La Corte di Cassazione dichiara abnorme il provvedimento impugnato dal PM sul presupposto che tale è non solo quel provvedimento che è completamente avulso dall’intero ordinamento processuale, ma anche quello che, seppur in astratto manifestazione di un legittimo potere, in concreto si esplichi fuori dai casi consentiti dalla legge.
Il giudizio si incardina sul ricorso proposto dal Pubblico Ministero avverso l'ordinanza emessa dal Tribunale di Vibo Valentia che dichiarava la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio emesso nei confronti di un soggetto ritenuto colpevole del reato di furto. Il PM ricorrente ritiene l'ordinanza del Tribunale affetta dal vizio di abnormità poiché «la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che - anche a seguito della modifica dei minimi edittali previsti per le fattispecie ricomprese nell'articolo 624-bis c.p. - si procede comunque nelle forme della citazione diretta ed un'eventuale restituzione degli atti al Pubblico ministero è da ricondursi alla categoria dei provvedimenti abnormi» cfr. Cass. penumero , sez. IV, numero 1792 del 2018 . I Giudici di legittimità ritengono il ricorso fondato. La Corte richiama la sentenza emessa dalla sezione V, numero 28694 del 2022 secondo cui «il provvedimento del giudice del dibattimento che, a fronte del corretto esercizio dell'azione penale nelle forme della citazione diretta a giudizio per il delitto di cui all'articolo 624-bis c.p., come modificato dalla legge 26 aprile 2019, numero 36, disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la richiesta di rinvio a giudizio è da considerarsi abnorme». I Giudici ricordano che, prima dell'entrata in vigore della legge numero 103 del 2017, il furto in abitazione e il furto con strappo erano procedibili con la citazione diretta a giudizio exarticolo 550 c.p.p. il fatto che il furto exarticolo 624-bis c.p. non sia stato inserito tra le ipotesi contemplate dall'articolo 550, comma 2, c.p.p. è frutto sia della sua introduzione successiva rispetto all'entrata in vigore del codice di rito, sia del mancato coordinamento normativo. Sotto quest'ultimo profilo però, il Collegio afferma che era possibile porvi rimedio mediante il processo di interpretazione dal momento che sia il furto aggravato espressamente contemplato dall'articolo 550, comma 2, lett. f , c.p.p. che il furto in abitazione risultavano puniti con la medesima pena detentiva reclusione da uno a sei anni . Anche dopo l'entrata in vigore della legge numero 103 del 2017 che ha apportato modifiche alla disciplina dei minimi edittali per le ipotesi di furto, la Corte di Cassazione ha ribadito che sia in ipotesi di furto in abitazione che in quella di furto con strappo si procede con citazione diretta a giudizio. Per quanto riguarda l'esercizio dell'azione penale con citazione diretta, l'articolo 550 c.p.p. rinvia alla pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni e tale limite è fisso perché da riferirsi alla norma in vigore al momento dell'esercizio dell'azione penale in virtù del principio tempus regit actum. La citazione diretta a giudizio, nel caso di specie, è avvenuta dopo l'entrata in vigore della l. numero 36 del 2019 che ha aumentato la pena edittale per il delitto di furto in abitazione ad anni sette, mentre immutato è rimasto il massimo edittale previsto per la fattispecie di furto aggravato. Di conseguenza il criterio interpretativo sopra richiamato e basato sull'identità di pena edittale prevista per il furto aggravato e il furto in abitazione non è più applicabile. Tuttavia, la giurisprudenza ha affermato che «la selezione dei reati operata con l'articolo 550, comma 2, c.p.p. tra[e] origine non tanto da una minore gravità degli stessi, […], quanto da valutazioni di tipo economicistico e di funzionalità organizzativa, ritenute esposte al pericolo di compromissione dall'adozione generalizzata del modulo procedimentale previsto per i reati attribuiti al Tribunale in composizione collegiale. Ed invero, non sembra agevolmente superabile l'obiezione secondo la quale non è possibile stabilire alcun rapporto di proporzionalità diretta tra entità della pena e complessità dell'accertamento del reato. Sicché l'assenza di un preventivo vaglio giudiziale sull'esercizio dell'azione penale sarebbe motivata, in tale ottica interpretativa, dalla volontà di limitare l'utilizzo delle risorse, da ottimizzare a favore di reati che il legislatore ha ritenuto meritevoli di un più meditato accesso al dibattimento» cfr. Cass. penumero Sez. V, numero 28694 del 2022 . La Corte, quindi, partendo da queste considerazioni, ha ribadito che «l'azione penale nell'ipotesi di cui all'articolo 624-bis c.p. è correttamente esercitata dal Pubblico ministero mediante citazione diretta a giudizio e che, per effetto dell'ordinanza che dispone la trasmissione degli atti al Pubblico ministero per la richiesta di rinvio a giudizio sul presupposto che per tale reato sia prevista l'udienza preliminare, si viene a creare uno stallo o regressione processuale, non rimediabile se non attraverso un intervento del giudice di legittimità, effetto proprio, in base al consolidato orientamento giurisprudenziale, di un atto abnorme».
