In tema di clausola compromissoria, al fine di valutare se la stessa contenga una pattuizione di deferimento della controversia ad un arbitrato di tipo rituale ovvero irrituale, occorre interpretare la clausola medesima con riferimento al dato letterale, alla comune intenzione delle parti ed al comportamento complessivo delle stesse, senza che il mancato richiamo nella clausola alle formalità dell'arbitrato rituale deponga univocamente nel senso dell'irritualità dell'arbitrato.
Occorre infatti tenere conto delle maggiori garanzie offerte dall'arbitrato rituale quanto all'efficacia esecutiva del lodo ed al regime delle impugnazioni, rilevando altresì il principio in forza del quale il dubbio sull'interpretazione dell'effettiva volontà dei contraenti va risolto nel senso della ritualità dell'arbitrato, tenuto conto della natura eccezionale della deroga alla norma per cui il lodo ha efficacia di sentenza giudiziaria. Con l'ordinanza in commento, il S.C., chiarisce, richiamando il proprio consolidato orientamento, le differenze tra arbitrato rituale ed irrituale, ritenendo necessario interpretare complessivamente la clausola compromissaria, per valutare l'intenzione delle parti in ordine al ruolo dell'arbitrato nella definizione della controversia. Il caso La vicenda alla base della ordinanza in commento ha origine dalla contestazione mossa in ordine al contenuto di un lodo arbitrale, pronunciato relativamente ad una serie di questioni legate allo scioglimento di una società ed alla richiesta di risarcimento del danno legate alla fase antecedente allo scioglimento della società stessa. Le contestazioni mosse, peraltro, non riguardavano le questioni societarie ma se, in base alla clausola compromissaria dello statuto societario, le stesse dovessero essere affrontate e risolte per il tramite di un arbitrato rituale o irrituale. Al riguardo il S.C., considerata la diversità funzionale delle due tipologie di arbitrato, anche in ordine al tenore letterale della clausola compromissoria, ritiene che lo statuto societario avesse previsto la modalità di arbitrato irrituale. La natura giuridica della clausola di arbitrato irrituale In termini generali, e pur non essendo stato il tema oggetto di intervento della Cassazione, si può rilevare che la clausola di arbitrato irrituale si connota come un contratto che determina la nascita in capo alle parti contraenti di una situazione complessa, di carattere strumentale, finalizzata alla tutela dei diritti. Tramite tale contratto, secondo la previsione di cui all'articolo 1703 c.c., si pone in essere un mandato, senza necessità di rappresentanza, conferito congiuntamente da una pluralità di parti minimo due a uno o più arbitri e preordinato alla stipula di un accordo contrattuale. Mandato ed arbitrato irrituale Da quanto precede discende che la definizione corretta dell'arbitrato irrituale è quella di un mandato congiunto a comporre la controversia venutasi a configurare, mediante un negozio compositivo, da porre in essere nel termine stabilito dalle parti, pena l'estinzione del mandato per sua scadenza ex articolo 1722, numero 1, c.c. L'atipicità dell'arbitrato irrituale In altri termini, l'arbitrato irrituale è un istituto di natura atipico, che deroga alla disciplina giuridica prevista in tema di arbitrato rituale e sprovvisto delle garanzie previste. Pertanto, qualora le parti intendano devolvere determinate controversie dinanzi a un arbitro, seguendo lo schema dell'arbitrato irrituale, tale volontà deve essere espressamente indicata nello statuto. Rituale o irrituale scelta di merito e non di giurisdizione Il S.C., nell'ambito delle valutazioni preliminari – così aprendo la strada alla possibilità di una pronuncia, come nel caso di specie - chiarisce che non comporta una questione di giurisdizione la deduzione della esistenza di un compromesso o di una clausola compromissoria per arbitrato irrituale, essendo invece preliminare all'assunzione della relativa determinazione nel merito. Rituale o irrituale? I criteri distintivi Secondo una pacifica giurisprudenza, ai fini della determinazione della natura rituale o irrituale dell'arbitrato, sono significativi e rilevanti gli elementi testuali che depongono nel senso della giurisdizionalità dell'attività demandata all'arbitro, i quali si rinvengono