L’affaire “orsi del Trentino” migra a Lussemburgo: il TAR rimette alla CGUE due questioni pregiudiziali

Cattura per captivazione e abbattimento sono misure equivalenti o gerarchiche? La parola alla Corte di Giustizia.

L'antefatto è ampiamente noto un uomo ucciso e un'orsa JJ4 accusata e imprigionata, con una condanna a morte sospesa dal TAR Trentino. Con un nuovo ricorso è stato chiesto l'annullamento del decreto di abbattimento di altro orso MJ5 e l'annullamento della deliberazione della Giunta provinciale della Provincia autonoma avente ad oggetto l'approvazione delle Linee guida per l'attuazione della legge provinciale numero 9/2018 e dell'articolo 16 della direttiva Habitat nonché l'annullamento e/o disapplicazione del Rapporto “Orsi problematici”. Anche la condanna di MJ5 è stata sospesa, ferma restando la captivazione. Legittimità del provvedimento sotto indagine Oggetto del giudizio non è la gestione dell'orso da parte della Provincia autonoma di Trento bensì la legittimità del decreto che ne ordina la rimozione tramite abbattimento. Secondo il TAR Trento ord. 219/2023 il decreto impugnato si inquadra nell'ambito del procedimento disciplinato dalla legge provinciale numero 9 del 2018 e non si tratta di esercizio di un potere extraordinem. Rapporto Orsi problematici L'associazione ricorrente censura anche la legittimità del rapporto ISPRA-MUSE nella parte in cui prevede l'abbattimento. La direttiva Habitat La direttiva 31 maggio 1992, 92/43/CEE recante “Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” è stata recepita dal d.P.R. 8 settembre 1997, numero 357 tuttavia, la Provincia Autonoma di Trento ha dato attuazione all'articolo 16 della direttiva con l'articolo 1 della legge provinciale numero 9 del 2018 disciplina che è stata riconosciuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale sent. numero 215 del 2019 perché si tratta di misure che intersecano le materie di competenza provinciale primaria. Il contrasto Secondo la giurisprudenza TAR la disciplina della legge provinciale e il documento tecnico di gestione “Pacobace” non definiscono una graduazione tra le due azioni “captivazione permanente” o “abbattimento”. Di contro, secondo il Consiglio di Stato non solo vi è una graduazione, ma questa è anche rigorosa non deve esistere una valida alternativa. La materia è, inoltre, governata dal principio di proporzionalità, con la conseguenza che la protezione della vita degli animali ha una tutela rafforzata a cui è possibile derogare solo in presenza di condizioni da interpretarsi in modo rigoroso e restrittivo, secondo una logica graduata. Necessaria l'interpretazione della CGUE Secondo il Collegio, ai fini della decisione, è necessario acquisire l'interpretazione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea, in ordine all'articolo 16 della direttiva Habitat, quanto alle condizioni cui può essere rilasciata l'autorizzazione alla deroga ai divieti previsti dall'articolo 12. L'obiettivo è verificare quale sia la corretta interpretazione del diritto eurounitario applicabile al provvedimento di autorizzazione alla deroga al divieto di abbattimento, oggetto di impugnazione. Ciò anche alla luce del contesto e della finalità perseguite dalla normativa europea che, nel caso di specie, è contribuire alla biodiversità attraverso la conservazione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatiche. Cattura e abbattimento sono misure equivalenti nella prospettiva della direttiva ? Secondo il Collegio, infatti, l'inesistenza di una soluzione alternativa deve essere verificata con riferimento alla inesistenza di una soluzione che consenta di mantenere l'animale nel suo ambiente naturale – e cioè nello stato di vita selvatica – evitando la rimozione da tale ambiente. Da ciò consegue, secondo il TAR, che la cattura e l'abbattimento sono misure equivalenti perché hanno un effetto identico che consiste nella sottrazione dell'animale dal suo ambiente naturale e dallo stato di vita selvatica. Le questioni rimesse alla Corte di Giustizia la valida soluzione Il TAR