Presidente Miccioli – Relatrice Pilla Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza pronunziata in data 16 giugno 2023 il Tribunale di Vibo Valentia in composizione monocratica dichiarava la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio nei confronti di S.B.P., restituendo gli atti al Pubblico ministero, per essere stata esercitata l'azione penale per il reato di cui all'articolo 624 bis cod. penumero nelle forme della citazione diretta anziché attraverso la richiesta di rinvio a giudizio dinanzi al Giudice per l'udienza preliminare. 2. Avverso l'ordinanza ha proposto ricorso il Pubblico Ministero presso il Tribunale di Vibo Valentia deducendo l'abnormità del provvedimento impugnato. 2.1. In particolare, evidenzia il pubblico ministero ricorrente che la giurisprudenza di questa Corte ha chiarito che - anche a seguito della modifica dei minimi edittali previsti per le fattispecie ricomprese nell'articolo 624 bis cod. penumero - si procede comunque nelle forme della citazione diretta ed un'eventuale restituzione degli atti al Pubblico ministero è da ricondursi alla categoria dei provvedimenti abnormi Sez.4, numero 1792 del 16/10/2018, dep.2019, Rv. 275078 . Alla luce dei principi affermati da questa Corte, ritiene il ricorrente che il provvedimento impugnato possa essere qualificato quale abnorme in quanto, per la singolarità del suo contenuto e della sua motivazione, si pone al di fuori del sistema organico dell'ordinamento e determina una paralisi del procedimento superabile unicamente con la sua rimozione. Considerato in diritto Il ricorso è fondato. 1. Secondo questa Corte il provvedimento del giudice del dibattimento che, a fronte del corretto esercizio dell'azione penale nelle forme della citazione diretta a giudizio per il delitto di cui all'articolo 624-bis cod. penumero , come modificato dalla legge 26 aprile 2019, numero 36, disponga la trasmissione degli atti al pubblico ministero per la richiesta di rinvio a giudizio è da considerarsi abnorme Sez. 5, numero 28694 del 19/05/2022, Pm c. Caggia, Rv. 283578 . 2. Anteriormente all'entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, numero 103 era pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che, per il delitto di furto in abitazione e di furto con strappo, previsti dall'articolo 624-bis cod. penumero , introdotto dalla legge numero 128 del 2001, si procedesse con citazione diretta a giudizio, ai sensi dell'articolo 550 cod. proc. penumero Sez. 6, numero 29815 del 24/4/2012, Lavakovic, Rv. 253173 . Ed invero il mancato inserimento del furto ex articolo 624-bis cod. penumero tra le ipotesi di cui all'articolo 550 comma secondo cod. proc. penumero derivava dalla sua introduzione successivamente all'entrata in vigore del vigente codice di rito e dal difetto di coordinamento normativo a cui era, tuttavia, possibile porre rimedio in via interpretativa atteso che il delitto di furto aggravato ai sensi dell'articolo 625 cod. penumero - espressamente contemplato dall'articolo 550, comma secondo, lett. f , cod. proc. penumero - e il delitto di furto in abitazione risultavano puniti con la medesima pena detentiva della reclusione da uno a sei anni Sez. 5, numero 22256 del 12/4/2011, Castriota, Rv. 250577 . 3. Anche a seguito dalla entrata in vigore della legge 23 giugno 2017, numero 103, che ha apportato due modifiche ai minimi edittali previsti per la ipotesi in esame, questa Corte ha ribadito che per i delitti di furto in abitazione e di furto con strappo, previsti dall'articolo 624-bis cod. penumero , si procede comunque con citazione diretta a giudizio ai sensi dell'articolo 550 cod. proc. penumero Sez. 4, numero 1792 del 16/10/2018, dep.2019, Nastasi, Rv. 275078 . 