«L'ingiustizia della detenzione che determina il diritto alla riparazione deve ritenersi configurabile anche nel caso in cui vi sia un ingiustificato e significativo ritardo da parte dell'autorità giudiziaria nella adozione di una decisione che determina la scarcerazione, ovvero un ritardo, imputabile eventualmente anche al personale di cancelleria e segreteria, nella esecuzione del provvedimento di scarcerazione, posto che anche in tali casi si determina, secondo la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, una illegittimità sopravvenuta dell'ordine di esecuzione originario».
La sentenza in commento prende le mosse dal ricorso proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, per il tramite del l'Avvocatura dello Stato avverso la sentenza emessa dalla Corte di Appello di Firenze che riconosceva il risarcimento per ingiusta detenzione a un detenuto. Secondo i Giudici di legittimità il ricorso va rigettato. Il Collegio argomenta il rigetto sulla base di alcune considerazioni anzitutto la sentenza numero 310 del 18-25 luglio 1996 della Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 314 c.p.p. nella parte in cui «non prevede il diritto all'equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione, per contrasto con gli articolo 3 e 24 Cost. e violazione dell'articolo 5 della Convenzione EDU, il quale prevede il diritto alla riparazione a favore della vittima di arresto o di detenzioni ingiuste, senza distinzione di sorta». Quanto ai presupposti per il riconoscimento del diritto, però, la Corte rimane silente e, di conseguenza, l'interprete è intervenuto per colmare la lacuna. In un primo momento è stato adottato il criterio per cui «il diritto alla riparazione non è configurabile ove la mancata corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita sia determinata da vicende, successive alla condanna, che riguardano la determinazione della pena eseguibile» cfr. Cass. penumero , sez. IV, numero 3382 del 2016 . Quindi, il diritto all'equa riparazione veniva escluso nei casi in cui la mancanza di corrispondenza tra detenzione cautelare e pena eseguita dipendesse da vicende posteriori alla condanna e connesse al reato o alla pena cfr. Cass. penumero , sez. IV, numero 40949 del 2015 . Successivamente, però, la Cassazione ha riconosciuto rilievo anche alle vicende successive alla condanna e inerenti l'esecuzione. A tal proposito rileva la sentenza della sez. IV, numero 57203 del 2017 che «ha illustrato le plurime fattispecie di ordine di esecuzione illegittimo - o divenuto tale successivamente - per fattori non ascrivibili a comportamento doloso o colposo del condannato, nelle quali questa Corte […] ha riconosciuto il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione ordine di esecuzione legittimamente emesso, ma relativo a pena che, a causa del lungo arco temporale intercorso tra l'emissione del titolo e la sua esecuzione, si era poi estinta ex articolo 172 c.p. […] ordine di esecuzione relativo a pena già estinta per indulto, anche se non ancora applicato dal giudice di esecuzione […] periodo di detenzione eccedente a quello risultante dall'applicazione della liberazione anticipata, in conseguenza di un ordine di esecuzione non ancora aggiornato al nuovo fine pena […] tardiva esecuzione dell'ordine di scarcerazione disposta per liberazione anticipata per il periodo di detenzione ingiustamente sofferto […]». Successivamente la giurisprudenza di legittimità ha elaborato altra casistica che ha implementato quella precedente esecuzione sofferta in virtù di ordine di esecuzione legittimo, ma successivamente revocato perché intervenuto un provvedimento di restituzione in termini per la proposizione dell'impugnazione a cui è seguita l'assoluzione cfr. Cass. penumero , sez. IV, numero 54838 del 2018 applicazione dell'isolamento diurno per erronea predisposizione di ordine di esecuzione cfr. Cass. penumero , sez. IV, numero 18358 del 2019 sentenza dichiarativa di non doversi procedere per ne bis in idem pronunciata ai sensi dell'articolo 649, comma 2, c.p.p. a seguito della rescissione del precedente giudicato in ragione della nullità del decreto di latitanza cfr. Cass. penumero , sez. IV, numero 42328 del 2017 . Il Collegio ricorda anche la sentenza numero 57203 del 2017 con la quale viene effettuata una puntale ricognizione delle sentenze della Corte EDU sull'ingiusta detenzione e tutte nel senso di riconoscere ampia tutela in caso di ingiusta detenzione per errore nella fase di esecuzione della pena. Attualmente, i Giudici di legittimità sono orientati nel «riconoscere il diritto alla riparazione ai sensi dell'articolo 314 c.p.p. anche ove l'ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all'esecuzione della pena, purché non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell'interessato che sia stato concausa di errori o ritardi nell'emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del termine di espiazione della pena». Va precisato, però, che la detenzione ingiusta che legittima la riparazione sussiste solo quando la violazione di legge è perpetrata dall'autorità procedente e non anche quando la discrasia tra pena definitiva e irrogata sia conseguenza dell'esercizio di un potere discrezionale. Quest'ultimo indirizzo prende le mosse dalla distinzione tra piano dell'irrevocabilità della condanna e piano della definitività della pena. Infatti, ad avviso di Cass. penumero , sez. IV, numero 57203 del 2017, i concetti di pena definita da pronuncia irrevocabile e pena definitiva non sono coincidenti. Quanto al piano dell'esercizio di un potere discrezionale, il Collegio spiega che «non si può qualificare come ingiusta una detenzione sofferta in eccedenza rispetto alla pena in conseguenza dell'esercizio del potere discrezionale da parte del giudice dell'esecuzione, che ha riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati oggetto di diverse sentenze, in quanto in tale ipotesi la detenzione patita in eccesso e solo fisiologica conseguenza della rideterminazione della pena in sede esecutiva da parte del giudice della esecuzione». Quanto al caso in esame, i Giudici di legittimità rilevano che l'ingiusta detenzione è stata riconosciuta in virtù dell'eccedenza derivante dal tempo trascorso tra la data in cui il provvedimento decisorio a seguito dell'udienza in camera di consiglio avrebbe dovuto essere depositato, e la data in cui il provvedimento è stato effettivamente depositato. Tale lasso di tempo non è stato giustificato da alcuna esigenza di accertamenti istruttori o di acquisizione di atti. Di conseguenza, «l'ingiustizia della detenzione che determina il diritto alla riparazione deve ritenersi configurabile anche nel caso in cui vi sia un ingiustificato e significativo ritardo da parte dell'autorità giudiziaria nella adozione di una decisione che determina la scarcerazione, ovvero un ritardo, imputabile eventualmente anche al personale di cancelleria e segreteria, nella esecuzione del provvedimento di scarcerazione, posto che anche in tali casi si determina, secondo la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, una illegittimità sopravvenuta dell'ordine di esecuzione originario».
Presidente Ciampi – Relatrice Ricci Ritenuto in fatto 1. La Corte d'Appello di Firenze ha accolto la richiesta di riparazione ai sensi dell'articolo 314 cod. proc. penumero , presentata nell'interesse di F.P.V. con riferimento alla detenzione da costui subita per un periodo di 85 giorni, dal 03.03.2021 al 27.05.2021. 1.1. Con ordine di esecuzione del 17.06.2020 la pena da espiare da parte del F.P.V. era stata calcolata in anni 2 mesi 7 giorni 28 ed il fine pena era stato individuato al 04.09.2022. In data 07.12.2020 F.P.V. aveva presentato istanza di applicazione della continuazione in sede esecutiva ai sensi dell'articolo 671 cod. proc. penumero con riferimento ad alcune delle sentenze di condanna ricomprese nel predetto ordine di esecuzione l'udienza in camera di consiglio si era svolta il 26.02.2021 e la Corte aveva riservato la decisione. Nelle more della istanza e della fissazione dell'udienza, in data 10.12.2020, la Corte di Appello di Firenze aveva revocato la condanna ad un anno di reclusione emessa dal Tribunale di Firenze il 15.05.2012 in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale numero 25 del 2019 con cui era stata dichiarata la illegittimità dell'articolo 75 comma 2 del d.lgs. 159/2011 e la Procura Generale aveva ricalcolato il fine pena al 06.06.2021. Con provvedimento del 27.05.2021 il Tribunale di Sorveglianza aveva concesso 45 giorni di liberazione anticipata e F.P.V. era stato immeditatamente scarcerato. Infine il 23.08.2021, dopo che il condannato aveva sollecitato, già nel mese di aprile lo scioglimento della riserva assunta all'udienza del 26.02.2021, la Corte di Appello aveva accolto la richiesta di riconoscimento della continuazione e ridotto la pena detentiva complessiva da anni 2 mesi 2 di reclusione e 2 mesi di arresto, ad anni 1, mesi 3, giorni 10 di reclusione. 