Nel caso esaminato dalla Cassazione, l’imputato era accusato di atti sessuali commessi a danno delle nipoti minorenni. Tra le altre prove che hanno portato alla condanna, i Giudici hanno valutato anche il contenuto confessorio della telefonata intercorsa tra l’uomo e la madre delle minori che era in vivavoce alla presenza dei Carabinieri.
Nell'ambito di un procedimento penale per compimento di atti sessuali con minorenni, è sorta la questione dell'utilizzabilità come fondamento dell'accertamento della responsabilità dell'imputato – zio delle persone offese – delle dichiarazioni telefoniche di ammissione del fatto rese durante la fase delle indagini preliminari alla madre delle minori in vivavoce di fronte ai Carabinieri. La difesa ha lamentato infatti in Cassazione l'inutilizzabilità di tali dichiarazioni poiché rese in assenza delle garanzie previste per le intercettazioni dagli articolo 267 e 268 c.p.p. Impossibile, sempre per la difesa, anche la qualificazione di dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria per l'assenza del difensore. Il ricorso risulta inammissibile. In primo luogo, la Corte ricorda che è onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilità degli atti processuali indicare gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne l'incidenza del complesso compendio probatorio. Nel caso di specie, il ricorrente non ha assolto tale onere posto che la sentenza impugnata ha già chiarito la non decisività delle dichiarazioni confessorie in un quadro probatorio già cristallizzato dalle affermazioni delle vittime e dai video registrati dal fratello delle vittime. Il motivo di ricorso presenta inoltre profili di infondatezza in quanto «le intercettazioni regolate dagli invocati consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l'intenzione di escluderne altri o con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato». Di conseguenza, la registrazione di una telefonata da parte di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque che sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, nemmeno se eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, «ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell'articolo 234 c.p.p., salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità della persona che vi partecipa» v. Cass. penumero numero 40148/2022 e Cass. penumero sez. Unite numero 36747/2003 . Anche in tema di usura ed estorsione la giurisprudenza ha affermato che la trascrizione della conversazione intercorsa tra la vittima e l'imputato, portata a conoscenza delle forze dell'ordine per iniziativa della persona offesa mediante l'inoltro della chiamata in corso sull'utenza della polizia che provveda dunque alla registrazione tramite call recorder, costituisce una forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, utilizzabile in dibattimento come prova documentale ai sensi dell'articolo 234 c.p.p. Cass. penumero numero 26766/2020 . La Corte, confermando dunque l'applicabilità di tali principi anche con specifico riferimento al caso in esame e quindi alla registrazione della conversazione tenuta in vivavoce, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente alle spese processuali.
Presidente Aceto – Relatore Andronio Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 19 dicembre 2022, la Corte di appello di Brescia ha riformato la sentenza del 14 marzo 2022, con la quale il Gip del Tribunale di Brescia ha condannato l'imputato alla pena di anni 4 e mesi 10 di reclusione, alle pene accessorie, nonché al risarcimento del danno in favore della parte civile, in relazione a ai reati di cui agli articolo 81, secondo comma, 609-bis, 609-ter, primo comma, nnumero 1 e 5 cod. penumero , per avere, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, con violenza o, comunque, con abuso delle condizioni di inferiorità fisica correlate all'età, costretto la nipote omissis a compiere o, comunque, subire atti sessuali, con una frequenza di circa cinque volte al mese, con le aggravanti di avere commesso il fatto in danno della nipote, prima minore degli anni quattordici e poi minore degli anni diciotto tra il 2015 e il 19/09/2020 b agli stessi reati, per avere, con analoghe modalità, costretto la nipote omissis a compiere o subire atti sessuali, con le aggravanti di aver commesso il fatto in danno della nipote, minore degli anni quattordici nell'anno 2013 . La Corte di appello, nella specie ha confermato la sentenza di primo grado in riferimento all'accertamento della responsabilità dell'imputato, rideterminando la pena in anni 6 e mesi 2 di reclusione ha applicato la pena accessoria dell'interdizione legale ha sostituito la pena dell'interdizione temporanea dai pubblici uffici con quella dell'interdizione perpetua. 2. Avverso la sentenza l'imputato ha proposto, tramite il difensore, ricorso per cassazione, chiedendone l'annullamento. 