli organi di vertice dell'azienda il Direttore generale lo aveva incaricato di realizzare un supporto computerizzato, denominato Poly aveva svolto per un triennio un'intensa attività professionale in favore dell'AUSL 6 di omissis . Egli ha chiesto la condanna dell'Azienda convenuta a titolo di ingiustificato arricchimento e, in via subordinata, di S.I. a titolo di risarcimento del danno, nella sua qualità di Direttore generale, per avere ingenerato in lui il convincimento che fosse impegnata la volontà della detta Azienda. Il Tribunale di Palermo, nel contraddittorio delle parti, con sentenza numero 808/2014, ha accolto la domanda di indebito arricchimento. L'ASP omissis ha proposto appello. F.B. e S.I. si sono costituiti, proponendo entrambi appello incidentale in ordine alle spese di lite. La Corte d'appello di Palermo, nel contraddittorio delle parti, con sentenza numero 913/2016, ha accolto l'appello principale, rigettando ogni domanda di F.B F.B. ha proposto ricorso per cassazione sulla base di due motivi. L'ASP omissis si è difesa con controricorso. S.I. si è difeso con controricorso e ha proposto ricorso incidentale condizionato. Le parti hanno depositato memorie. Motivi della decisione 1 Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza impugnata per violazione degli articolo 329 e 342 c.p.c. e 2909 c.c. in quanto la corte territoriale avrebbe esaminato, con riferimento alla domanda di arricchimento senza giusta causa, la questione della sussistenza del requisito della sussidiarietà in assenza di un motivo di appello delle parti sul punto. La doglianza è infondata. Innanzitutto, la Corte d'appello di Palermo ha ritenuto, sulla base di una lettura dell'appello dell'ASP omissis , che, in realtà, vi fosse stata una complessiva contestazione del fondamento della condanna di quest'ultima da parte del Tribunale di Palermo. Al riguardo, il ricorrente non ha neppure riportato per sintesi il contenuto del gravame dell'ASP omissis , al fine di consentire una disamina del suo contenuto. Inoltre, si osserva che, qualora la sentenza di primo grado abbia accolto l'azione di arricchimento senza causa, in mancanza del previo riscontro positivo del requisito della sussidiarietà dell'azione medesima di cui all' art 2042 c.c. , la questione afferente alla sussistenza di detto requisito è rilevabile d'ufficio ed esaminabile dal giudice d'appello anche in difetto di uno specifico motivo di gravame, atteso che, sul punto, non può dirsi formato il giudicato interno Cass., Sez. 1, numero 2046 del 26 gennaio 2018 Cass., SU, numero 33954 del 5 dicembre 2023 , in motivazione, ove esclude che sia operativo il divieto di ius novorum ex articolo 345 c.p.c. . 2 Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli articolo 1218, 2041 e 2042 c.c. e 45 e 64 del d.lgs. numero 30 del 2005 in quanto la corte territoriale avrebbe errato nell'affermare che la prestazione di tipo informatico da lui resa fosse stata eseguita in base al rapporto di continuità assistenziale intercorrente con l'ASP omissis e durante le ore in plus orario. In particolare, la sentenza di appello è criticata perché sosterrebbe che egli ricorrente avrebbe potuto esercitare nei confronti dell'ASP omissis l'azione ex articolo 1218 c.c. o quella ai sensi dell' articolo 64 del d.lgs. numero 30 del 2005 nonostante, nella specie, non ricorressero un'invenzione di servizio, una di azienda o una occasionale e, comunque, il rapporto fra le parti fosse di natura autonoma. Inoltre, la Corte d'appello di Palermo non avrebbe correttamente valutato le prove agli atti, ritenendo che la prestazione da lui resa rientrasse nell'unico rapporto formalmente esistente fra le parti, quando, al contrario, vi sarebbero stati molteplici incarichi espressi da parte dell'azienda che, però, non sarebbero stati messi per iscritto. A ciò sarebbe conseguita l'esperibilità della sola