Quando si può parlare di tardivo mutamento della domanda originale?

La evidenziazione, puntualizzazione o specificazione, con la memoria di cui all’articolo 183, comma 6, c.p.c., vigente prima della riforma operata dall’articolo 3, comma 13, lett. b , d. lgs. numero 149/2022, di fatti già sottoposti, nella loro comprensibile essenzialità, al dibattito processuale, con l’atto introduttivo del giudizio, non importa tardivo mutamento della causa petendi, nel caso in cui le conseguenze giuridiche che ne derivano costituiscono automatica conseguenza di legge, della quale il giudice è tenuto a conoscere.

La Cassazione, sez. II civile ordinanza numero 6881/24 del 14 marzo è tornata ad occuparsi della sequenza procedimentale di cui all'articolo 183, sesto comma, c.p.c., ora confluito nel nuovo articolo 171-ter c.p.c. Il caso azione di usucapione e aspetto dell'accessione del possesso non tempestivamente allegato? Una società agiva in giudizio per essere dichiarata proprietaria, per intervenuta usucapione, di un terreno. Una società convenuta eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva per mancanza di titolarità del terreno, genericità della domanda e non usucapibilità del terreno, poiché gravato da servitù di pubblico acquedotto. L'altra società convenuta aderiva alla posizione della predetta convenuta, sua dante causa. In primo grado, il Tribunale, concessi i termini ex articolo 183, sesto comma, c.p.c., rigettava la domanda di usucapione. Il successivo appello veniva rigettato. In particolare, secondo la Corte territoriale, l'attrice in primo grado era incorsa nelle preclusioni sulla precisazione del thema decidendum omettendo di depositare nel termine deputato a tal fine la memoria ex articolo 183, sesto comma, numero 1, c.p.c In sostanza, secondo i giudici di merito, l'appellante, nell'atto introduttivo del giudizio di primo grado, non aveva indicato elementi fattuali che potessero suffragare la tesi dell'accessione del possesso della sua dante causa aspetto al quale – sempre secondo la Corte territoriale - l'attrice aveva fatto riferimento solo con la memoria articolo 183, sesto comma, numero 2, c.p.c., mentre le affermazioni afferenti al possesso, spese nell'atto di citazione, riguardavano esclusivamente la sola attrice. La dedotta nullità della sentenza non vi è stata alcuna modifica della domanda La ricorrente per cassazione ha dedotto la nullità della sentenza, ritenendo che la preclusione affermata dalla Corte di appello non sussisteva in quanto non si era trattato della modifica della domanda, bensì di una mera allegazione in fatto, non contestata e sulla quale vi era stato pienezza di contraddittorio, riguardante il possesso utile all'usucapione. Tale decisione, secondo le censure della ricorrente, si porrebbe in contrasto anche con la giurisprudenza di legittimità in materia di diritti autodeterminati. Inoltre, non era stata introdotta una modifica della causa petendi, bensì una mera integrazione delle difese, aggiungendosi un ulteriore elemento di valutazione a quanto in precedenza già dedotto. Tanto è vero che, nell'atto di citazione di primo grado, la ricorrente aveva allegato e documentato di essere proprietaria del terreno ad essa pervenuto per incorporazione dalla sua dante causa, espressamente indicata. La censura è fondata ma non c'entra le tematica dei diritti autodeterminati Secondo la Cassazione le censure sono fondate, pur prescindendo dalla tematica dei diritti autodeterminati. Infatti, non si è in presenza dello sciorinamento di un nuovo titolo, ma, ben diversamente, di una specificazione fattuale che, secondo la sentenza impugnata, aveva tardivamente introdotto, poiché in violazione delle preclusioni sulla precisazione del thema decidendum, una inammissibile novità della “causa petendi”. La Cassazione affronta la tematica sottoposta al suo vaglio facendo applicazione dei principi espressi in materia di violazione dell'articolo 112 c.p.c. Infatti, secondo gli Ermellini, è utile riprendere la definizione del perimetro della decisione resa nel rispetto dell'articolo 112 c.p.c., perché, in definitiva, la Corte d'appello ha reputato che un tale perimetro