nelle espressioni terminologiche congruenti all'esercizio del giudicare , e al risultato di un giudizio , in ordine ad una controversia , non potendo essere decisivi, nel senso della esclusione della natura rituale dell'arbitrato, né il conferimento agli arbitri del compito di decidere secondo equità ovvero in veste di amichevoli compositori, né la preventiva qualificazione della decisione arbitrale come inappellabile, né la previsione di esonero degli arbitri da formalità di procedura. Arbitrato rituale gli “indizi” nella clausola Se, come effettivamente riferito dal S.C., la valutazione sulla ritualità o meno dell'arbitrato va data considerando complessivamente l'intenzione delle parti in ragione del tenore della clausola, nell'ambito della clausola compromissoria, l'utilizzo dei termini Tribunale e deciderà secondo diritto con espresso rinvio, soprattutto, alla disciplina del codice di procedura civile e, dall'altro, gli stessi compiti affidati all'arbitro lasciano chiaramente propendere per la natura rituale dell'arbitrato. L'opzione interpretativa tra arbitrato rituale ed irrituale, in ogni caso, è effettuata dal Giudice sulla base dei normali canoni ermeneutici ricavabili dall'articolo 1362 c.c., e dunque facendo riferimento alla comune intenzione delle parti così come emergente dal dato letterale e dal comportamento complessivo delle stesse in caso di dubbio, occorre prediligere la scelta a favore dell'arbitrato rituale, tenuto conto della natura eccezionale dell'articolo 808-ter c.p.c. e della deroga alla norma per cui il lodo ha efficacia di sentenza giudiziaria. Arbitrato irrituale ed impugnazione del lodo Il lodo emesso all'esito di arbitrato irrituale non è impugnabile per errores in iudicando , come è invece consentito dall'articolo 829 c.p.c. per l'arbitrato rituale, neppure ove consistano in un'erronea interpretazione dello stesso contratto stipulato dalle parti che ha dato origine al loro mandato e non è, più in generale, annullabile per erronea applicazione delle norme di ermeneutica contrattuale, né a maggior ragione per un apprezzamento delle risultanze negoziali diverso da quello ritenuto dagli arbitri e comunque non conforme alle aspettative della parte impugnante. Lodo irrituale e rilevanza dell'errore Si precisa, inoltre, che l'errore rilevante ai fini dell'annullamento del lodo medesimo è solo quello attinente alla formazione della volontà degli arbitri, che si configura quando questi abbiano avuto una falsa rappresentazione della realtà per non aver preso visione degli elementi della controversia o per averne supposti altri inesistenti, ovvero per aver dato come contestati fatti pacifici o viceversa.
Presidente Valitutti – Relatore Parisi Fatti di causa 1. S.F. e S.D., sulla premessa di aver ereditato dal Maestro P.D. le quote della società omissis s.r.l. pari all'11,67% ciascuna, adivano la Camera Arbitrale presso la Camera di Commercio di Roma, così come previsto nello Statuto della società omissis s.r.l., chiedendo che a venisse dichiarata l'invalidità della delibera assembleare della omissis s.r.l. del 25 gennaio 2016, con la quale era stato deliberato lo scioglimento della società, per mancanza dei requisiti formali richiesti e del quorum deliberativo b venisse dichiarata l'invalidità dell'iscrizione nel Registro Imprese della causa di scioglimento dichiarata con atto sostitutivo di atto notorio in data 25 gennaio 2016 e per l'effetto disporne la revoca e cancellazione c venisse dichiarata l'invalidità della delibera assembleare del 21 aprile 2016 assunta senza regolare previa deliberazione di scioglimento della società d venisse dichiarata l'invalidità della eventuale iscrizione nel Registro Imprese della cancellazione della società e per l'effetto disporne l'immediata revoca e cancellazione e venisse accertata e dichiarata la responsabilità dell'Amministratore Unico e Liquidatore A. D. per i fatti di cui ai punti precedenti e dei successivi atti di liquidazione della società f venisse disposta la condanna della società e del D. al risarcimento dei danni subiti e comunque non inferiori ad € 12.000,00 riferibili alla perdita delle edizioni cedute ed accertate. Con lodo arbitrale parziale del 31/7/2017, il Collegio, nominato a seguito della domanda proposta da S.F. e S.D., quali eredi del