4. Nel caso in esame essendo l'azione penale stata esercitata in data 25 maggio 2022 rileva, ai fini dell'applicazione dell'articolo 550 cod. proc. penumero , la pena edittale in vigore al momento in cui la azione penale è stata esercitata. Difatti, in tema di esercizio dell'azione penale con citazione diretta a giudizio, il rinvio previsto dall'articolo 550 cod. proc. penumero alla pena della reclusione non superiore nel massimo a quattro anni, è «fisso» in quanto, stante l'inderogabilità del principio tempus regit actum in ambito processuale, va riferito alla norma vigente al momento dell'esercizio dell'azione penale e non già a quella di diritto sostanziale concretamente applicabile all'imputato, sulla base dei criteri che regolano la successione delle leggi penali del tempo Sez. 2, numero 9876 del 12/02/2021, Macrì, Rv. 280724 . Al momento dell'esercizio dell'azione penale, avvenuto con decreto di citazione diretta a giudizio del 25 maggio 2022, era già entrata in vigore la legge numero 36 del 2019, che ha aumentato ad anni sette di reclusione la pena edittale per il delitto di furto in abitazione, lasciando immutata la pena massima edittale per il reato di furto aggravato ex articolo 625 cod. penumero Ne consegue che non è più sostenibile il criterio interpretativo fondato sulla identità della pena edittale prevista per il delitto di furto aggravato, ai sensi dell'articolo 625 cod. penumero - contemplato dall'articolo 550, comma 2, lett. f , cod. proc. penumero - e il delitto di furto in abitazione, inizialmente accolto dalla giurisprudenza di questa Corte di cassazione così Sez. 5, numero 22256 del 12/4/2011, Castriota, Rv. 250577 . Deve, tuttavia, segnalarsi che, anche dopo l'entrata in vigore della legge numero 36 del 2019, la giurisprudenza di questa Corte ha osservato come la selezione dei reati operata con l'articolo 550 comma secondo cod. proc. penumero tragga origine non tanto da una minore gravità degli stessi, come dimostrano la varietà dei livelli sanzionatori corrispondenti alle diverse fattispecie e la vetta raggiunta proprio con l'inclusione del delitto di cui agli articolo 624 e 625 cod. proc. penumero , quanto da valutazioni di tipo economicistico e di funzionalità organizzativa, ritenute esposte al pericolo di compromissione dall'adozione generalizzata del modulo procedimentale previsto per i reati attribuiti al Tribunale in composizione collegiale. Ed invero, non sembra agevolmente superabile l'obiezione secondo la quale non è possibile stabilire alcun rapporto di proporzionalità diretta tra entità della pena e complessità dell'accertamento del reato. Sicché l'assenza di un preventivo vaglio giudiziale sull'esercizio dell'azione penale sarebbe motivata, in tale ottica interpretativa, dalla volontà di limitare l'utilizzo delle risorse, da ottimizzare a favore di reati che il legislatore ha ritenuto meritevoli di un più meditato accesso al dibattimento Sez. 5, numero 28694 del 19/05/2022, Pm c. Caggia, cit. . É stato, quindi, affermato che limitate variazioni della pena non sono suscettibili di incidere su quelle valutazioni concernenti l'organizzazione delle risorse giudiziarie, aventi nel loro fuoco l'identità tipologica del reato inteso come furto, indicato nel genus dall'articolo 550 cod. proc. penumero mediante il richiamo alla lettera f del furto aggravato a norma dell'articolo 625 cod. penumero . Sulla base di siffatte argomentazioni questa Corte ha ribadito che l'azione penale nell'ipotesi di cui all'articolo 624 bis cod. penumero è correttamente esercitata dal Pubblico ministero mediante citazione diretta a giudizio e che, per effetto dell'ordinanza che dispone la trasmissione degli atti al Pubblico ministero per la richiesta di rinvio a giudizio sul presupposto che per tale reato sia prevista l'udienza preliminare, si viene a creare uno stallo o regressione processuale, non rimediabile se non attraverso un intervento del giudice di legittimità, effetto proprio, in base al consolidato orientamento giurisprudenziale, di un atto abnorme. 5. Il provvedimento impugnato è, per le ragioni esposte, da considerarsi abnorme tale essendo non solo l'atto che per la singolarità e stranezza del suo contenuto risulti avulso dall'intero ordinamento processuale, ma anche quello che, pur essendo in astratto manifestazione di legittimo potere, si esplichi al di fuori dei casi consentiti dalla legge, al di là di ogni ragionevole limite, comportando, nella specie, anche la indebita e non consentita regressione del procedimento ad una fase precedente Sez. Unumero , numero 26 del 24/11/1999, dep.2000, Rv. 215094 . L'ordinanza impugnata, pertanto, va annullata senza rinvio e gli atti vanno trasmessi al Tribunale di Vibo Valentia per l'ulteriore corso. P.Q.M. Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Vibo Valentia per l'ulteriore corso.