La Cassazione tra risoluzione di un preliminare di compravendita e risarcimento del danno arrecato

Oggetto dell’ordinanza in esame è la domanda di risoluzione di un preliminare di compravendita per inadempimento della promittente venditrice e di risarcimento del danno.

La s.r.l. protagonista della vicenda in questione ricorre in Cassazione sostenendo con il secondo motivo di ricorso, l'errore da parte della Corte territoriale nell'aver accolto la domanda ordinaria di risoluzione per inadempimento della promittente alienante ai sensi dell'articolo 1453 c.c. e disposto contestualmente, oltre alla restituzione delle somme versate a titolo di acconto sul prezzo, ivi compreso l'importo corrisposto a titolo di caparra confirmatoria, il risarcimento dei danni e il pagamento del doppio della caparra confirmatoria stessa ossia di un ulteriore importo oltre a quello già incluso nella restituzione . La doglianza è fondata. Il Collegio, infatti, sottolinea che «a fronte dell'esercizio dell'ordinaria domanda di risoluzione del preliminare di vendita, con la rivendicazione di una pronuncia costitutiva, nonostante la pattuizione di una caparra confirmatoria ex articolo 1385, terzo comma, c.c., non avrebbe potuto essere riconosciuta la condanna al pagamento del doppio della caparra, oltre alla restituzione della somma versata a tale titolo, senza la dimostrazione del nocumento patito». Viene anche evidenziato che «la domanda diretta ad ottenere la “dichiarazione” della risoluzione presuppone l'esercizio dell'opzione contemplata dall'articolo 1385, terzo comma, c.c., ossia della volontà di ottenere la pronuncia costitutiva della risoluzione giudiziale ex articolo 1453 c.c., con il conseguente risarcimento del danno regolato dalle norme generali, come tale rimesso alla determinazione dell'autorità giudiziaria e subordinato alla dimostrazione dell'an e del quantum debeatur». E «una domanda di recesso, ancorché non formalmente proposta nei termini di esercizio del recesso, può ritenersi egualmente, anche se implicitamente, avanzata in causa dalla parte adempiente, quando la stessa abbia richiesto la condanna della controparte, la cui inadempienza sia stata dedotta quale ragione giustificativa della pronunzia di risoluzione del contratto, alla restituzione del doppio della caparra a suo tempo corrisposta, quale unica ed esaustiva sanzione risarcitoria di tale inadempienza» Cass. numero 22657/2017 Cass. numero 2032/1994 . Ne consegue che in ordine all'interpretazione del giudice di merito relativa alla natura dell'azione spiegata, «la richiesta formulata in termini di domanda dichiarativa di risoluzione, con l'aggiuntiva pretesa di ricevere il doppio della caparra versata e di ottenere il risarcimento dell'ulteriore danno arrecato, è stata correttamente qualificata, avendo riguardo non solo al nomen iuris utilizzato dalla parte nell'introdurre l'azione caducatoria degli effetti del contratto ossia volta ad ottenere lo scioglimento del rapporto , ma anche alla stregua della connessa domanda di risarcimento dei danni ulteriori, quale pronuncia costitutiva di risoluzione giudiziale, il che inibiva il riconoscimento del doppio della caparra, in assenza della prova di uno specifico pregiudizio».

Presidente Bertuzzi – Relatore Trapuzzano Fatti di causa 1.– Con atto di citazione notificato il 23 dicembre 2011, A.V. conveniva, davanti al Tribunale di Brescia Sezione distaccata di Salò , la OMISSIS S.p.A. successivamente OMISSIS S.r.l. , chiedendo che fosse pronunciata la risoluzione del contratto preliminare di compravendita concluso tra le parti il 18 febbraio 2008, avente ad oggetto un'unità abitativa posta all'interno di un complesso residenziale in corso di costruzione nel Comune di Tremosine, per il prezzo complessivo di euro 157.000,00, oltre IVA, per inadempimento imputabile alla promittente alienante OMISSIS all'obbligo principale di consegna dell'immobile nonché agli obblighi di rilascio della fideiussione e di accatastamento del cespite, con la condanna della OMISSIS alla restituzione della somma versata in esecuzione dell'accordo contrattuale, per l'importo di euro 138.778,00, al risarcimento del danno per i maggiori interessi corrisposti alla Cassa di Risparmio di Cesena sul contratto di prefinanziamento, dal 30 settembre 2011, per l'importo di euro 8.891,75, e al pagamento del doppio della caparra confirmatoria versata di euro 32.656,00 ossia di euro 31.400,00, oltre IVA . Si costituiva in giudizio la OMISSIS S.r.l., la quale, in rito, eccepiva la “incompetenza” della Sezione distaccata in favore della sede centrale del Tribunale e, nel merito, chiedeva il rigetto delle domande avversarie. In via riconvenzionale, chiedeva che fosse pronunciata l'esecuzione in forma specifica dell'obbligo di concludere il definitivo, con la condanna del promissario acquirente al pagamento del saldo del prezzo di euro 23.550,00, oltre IVA. Nel corso del giudizio erano disattese le istanze istruttorie avanzate. Quindi, il Tribunale adito, con sentenza numero 938/2015, depositata il 26 marzo 2015, rigettava le domande principali, in mancanza di un termine essenziale per la consegna dell'immobile, e accoglieva la domanda riconvenzionale di esecuzione specifica del preliminare. 