Maestro P.D., dinanzi alla Camera arbitrale presso la C.C.I.A. di Roma, riteneva rituale l'arbitrato previsto dall'articolo 24 dello Statuto sociale della omissis s.r.l., dichiarava l'invalidità della delibera assembleare di messa in liquidazione della suddetta società del 25 gennaio 2016 e del 21 aprile 2016 e dichiarava la responsabilità di A. D. ed il conseguente obbligo al risarcimento dei danni, che si riservava di quantificare con il lodo definitivo, così come pure le spese legali, disponendo con separata ordinanza per il prosieguo del giudizio. Con lodo definitivo del 27/6/2018 il Collegio Arbitrale condannava A. D. al risarcimento in favore della omissis s.r.l. dei danni cagionati nell'attività di liquidazione in misura pari a € 43.023,07, oltre rivalutazione ed interessi dal marzo 2016 al giugno 2018, ponendo integralmente a carico dello stesso le spese del giudizio arbitrale, quelle di C.T.U. e le spese legali. 2. Con sentenza numero 2193/2022 la Corte d'appello di Roma rigettava l'impugnazione proposta da A. D. avverso i citati lodi. 3. Avverso questa sentenza A. D. propone ricorso per cassazione, affidato a due motivi, nei confronti di S.F. e S.D., che resistono con controricorso. 4. Il ricorso è stato fissato per l'adunanza in camera di consiglio ai sensi degli articolo 375, ultimo comma, e 380 bis 1, cod. proc. civ Le controricorrenti hanno depositato memoria illustrativa. Ragioni della decisione 5. Il ricorrente denuncia, con il primo motivo, la violazione e falsa applicazione degli articolo 1362 cod. civ. e 829 numero 4 cod. proc. civ. in relazione all'articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., con conseguente pronuncia di nullità dei lodi impugnati, per avere ritenuto la Corte d'appello la natura rituale e non irrituale dell'arbitrato. Deduce che la decisione della Corte di merito sul punto si pone in contrasto con la volontà delle parti che ne avevano invece assunto l'irritualità, con ciò violando i limiti della convenzione, in particolare atteso che le stesse attrici, nel formulare la domanda alla Camera arbitrale, avevano evidenziato la natura irrituale dell'arbitrato. Ad avviso del ricorrente, la clausola compromissoria contenuta nello Statuto della società prevedeva espressamente che il Collegio Arbitrale dovesse funzionare come amichevole compositore e la stessa si doveva interpretare analizzando congiuntamente il dato letterale e la comune intenzione delle parti, quale desumibile dal loro complessivo comportamento. A tale riguardo evidenzia, altresì, che la società era familiare, prima utilizzata dal maestro P. D. e dai figli A. e C., mentre solo alla morte del padre erano subentrati per successione testamentaria la seconda moglie e gli altri figli. Rileva che la motivazione della Corte di merito era contraria, in realtà, alla giurisprudenza richiamata nella stessa sentenza, secondo cui, in caso di incertezza, avrebbe dovuto prevalere la qualifica dell'arbitrato rituale, poiché nel caso di specie l'interpretazione letterale della clausola compromissoria e l'insieme dei comportamenti delle parti non potevano trasformare l'arbitrato irrituale in rituale. In questo contesto, non assumerebbe rilievo il fatto che si trattava di un arbitrato in materia societaria, atteso che la clausola statutaria non faceva riferimento al d.lgs.5/2003, né il fatto che la decisione fosse delegata a un terzo, in assenza di disposizione al riguardo. 6. Con il secondo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione degli articolo 112 e 829 cod. proc. civ., comma 1 nnumero 4, 10, 11 e 12 cod. proc. civ., nonché vizio di motivazione in relazione all'articolo 360 numero 3 e numero 5 cod. proc. civ., con conseguente pronuncia di nullità dei lodi impugnati, per aver ritenuto la Corte d'appello corretta la pronuncia impugnata, benché emessa oltre i limiti della domanda. Denuncia la violazione dell'articolo 112 cod. proc. civ. in quanto le odierne controricorrenti non avrebbero mai esercitato un'azione sociale di responsabilità ai sensi dell'articolo 2476 numero 3 cod. civ. nei confronti di A. D., poiché si erano solo limitate a chiedere una pronuncia in loro favore come creditrici ai sensi dell'articolo 2476 numero 6 cod. civ., esercitando un'ordinaria azione di inadempimento causativa di un danno. Denuncia la