La domanda di adozione mite è inammissibile se è già stato dichiarato lo stato di adottabilità del minore

Essendoci una sorta di incompatibilità tra la dichiarazione dello stato di adottabilità e l’adozione mite, la Cassazione afferma che nell'ambito del processo per l'accertamento dello stato di adottabilità non può essere assunta alcuna decisione che faccia applicazione dell’articolo 44 lett. d , l. numero 184/1983.

La pronuncia in oggetto nasce dal rigetto della domanda di adozione particolare ex articolo 44, lett. d , l. numero 184/1983, come modificata dalla l. numero 149/2001 per inammissibilità. Facendo un passo indietro è possibile ricostruire in questi termini la vicenda. Un uomo, attualmente detenuto in regime di carcere duro, aveva dichiarato all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Napoli che da una relazione sentimentale avuta con una cittadina rumena era nato un bimbo che la compagna accettava di accogliere presso la propria abitazione fin dalla nascita. Successivamente però la coppia e la madre naturale del piccolo venivano condannati per il reato di cui all' articolo 567 c.p. perché in concorso tra loro attestavano falsamente all'Ufficiale di Stato Civile che il bambino era figlio naturale dell'uomo. Per tali ragioni, il Tribunale per i Minorenni disponeva l'immediato allontanamento del minore dalla coppia, giungendo poi alla dichiarazione dello stato di adottabilità. Da qui, la domanda avanzata dalla donna per ottenere l'adozione particolare. A seguito del rigetto della richiesta, sia in primo che in secondo grado, la donna si è rivolta alla Corte di legittimità. La ricorrente sostiene la nullità della sentenza per omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti. Secondo la ricorrente l'articolo 3 della Convenzione sui diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza CRC sancisce il principio del superiore interesse del minore , di conseguenza «ogni provvedimento dell'Autorità statale, sia amministrativa che giudiziaria, deve essere adottata nell'interesse superiore del minore» e nel caso di specie i giudici di merito non avrebbero adeguatamente valutato che il piccolo era stato accudito dalla ricorrente «per 7 anni per poi essere – ex abrupto -allontanato dalla stessa. Sette anni in cui si è indubbiamente creato tra la donna ed il bambino un vero e profondo legame affettivo». Il ricorso non trova accoglimento. La Corte precisa infatti che la norma invocata dalla ricorrente disciplina l'adozione in “casi particolari”. L' articolo 44 l. numero 184/1983 , al comma 1 fa espresso riferimento alla possibilità che i minori siano adottati anche quando non ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 della stessa legge in forza del quale «l'adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità». Sul punto, la Cassazione ha rilevato una sorta di “ incompatibilità ” tra la dichiarazione dello stato di adottabilità e l' adozione cd “mite” , avendo affermato che «il giudizio di accertamento dello stato di adottabilità di un minore, ai sensi degli articolo 8 e ss. l. numero 184 del 1983 , e il giudizio volto a disporre un'adozione mite , ex articolo 44, lett. d della medesima legge, costituiscono due procedimenti autonomi, di natura differente e non sovrapponibili fra loro, poiché il primo è funzionale alla successiva dichiarazione di adozione piena o legittimante , costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello con i genitori biologici, che determina l'inserimento del minore in una nuova famiglia, mentre il secondo crea un vincolo di filiazione giuridica, che non estingue i rapporti del minore con la famiglia di origine, pur attribuendo l'esercizio della responsabilità genitoriale all'adottante. Ne consegue che nell'ambito del processo per l'accertamento dello stato di adottabilità non può essere assunta alcuna decisione che faccia applicazione dell'articolo 44 lett. d , l. cit.» Cass. civ. numero 21024/22 . Nel caso di specie, la dichiarazione dello stato di adottabilità era già divenuta definitiva, essendo peraltro anche già stato emesso apposito decreto di affidamento preadottivo. Tali circostanze confermano l'inammissibilità del ricorso finalizzato alla c.d. adozione “mite” «ancor più se si considera che ex articolo 21 comma 4 della richiamata legge, lo stato di adottabilità non può essere più revocato ove come nel caso di specie sia in atto l'affidamento preadottivo, e che tale ratio decidendi non è stata censurata».

