Criptofonini: le Sezioni Unite fissano i punti di diritto, ma i dubbi rimangono

E’ approdata ad un primo punto formale la complessa vicenda dei “criptofonini”. Può non essere inutile riassumere, ancorché solo parzialmente – stante la sua estrinsecazione nel dipanarsi di questioni tecniche e fattuali, nonché giuridiche coinvolgenti ordinamenti diversi – i tratti essenziali della vicenda.

  La questione Due società posizionate in Francia Ecrochat e SkyEcc proponevano ai loro clienti dei telefonini che attraverso codici riservati garantivano la segretezza della comunicazione ed impedivano l'accesso ai contenuti dei cellulari impedendo l'inserimento del captatore. Naturalmente di questo strumento hanno iniziato ad avvalersi le organizzazioni criminali per il traffico di sostanze stupefacenti e non solo, risultando l'attività di contrasto degli organi investigativi, anche per la diffusione del mezzo, in una dimensione transnazionale. Attraverso una complessa attività tecnico-investigativa, non estranea – come si dice – alle modalità con le quali gli organi investigativi sono riusciti a decodificare la messaggistica criptata – le autorità francesi sono venute in possesso di una serie immensa di comunicazioni, i cui risultati sono stati inviati alle varie autorità giudiziarie interessate in relazione ai soggetti implicati nell'attività criminosa. In ogni Stato Francia, Inghilterra e Germania, in particolare le autorità hanno iniziato a prendere iniziative processuali nei confronti di questi soggetti prospettando non poche questioni sulla legittimità di queste comunicazioni da parte delle autorità investigative francesi. Le questioni sono state così rimesse alla Corte costituzionale francese, alla Corte europea dei diritti dell'uomo, alla Corte di Giustizia. Quanto all'Italia, basandosi su queste comunicazioni – definibili così, in via di prima approssimazione – sono stati emessi moltissimi provvedimenti di custodia cautelare in carcere trattandosi di criminalità organizzata che a tempi non lunghi, in un numero molto elevato, considerati i tempi della procedura cautelare, sono approdati dopo la conferma dei tribunali della libertà, di tutta Italia, in Cassazione. Il quesito Si trattava, in sintesi, di chiarire quale fosse la natura dell'atto trasmesso dalla Francia in via esemplificativa documento informatico, corrispondenza, intercettazioni, flusso di comunicazioni, documento dovendo ogni atto rispondere a delle precise condizioni di utilizzabilità chi, anche sotto questa prospettiva, fosse legittimato a richiederlo alla Francia pubblico ministero o giudice quale verifica fosse possibile fare in relazione alle modalità con le quali si era svolta l'attività investigativa, in Francia, dovendosi comunque garantire i diritti della difesa si tratta, per ora, di materia legata alla libertà personale . Dopo una prima versione di stampo garantista Cass. numero 32915 del 2022, Lori , è prevalso l'orientamento per il quale escluso ogni riferimento alle intercettazioni articolo 266 c.p.p. o ai flussi di comunicazioni articolo 266 bis c.p.p. si sarebbe trattato di prova informatica di cui all'articolo 234 bis c.p.p. v. ex plurimisCass. numero 37503 del 2023 numero 38002 del 2023 . Questa conclusione, decisamente consolidata nelle pronunce dalle singole diverse sezioni della Cassazione, non ha visto concorde la VI Sezione della Cassazione che con due sentenze Cass. numero 44155 del 2023 e numero 44154 del 2023 si è orientata in modo diverso affermando – fra le altre considerazioni in punto di diritti -  che doveva escludersi l'operatività dell'articolo 234 bis c.p.p A fronte di queste decisioni, peraltro, non condivise dalla stessa VI Sezione, in diversa composizione Cass. numero 46482 e numero 46833 del 2023 , si è pronunciata a stretto giro la III Sezione Cass. numero 33544 del 2023 che ribadendo la riferita giurisprudenza ed evidenziando il contrasto in materia, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite sollecitando una sua pronuncia su questi punti se il trasferimento all'Autorità giudiziaria italiana, in esecuzione di ordine europeo di indagine, del contenuto di comunicazioni effettuate attraverso criptofonini e già acquisite e decrittate dall'Autorità giudiziaria estera in un proprio procedimento penale, costituisca acquisizione di documenti e di dati informatici ai sensi dell'articolo 234 bis c.p.p. o di documenti ex articolo 234 c.p.p. ovvero sia riconducibile ad altra disciplina relativa all'acquisizione di prove se il trasferimento di cui sopra debba essere oggetto di verifica giurisdizionale preventiva della sua legittimità, nello Stato di emissione dell'ordine europeo di indagine se l'utilizzabilità degli