sarebbe stato superato ove avesse giudicato ammissibile la puntualizzazione. Ebbene, il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi , sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di ultra o extra petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell'azione petitum o causa petendi , emetta un provvedimento diverso da quello richiesto petitum immediato , oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso petitum mediato , così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori. Il caso dell'acquisto della proprietà per incorporazione di altra società Con riferimento al caso concreto, la Cassazione osserva che, dalla narrazione di cui alla citazione introduttiva del giudizio di primo grado, la società attrice aveva esplicitato di essere proprietaria del fondo, in quanto pervenutole per avere in precedenza incorporato un'altra società. Né, per altro verso, si era in presenza di una ricostruzione fattuale alternativa, in tutto o in parte, rispetto a quella primigenia. La fusione per incorporazione dà luogo ad una vicenda estintivo successoria simile alla successione mortis causa a titolo universale tra persone fisiche. Infatti, la continuazione del possesso in favore dell'erede opera automaticamente, ai sensi dell'articolo 1146, comma 1, c.c., diversamente dalla accessio possessionis a vantaggio del successore a titolo particolare di cui all'articolo 1146, comma 2, c.c. che, invece, rimette alla volontà dell'acquirente, manifestata anche implicitamente e senza il ricorso a forme sacramentali, la scelta di unire il proprio possesso a quello del dante causa. Nella fattispecie non è stato introdotto alcun fatto nuovo tale da mutare il tema della decisione Quindi, secondo i Giudici di Piazza Cavour, non trattavasi di fatto nuovo che mutava il tema della decisione, introdotto tardivamente, così vulnerando la difesa della controparte , ma di un fenomeno di successione nel possesso, similmente a quello dell'erede articolo 1141, comma 1, c.c. , ampiamente enunciato nella narrazione di cui all'atto di citazione, i cui effetti scaturivano “ope legis”. L'accoglimento del ricorso e il principio di diritto formulato In conclusione, nell'accogliere il ricorso, la Cassazione ha espresso il seguente principio di diritto «la evidenziazione, puntualizzazione o specificazione, con la memoria di cui all'articolo 183, comma 6, cod. proc. civ., vigente prima della riforma operata dall'articolo 3, comma 13, lett. b , d. lgs. numero 149/2022, di fatti già sottoposti, nella loro comprensibile essenzialità, al dibattito processuale, con l'atto introduttivo del giudizio, non importa tardivo mutamento della causa petendi, nel caso in cui le conseguenze giuridiche che ne derivano costituiscono automatica conseguenza di legge, della quale il giudice è tenuto a conoscere».

Presidente Mocci – Relatore Grasso Osserva 1. La C. s.r.l. domandò con atto di citazione del 2009 essere dichiarata proprietaria per usucapione di una striscia di terreno. La convenuta Società A. eccepì il proprio difetto di legittimazione passiva per mancanza di titolarità del terreno, genericità della domanda e non usucapibilità del terreno, poiché gravato da servitù di pubblico acquedotto. La convenuta S. aderì alla posizione della Società A., sua dante causa. 2. Il Tribunale, concessi i termini di cui all'articolo 183 cod. proc. civ., e istruita la causa, rigettò la domanda. 3. La Corte d'appello di Roma, disattese l'impugnazione della C. assumendo che costei era incorsa < < nelle preclusioni sulla precisazione del thema decidendum omettendo di depositare nel termine deputato a tal fine la memoria ex articolo 183 VI comma numero 1 c.p.c. Ed invero dalla lettura dell'assunto della accessione del possesso della dante causa OMISSIS Srl che – si precisa – risulta introdotto solo in sede di memoria ex articolo 183 VI comma numero 2 c.p.c., essendo le affermazioni sul possesso contenute in citazione relative alla sola C. che avrebbe concesso in locazione il bene a partire dal 1994 ovverosia ad epoca non antecedente al ventennio ex articolo 1158 c.c. v. punto 3 premesse atto di citazione > > . Ed ancora < < … tali allegazioni