ha sospeso il giudizio e ha trasmesso gli atti alla CGUE che dovrà chiarire se la condizione relativa al fatto che “non esista un'altra soluzione valida” debba essere interpretata nel senso che a l'autorità competente deve dimostrare l'assenza di altra soluzione valida atta ad evitare la rimozione dell'animale dall'ambiente di ripartizione naturale, cui consegue la possibilità della scelta motivata della misura da adottare in concreto, che può consistere nella cattura per captivazione permanente oppure nell'abbattimento, misure che sono poste su di un piano di parità, oppure che b vincola prioritariamente l'autorità competente alla scelta della cattura per la riduzione in cattività e, solo in caso di impossibilità oggettiva e non temporanea di tale soluzione, consente la rimozione mediante abbattimento sussistendo una rigorosa gerarchia tra le misure.

Presidente Rocco – Relatore Ambrosi 1. L'oggetto della controversia, i fatti pertinenti ed i motivi di ricorso. 1.1. Come già evidenziato da questo Tribunale nell'ordinanza cautelare numero 40 in data 26 maggio 2023, il presente giudizio trova il proprio antefatto nel seguente evento, così come testualmente descritto nel decreto numero 9 del 19 aprile 2023 impugnato con il ricorso in esame “in data 5 marzo 2023 verso le ore 8 00 un uomo è stato aggredito da un orso in località Mandriole, all'uscita della val di Rabbi, in comune di Malè, mentre procedeva da solo con il proprio cane, su un sentiero segnato SAT-CAI. In sintesi, secondo i rapporti del Corpo forestale della Provincia autonoma di Trento del 14 marzo 2023 e del 24 marzo 2023, l'uomo ha dichiarato di aver tenuto il cane al guinzaglio durante tutta l'escursione e che il cane era legato anche al momento dell'incontro con l'orso. L'escursionista ha avvistato l'orso, che gli dava le spalle a 10-15 m di distanza, e si è fermato per non intimorirlo o disturbarlo. Ciò nonostante, l'orso si è girato e lo ha avvicinato con intenzioni aggressive. L'uomo ha quindi lasciato il cane e si è precipitato verso valle, uscendo dal sentiero. L'orso lo ha raggiunto e c'è stata una colluttazione dalla quale l'uomo ha riportato diverse ferite. Subito dopo l'orso è fuggito. L'uomo è rientrato in autonomia seguendo il sentiero e successivamente è stato accompagnato al pronto soccorso dell'Ospedale di Cles, dove sono state rilevate lesioni sul braccio e sulla testa riconducibili ad aggressione da orso evidenziato che dalle analisi genetiche realizzate dalla Fondazione Edmund Mach, comunicate con note del 10 marzo 2023 e 4 aprile 2023, sui reperti biologici raccolti dal Corpo forestale della Provincia autonoma di Trento, è emerso che il genotipo identificato dal DNA ottenuto corrisponde con quello dell'orso denominato MJ5”. 1.2. Pertanto, il Presidente della Provincia di Trento ha autorizzato, con il decreto numero 9/2023 impugnato, “la rimozione tramite abbattimento, previa identificazione genetica attraverso cattura preliminare, dell'esemplare di Orso bruno Ursus arctos identificato in MJ5 in Provincia di Trento per garantire l'interesse della salute e della sicurezza pubblica e per motivi di natura sociale, ai sensi della L.P. numero 9/2018”. Ha inoltre disposto “che l'esemplare, quando geneticamente identificato come l'orso MJ5, sia al più presto soppresso” ed ha incaricato “il Corpo forestale della Provincia autonoma di Trento, con la collaborazione per quanto di competenza dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari, di procedere ad effettuare la rimozione tramite abbattimento dell'esemplare MJ5, previa sua identificazione genetica”. 