In un contesto globale dove la salvaguardia dell'ambiente assume un'urgenza crescente, anche la necessità di chiarezza nelle normative e nelle responsabilità ambientali diventa imperativa.
L'attenzione si concentra su un caso emblematico di bonifica ambientale che ribadisce, in parte, e ridefinisce, in altra, le frontiere della responsabilità Cons. di Stato, sez. IV, sent., 2 febbraio 2024, numero 1110 . Una società, nel ricorso di primo grado avente ad oggetto il procedimento di bonifica relativo al sito produttivo ubicato nella zona industriale del Comune di Caivano, deduceva di non essere più proprietaria del sito avendolo venduto a terzi. Inoltre, la ricorrente riferiva che nel periodo in cui era proprietaria, aveva avviato spontaneamente il procedimento di bonifica del sito, essendo quest'ultimo inquinato da solventi clorurati non riconducibili al proprio ciclo produttivo. Nonostante la vendita del sito e l'assenza di responsabilità, il provvedimento amministrativo che ordinava la sottoposizione del sito a bonifica veniva indirizzato alla ricorrente che, dunque, insorgeva. Il ricorso di primo grado presentato dalla società veniva respinto dal TAR Campania. Parte soccombente ha, dunque, impugnato innanzi al Consiglio di Stato la sentenza di primo grado sostenendo la violazione di legge e la mancanza di una corretta motivazione, oltre a ribadire la propria non responsabilità diretta. Tra i motivi sollevati in sede di appello, quello certamente maggiormente interessante è il primo, ossia l'asserita violazione e/o erronea applicazione degli articolo 242,245 e 250 d.lgs. 152/2006. Invero, l'appellante contesta la decisione di primo grado nella parte in cui ha riconosciuto legittimo il provvedimento che le imponeva la bonifica delle acque sotterranee senza che fosse proprietaria e soprattutto in assenza di una diretta responsabilità nell'inquinamento, in contrasto con il principio di derivazione comunitaria che preclude tali obblighi ai non responsabili. In linea di principio, infatti, e come si vedrà, questo non viene smentito dal Collegio secondo il noto principio chi inquina paga , l'Amministrazione non può imporre al proprietario di un'area inquinata, che non sia anche l'autore dell'inquinamento, l'obbligo di messa in sicurezza di emergenza e bonifica, di cui all'articolo 240, comma 1, lett. m e p , d.lgs. numero 152/2006, in quanto gli effetti a carico del proprietario incolpevole restano limitati a quanto espressamente previsto dall'articolo 253, d.lgs. numero 152/2006, in tema di oneri reali e privilegio speciale immobiliare. Le disposizioni contenute nel Titolo V della Parte IV del D.Lgs. numero 152 del 2006 articoli da 239 a 253 operano, infatti, una chiara e netta distinzione tra la figura del responsabile dell'inquinamento e quella del proprietario del sito, che non abbia causato o concorso a causare la contaminazione cfr. Cons. Stato, Ad. Plenumero , 13 novembre 2013, numero 25, ma anche la recente sentenza, Corte di Cassazione, SS.UU., 1.2.2023 numero 3077, ove viene ricostruito il quadro normativo e giurisprudenziale relativo proprio al citato principio . Il primo motivo di appello - come gli altri, che quivi non commenteremo-, tuttavia, è stato rigettato dal Collegio in quanto tali consolidati principi non possono trovare applicazione nel caso in cui, così come avvenuto nella fattispecie in esame, il proprietario, ancorché non responsabile, ha attivato volontariamente gli interventi di messa in sicurezza, di bonifica e di ripristino ambientale. In tale caso, infatti, la fonte dell'obbligazione del proprietario incolpevole va rinvenuta, come affermato dal primo giudice e ribadito in sede di secondo grado, nell'istituto della gestione di affari non rappresentativa. Secondo l'articolo 2028 c.c. «Chi, senza esservi obbligato, assume scientemente la gestione di un affare altrui, è tenuto a continuarla e a condurla a termine finché l'interessato non sia in grado di provvedervi da se stesso». Il Consiglio di Stato, a tal riguardo, afferma, «I presupposti necessari perché si configuri una gestione di affari altrui sono a nella c.d. absentia domini, dedotta dall'articolo 2028 c.c. allorché fa riferimento ad un dominus che non è in grado di provvedere ai suoi interessi b nell'altruità dell'affare, dato l'esplicito riferimento normativo alla gestione di un affare altrui c nella spontaneità dell'intervento del gestore che, infatti, ai sensi dell'articolo 2028 c.c., deve agire senza essere obbligato d nella consapevolezza dell'alienità dell'affare, desumibile dall'avverbio scientemente . Applicando tali principi al caso di specie, il Collegio ha ritenuto che la società, seppur non obbligata, per le ragioni in precedenza esposte, all'effettuazione delle opere di bonifica, aveva scientemente assunto l'impegno di eseguire un complessivo intervento di bonifica. Ne discende che, ai sensi dell'articolo 2028 c.c., l'attività utilmente iniziata dalla Società doveva essere portata a compimento, o comunque proseguita, in assenza di individuazione del responsabile dell'atto inquinante». La decisione del Consiglio di Stato che per la verità trova precedenti v. Cons. Stato, sez. IV, 12 luglio 2022, numero 567 2 maggio 2022, numero 3426 24 gennaio 2020, numero 567 - T.A.R. Lombardia Milano, Sez. III, 07/10/2020, numero 1820 solleva questioni critiche riguardo al suo effetto potenzialmente disincentivante sull'iniziativa volontaria di bonifica. Il principio chi inquina paga , ritengo, debba rimanere un pilastro della nostra politica ambientale, questa sentenza, dunque, potrebbe indurre gli Operatori del settore a rifuggire da azioni proattive, temendo che l'assunzione volontaria di responsabilità possa tradursi in oneri non dovuti. Questo aspetto potrebbe, paradossalmente, rallentare gli sforzi di risanamento ambientale in situazioni dove la responsabilità dell'inquinamento non è chiaramente attribuibile. La pronuncia, quindi, benché giuridicamente solida, apre il dibattito su come bilanciare efficacemente la responsabilità legale e l'incoraggiamento all'azione volontaria. È imperativo che il quadro normativo incentivi i proprietari a intraprendere azioni di bonifica, senza temere conseguenze legali sproporzionate.