in quanto tardive non integrano il thema decidendum in quanto tardive [testuale] né sostengono la validità delle istanze istruttorie ivi articolate sulla condotta tenuta dalla OMISSIS Srl, limitatamente al periodo antecedente a quello in cui la C. afferma di aver posseduto > > . In sostanza, la Corte di merito afferma che l'appellante nell'atto introduttivo non aveva indicato elementi fattuali che potessero suffragare la tesi dell'accessione del possesso della dante causa OMISSIS S.r.l., al quale l'attrice aveva fatto riferimento solo con la memoria di cui detto, nel mentre le affermazioni afferenti al possesso, spese nell'atto di citazione, riguardavano esclusivamente la sola attrice. 4. C. s.r.l. ricorre avverso la sentenza d'appello sulla base di tre motivi. 5. La S., la quale ha depositato controricorso, inviato alla Seconda Sezione Civile in data 24/2/2021, ha chiesto di essere rimessa in termini, stante che la notifica al domicilio eletto, secondo l'assunto, non era stata evasa per erronea indicazione in ricorso del codice di avviamento postale, al quale la notificante aveva fatto riferimento. 5.1. Il Presidente Titolare della Sezione, in data 18/3/2021, ha disposto non luogo a provvedere sulla predetta istanza, chiarendo che in simili casi si ha l'onere di procedere a nuova notifica, ancorché fuori termine, ferma la valutazione del Collegio giudicante in ordine alla non imputabilità del ritardo S.U., 15/7/2016, numero 14594 S.U. 24/7/2009, numero 17352 . 5.2. Non consta che S. abbia provveduto al rinnovo della notificazione nel rispetto del principio più volte enunciato da questa Corte, secondo il quale, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell'esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall'articolo 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa S.U. numero numero 14594, 15/7/2016, Rv. 640441 conf., ex multis, Cass. nnumero 19059/2017, 11485/2018, 20700/2020, 17577/2020 . Di conseguenza la società in discorso deve reputarsi intimata e inammissibile la memoria successivamente depositata. 5.3. Non risulta scriminante la circostanza valorizzata dalla S. con la memoria, secondo la quale la stessa non avrebbe potuto riprendere tempestivamente il procedimento notificatorio a causa del ritardo con il quale le Poste le avevano notificato l'esito negativo della notificazione. Per vero, pur ad ammettere la sussistenza di una tale evenienza, la notificante avrebbe comunque dovuto, appena conosciuto pur con il ritardo evidenziato l'esito negativo della notificazione, riattivare tempestivamente, nei termini sopra indicati, il procedimento notificatorio. 6. Con il primo motivo la ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione degli articolo 183 co. 6, nnumero 1-3, 189, 163 co. 3, numero 4, 345 cod. proc. civ. Afferma la ricorrente che la preclusione affermata dalla Corte locale non sussisteva in quanto non si era trattato della modifica della domanda, bensì di una mera allegazione in fatto, non contestata e sulla quale vi era stato pienezza di contraddittorio, riguardante il possesso utile all'usucapione. La decisione, prosegue la ricorrente, si poneva in contrasto con la giurisprudenza di legittimità in materia di diritti autodeterminati. In ogni caso, viene ribadito, non era stata introdotta una modifica della “causa petendi”, bensì una mera < < integrazione delle difese, aggiungendosi un ulteriore elemento di valutazione a quanto precedentemente dedotto> > testo, questo, ripreso, dalla motivazione della sentenza di questa Corte numero 21641/2019 . Nell'atto di citazione la C. aveva affermato e documentato di essere proprietaria del terreno < < come pervenutogli per incorporazione della OMISSIS S.r.l. avvenuta nell'anno 1992> > . Di conseguenza la precisazione in memoria costituiva un mero richiamo all'originaria e rituale allegazione. 6.1. Il motivo è fondato. 