1.2.1. Il provvedimento è stato assunto nel quadro della procedura ordinaria prevista dalla legge provinciale di Trento 11 luglio 2018, numero 9 recante “Attuazione dell'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche tutela del sistema alpicolturale” che all'articolo 1, comma 1, così dispone “Al fine di conservare il sistema alpicolturale del territorio montano provinciale il Presidente della Provincia, per proteggere le caratteristiche fauna e flora selvatiche e conservare gli habitat naturali, per prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque e ad altre forme di proprietà, per garantire l'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente, può, acquisito il parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, limitatamente alle specie Ursus arctos e Canis lupus, autorizzare il prelievo, la cattura o l'uccisione, a condizione che non esista un'altra soluzione valida e che il prelievo non pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale. La Giunta provinciale informa con tempestività il Consiglio provinciale in merito alle misure assunte. La Provincia autonoma di Trento assicura le informazioni necessarie all'adempimento degli obblighi di comunicazione dello Stato alla Commissione europea”. 1.2.2. Il decreto presidenziale è ampiamente motivato con richiamo all'istruttoria svolta nonché ai documenti denominati “PACOBACE” Piano d'Azione interregionale per la Conservazione dell'Orso Bruno sulle Alpi Centro Orientali, condiviso dal Ministero dell'Ambiente con la Regione Autonoma Friuli Venezia Giuli, la Regione Veneto, la Regione Lombardia, la Provincia Autonoma di Bolzano e la Provincia Autonoma di Trento che costituisce il documento tecnico di riferimento per la gestione degli orsi cosiddetti problematici – alle “Linee guida per l'attuazione della legge provinciale numero 9/2018 e dell'articolo 16 della direttiva Habitat” approvate con deliberazione della Giunta provinciale numero 1091 del 25 giugno 2021, al Rapporto ISPRA Istituto per la Protezione e la Ricerca Ambientale MUSE Museo delle scienze di Trento del gennaio 2021 denominato “Orsi problematici in provincia di Trento conflitti con le attività umane, rischi per la sicurezza pubblica e criticità gestionali. Analisi della situazione attuale e previsioni per il futuro” -, al parere ISPRA del 12 aprile 2023 numero 278452, nonché alle altre motivazioni esposte a giustificazione della decisione di prelevare ed abbattere l'esemplare pericoloso denominato MJ5, nel tenore testuale di seguito riportato “vista l'istruttoria del 27/03/2023 prot. numero 238179, integrata con prot. numero 241106 del 28/03/2023, con cui il Servizio Faunistico richiede ad ISPRA il parere circa la valutazione dell'aggressione del 05/03/2023 e la rimozione mediante abbattimento dell'orso MJ5 maschio adulto di 18 anni, elusivo, privo di radiocollare e/o marche auricolari e con un'area di frequentazione molto vasta, gravitante in buona parte del Trentino occidentale allo scopo di garantire l'interesse della sicurezza pubblica, ai sensi dell'articolo 1, comma 1, della LP numero 9/2018 considerato che la suddetta istruttoria del Servizio Faunistico, basata sui citati rapporti del Corpo forestale trentino e della Fondazione Edmund Mach, ritiene l'aggressione del 5 marzo 2023 da analizzare e valutare a partire dalle fattispecie comportamentali del Piano d'Azione interregionale per la Conservazione dell'Orso Bruno sulle Alpi Centro Orientali PACOBACE , riferite ad < orso problematico> in relazione alla sua pericolosità, numero 15 < orso attacca con contatto fisico per difendere i propri piccoli, la propria preda o perché provocato in altro modo> e numero 18 < orso attacca con contatto fisico senza essere provocato> vista la nota numero 285946 di data 13.04.2023, successivamente integrata e precisata con nota numero 299823 di data 19.04.2023, con la quale il Servizio Faunistico trasmette al Dipartimento Protezione civile, foreste e fauna gli esisti finali dell'istruttoria relativa all'aggressione del 05.03.2023 in Val di Rabbi sopra riportata valutato in particolare che sulla base dell'istruttoria condotta del Servizio Faunistico nel caso concreto, secondo quanto riportato nell'Allegato 1 alla nota del 27/03/2023 numero 238179, < è possibile escludere le forme di provocazione esplicitate nella fattispecie comportamentale numero 15 del PACOBACE.