azione di arricchimento senza giusta causa. Dirimente, sul punto, sarebbe stata la circostanza che il citato rapporto di c.d. continuità assistenziale richiamato dal giudice di secondo grado, in relazione al quale sarebbero state pagate le ore in plus orario, avrebbe avuto ad esclusivo oggetto l'attività di epidemiologia e farmacovigilanza e non la realizzazione del software, come si sarebbe ricavato anche dal fatto che l'ASP omissis avrebbe fondato il suo appello sull'irregolarità formale dell'incarico per mancanza di formalizzazione, di assolvimento delle procedure di scelta del contraente e di preventivo impegno di spesa sul bilancio dell'Ente. Preliminarmente, si osserva che non merita accoglimento la difesa dell'ASP omissis , secondo la quale questo Collegio non potrebbe esaminare il motivo in questione in quanto, sul punto, vi sarebbe stato un accertamento di merito in appello, poiché il rigetto della domanda del ricorrente in detta sede si sarebbe fondato sull'accertamento in concreto dell'esistenza di un rapporto contrattuale tra il F.B. e l'Azienda e sulla riconducibilità a questo delle prestazioni svolte dal primo, con conseguente necessità di agire ai sensi dell' articolo 1218 c.c. Si tratta di argomento che non può essere condiviso atteso che il ricorrente non contesta direttamente siffatto accertamento, ma afferma che, in assenza di una formalizzazione del rapporto de quo con la P.A., come evidenziato da quest'ultima con i suoi motivi di appello, non sarebbe stato possibile per legge agire ex articolo 1218 c.c. , altresì in ragione del contenuto tipizzato del rapporto di continuità assistenziale, che non poteva concernere la realizzazione di software. L'effetto sarebbe stato che l'unica tutela normativamente possibile sarebbe stata quella ex articolo 2041 c.c. Ad essere prospettati sono, quindi, la violazione della legislazione vigente in materia di contratti stipulati con la P.A. e di contratti di continuità assistenziale, la mancata considerazione delle allegazioni dell'appellante e l'errata riconduzione della fattispecie alle disposizioni individuate dalla Corte d'appello di Palermo e non all' articolo 2041 c.c. , tutti profili che nulla hanno a che vedere con una semplice censura di merito. Ciò premesso, la doglianza è fondata. La ratio decidendi della decisione impugnata consiste nella riconduzione dell'intera attività oggetto del contendere nell'ambito del preesistente rapporto di lavoro fra le parti, in ordine al quale sarebbe stato autorizzato un plus orario. La corte territoriale ha ritenuto che F.B. avesse ricevuto, nell'ambito del citato rapporto, il compenso pattuito anche per la prestazione resa in ambito informatico. Inoltre, ha affermato che egli avrebbe potuto agire ai sensi dell' articolo 1218 c.c. , enunciando l'inadempimento dell'Azienda ai suoi obblighi contrattuali, o ex articolo 64 d.lgs. numero 30 del 2005 , ricorrendo un'invenzione di servizio od un'invenzione di azienda. Il ricorrente sostiene, al contrario, che la prestazione per la quale agisce sarebbe stata resa in seguito al ‹‹conferimento di un diverso e complesso incarico professionale avente uno specifico e ben determinato oggetto, del tutto diverso da quello proprio del medico››. La ricostruzione della corte territoriale non è condivisibile. Al riguardo, si osserva che i rapporti con la P.A. richiedono, per la loro instaurazione, la forma scritta ad substantiam e che, di conseguenza, le prestazioni riconducibili a tali rapporti devono trovare la loro previsione nel testo dell'accordo. Nella specie, però, nessuna clausola dell'unica intesa redatta fra le parti menziona la creazione, da parte del ricorrente, di due sistemi informatici. Non potrebbe ottenersi lo stesso risultato raggiunto dalla Corte d'appello di Palermo neppure in via interpretativa, non potendosi non evidenziare l'assoluta incompatibilità