6.1.1. Il richiamo alla categoria dei diritti autodeterminati non assume significato dirimente in ordine alla questione sottoposta all'esame del Collegio. Per vero, secondo diritto vivente trattasi di giurisprudenza che trova consolidata conferma sin dalla prima massimazione di cui alla sentenza numero 1682/1991 , il diritto autodeterminato si identifica con il suo contenuto e non con il titolo con cui viene fatto valere. Ma la questione che qui si tratta di dipanare è altra. Non si è in presenza dello sciorinamento di un nuovo titolo, ma, ben diversamente, di una specificazione fattuale che, secondo la sentenza impugnata, aveva tardivamente introdotto, poiché in violazione delle preclusioni sulla precisazione del thema decidendum, una inammissibile novità della “causa petendi”. 6.1.2. Tuttavia, l'altro argomento posto a sostegno del motivo risulta fondato. Al fine di escludere la novità appare utile riprendere la giurisprudenza di questa Corte in tema di ultra ed extra petizione, patologie che derivano dall'avere il giudice deciso, non solo su un tema della decisione mai posto, ma, ovviamente, anche su un tema nuovo introdotto tardivamente. Così si è avuto modo di chiarire, ragionando a riguardo della nullità di cui all'articolo 164, co. 4, cod. proc. civ., che l'identificazione dell'oggetto della domanda va operata avendo riguardo all'insieme delle indicazioni contenute nell'atto di citazione e dei documenti ad esso allegati, dall'altro, che l'oggetto deve risultare assolutamente incerto. In particolare, quest'ultimo elemento deve essere vagliato in coerenza con la ragione ispiratrice della norma che impone all'attore di specificare sin dall'atto introduttivo, a pena di nullità, l'oggetto della sua domanda, ragione che, principalmente, risiede nell'esigenza di porre immediatamente il convenuto nelle condizioni di apprestare adeguate e puntuali difese prima ancora che di offrire al giudice l'immediata contezza del thema decidendum Sez. 1, numero 17023, 12/11/2003, Rv. 568105 . Utile risulta riprendere la definizione del perimetro della decisione resa nel rispetto dell'articolo 112 cod. proc. civ., perché, in definitiva, la Corte d'appello ha reputato che un tale perimetro sarebbe stato superato ove avesse giudicato ammissibile la puntualizzazione. Il potere-dovere del giudice di inquadrare nella esatta disciplina giuridica i fatti e gli atti che formano oggetto della contestazione incontra il limite del rispetto del petitum e della causa petendi , sostanziandosi nel divieto di introduzione di nuovi elementi di fatto nel tema controverso, sicché il vizio di ultra o extra petizione ricorre quando il giudice di merito, alterando gli elementi obiettivi dell'azione petitum o causa petendi , emetta un provvedimento diverso da quello richiesto petitum immediato , oppure attribuisca o neghi un bene della vita diverso da quello conteso petitum mediato , così pronunciando oltre i limiti delle pretese o delle eccezioni fatte valere dai contraddittori. Nella specie, la S.C. ha negato il vizio di ultrapetizione della sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte di una domanda risarcitoria per danni da caduta in una doccia di un centro estetico a causa della presenza di materiale viscido su un gradino, ha rilevato la carenza di prova dei fatti, aggiungendo che, se anche dimostrata la caduta nella doccia, il comportamento colposo del danneggiato consistente nel non aver prestato la dovuta attenzione allo stato dei luoghi era idoneo a interrompere il nesso causale – Sez. 3, numero 18868, 24/9/2015, Rv. 636968 –. Nello stesso senso, Cass. numero 9002/2018, la quale ha negato il vizio di ultrapetizione della sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte di una domanda di restituzione pro quota delle somme custodite in un deposito bancario di cui gli attori assumevano di essere contitolari con il convenuto, l'ha accolta dopo avere accertato che i medesimi attori erano in realtà eredi di uno degli originari contitolari del detto deposito. Al contrario, sempre in virtù dello stesso principio, si è rilevato il vizio di ultrapetizione della sentenza con la quale il giudice di merito, a fronte di una domanda di restituzione pro quota delle somme custodite in un deposito bancario di cui gli attori assumevano di essere contitolari con il convenuto, l'ha accolta dopo avere accertato che i medesimi attori erano in realtà eredi di uno degli originari contitolari del detto