Il Collegio, nel respingere il ricorso presentato dal Procuratore Generale, ritiene che attese anche le finalità precipue delle pene accessorie, queste non possano trovare automatica applicazione per le fattispecie tentate dei reati di violenza sessuale.
Il Procuratore Generale ricorre avverso la sentenza che aveva condannato il soggetto per il reato di maltrattamenti in famiglia e tentata violenza sessuale a danno della moglie, lamentando la mancata applicazione delle pene accessorie exarticolo 609-nonies c.p. Secondo il PG le pene accessorie, da contenere in anni 2, sarebbero compatibili con il tentativo e il beneficio della sospensione condizionale della pena. I magistrati di cassazione ritengono il ricorso infondato. I Giudici, dopo aver riportato il dettato dell'articolo 609-nonies c.p., affermano che la norma in questione si riferisce ai delitti nella loro forma consumata e non tentata. Infatti, il delitto tentato è un minus rispetto al delitto consumato, configurandosi come un delitto di “minor grado” seppure perfetto perché comunque connotato da tutti gli elementi del delitto, ovvero fatto tipico, antigiuridicità e colpevolezza. Dal punto di vista normativo, il tentativo costituisce autonoma fattispecie di reato e, seppur nascendo dalla combinazione dell'articolo 56 c.p. con la fattispecie di parte speciale, ha un profilo offensivo proprio. Dal momento che il delitto tentato ha autonomia propria, comporta delle implicazioni di non poco conto, prima tra tutte la consumazione, la quale non può essere direttamente riconosciuta alla forma tentata del delitto. Da queste premesse dottrina e giurisprudenza divergono quanto all'applicabilità delle pene accessorie al delitto tentato. La dottrina, negli ultimi quarant'anni, ha dibattuto a lungo sulla possibilità di applicare le pene accessorie alla forma tentata del delitto per poi pervenire alla soluzione per cui il problema non può trovare una composizione unitaria, ma occorrono soluzioni differite in base ai diversi parametri. Al contrario, la giurisprudenza si è arrestata su posizioni positive, soprattutto legate alla funzione repressiva del reato, considerato anche l'allarme sociale e quindi della medesima ratio iuris sottesa alla punizione del delitto nella sua forma consumata. Se per le fattispecie di tentata frode in commercio Cass. penumero , sez. III, numero 2196 del 1996 e tentata concussione Cass. penumero , numero 8148 del 1992, ma già dagli anni '60 si rinvengono precedenti del medesimo senso è ammessa l'applicabilità delle pene accessorie, non è possibile affermare lo stesso circa le misure di sicurezza previste dall'articolo 609-nonies, comma 3, c.p. che sono applicabili solo nel caso di condanna per fattispecie consumate e non anche tentate cfr. Cass. penumero , sez. III, numero 25799 del 2016 . Infatti, ammettere l'applicabilità delle misure di sicurezza anche alla fattispecie tentata significherebbe punire in maniera più grave «una tentata violenza sessuale aggravata che una violenza sessuale consumata ma non aggravata, il che sarebbe una conclusione vitanda quia absurda così in motivazione ». Nelle Sezioni Unite Suraci S.U. numero 28910 del 2019 si è osservato che le pene accessorie hanno una loro autonomia, conclusione poi suffragata anche dalla l. numero 3 del 2019 che ha rafforzato gli strumenti repressivi e preventivi dei reati contro la PA andando a incidere anche sulle pene accessorie. Ancora, continuano le Sezioni Unite, le pene principali svolgono funzioni retributive, preventive - di carattere sia speciale che generale - e rieducative mentre le pene accessorie, soprattutto quelle interdittive e inabilitative, sono più orientate a fini di prevenzione speciale oltre che di rieducazione personale. Anche proprio per la realizzazione della finalità preventiva alla quale le pene accessorie sono preordinate, è necessaria una loro modulazione personalizzata