violazione dell'articolo 829 numero 4, 10,11 e 12 cod. proc. civ., per avere erroneamente la Corte di merito ritenuto che l'interpretazione della domanda costituisse, nel caso di specie, solo un giudizio di merito riservato agli arbitri, poiché questi ultimi avevano invece superato i limiti di cui al citato articolo 112 e la pronuncia era stata frutto di un ragionamento basato su presupposti errati, sì da integrare un vero e proprio vizio di motivazione. In proposito il ricorrente richiama la domanda di arbitrato, nello specifico le conclusioni, e deduce che le domande inizialmente proposte dalle attrici S.F. e D. avevano ad oggetto la pretesa di condanna della società e/o dell'odierno ricorrente in loro favore, non in favore della società, mentre solo nella comparsa di costituzione nel giudizio di impugnazione avanti alla Corte d'appello aveva modificato le conclusioni, chiedendo condannarsi l'amministratore unico e liquidatore A. D. al risarcimento dei danni “subiti dalle appellate e per esse dalla società omissis s.r.l. ovvero dalle esponenti stesse in qualità di successori della omissis s.r.l.”. Ad avviso del ricorrente, le iniziali domande erano state sostituite “dall'interpretazione -meglio qualificazione errata degli arbitri con una successiva pronuncia ben oltre il chiesto e che poi ha fatto parte della nuova domanda formulata dalle appellate”, ed invece il Collegio arbitrale non aveva affatto interpretato le originarie domande, ma d'ufficio aveva qualificato per le attrici una nuova domanda, su cui aveva deciso, peraltro condannando una società non più esistente sulla base delle risultanze documentali. 7. Il primo motivo è fondato. 7.1. Poiché è stata posta dal ricorrente la questione della natura rituale o irrituale dell'arbitrato de quo, questa Suprema Corte deve esaminare e valutare direttamente il patto compromissorio integrante la fonte dell'arbitrato medesimo e non limitarsi alla verifica della tenuta , sotto il profilo motivazionale, della opzione ermeneutica adottata al riguardo dal giudice di merito invero, la qualificazione dell'arbitrato incide sul problema processuale dell'ammissibilità della impugnazione del lodo per nullità, atteso che il lodo irrituale non è soggetto al regime di impugnazione previsto per quello rituale dagli articolo 827 e ss. cod. proc. civ., bensì alle impugnative negoziali, con riferimento sia alla validità dell'accordo compromissorio sia all'attività degli arbitri, da proporre con l'osservanza delle norme ordinarie sulla competenza e del doppio grado di giurisdizione cfr. Cass. 23629/2015 Cass. 7574/ 2011 . In altri termini, questa Corte, al fine di determinare la natura rituale o irrituale dell'arbitrato, ha il potere di accertare direttamente, come giudice del fatto attraverso l'esame degli atti e degli elementi acquisiti al processo, ferma restando l'esclusione di nuove acquisizioni probatorie , la volontà delle parti espressa nella suddetta scrittura compromissoria, in quanto la relativa qualificazione incide sull'ammissibilità della impugnazione della decisione arbitrale cfr. in tal senso, tra le più recenti, Cass. 11847/2021 Cass. 7198/2019 Cass. 25258/2013 Cass. 3933/2008, che richiama l'orientamento giurisprudenziale prevalente, espresso a partire dalla decisione numero 3195 del 1969 resa a Sezioni Unite seguita, tra le altre, da Cass. 10705/2007 il quale trova fondamento nell'esatta considerazione che il giudizio sull'ammissibilità dell'impugnazione, ossia la decisione su una questione processuale, coincide con l'ambito del giudizio di merito, come avviene per le questioni di giurisdizione e di competenza, che si pongono con uguale contenuto in tutti i gradi del giudizio, sicché ricorrono in relazione a tale accertamento le medesime ragioni per le quali la Cassazione deve statuire sulla giurisdizione e sulla competenza in base agli atti, senza limitarsi al controllo della decisione del giudice di merito . Non gioverebbe, quindi, il tentativo di inquadrare le censure formulate dal ricorrente nelle violazioni delle regole legali di ermeneutica contrattuale e nel difetto di motivazione, e di metterne in dubbio l'ammissibilità poiché riguarderebbero, in realtà, non questioni di legittimità ma il merito della controversia interpretativa insorta tra le parti. Nel caso in