2.– Con atto di citazione notificato il 3 giugno 2015, proponeva appello avverso la sentenza di primo grado A.V., il quale lamentava 1 l'erroneo rigetto della domanda di risoluzione del preliminare per inadempimento della promittente venditrice e di risarcimento del danno, stante che, pur in presenza di un termine non essenziale, era comunque ravvisabile un inadempimento di non scarsa importanza, in quanto il ritardo imputabile al debitore aveva superato ogni ragionevole limite di tolleranza, né mai era stata consegnata una nuova fideiussione 2 l'erroneo accoglimento della domanda riconvenzionale di esecuzione specifica del preliminare, in difetto di alcun inadempimento ascrivibile al promissario acquirente, che legittimamente aveva sospeso l'adempimento della propria obbligazione a fronte del plateale inadempimento della promittente venditrice 3 la non congruente regolamentazione delle spese di lite. Per l'effetto, concludeva per l'accoglimento della pronuncia di risoluzione del preliminare di vendita concluso tra le parti e per la condanna della promittente alienante al risarcimento dei danni, in favore del promissario acquirente, nella somma quantificata in euro 152.159,80 “o nella maggiore o minore somma” che, anche a titolo di interessi, fosse risultata accertata e dovuta in corso di causa, con rigetto della spiegata riconvenzionale. Si costituiva nel giudizio di impugnazione la OMISSIS S.r.l., la quale concludeva per il rigetto del gravame e per la conseguente conferma della sentenza appellata. Decidendo sul gravame interposto, la Corte d'appello di Brescia, con la sentenza di cui in epigrafe, accoglieva l'appello spiegato e, per l'effetto, in integrale riforma della pronuncia impugnata, “dichiarava” la risoluzione del contratto preliminare stipulato tra le parti il 18 febbraio 2008 per inadempimento di OMISSIS S.r.l. e condannava quest'ultima al pagamento, in favore di A.V., della somma di euro 177.613,31, oltre interessi legali dalla domanda al saldo. A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede a che, benché il termine convenuto dalle parti nel preliminare non fosse qualificabile come essenziale, il ritardo nell'adempimento da parte di OMISSIS era tale da superare ogni ragionevole limite di tolleranza per il creditore, con la conseguente fondatezza della pretesa di risoluzione del contratto ex articolo 1453 c.c. b che, pur interpretando la previsione di cui all'articolo 7 del contratto preliminare nel senso più ampio possibile e favorevole ad OMISSIS – e, quindi, considerando 10 mesi lavorativi annuali, tenuto conto delle ferie estive nonché delle festività natalizie e pasquali, e l'ulteriore termine di tolleranza di 90 giorni lavorativi, pari a quattro mesi e 10 giorni –, il termine di consegna non avrebbe comunque potuto slittare oltre il 28 ottobre 2010, corrispondente a ben due anni e 8 mesi dalla stipula del preliminare, sicché la data di consegna indicata da OMISSIS per fine febbraio 2012 avrebbe comportato, in ogni caso, un ritardo intollerabile di almeno un anno e 5 mesi rispetto al termine finale ad essa più favorevole del 28 ottobre 2010 e, dunque, privo di qualsiasi ragionevolezza c che, in conseguenza della declaratoria di risoluzione del preliminare, la promittente alienante doveva essere condannata a risarcire i danni causati, da quantificare in euro 138.778,00, a titolo di restituzione della somma versata per il pagamento del prezzo dell'immobile, in euro 31.400,00, a titolo di caparra confirmatoria versata all'atto della stipula del preliminare, come prevista in contratto, e in euro 7.435,31, a titolo di maggiori interessi pagati sul contratto di finanziamento richiesto dall'A.V., per un complessivo importo di euro 177.613,31. 3.– Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la OMISSIS S.r.l. Ha resistito con controricorso l'intimato A.V 4.– La ricorrente ha presentato memoria illustrativa. Ragioni della decisione 1.