> Riporta infatti il citato rapporto istruttorio che < è possibile escludere la reazione ‘per difendere i propri piccoli', essendo l'attacco attribuito ad un maschio adulto, sia quella ‘per difendere la propria preda', non essendo state riscontrate evidenze di questo genere dall'unità cinofila specializzata nell'intorno del punto dell'aggressione. Dalla caratterizzazione dell'animale cap. 2 è possibile escludere anche che l'aggressione sia l'effetto di un comportamento confidenziale con l'uomo assuefazione . L'attacco potrebbe essere invece spiegato dal fatto che l'incontro tra l'orso e l'uomo con il proprio cane al guinzaglio si è verificato in modo improvviso e ravvicinato. Nel contempo, anche il fatto che nell'istante del contatto ravvicinato l'orso fosse di spalle e non si fosse immediatamente accorto della presenza dell'uomo rimasto fermo farebbe escludere un comportamento provocatorio da parte dell'uomo e/o del cane> considerato che il PACOBACE, che costituisce il documento tecnico di riferimento per la gestione degli orsi cosiddetti problematici, pone le fattispecie comportamentali numero 15 e 18 della tabella 3.1 del medesimo documento ai livelli massimi della scala di pericolosità, tali da giustificare l'adozione dell'intervento previsto nel capitolo < 3.4.2. Definizione delle procedure di intervento> alla lettera k , ovvero l'abbattimento, secondo quanto riportato nella tabella 3.2 dello stesso capitolo valutato che, in coerenza con la previsione del PACOBACE, anche le < Linee guida per l'attuazione della legge provinciale numero 9/2018 e dell'articolo 16 della direttiva Habitat> approvate con deliberazione della Giunta provinciale numero 1091 del 25.06.2021 classificano l'attacco rientrante nella classe 18 della tabella 3.1 tale da giustificare l'adozione della misura di cui alla lettera k , e valutato che con il parere di data 22.06.2021, prot. 450115, ISPRA ritiene che le Linee guida possano rappresentare un utile strumento a supporto degli iter decisionali in materia di orsi bruni e < risultino in linea generale coerenti con il PACOBACE > considerato il parere del 12.04.2023 numero 278452, con il quale ISPRA conferma la classificazione dell'aggressione del 05/03/2023 quale < attacco in assenza di fattori scatenati> , categoria 18 del PACOBACE alla quale è ascritta la massima gravità nella Tabella 3.1 del PACOBACE, nonché nella categoria < Orsi ad alto rischio> proposta nel rapporto ISPRA-MUSE 2021 considerato che nel citato parere del 12.04.2023 prot. numero 278452, alla luce di quanto previsto dal PACOBACE, tenuto conto delle considerazioni tecniche contenute nel rapporto ISPRA-MUSE 2021 , ISPRA ritiene che la rimozione tramite abbattimento dell'individuo MJ5, una volta assicurata la corretta identificazione dell'esemplare tramite analisi genetiche, sia coerente con il PACOBACE considerata la gravità oggettiva del fatto avvenuto e il giustificato alto livello di allarme sociale che ne è derivato considerato quanto emerso nella riunione del Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica del 7 aprile 2023 con riguardo all'interesse della salute e della sicurezza pubblica e alle esigenze di natura sociale osservato che già due volte in passato orsi che avevano aggredito l'uomo hanno reiterato tale pericolosissimo comportamento, giungendo a provocare in un caso recentissimo 05.04.2023 la morte della persona aggredita considerato che il possibile rischio di ulteriori situazioni critiche e di emergenza provocate da azioni pericolose per le persone da parte dell'orso MJ5 può essere eliminato solo con la sua rimozione evidenziato che lo stato di conservazione dell'orso bruno in Trentino è costantemente monitorato e documentato con i rapporti annuali, dai quali si evince che la condizione della popolazione risulta in continuo miglioramento. L'ultimo < Rapporto Grandi carnivori 2021> è stato inviato ad ISPRA e all'allora Ministero della Transizione ecologica, ora Ministero per l'Ambiente e la Sicurezza Energetica con nota prot numero 381945 del 6 giugno 2022 anche quale < aggiornamento annuale e rendicontazione sintetica riguardo le specie di interesse comunitario> , contenente anche le informazioni