1.2. La Corte della riparazione ha accolto la richiesta di indennizzo, rilevando che, se il provvedimento con cui era stata riconosciuta la continuazione fosse stato emesso nel termine ordinatorio di cinque giorni di cui all'articolo 128 cod. proc. penumero , il condannato sarebbe stato liberato in data 03.03.2021 con la conseguenza che la carcerazione subita da tale data fino a quella in cui era stato liberato dal Tribunale di Sorveglianza, 27.05.2021, doveva essere ritenuta ingiusta. 2. Avverso l'ordinanza della Corte di Appello, il Ministero dell'Economia e delle Finanze, per il tramite del l'Avvocatura dello Stato, ha proposto ricorso formulando un unico motivo con cui ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione. Il ricorrente osserva che al momento della esecuzione esisteva un ordine di esecuzione legittimo e che le vicende successive, quali il riconoscimento del beneficio della liberazione anticipata e della continuazione non sono di per sé idonee ad incidere sulla legittimità dell'ordine di esecuzione e, dunque, sulla valutazione della ingiustizia della detenzione quest'ultima diviene rilevante solo allorché si innesti su un errore dell'autorità procedente che, per definizione, non può mai rinvenirsi nell'esercizio di un potere discrezionale e che, quindi, va ricercato nelle eventuali violazione di legge. Nel caso di specie secondo il Ministero non poteva dirsi che l'autorità procedente fosse incorsa in una violazione di legge, posto che la mancata osservanza dei termini ordinatori non può in alcun modo tradursi in elementi di illegittimità dell'ordine di esecuzione di pene concorrenti. A conferma di tale assunto, osserva che il mancato rispetto di un termine rende privo di efficacia il provvedimento restrittivo della libertà personale nei soli casi previsti dalla legge. 3. Il Procuratore generale, nella persona del sostituto Domenico A.R. Seccia, ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l'annullamento con rinvio della ordinanza impugnata. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve essere rigettato. 2. Si deve innanzitutto ricordare che con la sentenza numero 310 del 18-25 luglio 1996 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 314 cod. proc. penumero nella parte in cui non prevede il diritto all'equa riparazione anche per la detenzione ingiustamente patita a causa di erroneo ordine di esecuzione, per contrasto con gli articolo 3 e 24 Cost. e violazione dell'articolo 5 della Convenzione EDU, il quale prevede il diritto alla riparazione a favore della vittima di arresto o di detenzioni ingiuste, senza distinzione di sorta. Tuttavia, in ordine ai presupposti per il riconoscimento del diritto, la Corte Costituzionale non si è pronunziata in conseguenza, il compito è stato rimesso all'interprete. E' stato inizialmente adottato un criterio, in base al quale il diritto alla riparazione non è configurabile ove la mancata corrispondenza tra pena inflitta e pena eseguita sia determinata da vicende, successive alla condanna, che riguardano la determinazione della pena eseguibile Sez. 4 numero 3382 del 22/12/2016, dep.2017, Riva, Rv. 268958 numero 4240 del 16/12/2016, dep. 2017, Laratta, Rv. 269168 . Tale indirizzo faceva espresso rinvio alla sentenza Corte Cost. numero 219 del 2 aprile 2008 con la quale la Consulta in un caso di pena definitivamente inflitta in misura inferiore alla custodia cautelare sofferta aveva dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'articolo 314 cod. proc. penumero nella parte in cui condizionava il diritto all'equa riparazione al proscioglimento nel merito dalle imputazioni, ritenendo che in quella sede, in definitiva, il giudice delle leggi avesse legittimato le soluzioni offerte dal giudice di legittimità con riferimento ai casi di reati prescritti ovvero ai casi di amnistia e remissione di querela. Sulla scorta di tale lettura del dato normativo, quindi, si era ritenuto che, in tali ipotesi, il diritto alla riparazione potesse essere riconosciuto, ove la durata della custodia cautelare sofferta fosse superiore alla misura della pena astrattamente irrogabile o irrogata, ma solo nei limiti dell'eccedenza Sez. 4 numero 3382/2017, Riva, cit. in motivazione, che richiama anche Sez. 4 numero 15000 del 19/2/2009, Cicione, Rv.243210 . Con la conseguenza che il diritto all'equa riparazione veniva, invece, escluso in tutti i casi in cui la mancata corrispondenza tra detenzione cautelare e pena eseguita conseguisse a vicende posteriori alla condanna, connesse al reato o alla pena Sez. 4 numero 40949 del 23/4/2015, D'Aguì, Rv. 264708, principio affermato in relazione ad un caso di ammissione al beneficio della liberazione anticipata, cui era