Presidente acierno – relatore meloni Fatti di caus a Va premesso in fatto che F.T. è la compagna di M.R., nato a omissis il omissis , allo stato detenuto in regime di carcere duro in data 20.1.2013, M.R. dichiarava all'Ufficiale di Stato Civile del Comune di Napoli che da una relazione sentimentale avuta con C.M., nata in omissis il omissis , era nato il omissis in omissis il minore C.M A seguito di tale riconoscimento il M.R. chiedeva alla F.T. di poter accogliere nella loro abitazione il piccolo C.M. il piccolo C.M., sin dalla nascita, veniva pertanto affidato a F.T. Successivamente, con sentenza numero 1801/2019 della sez. XXX del Tribunale di Napoli, M.R., F.T. e C.M., nel procedimento penale numero 30113/14 R.G.P.M. - numero 12298/2019 R.G.G.I.P., venivano condannati ad una pena di giustizia per il reato p. e p. dall' articolo 567 c.p. “perchè in concorso tra loro attestavano falsamente all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di Napoli che C.M., nato in data omissis da C.M., fosse figlio naturale di M.R. Per le suesposte ragioni, il Tribunale per i Minorenni di Napoli disponeva l'immediato allontanamento del minore dalla coppia M.R. e F.T. La procedura civile minorile giungeva, con la sentenza numero 220/2019, alla dichiarazione dello stato di adottabilità del piccolo C.M. F.T. presentava, quindi, al Tribunale per i Minorenni di Napoli, domanda di adozione particolare ex articolo 44 Lett.D L 184/183, così come modificata dalla L. 149/2001 , del minore C.M., che era disattesa perché ritenuta inammissibile. La F.T. impugnava pertanto la sentenza emessa dal Tribunale per i Minorenni di Napoli, ma la Corte di Appello di Napoli – Sez. Minori e Famiglia rigettava l'appello proposto dalla stessa. Avverso la sentenza della Corte di Appello di Napoli ha proposto ricorso in cassazione F.T. affidato ad un motivo. Il curatore speciale resiste con controricorso. Il P.G. ha depositato requisitoria scritta in cui chiede il rigetto del ricorso. Motivi della decisione Con unico motivo di ricorso la ricorrente lamenta NULLITA' DELLA SENTENZA PER VIOLAZIONE DELL' articolo 44 COMMA 1, LETT d L.184/1983 IN RELAZIONE ALL' ART 360 numero 5, C.P.C. PER OMESSO ESAME CIRCA UN FATTO DECISIVO PER IL GIUDIZIO CHE E' STATO OGGETTO DI DISCUSSIONE TRA LE PARTI. Secondo la ricorrente l'articolo 3 della Convenzione sui diritti dell'Infanzia e dell'Adolescenza CRC sancisce il principio del superiore interesse del minore, ovvero dispone che in ogni legge, provvedimento, iniziativa pubblica o privata e in ogni situazione problematica, l'interesse del minore deve avere una considerazione preminente. La suddetta Convenzione internazionale dei diritti del fanciullo ratificata in Italia con la legge numero 176/199 chiarisce quindi che ogni provvedimento dell'Autorità statale, sia amministrativa che giudiziaria, deve essere adottata nell'interesse superiore del minore. Il preminente interesse del minore deve essere assunto ed inteso come criterio informatore in ordine alle decisioni relative alla vita personale e relazionale dei minori deve essere interpretato altresì quale principio ispirato a preservare i legami preesistenti. Il Tribunale per i minorenni e la Corte di Appello di Napoli – Sez. Minori e Famiglia - non avrebbero adeguatamente valutato che il piccolo M. è stato accudito dalla Sig.ra F.T. per sette anni per poi essere – ex abrupto - allontanato dalla stessa. Sette anni in cui si e indubbiamente creato tra la F.T. ed il bambino un vero e profondo legame affettivo. Il ricorso è infondato e deve essere respinto. Va infatti rilevato che l' articolo 44 della legge numero 184/1983 invocato dalla F.T. a fondamento della propria richiesta, disciplina l'adozione in “casi particolari” ed al comma 1 fa espresso riferimento alla possibilità che i minori siano adottati anche quando non ricorrano le condizioni di cui al comma 1 dell'articolo 7 della stessa legge in forza del quale “l'adozione è consentita a favore dei minori dichiarati in stato di adottabilità”. Questa Suprema Corte cfr. Sent. numero 21024/22 , ha rilevato una sorta di “incompatibilità” tra la dichiarazione dello stato di adottabilità e l'adozione cd “mite”, avendo la stessa affermato che “il giudizio di accertamento dello stato di adottabilità di un minore, ai sensi degli articolo 8 e ss. l. numero 184 del 1983 , e il giudizio volto a disporre un'adozione mite , ex articolo 44, lett. d della medesima legge, costituiscono due procedimenti autonomi, di natura differente e non sovrapponibili fra loro, poiché il primo è funzionale alla successiva dichiarazione di adozione piena o legittimante , costitutiva di un rapporto sostitutivo di quello con i genitori biologici, che determina l'inserimento del minore in una nuova famiglia, mentre il secondo crea un vincolo di filiazione giuridica, che non estingue i rapporti del minore con la famiglia di origine, pur attribuendo l'esercizio della responsabilità genitoriale all'adottante. Ne consegue che nell'ambito del processo per l'accertamento dello stato di adottabilità non può essere assunta alcuna decisione che faccia applicazione dell'articolo 44 lett. d , l. cit.”. Tanto chiarito si rileva che correttamente il Giudice di secondo grado ha evidenziato che, relativamente al minore C.M., il T.M. di Napoli con sentenza numero 220/19 emessa in data 20.11.2019 ha dichiarato lo stato di adottabilità, che detta sentenza è divenuta definitiva e che in data 20.4.2022 è stato emesso apposito decreto di affidamento preadottivo. Ebbene, tali circostanze rendono inammissibile il ricorso finalizzato alla cd adozione mite , ex articolo 44 lett. d della l. numero 184/1983, ancor più se si considera che ex articolo 21 comma 4 della richiamata legge, lo stato di adottabilità non può essere più revocato ove come nel caso di specie sia in atto l'affidamento preadottivo, e che tale ratio decidendi non è stata censurata. Non resta quindi che confermare la sentenza impugnata, con applicazione del principio della soccombenza in relazione alle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, curatore speciale, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00, ed agli accessori di legge. Dispone che, in caso di utilizzazione della presente sentenza in qualsiasi forma, per finalità di informazione scientifica su riviste giuridiche, supporti elettronici o mediante reti di comunicazione elettronica, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi delle parti riportati nella sentenza.