2.1. Con un primo motivo di doglianza, si lamenta l'inosservanza di norme processuali stabilite a pena di nullità articolo 228,267,268,350 cod. proc. penumero , per avere la Corte d'appello ritenuto riscontrate le dichiarazioni delle persone offese, poste a fondamento dell'accertamento della responsabilità del ricorrente, in base ad elementi inutilizzabili, ovvero a le dichiarazioni telefoniche di ammissione del fatto rese, durante la fase delle indagini preliminari, dal ricorrente alla madre delle minori, in vivavoce di fronte ai carabinieri con lei presenti, acquisite in atti senza le garanzie previste dagli articolo 267 e 268 cod. proc. penumero in materia di intercettazioni né utilizzabili come dichiarazioni rese alla polizia di giudiziaria, per l'assenza del difensore b le dichiarazioni rese in sede peritale, utilizzate nel rito abbreviato per fini diversi da quelli dell'accertamento peritale e rese, inoltre, al di fuori del setting della seduta, in violazione delle regole stabilite dall'articolo 228 cod. proc. penumero , riferibili anche al giudizio abbreviato. Si sostiene l'erroneità della conclusione della Corte di merito nella parte in cui afferma che l'inutilizzabilità non modifica il quadro probatorio di riferimento, sul rilievo che tali dichiarazioni sono state prese in considerazione sia nel rafforzamento del convincimento della responsabilità penale sia ai fini del diniego delle circostanze attenuanti generiche. 2.2. Si deducono, in secondo luogo, la carenza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, per avere la Corte d'appello ritenuto sussistente l'elemento oggettivo del reato e la gravità di esso, con conseguente esclusione dell'attenuante della minore gravità. In relazione al primo profilo, si deduce la carenza di motivazione in ordine all'inattendibilità delle persone offese, ricavabile dal ritardo nella presentazione della querela, di mesi successiva all'epoca dei fatti, nonché, nel caso delle dichiarazioni rese da omissis dalla genericità delle sue affermazioni accusatorie, suggestionate dal contesto familiare. In relazione al secondo profilo, si sostiene che la motivazione in ordine alla valutazione globale del reato, da cui dedurne la gravità, non si è confrontata con le deduzioni relative alla tenuità del fatto, denunciato come un unico episodio, alla lieve compromissione della libertà sessuale, all'assenza di coartazione fisica e alla mancata consumazione di un rapporto sessuale completo. 2.3. In terzo luogo, si denunciano carenza, contraddittorietà e illogicità della motivazione, per avere la Corte d'appello ritenuto sussistente l'elemento soggettivo dei reati, trascurando le risultanze probatorie relative al quadro clinico del ricorrente, che indicavano il suo stato di declino fisico e psichico, che ne avrebbe alterato la percezione della realtà al tempo dei fatti. 2.4. Una quarta censura è riferita all'errata applicazione della legge penale e a vizi della motivazione, quanto al diniego delle circostanze attenuanti generiche. Si lamenta, sul punto, che la Corte territoriale ha valorizzato contro l'imputato le summenzionate risultanze inutilizzabili non ha tenuto conto che tali risultanze sono state già impiegate per fondare l'applicazione delle aggravanti e perciò non possono essere richiamate anche per negare le attenuanti generiche non ha considerato l'elemento positivo dello stato di declino psico-fisico né il corretto comportamento processuale del ricorrente. 3. Con successiva memoria, l'imputato ha ribadito quanto già dedotto. 4. Le parti civili, tramite il difensore, hanno presentato memoria - con la quale si censurano le argomentazioni poste a sostegno del ricorso dell'imputato, aderendo alle motivazioni dei giudici di merito - e nota spese. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile. 1.1. Il primo motivo - con cui si eccepisce l'inutilizzabilità delle dichiarazioni confessorie rese dall'imputato nel corso del colloquio telefonico con la figlia e in sede di espletamento dell'incarico peritale - è inammissibile. Va infatti ricordato che, in tema di ricorso per cassazione, è onere della parte che eccepisce l'inutilizzabilità di atti processuali indicare, pena l'inammissibilità del ricorso per genericità del motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì l'incidenza sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la decisività in riferimento al provvedimento impugnato ex plurimis, Sez. U, numero 23868 del 23/04/2009, Rv. 243416 in altri termini, il motivo di impugnazione deve illustrare l'incidenza dell'eventuale eliminazione del predetto elemento ai fini della cosiddetta prova di resistenza , in quanto gli elementi di prova acquisiti illegittimamente diventano irrilevanti ed ininfluenti se, nonostante la loro espunzione, le residue risultanze risultino sufficienti a giustificare l'identico convincimento ex plurimis, Sez. 2, numero 7986 del 18/11/2016, dep. 2017, Rv. 269218 Sez. 3, numero 3207 del 02/10/2014, dep. 2015, Rv. 262011 . Nel caso di specie, l'imputato non ha assolto a tale onere, mentre la sentenza impugnata ha chiarito la non decisività delle dichiarazioni confessore, a fronte di un quadro probatorio già cristallizzato dalle attendibili affermazioni delle vittime e del video dei palpeggiamenti ripreso dal fratello di queste elementi non puntualmente presi in considerazione dalla difesa neanche a fini di critica. Il motivo è altresì manifestamente infondato, in quanto le intercettazioni regolate dagli articolo 266 e segg. cod. proc. penumero consistono nella captazione occulta e contestuale di una comunicazione o conversazione tra due o più soggetti che agiscano con l'intenzione di escludere altri e con modalità oggettivamente idonee allo scopo, attuata da soggetto estraneo alla stessa mediante strumenti tecnici di percezione tali da vanificare le cautele ordinariamente poste a protezione del suo