logica fra l'oggetto del rapporto di continuità assistenziale, formalmente esistente fra la P.A. ed il ricorrente, e la tipologia di prestazione con riferimento alla quale F.B. agisce. D'altronde, è problematico immaginare che un'attività complessa come quella prospettata da F.B. sia stata posta in essere nell'ambito di un rapporto lavorativo di continuità assistenziale, seppure con l'autorizzazione di un plus orario rispetto alle canoniche 24 ore settimanali. Ciò induce ad escludere, allora, che l'importo di € 27.297,04, versato al ricorrente per il plus orario, possa essere servito a compensarlo, altresì, per l'ideazione dei due software. In particolare, la Corte d'appello di Palermo fonda questo assunto su alcuni documenti, dai quali emergerebbe che F.B. sarebbe stato incaricato dagli organi di vertice dell'Azienda di ‹‹far parte di gruppi di lavoro deputati all'implementazione dei programmi informatici di supporto alla gestione amministrativa e di ausilio al contenimento delle spese››. Tale prestazione, però, si differenzia sostanzialmente da quella per la quale il ricorrente ha agito, non potendosi veramente ritenere che la partecipazione a detti gruppi di lavoro potesse, di per sé, concludersi con la creazione di due software ad opera del solo F.B In ogni caso, siffatti documenti non possono sostituire la mancata formalizzazione per iscritto dell'accordo avente ad oggetto i software. Criticabile è, poi, l'affermazione della corte territoriale per la quale sarebbe stato onere del ricorrente dimostrare, a fronte dei citati documenti, ‹‹l'esclusiva o prevalente destinazione delle ore di plus orario a finalità prettamente sanitarie››. Infatti, come detto, i menzionati documenti non si riferiscono all'ideazione, da parte del solo ricorrente, di due software. Inoltre, in linea di principio, le ore di plus orario concesse ad un medico di guardia devono ritenersi attribuite per svolgere ‹‹finalità prettamente sanitarie›› e non per fare altro. La decisione di appello non è condivisibile, inoltre, perché, nel sostenere che F.B. avrebbe potuto agire ex articolo 64 d.lgs. numero 30 del 2005 , non si pone la questione dell'improbabile brevettabilità di un software, alla luce anche del disposto dell'articolo 45, comma 2, lett. b , d.lgs. numero 30 del 2005, in base al quale non sono invenzioni i programmi di elaboratore. La non brevettabilità dei software impediva l'applicabilità del citato articolo 64. Il ricorrente non avrebbe potuto in concreto godere neanche di tutela ai sensi della legge numero 633 del 1941 . Non si nega che la S.C. abbia affermato il principio per il quale le opere creative realizzate dal lavoratore subordinato al di fuori del rapporto di lavoro sono protette in base al disposto dell' articolo 1 della legge numero 633 del 1941 , come modificato dall' articolo 1 del d.lgs. numero 518 del 1992 , sicché, in caso di lesione dell'esercizio del diritto di utilizzazione economica di tali opere, è prevista la tutela di cui all'articolo 158 della stessa legge, che consente di agire per ottenere la distruzione o rimozione dello stato di fatto dal quale risulta la violazione ovvero per il risarcimento del danno, con conseguente inammissibilità dell'azione di ingiustificato arricchimento, la cui natura sussidiaria comporta che può essere esercitata soltanto quando manchi un titolo specifico sul quale possa fondarsi un diritto di credito Cass., Sez. L, numero 8694 del 9 aprile 2018 . Infatti, i programmi per elaboratore sono protetti come opere letterarie ai sensi dell' articolo 1 della legge numero 633 del 1941 , come modificato dall' articolo 1 del d.lgs. numero 518 del 1992 e, quindi, in linea generale, la loro creazione attribuisce all'autore il diritto esclusivo di utilizzare l'opera, anche a fini economici, ex articolo 64 bis, 64 ter e 64 quater della stessa legge, inseriti dall'articolo 5 del