per verificare gli effetti cumulativi derivanti dalle rimozioni di orsi problematici, dal momento che la popolazione ursina alpina presente sul territorio nazionale si trova concentrata in Trentino visto il parere di ISPRA del 12/04/2023 numero 278452, secondo cui < l'analisi demografica condotta sulla popolazione e riportata nel rapporto ISPRA-MUSE 2021 evidenzia che la rimozione dell'individuo non comporta alcun significativo impatto sulla popolazione di orsi bruni delle Alpi centro orientali> considerato che il Centro del Casteller, di proprietà della Provincia autonoma di Trento e gestito dalle strutture dipendenti dal Dipartimento protezione civile, foreste e fauna, è dotato, all'interno di un più ampio recinto, di tre spazi, indipendenti ma eventualmente tra loro comunicanti, per la collocazione e la captivazione di orsi, dei quali uno è occupato stabilmente dall'orso M49 e gli altri devono essere obbligatoriamente lasciati disponibili per poter consentire la collocazione temporanea di esemplari di grandi carnivori orsi e lupi a seguito di situazioni di emergenza o di eventuali altri esemplari di orso o lupo che avessero bisogno di cura e riabilitazione in funzione del loro successivo rilascio a vita libera considerato che deve ritenersi prioritario assicurare all'orso M49, già stabilmente ricoverato nel centro del Casteller, uno spazio il più ampio possibile, al fine di garantirgli le migliori condizioni di vita, consentendogli, se possibile, di occupare più di un settore del recinto considerato pertanto che non è possibile assicurare la captivazione permanente dell'esemplare MJ5 al centro del Casteller e considerato che in Provincia di Trento non esiste un'altra struttura idonea a garantire la custodia in sicurezza di tale esemplare di orso, altamente pericoloso considerato che al momento attuale non è in conoscenza dell'amministrazione una soluzione alternativa per la capitvazione permanente fuori dal territorio provinciale, posto che le manifestazioni di interesse in tal senso pervenute non risultano in alcun modo circostanziate e tali da garantire la sicurezza pubblica visto anche il documento denominato < Orsi problematici in provincia di Trento conflitti con le attività umane, rischi per la sicurezza pubblica e criticità gestionali. Analisi della situazione attuale e previsioni per il futuro> , datato gennaio 2021 e predisposto da ISPRA in collaborazione con il Museo delle scienze di Trento MUSE , nel quale si afferma che < Considerato che nei prossimi cinque anni si prevede l'insorgere di nuovi individui che richiederanno la rimozione, si ritiene la captivazione non sostenibile per la gestione degli orsi problematici a medio e lungo termine, data la scarsità di spazi e risorse, e le evidenti difficoltà nel garantire il benessere degli animali> ritenuto quindi l'abbattimento la modalità di rimozione da applicare all'esemplare di orso denominato MJ5 osservato che per realizzare l'abbattimento è necessario identificare dal punto di vista genetico MJ5 e che tale identificazione richiede la cattura preliminare dell'esemplare ritenuto di incaricare il Corpo forestale della Provincia autonoma di Trento per le suddette attività ritenuto che l'esemplare, quando geneticamente identificato come l'orso MJ5, deve essere al più soppresso ritenuto pertanto, per quanto sopra premesso, di procedere con la rimozione mediante abbattimento dell'orso MJ5 nell'interesse della salute e della sicurezza pubblica e per motivi di natura sociale, ai sensi della L.P. numero 9/2018 sottolineata la prioritaria esigenza di assicurare la sicurezza e l'incolumità di tutti gli operatori impegnati nelle operazioni di rimozione dell'esemplare di orso denominato MJ5”. 