– Con il primo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 112 c.p.c., per avere la Corte di merito disposto la condanna della promittente venditrice al pagamento della complessiva somma di euro 177.613,31, secondo le voci indicate, benché nell'atto di citazione in appello la controparte avesse quantificato il danno nella complessiva somma di euro 152.159,80, differenza data dalla voce imputabile alla caparra confirmatoria, posto che nella somma di euro 138.778,00, pretesa a titolo restitutorio del prezzo corrisposto, già rientrava l'importo di euro 31.400,00, oltre IVA, versato appunto a titolo di caparra confirmatoria. Al riguardo, l'istante obietta che nell'atto introduttivo del gravame non vi sarebbe stata alcuna traccia della richiesta di restituzione del doppio della caparra confirmatoria, poiché la somma richiesta sarebbe stata limitata ad euro 152.159,80, e non già ad euro 180.325,75, come nell'atto di citazione introduttivo del primo grado, con l'effetto che la pretesa di pagamento del doppio della caparra confirmatoria sarebbe stata implicitamente rinunciata, con la correlata condanna oltre i limiti di quanto richiesto. 1.1.– Il motivo è infondato. E tanto perché nella formulazione delle conclusioni di cui all'atto di citazione introduttivo del gravame nessuna rinuncia è dato rinvenire, posto che è stata invocata la condanna al pagamento della somma di euro 152.159,80 “o della maggiore o minore somma” che, anche a titolo di interessi, fosse risultata accertata e dovuta in corso di causa, senza alcuna esplicita rinuncia ad alcuna delle voci debitamente elencate nel giudizio di primo grado. Ora, la formula con cui una parte domanda al giudice di condannare la controparte al pagamento di un importo indicato in una determinata somma “o in quella somma maggiore o minore che risulterà di giustizia” non può essere considerata – agli effetti dell'articolo 112 c.p.c. – come meramente di stile, in quanto essa come altre consimili , lungi dall'avere un contenuto meramente formale, manifesta la ragionevole incertezza della parte sull'ammontare del danno effettivamente da liquidarsi e ha lo scopo di consentire al giudice di provvedere alla giusta liquidazione del danno senza essere vincolato all'ammontare della somma determinata che venga indicata, in via esclusiva, nelle conclusioni specifiche Cass. Sez. 3, Sentenza numero 2641 del 08/02/2006 Sez. 3, Sentenza numero 1324 del 24/01/2006 Sez. 3, Sentenza numero 4727 del 30/08/1984 . Solo allorché l'ammontare dell'importo preteso sia risultato, all'esito dell'istruttoria compiuta, maggiore di quello originariamente chiesto e la parte, nelle conclusioni rassegnate, si sia limitata a richiamare quelle originarie contenenti la menzionata formula, tale principio non può valere, perché l'omessa indicazione del maggiore importo accertato evidenzia la natura meramente di stile della formula utilizzata Cass. Sez. 1, Ordinanza numero 35302 del 30/11/2022 Sez. 3, Sentenza numero 22330 del 26/09/2017 Sez. 3, Sentenza numero 12724 del 21/06/2016 Sez. 2, Sentenza numero 6350 del 16/03/2010 . Ne consegue che nella fattispecie la sentenza impugnata non è viziata da ultra-petizione, avendo liquidato un importo maggiore di quello indicativamente determinato in forza della clausola adoperata, senza che sia stata svolta alcuna istruttoria atta a cristallizzare il quantum effettivamente dovuto. 2.– Con il secondo motivo la ricorrente prospetta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, c.p.c., la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 1385 c.c., per avere la Corte territoriale accolto la domanda ordinaria di risoluzione per inadempimento della promittente alienante ai sensi dell'articolo 1453 c.c. e disposto contestualmente, oltre alla restituzione delle somme versate a titolo di acconto sul prezzo, ivi compreso l'importo corrisposto a titolo di caparra confirmatoria, il risarcimento dei danni e il pagamento del doppio della caparra confirmatoria stessa ossia di un ulteriore importo oltre a quello già incluso nella restituzione . Infatti, secondo l'assunto dell'attore, nell'importo rivendicato a titolo restitutorio per euro 138.778,00 già rientrava la caparra di euro 31.400,00, oltre IVA. Senonché, a fronte della pronuncia costitutiva di risoluzione e di condanna al risarcimento del danno, non sarebbe stata compatibile la richiesta di pagamento del doppio della caparra confirmatoria, essendo i due istituti alternativi e non cumulabili, con la conseguenza che, in ragione della pronuncia della risoluzione del contratto, non avrebbe potuto essere disposta la condanna della parte inadempiente a pagare, pur in assenza di prova dei danni, il doppio della caparra ricevuta. 2.1.