esame, in altre parole, non si tratta soltanto di procedere all'interpretazione della clausola compromissoria, giacché l'indagine da compiere sul punto viene a incidere, in primo luogo, su un profilo di carattere processuale, ossia sulla stessa ammissibilità dell'impugnazione per nullità ex articolo 827 e ss. cod. proc. civ Peraltro, nell'indagine volta ad individuare la natura dell'arbitrato, oltre che dell'intero contesto della scrittura compromissoria, deve tenersi conto, quale criterio sussidiario di valutazione, della condotta complessiva tenuta delle parti, ad essa attribuendo il rilievo consentito dall'articolo 1362 cod. civ. che, come è noto, consente di utilizzare il comportamento complessivo delle parti in via sussidiaria, ove i risultati dell'interpretazione letterale e logico sistematica non siano appaganti. Quanto alla distinzione tra le due figure di arbitrato, entrambe riconducibili all'autonomia negoziale ed alla legittimazione delle parti a derogare alla giurisdizione per ottenere una decisione privata della lite cfr. le pronunce susseguitesi a decorrere da Cass., SU. numero 527/2000 , è stato affermato nella giurisprudenza di legittimità, sulla premessa che sia l'arbitrato rituale che quello irrituale hanno natura privata, che la differenza tra l'uno e l'altro tipo di arbitrato non può imperniarsi sul rilievo che, con il primo, le parti abbiano demandato agli arbitri una funzione sostitutiva di quella del giudice, ma va ravvisata nel fatto che, nell'arbitrato rituale, le parti vogliono che si pervenga ad un lodo suscettibile di essere reso esecutivo e di produrre gli effetti di cui all'articolo 825 cod. proc. civ., con l'osservanza delle regole del procedimento arbitrale, mentre, nell'arbitrato irrituale, esse intendono affidare all'arbitro o agli arbitri la soluzione di controversie insorte o che possano insorgere in relazione a determinati rapporti giuridici soltanto attraverso lo strumento negoziale, mediante una composizione amichevole o un negozio di accertamento riconducibile alla volontà delle parti stesse, le quali si impegnano a considerare la decisione degli arbitri come espressione della loro volontà cfr. pronunce sopra citate . 7.2. Alla stregua di detti principi, dunque, va interpretata la scrittura compromissoria di cui si tratta, ed al riguardo ritiene il Collegio, all'esito del suo complessivo esame, che le parti abbiano inteso dare vita ad un arbitrato irrituale, non potendo attribuirsi alcuna valenza di segno contrario a quello che è stato il comportamento degli Arbitri, con le scelte procedimentali da questi ultimi seguite cfr. Cass. 23629/2015 . Il tenore della clausola statutaria di cui si discute è il seguente “Le controversie insorgenti tra la società e i soci, l'organo amministrativo ed il liquidatore, in dipendenza delle presenti norme di funzionamento della società, purché compromettibili, saranno decise dalla Camera Arbitrale presso la CCIAA competente per territorio. Il Collegio arbitrale funzionerà con poteri di amichevole compositore e provvederà anche sulle spese e competenze spettanti agli arbitri”. Nel caso di specie, al chiaro riferimento ai “poteri di amichevole compositore” si aggiunge, in modo dirimente, la volontà manifestata dalle stesse odierne controricorrenti, circa la scelta del ricorso a strumenti esclusivamente negoziali, nel momento in cui avevano proposto alla Camera Arbitrale domanda di arbitrato irrituale, come dedotto con sufficiente specificità dal ricorrente e non posto in discussione dalle controricorrenti, e ciò in un contesto, altrettanto pacifico, caratterizzato dalla composizione “familiare” della società omissis , nel senso che la compagine era costituita da figli e moglie del Maestro P. D Inoltre non risultano evocate nella clausola specifiche attività procedimentalizzate degli arbitri, né puntuali criteri di nomina degli stessi tali da poterne inferire l'oggettivo carattere di terzietà, né, infine, risulta compiutamente precisato l'oggetto dell'attività concretamente affidata al collegio arbitrale, stante il generico richiamo a controversie sorte “in dipendenza delle presenti norme di funzionamento della società”, sì da rendere non significativa, in senso contrario, la previsione della “compromettibilità”. Pertanto, nel caso di specie, la natura irrituale