in correlazione con il disvalore del fatto-reato e con la personale responsabilità, arrivando a formulare il principio di diritto secondo cui «le pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base a criteri di cui all'articolo 133 c.p.» Cfr. S.U. citate . Dalle considerazioni sin qui effettuate, il Collegio ritiene di non poter applicare le pene accessorie anche alla fattispecie tentata dei reati di natura sessuale. I Giudici, quindi, rigettano il ricorso sull'assunto per cui «considerata la pervasività delle pene accessorie e la diversificata gamma dei reati sessuali, che non si possa estendere l'applicazione automatica delle pene accessorie dell'articolo 609-nonies c.p. alle fattispecie tentate, in assenza di specifica previsione normativa».
Presidente Gentili – Relatrice Macrì Ritenuto in fatto 1. Con sentenza in data 7 settembre 2023 il GUP del Tribunale di Urbino ha condannato l'imputato alle pene di legge per maltrattamenti, in essi assorbite le percosse, e tentata violenza sessuale aggravata ai danni della moglie. 2. Ricorre per cassazione il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Urbino che eccepisce la violazione di legge per mancata applicazione delle pene accessorie di cui all'articolo 609-nonies cod. penumero da contenersi in anni due, in corrispondenza della pena principale, ai sensi dell'articolo 37 cod. penumero Sostiene la compatibilità delle pene accessorie con il tentativo e con il beneficio della sospensione condizionale della pena. Considerato in diritto 3. Il ricorso è infondato. L'articolo 609-nonies cod. penumero , recante la disciplina delle Pene accessorie ed altri effetti penali , stabilisce che la condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale per alcuno dei delitti previsti dagli articolo 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 609-undecies comporta l'applicazione di una serie di pene accessorie la condanna o l'applicazione della pena su richiesta delle parti, ai sensi dell'articolo 444 del codice di procedura penale, per alcuno dei delitti previsti dagli articolo 609-bis, 609-ter, 609-octies e 609-undecies, se commessi nei confronti di una persona che non ha compiuto gli anni diciotto, 609-quater, 609-quinquies, comporta in ogni caso l'interdizione perpetua da qualunque incarico nelle scuole di ogni ordine e grado nonché da ogni ufficio o servizio in istituzioni o in altre strutture pubbliche o private frequentate prevalentemente da minori la condanna per i delitti previsti dall'articolo 600-bis, secondo comma, dall'articolo 609-bis, nelle ipotesi aggravate di cui all'articolo 609-ter, dagli articolo 609-quater, 609-quinquies e 609-octies, nelle ipotesi aggravate di cui al terzo comma del medesimo articolo, comporta, dopo l'esecuzione della pena e per una durata minima di un anno, l'applicazione di una serie di misure di sicurezza personali e prevede la pena della reclusione fino a tre anni in caso di violazione. La norma si riferisce ai delitti da intendersi come consumati e non tentati. Il delitto tentato rappresenta un minus rispetto al delitto consumato ed è quindi un delitto di minor grado , sebbene comunque perfetto, perché dotato di tutti gli elementi necessari per l'esistenza del reato, cioè del fatto tipico, dell'antigiuridicità e della colpevolezza. Sul piano normativo, costituisce un titolo autonomo di reato, caratterizzato da un profilo offensivo ad esso proprio, pur nascendo dalla combinazione dell'articolo 56 cod. penumero con la norma del delitto consumato e pur conservando lo stesso nomen juris di questo. Il riconoscimento dell'autonomia giuridica del delitto tentato ha varie implicazioni, la prima delle quali è che gli effetti giuridici riconnessi dalla norma penale alla consumazione non possono essere automaticamente estesi alla figura del delitto tentato. Con questa consapevolezza, la dottrina, che ha a lungo dibattuto