conseguita la riduzione della pena originariamente inflitta con eccedenza, quindi, della detenzione subita in concreto dal condannato . Nelle successive pronunce, tuttavia, la Corte di legittimità si è orientata nel senso di riconoscere rilievo anche alle vicende successive alla condanna e inerenti l'esecuzione. La sentenza Sez. 4, numero 57203 del 21/09/2017, Parischiva e altro, Rv. 271689 ha illustrato le plurime fattispecie di ordine di esecuzione illegittimo - o divenuto tale successivamente - per fattori non ascrivibili a comportamento doloso o colposo del condannato, nelle quali questa Corte, in applicazione dei predetti principi, ha riconosciuto il diritto alla riparazione per ingiusta detenzione a ordine di esecuzione legittimamente emesso, ma relativo a pena che, a causa del lungo arco temporale intercorso tra l'emissione del titolo e la sua esecuzione, si era poi estinta ex articolo 172 cod. penumero senza che rilevasse l'assenza di un'espressa declaratoria di estinzione della pena Sez. 4, numero 45247 del 20/10/2015, Myteveli, Rv. 264895 b ordine di esecuzione relativo a pena già estinta per indulto, anche se non ancora applicato dal giudice di esecuzione Sez. 4, numero 30492 del 12/06/2014, Riva, Rv. 262240 c periodo di detenzione eccedente a quello risultante dall'applicazione della liberazione anticipata, in conseguenza di un ordine di esecuzione non ancora aggiornato al nuovo fine pena Sez. 4, numero 18542 del 14/01/2014, Truzzi, Rv. 259210 d tardiva esecuzione dell'ordine di scarcerazione disposta per liberazione anticipata per il periodo di detenzione ingiustamente sofferto Sez. 4, numero 47993 del 30/09/2016, Pittau, Rv. 268617 . Si sono, poi, aggiunti altri casi, quale quello della esecuzione sofferta in virtù di ordine di esecuzione legittimo, ma successivamente revocato per effetto di provvedimento di restituzione in termini per proporre impugnazione e successiva assoluzione Sez. 4, numero 54838 del 13/11/2018, Panait Murs, non massimata , di applicazione dell'isolamento diurno per erronea predisposizione di ordine di esecuzione Sez. 4, numero 18358 del 10/01/2019, Mafodda, Rv. 276258 e di sentenza dichiarativa di non doversi procedere per ne bis in idem pronunciata ai sensi dell'articolo 649 comma 2, cod. proc. penumero , a seguito della rescissione del precedente giudicato in ragione della nullità del decreto di latitanza Sez. 4, numero 42328 del 02/05/2017, Saulo, Rv. 270818 . La sentenza numero 57203 del 21/09/2017 cit. ha effettuato un'ampia ricognizione della casistica delle pronunce della Corte europea dei diritti dell'uomo in tema di detenzione ingiusta soprattutto in tema di liberazione anticipata , tutte convergenti nel senso della più ampia tutela in caso di ingiusta detenzione per errore nella fase dell'esecuzione della pena. Il criterio interpretativo attualmente prevalente, che il Collegio condivide, impone di riconoscere il diritto alla riparazione ai sensi dell'articolo 314 cod. proc. penumero anche ove l'ingiusta detenzione patita derivi da vicende successive alla condanna, connesse all'esecuzione della pena, purché non ricorra un comportamento doloso o gravemente colposo dell'interessato che sia stato concausa di errori o ritardi nell'emissione del nuovo ordine di esecuzione recante la corretta data del termine di espiazione della pena Sez. 4, numero 17118 del 14/01/2021, Marinkovic, Rv. 281151 - 01 Sez. 4 numero 57203 del 21/9/2017, Paraschiva, Rv. 271689 , con la precisazione che la detenzione sine titulo legittimante il diritto alla riparazione sussiste solo qualora si verifichi violazione di legge da parte dell'autorità procedente e non anche qualora la discrasia tra pena definitiva e pena irrogata consegua all'esercizio di un potere discrezionale nel medesimo senso Sez. 4, numero 25092 del 25/05/2021, Iorio, Rv. 281735 . Tale indirizzo interpretativo si fonda sulla distinzione fra il piano della irrevocabilità della condanna da quello della definitività della pena. Nel vigente sistema processuale che attribuisce grande spazio agli interventi del giudice dell'esecuzione e del magistrato di sorveglianza sul trattamento sanzionatorio , i concetti di pena definita da pronuncia irrevocabile e quello di pena definitiva per tale potendosi intendere solo quella determinata all'esito della complessiva gestione giudiziale del trattamento sanzionatorio non possono, dunque, ritenersi coincidenti Sez. 4 numero 57203/17 cit., in motivazione sez 4 numero 37234 del 28/09/2022, Pansera, non massimata . 