dell'arbitrato voluto dalle parti si evince non solo dalla circostanza che le funzioni attribuite agli arbitri fossero quelle di “amichevole compositore” e perciò si verte in fattispecie diversa da quella esaminata da Cass. 18973/2023, citata nella memoria delle ricorrenti , ma anche da tutti gli altri elementi suesposti, da cui emerge l'intenzione delle parti di pervenire alla pronuncia di un lodo irrituale, inidoneo a produrre gli effetti di cui all'articolo 825 cod. proc. civ., tant'è che nessuna delle parti ne ha richiesto l'esecutività, in base a quanto risulta dalla sentenza impugnata e dagli atti difensivi. Né infine potrebbe giustificarsi il riferimento all'orientamento espresso nelle pronunce di questa Corte numero 6909/2015 e numero 21059/2019, di favor nei confronti dell'arbitrato rituale, dato che nella specie non residuano dubbi sull'effettiva scelta dei contraenti. 7.3. Va aggiunto, come questa Corte ha già avuto occasione di chiarire Cass. 6842/2011 , che, ove gli arbitri abbiano ritenuto la natura rituale dell'arbitrato ed abbiano, pertanto, provveduto nelle forme di cui all'articolo 816 cod. proc. civ. e segg., l'impugnazione del lodo, anche se diretta a far valere la natura irrituale dell'arbitrato ed i conseguenti errores in procedendo commessi dagli arbitri, va proposta davanti alla Corte d'appello ai sensi dell'articolo 827 cod. proc. civ., e segg., e non nei modi propri dell'impugnazione del lodo irrituale, ossia davanti al giudice ordinariamente competente e facendo valere soltanto i vizi che possono inficiare qualsiasi manifestazione di volontà negoziale Cass. 19129/2006 Cass. 25258/2013 Cass. 3197/2016 . Osserva il Collegio, ritenendo di condividere e dare continuità a tale orientamento, che, invero, agli effetti dell'individuazione del mezzo con cui il lodo va impugnato, è la natura dell'atto in concreto posto in essere dagli arbitri, più che la natura dell'arbitrato come prevista dalle parti. Ben possono le parti aver previsto, con il compromesso o la clausola compromissoria, un arbitrato irrituale ma se gli arbitri di fatto hanno poi reso il lodo nelle forme di cui all'articolo 816 cod. proc. civ., e segg., ossia un lodo rituale, quel lodo è impugnabile esclusivamente ai sensi dell'articolo 827 cod. proc. civ. e segg Nell'accertamento della natura del lodo in concreto emesso, un ruolo fondamentale svolge, come si è detto, l'interpretazione della convenzione di arbitrato, dovendosi presumere, in difetto di elementi contrari, che gli arbitri si siano adeguati a quanto previsto dalle parti. Ma se risulta altrimenti chiaro, dalla procedura seguita e dalla qualificazione espressamente data dagli stessi arbitri, che è stato emesso un lodo rituale o irrituale, ciò è decisivo ai fini dell'individuazione del mezzo di impugnazione esperibile, senza che si debba o si possa risalire all'interpretazione della volontà espressa dalle parti nella convenzione. Tale volontà rileva, piuttosto, agli effetti della validità del lodo. Infatti la pronuncia di un lodo rituale, ove sia stato dalle parti previsto un arbitrato irrituale, comporta la nullità del lodo stesso in quanto pronunciato fuori dei limiti della convenzione d'arbitrato articolo 829 cod. proc. civ., comma 1, numero 4 , che non consentiva agli arbitri di emettere un lodo rituale. 7.4. Nella specie, è pacifico che gli arbitri avevano emesso due lodi rituali il primo parziale e il secondo definitivo , tali qualificati da essi stessi, all'esito delle contestazioni sollevate in tal senso nel giudizio arbitrale conseguentemente era ammissibile l'impugnazione per nullità proposta davanti alla Corte d'appello, che ha, tuttavia, erroneamente statuito respingendo l'impugnativa dei lodi proposta dall'odierno ricorrente e che va, pertanto, cassata con rinvio, in conseguenza dell'accoglimento del primo motivo di ricorso nei termini di cui si è detto, restando assorbito il secondo. Il giudice di rinvio provvederà a nuovo esame, facendo applicazione dei principi suesposti. P.Q.M. La Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbito il secondo cassa la sentenza impugnata, con rinvio alla Corte d'appello di Roma, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio. Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. 30 giugno 2003 numero 196, articolo 52.