sull'applicabilità delle pene accessorie al tentativo, sembra essersi assestata, almeno da quarant'anni, intorno all'idea che il problema non può essere affrontato in via generale e in termini unitari, ma ammette soluzioni differenziate in rapporto a parametri diversi. La giurisprudenza, invece, ha per lo più optato per una soluzione positiva, ancorata alla funzione repressiva del tentativo, in considerazione dell'allarme sociale dello specifico reato, e quindi della medesima ratio iuris sottesa alla punizione del delitto consumato. Nei repertori di giurisprudenza si rinvengono sentenze almeno dagli anni '60 del secolo scorso che ammettono pacificamente l'interdizione dai pubblici uffici in caso di tentata concussione si vedano, sent. 29/10/1963, in C. penumero , Mass., 64, 211 sent. 28/1/1971, in Giust. Penumero , 72, 830 sent. 16/12/1981, in C. penumero , 83, 307, si vedano poi Sez. 6, numero 97 del 28/01/1971, Gheis, Rv. 118331 - 01 numero 9192 del 09/04/1980, Carone, Rv. 145898-01 numero 8148 del 26/03/1992, Pellegrini, Rv. 191402-01. Questa Sezione ha ammesso la pena accessoria della pubblicazione della sentenza anche in ipotesi di frode nell'esercizio del commercio solo tentata Sez. 3, numero 2196 del 14/05/1996, Volpe, Rv. 206268-01 e numero 24190 del 24/05/2005, Baia, Rv. 231947-01 che cita una sentenza del 20 novembre 1964, Palucisano . Analogamente, più di recente, la Sezione Prima ha applicato il medesimo principio in un caso di rimozione del grado, sanzione accessoria prevista obbligatoriamente in caso di condanna per il delitto di furto militare dall'articolo 230, comma 3, c.p.m.p. Sez. 1, numero 12295 del 08/10/2019, dep. 2020, Todaro, Rv. 278627-01 , mentre la Sezione Terza lo ha applicato in due casi di violenza sessuale tentata Sez. 3, numero 52637 del 11/07/2017, Z., Rv. 271858-01 numero 52637 del 03/11/2021, dep. 2022, V., non mass. numero 26479 del 05/04/2022, F., Rv. 283301-01 , sempre sul presupposto dell'identità di esigenze da tutelare tra delitto tentato e delitto consumato. Tuttavia, già nella sentenza Sez. 3, numero 25799 del 01/07/2016, dep. 2017, B., Rv. 270416 - 01, questa Corte ha affermato che le misure di sicurezza personali previste dall'articolo 609-nonies, terzo comma, cod. penumero sono applicabili solo nel caso di condanna per le fattispecie consumate ivi previste e non anche per le corrispondenti ipotesi tentate. Infatti, anche a voler prescindere dalla rigorosa interpretazione della norma, considerato che la misura di sicurezza si applica nelle fattispecie aggravate, ammettere che operi per il delitto tentato, significherebbe punire più gravemente una tentata violenza sessuale aggravata che una violenza sessuale consumata ma non aggravata, il che sarebbe una conclusione vitanda quia absurda così in motivazione . Nella sentenza a Sezioni Unite Suraci sent. numero 28910 del 28/02/2019, Rv. 276286-01 , la Corte, chiamata a decidere della discrezionalità del giudice nell'indicazione delle pene accessorie, dopo aver ricostruito la disciplina a partire dal Codice Rocco par. 7 e aver dato conto delle pronunce della Corte costituzionale par. 4 e 9 , ha osservato che, nel sistema sanzionatorio, le pene accessorie hanno certamente una loro propria autonomia, conclusione ulteriormente confermata dalla legge 9 gennaio 2019, numero 3, che ha rafforzato gli strumenti repressivi e preventivi dei reati contro la pubblica amministrazione, anche incidendo sulle pene accessorie, allargando la platea dei reati che ne determinano l'applicazione, aggravando la loro durata, prevedendone l'irrogazione anche nei casi di pena già espiata, pena condizionalmente sospesa e pena patteggiata, distinguendo i requisiti temporali di accesso alla riabilitazione per le pene accessorie rispetto a quelli valevoli per la pena principale e inibendo l'operatività su quelle di durata perpetua dell'effetto estintivo conseguente