esiti investigativi di cui al precedente punto a sia soggetta a vaglio giurisdizionale nello Stato di emissione dell'ordine europeo di indagine. Pervenuto alla VI Sezione nella composizione che aveva determinato il contrasto, un altro ricorso, anche questa decideva di rimettere la questione alle Sezioni Unite, formulando ulteriori quesiti maggiormente in linea con la proprio giurisprudenza Cass. numero 2329 del 2024 . In particolare, si chiedeva alla Cassazione di chiarire se l'acquisizione, mediante ordine europeo d'indagine, dei risultati di intercettazioni disposte da un'autorità giudiziaria straniera, in un proprio procedimento, su una piattaforma informatica criptata e su criptofonini integri l'ipotesi disciplinata, nell'ordinamento nazionale, dall'articolo 270 c.p.p. se, ai fini dell'emissione dell'ordine europeo di indagine finalizzato al suddetto trasferimento, occorra la preventiva autorizzazione del giudice se l'utilizzabilità degli esiti investigativi di cui al precedente punto a sia soggetta a vaglio giurisdizionale nello Stato di emissione dell'ordine europeo di indagine. La decisione delle Sezioni Unite Con la decisione del 29 febbraio 2024, le Sezioni Unite si sono pronunciate – separatamente dopo un tentativo di trattarle congiuntamente – su due ricorsi affermando, in relazione al primo che il trasferimento di cui sopra rientra nell'acquisizione di atti di un procedimento penale che, a seconda della loro natura, trova alternativamente il suo fondamento negli articolo 78 disp. att. c.p.p., 238, 270 c.p.p. e, in quanto tale, rispetta l'articolo 6 della Direttiva 2014/41/UE in relazione al secondo quesito sostenendo che rientra nei poteri del pubblico ministero quello di acquisizione di atti di altro procedimento penale e in relazione al terzo quesito affermando che l'Autorità giurisdizionale dello Stato di emissione dell'ordine europeo di indagine deve verificare il rispetto dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo informazione provvisoria numero 3 del 2024 , in relazione al secondo ricorso le Sezioni Unite hanno convenuto che si trattava di un atto riconducibile all'articolo 270 c.p.p. che l'oie può essere richiesto dal p.m.   che l'Autorità giurisdizionale dello Stato di emissione dell'ordine europeo di indagine deve verificare il rispetto dei diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e della garanzia di un equo processo informazione provvisoria numero 4 del 2024 . In virtù di queste decisioni i due ricorsi – quello della Sez. III e quello della Sez. VI – sono stati rigettati. Osservazioni Pur mancando le motivazioni delle due pronunce, e quindi non potendo valutare come la Corte abbia superato molte delle eccezioni formulate dalle parti nei loro ricorsi, deve riconoscersi il totale superamento di quella giurisprudenza largamente maggioritaria, che per “recuperare” il materiale cerca di evitare il riferimento a quegli atti che risultano coperti da maggiori garanzie. Si è approdati quindi a ritenere che le conversazioni costituiscano intercettazioni di procedimento separato articolo 270 c.p.p. , ritenute rispondenti a quanto previsto dalla Direttiva 2014/41/UE all'articolo 6, con la conseguenza che possono essere richieste dal pubblico ministero tramite oie e non dal giudice, al quale tuttavia competerebbe la valutazione del rispetto dei diritti fondamentali, del diritto di difesa e del giusto processo. Deve ritenersi corretto affermare che la materia, stanti i riferiti risvolti operativi sequestri del server e tecniche acquisitive nonché quello dei diritti fondamentali delle attività svolte in Francia sarebbe richiesto invece un maggiore approfondimento che la tempesta perfetta – misure cautelari e criminalità organizzata – non ha permesso di svolgere compiutamente, consentendo così l'approdo all'articolo 270 c.p.p. Resta il problema legato alla legittimazione del p.m. alla richiesta, confinando il ruolo del giudice ad un momento successivo, quello dell'utilizzazione, in relazione alla eventuale violazione di diritti fondamentali diritto di difesa e giusto processo , verificando le modalità non sempre lineari pilastri delle attività compiute all'estero spesso giustificate sulla base del mutuo riconoscimento. Trattandosi di norme non perfettamente allineate, va sottolineato che mentre il richiamo all'articolo 6 della Direttiva europea è contenuto nella risposta al quesito proposto dalla III Sezione, nella risposta al quesito della VI il riferimento è ai diritti fondamentali, comprensivi del diritto di difesa e del giusto processo. Forse sul punto bisognerà attendere qualche auspicabile decisione della Corte di Giustizia.

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