Si tratta infatti di un comportamento che ha «limitato la possibilità della Corte di Cassazione di concentrarsi su ricorsi che invece si presentino meritevoli di un intervento nomofilattico o che, all’inverso, meritino accoglimento, o comunque un più attento esame».
Una società impugnava alcune cartelle di pagamento e proponeva successivamente domanda di definizione agevolata. La CTP dichiarava dunque la cessazione della materia del contendere e accoglieva il ricorso limitatamente ad una sola delle cartelle contestate. La CTR ribaltava però la decisione ritenendo legittima la notifica via PEC dell'atto impugnato emesso e trasmetto in formato PDF, indipendentemente dall'avere lo stesso raggiunto lo scopo ex articolo 156 c.p.c. La società ha dunque proposto ricorso per cassazione ma l'iniziativa si rivela errata. L'unico motivo di ricorso dedotto si incentra infatti sulla presunta violazione dell'articolo 3-bisl. numero 52/1994 e dell'articolo 16-ter d.l. numero 179/2012, come convertito in l. numero 221/2012 per avere la CTR ritenuto perfezionata la notifica della cartella di pagamento contestata ancorchè proveniente, quanto al notificante, da un indirizzo PEC differente da quello contenuto nei pubblici registri. La S.C. sottolinea la manifesta infondatezza della censura. Infatti, le Sezioni Unite con la sentenza numero 15979/2022 hanno affermato che «in tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all'oggetto, tenuto conto che la più stringente regola, di cui all'articolo 3-bis, comma 1, l. numero 53/1994, detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l'Indice di cui all'articolo 6-ter d.lgs. numero 82/2005 e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l'individuazione dell'indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente». In conclusione, rigettando inevitabilmente il ricorso e provvedendo alla liquidazione delle somme dovute ex articolo 96 comma 3 e comma 4 c.p.c., come richiamati dall'articolo 380-bis, ultimo comma, c.p.c., il Collegio ritiene che l'articolo 3, comma 28, lett. g , d.lgs. numero 149/2022 contenga, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, «una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna di una somma equitativamente determinata a favore della controparte articolo 96 terzo comma e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 articolo 96 quarto comma ». In altre parole, tale disposizione codifica una vera e proprio ipotesi di abuso del processo, «peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale». Di conseguenza, pare giustificato alla Corte che «colui che abbia contribuito all'impegno di risorse giurisdizionali in sé limitate, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo in caso di conferma di detta delibazione da parte del Collegio adito». Il ricorrente dovrà ora pagare, oltre alle spese di lite, l'ulteriore somma di 5mila euro 3mila euro ex articolo 96, comma 3, c.p.c. e 2mila euro a favore della cassa delle ammende ex articolo 96, comma 4, c.p.c.
Presidente Federici – Relatore Succio Rilevato che - la società contribuente impugnava svariate cartelle di pagamento ad essa indirizzate della quale sosteneva esser venuta a conoscenza a seguito della richiesta di estratto di ruolo, riferite a IRES, IRAP e IVA e ritenute alla fonte degli anni dal 2009 al 2014 - la CTP adita, dopo aver dichiarata cessata la materia del contendere con riguardo alle cartelle definite dalla contribuente a seguito di domanda di definizione agevolata, accoglieva il ricorso quanto ad una delle cartelle oggetto di contestazione - appellava l'Ufficio - con la pronuncia qui gravata la CTR ha accolto l'impugnazione del riscossore, ritenendo legittima la notifica via PEC dell'atto impugnato emesso e trasmetto in formato PDF, indipendentemente dall'avere lo stesso raggiunto lo scopo ex articolo 156 c.p.c. - ricorre ora per cassazione, sulla base di un solo motivo di doglianza, la OMISSIS s.r.l. resiste con controricorso l'Agenzia delle Entrate - riscossione - è in atti proposta di definizione accelerata del giudizio depositata dal Consigliere delegato che ha concluso per la manifesta infondatezza dell'impugnazione - a fronte di detta proposta, parte ricorrente ha chiesto la decisione ex articolo 380 bis comma 2 c.p.c. Considerato che - l'unico motivo di ricorso dedotto si incentra sulla violazione dell'articolo 3bis della L. numero 52 del 1994 e dell'articolo 16 ter del d.L. numero 179 del 2012, come convertito in L. numero 221 del 2012 per avere la CTR, senza rendere motivazione