carattere riservato. Ne consegue che la registrazione fonografica di un colloquio, svoltosi tra presenti o mediante strumenti di trasmissione, ad opera di un soggetto che ne sia partecipe, o comunque sia ammesso ad assistervi, non è riconducibile, quantunque eseguita clandestinamente, alla nozione di intercettazione, ma costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, della quale l'autore può disporre legittimamente, anche a fini di prova nel processo secondo la disposizione dell'articolo 234 cod. proc. penumero , salvi gli eventuali divieti di divulgazione del contenuto della comunicazione che si fondino sul suo specifico oggetto o sulla qualità rivestita dalla persona che vi partecipa ex plurimis, Sez. 2, numero 40148 del 06/07/2022, Rv. 283977 Sez. 2, numero 12347 del 10/02/2021, Rv. 280996 Sez. U, numero 36747 del 28/05/2003, Rv. 225465 nel medesimo senso, si è chiarito che la trascrizione della conversazione intercorsa tra la vittima e l'autore di condotte estorsive ed usurarie, portata a conoscenza delle forze dell'ordine per iniziativa delia stessa persona offesa mediante l'inoltro della chiamata in corso sull'utenza della polizia, che provveda immediatamente alla sua registrazione tramite l'applicazione call recorder, costituisce forma di memorizzazione fonica di un fatto storico, utilizzabile in dibattimento quale prova documentale, ai sensi dell'articolo 234 cod. proc. penumero Sez. 2, numero 26766 del 06/07/2020, Rv. 279653 . Tali principi trovano applicazione nel caso in esame, in cui la conversazione si è tenuta in vivavoce. Infine, relativamente alle dichiarazioni rese a margine delle attività peritali - in ogni caso prive di rilevanza probatoria sul piano sostanziale - la difesa trascura di considerare che la Corte territoriale ne ha già dichiarato l'inutilizzabilità. 1.2. Il secondo motivo, con cui si contesta l'affermazione di responsabilità con riferimento al capo b dell'imputazione, è inammissibile, perché, oltre ad essere generico, propone doglianze eminentemente di fatto, che sollecitano, in realtà, una rivalutazione di merito preclusa in sede di legittimità, sulla base di una rilettura peraltro parcellizzata degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali ex plurimis, Sez. 5, numero 34149 del 11/06/2019, Rv. 276566 Sez. 2, numero 27816 del 22/03/2019, Rv. 276970 . La difesa si limita a richiamare elementi la cui irrilevanza è già stata presa in considerazione dai giudici di primo e secondo grado quali il ritardo nella denuncia, la genericità di alcune dichiarazioni accusatorie, le pretese suggestioni dell'ambiente familiare. Anche quanto al mancato riconoscimento dell'ipotesi di minore gravità, la doglianza è generica e valutativa, in quanto non si confronta con la sentenza impugnata, che ha correttamente escluso l'applicabilità dell'attenuante, sul rilievo del grave trauma provocato pag. 9 della sentenza . 1.3. Il terzo motivo - con cui si contesta la configurabilità del dolo, richiamando il declino cognitivo e la sindrome depressiva dell'imputato - è inammissibile, in quanto, oltre a sollecitare una rivalutazione del merito, è altresì manifestamente infondato, trattandosi di condizioni psicofisiche che - anche se ritenute sussistenti - non inciderebbero sul dolo, ma al più sull'imputabilità ma, al riguardo, la perizia ha escluso qualsiasi compromissione della capacità di intendere e di volere. 1.4. Il motivo con cui si contesta il diniego delle circostanze attenuanti generiche è inammissibile. Premesso che, in tema di attenuanti generiche, il giudice del merito esprime un giudizio di fatto, la cui motivazione è insindacabile in sede di legittimità, purché sia non contraddittoria e dia conto, anche richiamandoli, degli elementi, tra quelli indicati nell'articolo 133 cod. penumero , considerati preponderanti ai fini della concessione o dell'esclusione ex plurimis, Sez. 5, numero 43952 del 13/04/2017, Rv. 271269 , va ribadito che il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può essere legittimamente motivato dal giudice con l'assenza di elementi o circostanze di segno positivo. Infatti, non è necessario che il giudice di merito, nel motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche, prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, me è sufficiente che egli faccia riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione ex plurimis, Sez. 2, numero 23903 del 15/07/2020, Rv. 279549 - 02 . Nel caso in esame, la sentenza impugnata ha evidenziato l'assenza di elementi favorevoli valutabili ai fini del riconoscimento delle attenuanti generiche, a fronte di elementi negativi significativi, come la gravità delle condotte, la reiterazione delle stesse, la pluralità delle persone offese, l'esistenza di rapporti di discendenza. 2. Il ricorso, per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, numero 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'articolo 616 cod. proc. penumero , l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in € 3.000,00. L'imputato deve essere anche condannato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, da liquidarsi in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di € 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Condanna inoltre l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalle parti civili, che liquida in complessivi euro 3.686,00, oltre accessori di legge.