richiamato decreto legislativo in attuazione della direttiva 91/250/CEE relativa alla tutela giuridica del software. L'articolo 12 bis pone un'eccezione a detto principio generale, attribuendo al datore di lavoro il diritto di utilizzazione esclusiva del programma o della banca dati creati dal lavoratore dipendente, a condizione che l'opera sia riferibile all'esercizio delle mansioni o sia stata creata a seguito di istruzioni impartite dallo stesso datore. Peraltro, il ricorrente non era un lavoratore dipendente e, quindi, non sussistendo i presupposti richiesti dalla norma derogatoria, tornava ad espandersi la disciplina di carattere generale, con la conseguenza che l'autore avrebbe avuto a disposizione, in teoria, se ne avesse provato i presupposti, le azioni previste dagli articolo 156 ss. della stessa legge numero 633 del 1941 come, ad esempio, l'inibitoria e, in particolare, avrebbe potuto agire ex articolo 158, che attribuisce a colui che venga leso nell'esercizio di un diritto di utilizzazione economica a lui spettante il diritto di agire in giudizio per ottenere che sia distrutto o rimosso lo stato di fatto da cui risulta la violazione o per chiedere il risarcimento del danno. La legge numero 633 del 1941 , allora, avrebbe potuto regolare, in astratto, il contenzioso concernente la creazione di software e il loro utilizzo economico, a condizione che fossero dimostrati dall'interessato, nel merito, gli elementi costitutivi per la sua applicabilità, in quanto la protezione del diritto d'autore riguardante programmi per elaboratori appunto il software, che rappresenta la sostanza creativa dei programmi informatici , al pari di quella di qualsiasi altra opera, postula il requisito dell'originalità, occorrendo stabilire, pertanto, se il programma sia o meno frutto di un'elaborazione creativa originale rispetto ad opere precedenti, e fermo restando che la creatività e l'originalità sussistono anche quando l'opera de qua sia composta da idee e nozioni semplici, comprese nel patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia propria dell'opera stessa, purché formulate ed organizzate in modo personale ed autonomo rispetto alle precedenti. La consistenza in concreto di tale autonomo apporto avrebbe dovuto essere oggetto di una valutazione destinata a risolversi in un giudizio di fatto, come tale sindacabile in sede di legittimità soltanto per eventuale vizio di motivazione nei limiti in cui è oggi prospettabile ex articolo 360, numero 5, c.p.c. Cass., Sez. 1, numero 13524 del 13 giugno 2014 . La potenziale rilevanza della legge numero 633 del 1941 nel caso in esame e l'esistenza del principio espresso da Cass., Sez. L, numero 8694 del 9 aprile 2018 non possono, però, condurre a negare al ricorrente l'esperibilità dell'azione di ingiustificato arricchimento. Infatti, in primo luogo, la giurisprudenza della S.C. ha affermato che presupposto per proporre l'azione di ingiustificato arricchimento è la mancanza, accertabile anche di ufficio, di un'azione tipica, tale dovendo intendersi non ogni iniziativa processuale ipoteticamente esperibile, ma esclusivamente quella derivante da un contratto o prevista dalla legge con riferimento ad una fattispecie determinata, pur se proponibile contro soggetti diversi dall'arricchito. Ne consegue che è ammissibile l'azione di arricchimento quando l'azione, teoricamente spettante all'impoverito, sia prevista da clausole generali, come quella risarcitoria per responsabilità extracontrattuale ai sensi dell' articolo 2043 c.c. Cass., Sez. 3, numero 843 del 17 gennaio 2020 Cass., Sez. 1, numero 27827 del 22 novembre 2017 Cass., Sez. 2, numero 4620 del 22 marzo 2012 . Questa conclusione è coerente con la funzione dell'azione di arricchimento senza causa, la quale è ammessa per ottenere, nei limiti dell'arricchimento, il giusto prezzo della prestazione o dell'attività eseguita