1.3. L'Associazione Lndc Animal Protection con il ricorso introduttivo in epigrafe indicato ha impugnato il decreto del Presidente della Provincia numero 9 del 2023, chiedendone l'annullamento per le seguenti ragioni. A In via preliminare la ricorrente solleva la questione pregiudiziale di incostituzionalità sopravvenuta dell'articolo 1 della legge provinciale numero 9 del 2018, nella parte in cui attribuisce al Presidente della Provincia il potere di derogare al divieto di prelievo di esemplari protetti potere che l'articolo 11 del D.P.R. numero 357 del 1997 attribuisce al Ministro dell'Ambiente e della Sicurezza energetica , perché le ragioni per le quali la Corte costituzionale con la sentenza numero 215 del 2019 aveva ritenuto non fondata la questione di legittimità costituzionale promossa dal Governo sono superate dalla riserva di legge assoluta dello Stato in materia di tutela degli animali, che sarebbe stata introdotta con la legge costituzionale numero 1 del 2022 di modifica dell'articolo 9 Cost. In secondo luogo, prospetta il seguente motivo di gravame “1. Violazione e/o falsa applicazione degli articolo 12 e 16 della direttiva 92/43/CEE del consiglio del 21 maggio 1992, del l'articolo 11 del Regolamento attuativo D. P. R. 8 settembre 1997, numero 357 e dell'articolo 19 della Legge 11 febbraio 1992, numero 157 – violazione dell'articolo 117 della Costituzione – Difetto dei presupposti Eccesso di potere per difetto di istruttoria – Manifesta irragionevolezza – Insufficienza e/o contraddittorietà della motivazione – Eccesso di potere per sviamento Ai sensi del combinato disposto dell'articolo 97 Costituzione e dell'articolo 21 octies Legge numero 241/1990”. Con l'unico articolato motivo la ricorrente espone le seguenti censure, sinteticamente riportate A è censurato l'iter logico argomentativo che ha condotto il Presidente della Provincia alla valutazione che la pubblica sicurezza possa essere garantita solo con l'abbattimento immediato dell'esemplare identificato come “responsabile” dell'incidente occorso in data 5 marzo 2023. In tesi della ricorrente, la conclusione più corretta è invece che l'incidente “è stato causato dall'insieme di circostanze quali la presenza del cane e l'avvicinamento a sorpresa, non immediatamente percepito dall'animale, più che dall'indimostrata indole aggressiva dell'orso MJ5 l'orso in questione, anzi, è classificato come schivo e non confidente ” come risulterebbe anche dalla parte motiva del provvedimento. La motivazione sarebbe pertanto contraddittoria e carente, sintomatica di un vizio di eccesso di potere per sviamento, nell'inquadrare il comportamento dell'animale nella fattispecie numero 18 del PACOBACE al massimo livello della pericolosità B il provvedimento non considera misure alternative all'abbattimento che non possono essere escluse dalle oggettive carenze organizzative dell'Amministrazione, poiché “l'articolo 16 della Direttiva Habitat contempla l'uccisione degli animali come extrema ratio, oggi in assoluta coerenza con i principi costituzionali sanciti dall'articolo 9 della Costituzione”. La questione dovrebbe essere portata a livello statale coinvolgendo le altre amministrazioni locali interessate dal progetto Life Ursus che hanno sottoscritto a suo tempo il PACOBACE. Non può essere automatica la scelta di abbattimenti, come sarebbe già stato valutato da questo T.R.G.A. nell'ambito del giudizio che ha impugnato le Linee guida provinciali annullate con sentenza numero 150/2021 poi confermata dal Consiglio di Stato, con conseguente violazione degli articolo 9 e 117, comma 2, lett. s , della Costituzione “che prevedono per la materia ambientale e per la tutela degli animali la competenza esclusiva dello Stato, con rigorosa riserva di legge ordinaria” C nel necessario rispetto del principio di gradualità delle misure adottabili indicate nella tabella 3.1. del PACOBACE, secondo quanto disposto dall'articolo 16 della Direttiva Habitat, il decreto impugnato “avrebbe dovuto motivare in modo pertinente ed esaustivo circa le ragioni dell'esclusione delle misure sub lettera i cattura con rilascio allo scopo di spostamento e/o radiomarcaggio e lettera j cattura per captivazione permanente”, invece manca una motivazione in merito alla misura di cui alla lett. i , mentre per la captivazione “ha speso un argomento debole ed in contrasto con i principi di cui all'articolo 97 Cost. e articolo 21 octies Legge numero 241/1990”. 