deposito Cass. numero 8048/2019 . Qui, per vero, dalla narrazione di cui alla citazione introduttiva del giudizio di primo grado la C. aveva esplicitato di essere proprietaria del fondo, in quanto pervenutole per avere incorporato, nell'anno 1992, la s.r.l. OMISSIS . Né, per altro verso, si era in presenza di una ricostruzione fattuale alternativa, in tutto o in parte, rispetto a quella primigenia. La fusione per incorporazione dà luogo ad una vicenda estintivo successoria simile alla successione mortis causa a titolo universale tra persone fisiche cfr. Cass. numero 13685/2023 . Occorre, infatti, evidenziare che la continuazione del possesso in favore dell'erede opera automaticamente, ai sensi dell'articolo 1146, comma 1, c.c., diversamente dalla accessio possessionis a vantaggio del successore a titolo particolare di cui all'articolo 1146, comma 2, c.c. che, invece, rimette alla volontà dell'acquirente, manifestata anche implicitamente e senza il ricorso a forme sacramentali, la scelta di unire il proprio possesso a quello del dante causa Sez. 2, numero 14505, 06/06/2018, Rv. 648849 . Né, ai fini che qui rilevano, è utile evidenziare che la fusione era stata regolata dalla disciplina antecedente la riforma del 2003, che dette vita all'articolo 2504 bis cod. civ. Invero, sia in un caso, che nell'altro, la continuità possessoria è indubbia. Sol che nel regime antecedente la riforma la società incorporante subentra in tutti i rapporti giuridici di quella incorporata, così come nei giudizi pendenti, che proseguono automaticamente nei suoi confronti, senza alcuna interruzione ai sensi degli articolo 299 e ss. c.p.c, anche se la società incorporata deve ritenersi estinta Sez. 3, numero 21482, 25/10/2016, Rv. 642959 . Mentre, nel regime successivo la fusione tra società si risolve in una vicenda meramente evolutivo modificativa dello stesso soggetto giuridico, che conserva la propria identità, pur in un nuovo assetto organizzativo cfr. Cass. numero 1376/2016 . Non trattavasi, quindi, di fatto nuovo che mutava il tema della decisione, introdotto tardivamente, così vulnerando la difesa della controparte, ma di un fenomeno di successione nel possesso, similmente a quello dell'erede articolo 1141, co. 1, cod. civ. , ampiamente enunciato nella narrazione di cui all'atto di citazione, i cui effetti scaturivano “ope legis”. 6.1.3. Cassata, pertanto, sul punto la sentenza impugnata, il Giudice del rinvio dovrà attenersi al seguente principio di diritto “la evidenziazione, puntualizzazione o specificazione, con la memoria di cui all'articolo 183, co. 6, cod. proc. civ., vigente prima della riforma operata dall'articolo 3, co. 13, lett. b, d. lgs. numero 149/2022, di fatti già sottoposti, nella loro comprensibile essenzialità, al dibattito processuale, con l'atto introduttivo del giudizio, non importa tardivo mutamento della causa petendi, nel caso in cui le conseguenze giuridiche che ne derivano costituiscono automatica conseguenza di legge, della quale il giudice è tenuto a conoscere”. 7. Il secondo motivo, con il quale la ricorrente denuncia nullità della sentenza per violazione degli articolo 345, co. 1 e 2,183, co. 6 e 112 cod. proc. civ., per non avere la sentenza impugnata esaminato nel merito l'allegazione di cui si è detto al primo motivo, nonostante la stessa fosse stata riprodotta nell'atto d'appello, resta assorbito in senso proprio dall'accoglimento del primo motivo. 8. Il terzo motivo, con il quale viene denunciata la nullità della sentenza per violazione delle medesime norme di cui al precedente motivo, addebitandosi alla stessa di non avere tenuto nel debito conto che si versava in materia di diritti autodeterminati, resta, del pari, assorbito in senso proprio . 9. Il Giudice del rinvio riesaminerà la causa attenendosi al principio di diritto sopra enunciato e provvederà anche a regolare le spese del presente giudizio di legittimità. P.Q.M. accoglie il primo motivo del ricorso e dichiara assorbiti gli altri, cassa la sentenza impugnata in relazione all'accolto motivo e rinvia alla Corte d'appello di Roma, altra composizione, anche per il regolamento delle spese del giudizio di legittimità.