3. Non si può qualificare come ingiusta una detenzione sofferta in eccedenza rispetto alla pena in conseguenza dell'esercizio del potere discrezionale da parte del giudice dell'esecuzione, che ha riconosciuto il vincolo della continuazione tra i reati oggetto di diverse sentenze, in quanto in tale ipotesi la detenzione patita in eccesso e solo fisiologica conseguenza della rideterminazione della pena in sede esecutiva da parte del giudice della esecuzione. 4. Nel caso in esame, tuttavia, è stata riconosciuta ingiusta non già la detenzione subita per effetto della rideterminazione della pena in esito al riconoscimento della continuazione, bensì quella subita in eccedenza in conseguenza del tempo intercorso fra la data in cui il provvedimento decisorio a seguito dell'udienza camerale avrebbe dovuto essere depositato e la data in cui detto provvedimento era stato effettivamente depositato. Occorre muovere dal rilievo che già si è affermato che la tardiva esecuzione di un ordine di scarcerazione per liberazione anticipata determina l'ingiustizia della detenzione sofferta fino alla concreta liberazione del detenuto e costituisce titolo per la domanda di riparazione Sez. 4, numero 47993 del 30/09/2016, Pittau, Rv. 268617 Sez. 4, numero 18542 del 14/01/2014, Truzzi, Rv. 259210 in cui il ricorrente era stato scarcerato con cinque giorni di ritardo per disguidi vari dell'ufficio requirente competente all'emissione dell'ordine di scarcerazione e che può assumere rilievo ai fini della riparazione il ritardo di quarantanove giorni con cui si era data esecuzione al provvedimento del Tribunale di Sorveglianza che aveva ammesso il detenuto all'affidamento in prova al servizio sociale Sez. 4 numero 24032 de 24/05/2023 non massimata . In tali casi si è sostenuto che viene in rilievo una illegittimità, non originaria, ma sopravvenuta dell'originario ordine di esecuzione, per cui trova applicazione il dictum della sentenza, della Corte Costituzionale numero 310 del 1996. La rilevanza riconosciuta dalla giurisprudenza di legittimità, ai fini della riparazione, all'ingiustificato ritardo nella esecuzione di un ordine di scarcerazione si fonda su presupposti, quale il rilievo del bene della libertà personale costituzionalmente tutelato si vedano le sentenze Sez. 4 numero 47993 del 30/09/2016, Pittau cit. e Sez. 4, numero 18542 del 14/01/2014, Truzzi , che possono essere trasposti anche all'ingiustificato ritardo nella adozione del provvedimento che determina la scarcerazione. La valutazione operata dalla Corte, per cui il notevole ritardo con cui i giudici avevano sciolto la riserva assunta all'udienza e depositato l'ordinanza con cui era stata riconosciuta la continuazione aveva determinato la ingiustizia della detenzione sofferta in tale periodo, appare coerente e non censurabile. L'articolo 128 cod. proc. penumero impone, infatti, al giudice di depositare i provvedimenti, assunti a seguito di udienza camerale, in cancelleria entro cinque giorni dalla deliberazione. Si tratta di termine, in via generale, ordinatorio, al cui rispetto il giudice è tenuto ai sensi dell'articolo 124 cod. proc. penumero , che impone ai magistrati oltre che ai cancellieri e altri ausiliari e collaboratori del giudice, agli ufficiali giudiziari, agli ufficiali e agenti di polizia giudiziaria di osservare le norme del codice di rito, anche quando la inosservanza non importa nullità o altra sanzione processuale. Laddove, come nel caso in esame, il provvedimento sia stato depositato a distanza di mesi, senza che fossero ravvisabili esigenze istruttorie o di acquisizione di atti, la carcerazione subita nel lasso di tempo intercorrente fra il momento in cui la decisione avrebbe dovuto essere assunta e il momento in cui è stata effettivamente assunta deve ritenersi ingiusta. In altri termini l'ingiustizia della detenzione che determina il diritto alla riparazione deve ritenersi configurabile anche nel caso in cui vi sia un ingiustificato e significativo ritardo da parte dell'autorità giudiziaria nella adozione di una decisione che determina la scarcerazione, ovvero un ritardo, imputabile eventualmente anche al personale di cancelleria e segreteria, nella esecuzione del provvedimento di scarcerazione, posto che anche in tale casi di determina, secondo la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata, una illegittimità sopravvenuta dell'ordine di esecuzione originario. 5. Al rigetto del ricorso segue, ex articolo 616 cod. proc. penumero , la condanna del Ministero ricorrente al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il Ministero ricorrente al pagamento delle spese processuali.