1.4. In data 11 maggio 2023 si è costituito il Ministero dell'Ambiente e della Sicurezza energetica, a mezzo dell'Avvocatura distrettuale dello Stato, e con successiva memoria del 18 maggio 2023 ha chiesto che sia dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero esponente, trattandosi di atti esclusivamente riferibili al Presidente della Provincia di Trento. 1.5. Si è costituita anche la Provincia Autonoma di Trento, in data 19 maggio 2023 e con memoria del 22 maggio 2023 ha chiesto il rigetto del ricorso e dell'istanza cautelare a corredo, in quanto irricevibili, inammissibili ed infondati. 1.6. L'Associazione ricorrente con il primo ricorso per motivi aggiunti in epigrafe indicato, depositato il 22 maggio 2023, ha altresì impugnato le “Linee guida per l'attuazione della legge provinciale numero 9/2018 e dell'articolo 16 della direttiva Habitat”, approvate dalla Giunta della Provincia di Trento con la delibera numero 1091 del 25 giugno 2021 di seguito denominate Linee guida del 2021 , chiedendone l'annullamento per lo stesso motivo già prospettato nel ricorso introduttivo nonché per il seguente ulteriore articolato motivo “Violazione e/o falsa applicazione degli articolo 12 e 16 della direttiva 92/43/CEE del consiglio del 21 maggio 1992, dell'articolo 11 del Regolamento attuativo D.P.R. 8 settembre 1997, numero 357 e dell'articolo 19 della Legge 11 febbraio 1992, numero 157 Violazione dell'articolo 9 e dell'articolo 117, comma 2 lettera s della Costituzione – Difetto dei presupposti Eccesso di potere per manifesta irragionevolezza, illogicità e contradditorietà della motivazione – Eccesso di potere per 6 sviamento Ai sensi del combinato disposto dell'articolo 97 Costituzione e dell'articolo 21 octies Legge numero 241/1990”. In sintesi la parte ricorrente deduce che tali Linee guida A sono state adottate in violazione “dei principi cardine che regolano la materia delle deroghe consentite dall'ordinamento comunitario e nazionale al regime di protezione rigorosa della specie Ursus Arctos” B attribuiscono al Presidente della Provincia la competenza ad autorizzare il prelievo, la cattura e l'uccisione dell'orso “discostandosi dai principi di gradualità e proporzionalità delle misure adottabili che si evincono dal combinato disposto degli articolo 12 e 16 della Direttiva Habitat”. 1.7. Con ordinanza 26 maggio 2023, numero 40 questo Tribunale, nella trattazione collegiale dell'istanza di sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati formulata nel ricorso introduttivo, ha ritenuto infondate le censure ivi dedotte con il ricorso introduttivo, sulla scorta delle motivazioni di seguito indicate I. la prospettata questione pregiudiziale di incostituzionalità dell'articolo 1 della legge provinciale numero 9 del 2018, nella parte in cui attribuisce al Presidente della Provincia il potere di derogare al divieto di prelievo di esemplari protetti, risulta manifestamente infondata, sulla scorta delle seguenti argomentazioni A la legge costituzionale 11 febbraio 2022, numero 1 ha introdotto nell'articolo 9 Cost. il terzo comma secondo il quale la Repubblica “Tutela l'ambiente, la biodiversità e gli ecosistemi, anche nell'interesse delle future generazioni. La legge dello Stato disciplina i modi e le forme di tutela degli animali” B secondo l'Associazione ricorrente la novella dell'articolo 9 Cost. avrebbe introdotto una riserva assoluta di legge statale, con conseguente sopravvenuta illegittimità costituzionale della legge provinciale numero 9 del 2018, che attribuisce al Presidente della Provincia il potere di autorizzare la deroga al divieto di cattura o uccisione dell'orso C fermo restando che l'articolo 9, comma 3, Cost. si riferisce alla Repubblica, ossia a tutti gli enti territoriali individuati nella Costituzione, ivi comprese le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, non può sottacersi che la stessa legge costituzionale numero 1 del 2022, all'articolo 3, reca una norma di salvaguardia secondo la quale “La legge dello