– Il motivo è fondato. In proposito, a fronte dell'esercizio dell'ordinaria domanda di risoluzione del preliminare di vendita, con la rivendicazione di una pronuncia costitutiva, nonostante la pattuizione di una caparra confirmatoria ex articolo 1385, terzo comma, c.c., non avrebbe potuto essere riconosciuta la condanna al pagamento del doppio della caparra, oltre alla restituzione della somma versata a tale titolo, senza la dimostrazione del nocumento patito. E, nella fattispecie, la condanna del promittente alienante alla restituzione delle somme corrisposte dal promissario acquirente a titolo di anticipo del prezzo complessivo di vendita – somme comprensive della originaria dazione della caparra confirmatoria –, con l'ulteriore condanna al pagamento della somma versata a titolo di caparra confirmatoria, integra, a tutti gli effetti, l'ipotesi della disposizione della esazione del suo doppio ex articolo 1385, secondo comma, secondo periodo, c.c. Ora, la domanda diretta ad ottenere la “dichiarazione” della risoluzione presuppone l'esercizio dell'opzione contemplata dall'articolo 1385, terzo comma, c.c., ossia della volontà di ottenere la pronuncia costitutiva della risoluzione giudiziale ex articolo 1453 c.c., con il conseguente risarcimento del danno regolato dalle norme generali, come tale rimesso alla determinazione dell'autorità giudiziaria e subordinato alla dimostrazione dell'an e del quantum debeatur. E tanto perché l'esercizio del potere di recesso conferito ex lege è indifferibilmente collegato fino a costituirne un precipitato alla volontà di avvalersi della sola caparra confirmatoria ex articolo 1385 c.c., che ha la funzione di liquidare convenzionalmente il danno da inadempimento in favore della parte non inadempiente Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 20532 del 29/09/2020 Sez. 2, Sentenza numero 8417 del 27/04/2016 Sez. 2, Sentenza numero 17923 del 23/08/2007 . Cosicché una domanda di recesso, ancorché non formalmente proposta nei termini di esercizio del recesso, può ritenersi egualmente, anche se implicitamente, avanzata in causa dalla parte adempiente, quando la stessa abbia richiesto la condanna della controparte, la cui inadempienza sia stata dedotta quale ragione giustificativa della pronunzia di risoluzione del contratto, alla restituzione del doppio della caparra a suo tempo corrisposta, quale unica ed esaustiva sanzione risarcitoria di tale inadempienza Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 22657 del 27/09/2017 Sez. 2, Sentenza numero 2032 del 01/03/1994 . Viceversa, va qualificata in termini di declaratoria di risoluzione giudiziale per inadempimento – soggetta, pertanto, alla relativa disciplina generale –, e non quale esercizio del diritto potestativo di recesso, la domanda con cui la parte non inadempiente, che abbia corrisposto la caparra, chieda, oltre alla risoluzione del contratto, la condanna della controparte al pagamento del doppio della caparra versata e il ristoro degli ulteriori danni asseritamente patiti Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 32727 del 24/11/2023 Sez. 2, Ordinanza numero 21504 del 07/07/2022 Sez. 2, Sentenza numero 20957 del 08/09/2017 Sez. 3, Sentenza numero 18850 del 20/09/2004 Sez. 2, Sentenza numero 1301 del 29/01/2003 . Alla stregua della predetta ricostruzione, la parte non inadempiente non può, in tal caso ossia ove abbia preteso il risarcimento del danno ulteriore , pretendere il pagamento del doppio della caparra, poiché, in questa evenienza, essa perde la sua funzione di limitazione forfettaria e predeterminata della pretesa risarcitoria Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 21085 del 04/07/2022 Sez. 2, Ordinanza numero 40292 del 15/12/2021 Sez. 2, Ordinanza numero 21559 del 07/10/2020 Sez. 2, Ordinanza numero 25146 del 08/10/2019 Sez. 2, Sentenza numero 8571 del 27/03/2019 Sez. 6-2, Ordinanza numero 24824 del 09/10/2018 . Ora, in ordine all'interpretazione del giudice di merito relativa alla natura dell'azione spiegata, la richiesta formulata in termini di domanda dichiarativa di risoluzione, con l'aggiuntiva pretesa di ricevere il doppio della caparra versata e di ottenere il risarcimento dell'ulteriore danno arrecato, è stata correttamente qualificata, avendo riguardo non solo al nomen iuris utilizzato dalla parte nell'introdurre l'azione caducatoria degli effetti del contratto ossia volta ad ottenere lo scioglimento del rapporto , ma anche alla stregua della connessa domanda di risarcimento dei danni ulteriori, quale pronuncia costitutiva di risoluzione giudiziale, il che inibiva il riconoscimento del doppio della caparra, in assenza della prova di uno specifico pregiudizio. 3.– In conseguenza delle considerazioni esposte, il secondo motivo del ricorso deve essere accolto mentre il primo motivo va respinto. La sentenza impugnata va dunque cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. “A fronte della proposizione e dell'accoglimento della domanda di risoluzione del contratto per inadempimento della controparte, con il conseguente risarcimento dei danni, non può essere riconosciuta – in aggiunta – la restituzione del doppio della caparra confirmatoria, indipendentemente dalla prova del danno”. P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Brescia, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.