che, a sua volta, è indipendente dal danno patrimoniale subito, potendo questo anche non esservi. Nella specie, pur se regolata dalla legge numero 633 del 1941 , l'azione risarcitoria della quale F.B. avrebbe potuto avvalersi è tipicamente riconducibile alla figura generale del risarcimento del danno. Ne deriva che l'ipotetica possibilità per il ricorrente di domandare il risarcimento del danno non avrebbe potuto escludere l'esperibilità dell'azione di arricchimento senza giusta causa. In secondo luogo, occorre tenere conto che il ricorrente non ha prospettato di avere subito un danno ingiusto ex articolo 2043 c.c. o di agire per conseguire il risarcimento del danno da inadempimento, né ha domandato un'inibitoria o la distruzione o rimozione dello stato di fatto dal quale risulta la violazione tutele previste dagli articolo 156 e 158 della legge numero 633 del 1941 , ma si è lamentato, sostanzialmente, di non avere ricevuto dalla P.A. il compenso che gli sarebbe spettato in seguito al ‹‹conferimento di un diverso e complesso incarico professionale avente uno specifico e ben determinato oggetto, del tutto diverso da quello proprio del medico››. L'azione che F.B. avrebbe voluto esercitare è, allora, tipicamente contrattuale e collegata non al risarcimento per equivalente di un danno aquiliano o da inadempimento imputabile all'altro contraente, ma all'esecuzione di un impegno contrattuale assunto dall'ente al quale i software erano destinati per l'uso. Più esattamente, l'azione della quale il lavoratore avrebbe dovuto avvalersi è quella generale di adempimento ex articolo 1453 c.c. , atteso che egli ha agito per conseguire la medesima utilità che sarebbe derivata da un'azione di adempimento, ove fosse stata esercitabile, mentre non poteva porsi un problema di applicazione della legge numero 633 del 1941 , che non prevede una disciplina ad hoc dell'azione di adempimento e non la ricomprende fra quelle indicate agli articolo 156 e 158. La circostanza che l'incarico ottenuto dalla P.A. di inventare i due software, secondo l'allegazione del ricorrente, non sia stato attribuito con un atto scritto, nonostante controparte fosse una P.A., ha comportato, però, l'impossibilità per F.B. di agire ai sensi dell' articolo 1453 c.c. , in ragione della nullità del titolo. Al riguardo, la giurisprudenza ha affermato che, poiché la funzione dell'azione di indebito arricchimento è l'eliminazione di uno squilibrio determinatosi senza giusta causa, a seguito del conseguimento di una utilità economica da parte di un soggetto con relativa diminuzione patrimoniale di un altro soggetto, l'esercizio della stessa non trova impedimento - bensì giustificazione - nell'accertamento della non proponibilità dell'azione contrattuale derivante dalla nullità del titolo che ne costituisce il fondamento Cass., Sez. 2, numero 8040 del 2 aprile 2009 Cass., Sez. 2, numero 4269 del 13 aprile 1995 . D'altronde, la prospettabilità dell'azione generale di indebito arricchimento, in relazione al requisito di sussidiarietà di cui all' articolo 2042 c.c. , postula semplicemente che non sia prevista nell'ordinamento giuridico altra azione tipica a tutela di colui che lamenti il depauperamento, ovvero che la domanda sia stata respinta sotto il profilo della carenza ab origine dell'azione proposta, per difetto del titolo posto a suo fondamento Cass., Sez. 3, numero 2350 del 31 gennaio 2017 , che ha ritenuto la proponibilità dell'azione di indebito arricchimento nel caso di un contratto concluso da ente pubblico e ritenuto invalido per difetto di previa delibera autorizzativa alla stipula . Il precedente rappresentato da Cass., Sez. L, numero 8694 del 9 aprile 2018 non era, poi, applicabile al caso in esame, considerato che, diversamente da quanto avvenuto nella fattispecie oggetto del giudizio deciso da quest'ultima pronuncia, il ricorrente non è parte