sufficiente sul punto e quindi senza prender posizione in ordine alla doglianza proposta, - erroneamente ritenuto correttamente perfezionata la notifica della cartella di pagamento contestata ancorchè proveniente, quanto al notificante, da un indirizzo PEC differente da quello contenuto nei pubblici registri - il motivo è manifestamente infondato - con riguardo alla censura motivazionale, la pronuncia impugnata dà in realtà chiaramente conto delle ragioni che l'hanno condotta a decisione, rendendo quindi motivazione che si colloca al di sopra del c.d. “minimo costituzionale” Cass. SS. UU. sent. numero 8053/2014 - con riguardo poi alla correttezza e legittimità della notifica, il motivo è parimenti completamente privo di fondamento - come questa Corte ha recentemente statuito nella sua massima composizione nomofilattica con la pronuncia Cass. Sez. U, Sentenza numero 15979 del 18/05/2022 richiamata in motivazione da Cass. sez. V – 5, Ordinanza numero 6015 del 28/02/2023, che vi aderisce toto corde in tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all'oggetto, tenuto conto che la più stringente regola, di cui all'articolo 3-bis, comma 1, della L. numero 53 del 1994, detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l'Indice di cui all'articolo 6-ter del d.lgs. numero 82 del 2005 e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l'individuazione dell'indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente - alla luce di tali considerazioni, quindi, il ricorso è rigettato - le spese sono regolate dalla soccombenza - inoltre, poiché a fronte della proposta di definizione accelerata di cui si è detto in narrativa parte ricorrente ha chiesto la decisione, è necessario provvedere alla liquidazione delle somme dovute ex articolo 96 comma 3 e comma 4 c.p.c., come richiamati dall'articolo 380 bis ultimo comma c.p.c. - in termini, questa Corte a Sezioni Unite – in quanto in tali controversie chiamata a pronunciarsi in sede di regolamento di giurisdizione - ha reso due pronunce Cass. Sez. Unumero 22 settembre 2023, numero 27195 e anche Cass. Sez. Unumero 27 settembre 2023, numero 27433 sostanzialmente sovrapponibili nel contenuto motivazionale, con le quali viene risolta la questione di cui si è detto - nel ritenere che l'articolo 3, comma 28, lett. g , d. Lgs. numero 149 del 2022, a decorrere dal 18 ottobre 2022, ai sensi di quanto disposto dall'articolo 52, comma 1, del medesimo d. Lgs. numero 149 del 2022 contenga, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, “una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore, della sussistenza dei presupposti per la condanna di una somma equitativamente determinata a favore della controparte articolo 96 terzo comma e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 articolo 96 quarto comma ” il Collegio ha tale qualificato tale disposizione come vera e propria codificazione di “una ipotesi di abuso del processo, peraltro da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale” - ne deriva quindi, alla luce della ridetta disciplina, che deve ritenersi giustificato che colui che abbia contribuito all'impegno di risorse giurisdizionali in sé limitate, nonostante una prima delibazione negativa, sostenga un costo aggiuntivo in caso di conferma di detta delibazione da parte del Collegio adito invero detto comportamento ha limitato la possibilità della Corte di Cassazione di concentrarsi su ricorsi che invece si presentino meritevoli di un intervento nomofilattico o che, all'inverso, meritino accoglimento, o comunque un più attento esame - pertanto, oltre alle spese di lite, parte ricorrente va condannata al pagamento della ulteriore somma ex articolo 96 comma 3 c.p.comma che viene equitativamente liquidata in euro 3.000,00, cui aggiungersi la ancora ulteriore somma di euro 2.000,00 a favore della cassa delle ammende ex articolo 96 comma 4 c.p.c. P.Q.M. rigetta il ricorso condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite che liquida in euro 5.800,00 oltre a spese prenotate a debito cui aggiungersi euro 3.000,00 ex articolo 96 comma 3 c.p.comma in favore di parte controricorrente oltre a euro 2.000 ex articolo 96 comma 4 c.p.comma a favore della cassa ammende Ai sensi dell'articolo 13 comma 1-quater d.P.R. 30 maggio 2002, numero 115, inserito dall'articolo 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, numero 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento a carico di parte ricorrente principale di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, se dovuto.