all'esito positivo dell'affidamento in prova. Le Sezioni Unite hanno ricordato che, secondo l'opinione più accreditata in dottrina, le pene principali svolgono funzioni retributive, preventive di carattere generale e speciale, nonché rieducative mediante la sottoposizione al trattamento orientato al graduale reinserimento sociale del condannato le pene accessorie, specie quelle interdittive e inabilitative, collegate al compimento di condotte postulanti lo svolgimento di determinati incarichi o attività, sono più marcatamente orientate a fini di prevenzione speciale, oltre che di rieducazione personale, che realizzano mediante il forzato allontanamento del reo dal medesimo contesto operativo, professionale, economico e sociale, nel quale sono maturati i fatti criminosi e dallo stimolo alla violazione dei precetti penali per impedirgli di reiterare reati in futuro e per sortirne l'emenda. Hanno concluso che, proprio per la piena realizzazione dello specifico finalismo preventivo, cui sono preordinate le pene complementari, è necessaria una loro modulazione personalizzata in correlazione con il disvalore del fatto di reato e con la personalità del responsabile, che non necessariamente deve riprodurre la durata della pena principale par. 9 , formulando il seguente principio di diritto «Le pene accessorie per le quali la legge indica un termine di durata non fissa, devono essere determinate in concreto dal giudice in base ai criteri di cui all'articolo 133 cod. penumero ». Reputa il Collegio, anche alla luce delle considerazioni svolte dalle Sezioni Unite sulla natura delle pene accessorie, e in continuità con il precedente di questa Sezione numero 25799 del 2016, cit., relativo alle misure di sicurezza, che non sia possibile applicare le pene accessorie anche alle fattispecie tentate dei reati di natura sessuale. Considerata la particolare invasività di queste sanzioni, non basta a giustificare la loro estensione l'identità di ratio iuris. Ancora una volta, sembrerebbe conclusione vitanda quia absurda prevedere un'automatica applicazione delle pene accessorie per fattispecie tentate che possono arrivare, in concreto, a pene inferiori a quelle previste per l'adescamento di minori di cui all'articolo 609-undecies cod. penumero Sembrerebbe offrire una conferma di tale conclusione, poi, il comma quinto dell'articolo 165 cod. penumero , relativo agli obblighi del condannato, introdotto dalla legge 19 luglio 2019, numero 69, cosiddetto Codice rosso, e ulteriormente modificato dall'articolo 2, comma 13, legge 27 settembre 2021, numero 134 e dall'articolo 15, comma 1, della legge 24 novembre 2023, numero 168, laddove prevede, quale condizione necessarie ai fini dell'accesso al beneficio della sospensione condizionale della pena, la partecipazione a specifici corsi di recupero presso enti o associazioni che si occupano di prevenzione, assistenza psicologica e recupero di soggetti condannati per i reati dell'articolo 575 cod. penumero nella forma tentata o per i delitti consumati o tentati di cui agli articolo 572, da 609-bis, 609-ter, 609-quater, 609-quinquies, 609-octies e 612-bis nonché degli articolo 582 e 583-quinquies nelle ipotesi aggravate. La norma ha infatti specificamente distinto i delitti consumati e tentati, estendendo anche a questi l'adempimento delle prescrizioni accessorie al beneficio della sospensione condizionale della pena. In definitiva, si ritiene, considerata la pervasività delle pene accessorie e la diversificata gamma di reati sessuali, che non si possa estendere l'applicazione automatica delle pene accessorie dell'articolo 609-nonies cod. penumero alle fattispecie tentate, in assenza di specifica previsione normativa. Il ricorso del Pubblico ministero va, pertanto, rigettato. P.Q.M. Rigetta il ricorso. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell'articolo 52 D.Lgs. 196/03, in quanto imposto dalla legge.