di un rapporto di lavoro subordinato con la P.A. e, soprattutto, il titolo sulla base del quale egli poteva chiedere il pagamento del compenso per l'attività svolta è nullo. Trovano spazio, piuttosto, i principi espressi da Cass., Sez. 3, numero 2350 del 31 gennaio 2017 , Cass., Sez. 2, numero 8040 del 2 aprile 2009 , e Cass., Sez. 2, numero 4269 del 13 aprile 1995 . Se ne ricava che F.B. non poteva che domandare l'indennizzo per ingiustificato arricchimento, da determinare, eventualmente, in via equitativa Cass., Sez. 1, numero 14329 del 24 maggio 2019 , tenendo conto che la diminuzione patrimoniale depauperatio subita dall'autore di una prestazione d'opera in favore della P.A., in assenza di un contratto valido ed efficace, da compensare ai sensi dell' articolo 2041 c.c. , non può essere fatta coincidere con la misura del compenso che sarebbe comunemente spettato per l'attività svolta, ma, deve ricomprendere i costi ed esborsi sopportati e ristorare il sacrificio di tempo, di energie mentali e fisiche del detto autore, al netto della percentuale di guadagno Cass., Sez. 1, numero 14670 del 29 maggio 2019 . Queste conclusioni sono suffragate anche dalla recente sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione numero 33954 del 5 dicembre 2023 , la quale ha affermato che ‹‹Ai fini della verifica del rispetto della regola di sussidiarietà di cui all' articolo 2042 c.c. , la domanda di arricchimento è proponibile ove la diversa azione, fondata sul contratto, su legge ovvero su clausole generali, si riveli carente ab origine del titolo giustificativo. Viceversa, resta preclusa nel caso in cui il rigetto della domanda alternativa derivi da prescrizione o decadenza del diritto azionato, ovvero nel caso in cui discenda dalla carenza di prova circa l'esistenza del pregiudizio subito, ovvero in caso di nullità del titolo contrattuale, ove la nullità derivi dall'illiceità del contratto per contrasto con norme imperative o con l'ordine pubblico››. Sostiene l'ASP omissis , soprattutto nelle sue note conclusive, che, ove si volesse accedere alla tesi del ricorrente, dovrebbe tenersi conto che il dedotto affidamento dell'incarico in esame sarebbe nullo per contrasto con norme imperative e con l'ordine pubblico e che tale nullità renderebbe non proponibile la domanda in base alla menzionata sentenza delle Sezioni Unite della Corte di cassazione numero 33954 del 5 dicembre 2023 . Infatti, le prestazioni da lui rese rientrerebbero tra i servizi informatici di cui all'All. II A, ctg. 7 del d.lgs. numero 163 del 2006, assoggettati all'applicazione del Codice dei Contratti della P.A. L'affidamento di tali servizi sarebbe stato, quindi, subordinato all'espletamento di procedure di evidenza pubblica, anche perché, ove il valore dei servizi resi da F.B. fosse stato effettivamente quello dallo stesso rivendicato € 435.000,00 , gli stessi sarebbero stati di importo superiore alla soglia comunitaria, fissata dall' articolo 28 del d.lgs. numero 163 del 2006 , per gli appalti di servizi, in € 209.000,00. Al contrario, nell'ipotesi in cui vi fosse stato un appalto, il contratto sarebbe stato invalido in quanto, per la P.A. controricorrente, non vi sarebbe stata nessuna procedura di evidenza pubblica per la sua aggiudicazione, intervenuta nelle forme di una non consentita trattativa privata o, meglio di una procedura negoziata senza previa pubblicazione di un bando di gara. In definitiva, il detto contratto sarebbe stato nullo per contrasto con le direttive dell'UE in materia di aggiudicazione degli appalti pubblici e della correlata giurisprudenza e della disciplina in tema di concorrenza. La difesa è infondata. La decisione delle Sezioni Unite sopra menzionata si riferisce, quando parla di illiceità dei contratti, alle ipotesi nelle quali il diritto alla prestazione non è riconosciuto a priori dall'ordinamento e non alle nullità derivanti dal mancato rispetto delle norme in tema di evidenza pubblica concernenti i contratti della P.A. D'altronde, è consolidata la giurisprudenza che, in presenza di vizi formali della procedura volta alla stipula di un contratto di prestazione d'opera, ammette, in astratto, l'azione ex articolo 2041 c.c. Cass., Sez. 3, numero 9809 del 9 aprile 2019 Cass., Sez. 6-1, numero 351 del 10 gennaio 2017 Cass., Sez. 3, numero 3905 del 18 febbraio 2010 . Lo stesso esame della giurisprudenza richiamata dalle Sezioni Unite Cass., Sez. 3, numero 13203 del 15 maggio 2023 Cass., Sez. 2, numero 14085 dell'11 giugno 2010 Cass., Sez. 3, numero 10427 del 18 luglio 2002 suffraga questo esito, atteso che, nelle fattispecie sottese a dette pronunce, veniva in rilievo una nullità assoluta Cass., Sez. 2, numero 21495 del 12 ottobre 2007 Cass., Sez. 2, numero 3021 del 15 febbraio 2005 disposta per l'esigenza di evitare la frode alla legge e, comunque, l'aggiramento di norme indisponibili, poste a tutela di interessi generali. Nel caso in esame, invece, l'azione di cui all' articolo 2041 c.c. è l'unico rimedio esperibile da parte del ricorrente per ottenere, seppure in parte, il compenso al quale ritiene di avere diritto ancora Cass., Sez. 3, numero 13203 del 15 maggio 2023 . Infine, non meritano accoglimento le questioni, prospettate sempre dall'ASP omissis , relative alla mancata prova del danno subito e alla decadenza e prescrizione delle azioni che avrebbero potute essere esercitate dal ricorrente. In ordine al danno, la corte territoriale non se ne è occupata, atteso che aveva ritenuto che il lavoratore fosse stato ricompensato tramite il plus orario. Certo non può rilevare l'esito della domanda proposta, in via subordinata, nei confronti di S.I., che la corte territoriale ha disatteso sul presupposto della genericità delle allegazioni e dell'insussistenza dei presupposti legittimanti dell'azione, senza valutare se fosse stato dimostrato o meno un pregiudizio. Per ciò che concerne la decadenza e la prescrizione delle dette azioni, si sottolinea che il ricorrente non aveva strumenti, alternativi a quello ex articolo 2041 c.c. , per domandare il pagamento, pur limitato, del corrispettivo richiesto. 3 Il ricorso incidentale di S.I., con il quale è contestata la quantificazione delle spese di lite, è dichiarato inammissibile, essendo intervenuta rinuncia sul punto. 4 Il ricorso principale è accolto quanto al secondo motivo, rigettato il primo. Il ricorso incidentale è dichiarato inammissibile. La decisione impugnata è cassata con rinvio alla Corte d'appello di Palermo, in diversa composizione, che deciderà la causa nel merito anche in ordine alle spese di legittimità, applicando il seguente principio di diritto ‹‹L'ideatore di un software che abbia eseguito la sua prestazione sulla base di un contratto concluso con una P.A. nullo per mancanza della forma scritta o per violazione delle norme che regolano la procedura finalizzata alla sua conclusione, ove chieda alla stessa P.A. di essere remunerato per l'attività svolta in suo favore, può proporre l'azione di ingiustificato arricchimento. Il giudice ha il potere di determinare in via equitativa il relativo indennizzo, il quale non può coincidere con il compenso che comunemente sarebbe stato corrisposto per la detta prestazione, ma deve ristorare la diminuzione patrimoniale subita dall'autore dell'opera e, quindi, i costi ed esborsi sopportati e il sacrificio di tempo, di energie mentali e fisiche del detto autore, al netto della percentuale di guadagno››. P.Q.M. La Corte, - accoglie il secondo motivo del ricorso principale, rigettato il primo - dichiara inammissibile il ricorso incidentale - cassa la decisione impugnata con rinvio alla Corte d'appello di Palermo, in diversa composizione, che deciderà la causa nel merito, anche in ordine alle spese di legittimità.