Stato che disciplina i modi e le forme di tutela degli animali, di cui all'articolo 9 della Costituzione, come modificato dall'articolo 1 della presente legge costituzionale, si applica alle regioni a statuto speciale e alle Province autonome di Trento e di Bolzano nei limiti delle competenze legislative ad esse riconosciute dai rispettivi statuti” tale disposizione vale, di per sé, a dimostrare l'infondatezza della tesi prospettata nel ricorso secondo la quale la novella dell'articolo 9 Cost. avrebbe introdotto una riserva assoluta di legge statale, così precludendo l'intervento del legislatore provinciale D la predetta norma di salvaguardia consente, quindi, di concludere vieppiù in assenza di un nuovo intervento del legislatore statale, attuativo del novellato articolo 9 Cost. per la persistente attualità della decisione assunta dalla Corte Costituzionale con la sentenza numero 215 del 2019, con cui è stata giudicata conforme alla Costituzione ed allo Statuto di autonomia l'attribuzione del potere per cui è causa al Presidente della Provincia di Trento avvenuto con la legge provinciale numero 9 del 2018 E in particolare la Consulta ha evidenziato in motivazione che le finalità del potere delle Province di Trento e Bolzano di dare diretta attuazione alla c.d. Direttiva Habitat attengono a misure che intersecano le materie di competenza provinciale primaria e “concorrono a delineare un peculiare assetto dell'ecosistema delle Province autonome di Trento e di Bolzano e il loro esercizio, pertanto, ben può essere rivendicato a livello provinciale”, e che “le competenze statutarie delle Province autonome assicurano la complessiva tutela del particolare ecosistema provinciale e, in considerazione delle particolari caratteristiche dell'habitat alpino, giustificano l'attribuzione della competenza all'esercizio della deroga all'autonomia provinciale, prevedendo un sostanziale bilanciamento, legittimamente rimesso dalle leggi provinciali impugnate ai Presidenti delle Province autonome, quali organi idonei alla valutazione della dimensione anche localistica degli interessi coinvolti”. II. Ha ritenuto adeguatamente ricostruite dal Presidente della Provincia le dinamiche dell'aggressione al giovane da parte dell'orso denominato MJ5, con esclusione della sussistenza del lamentato travisamento dei fatti e della superficialità dell'istruttoria, per le seguenti ragioni “ la ricostruzione dell'accaduto è descritta nell'impugnato decreto numero 9 del 2023 e soprattutto emerge dal qualificato rinvio per relationem agli atti dell'istruttoria costituiti dai rapporti dei funzionari del Corpo forestale trentino del 14.03.2023 e del 24.03.2023, emessi in qualità di ufficiali di polizia giudiziaria, dalle note numero 285946 di data 13.04.2023, successivamente integrata e precisata con nota numero 299823 di data 19.04.2023 del Servizio Faunistico provinciale nonché delle relazioni istruttorie allegate alla richiesta di parere ad ISPRA del 27.03.2023 e del 05.04.2023. I predetti atti fanno richiamo alle verifiche e accessi effettuati nell'immediatezza, alla repertazione di materiale del malcapitato, all'analisi delle tracce ematiche rinvenute sui vestiti e zaino del medesimo e nel luogo dell'aggressione nonché ai reperti dell'orso parimenti ritrovati nel luogo dell'aggressione. Con successiva integrazione al rapporto, del 24.03.2023, in particolare emerge che gli agenti forestali hanno anche visionato il cane e acquisite informazioni sul medesimo. Il tutto è stato riscostruito accreditando pienamente la versione riferita dall'aggredito, come si rinviene nelle relazioni richiamate che in conclusione espressamente convalidano la descrizione della dinamica dell'evento, non rilevandosi le omissioni lamentate nel ricorso ma, al contrario, la concordanza tra quanto riferito dall'aggredito e i rilievi operati sul posto, assente alcun elemento di contraddittorietà. In particolare, è smentita dalle conclusioni istruttorie la riconducibilità delle ferite riportate a cause diverse, cadute o altro, rispetto all'attacco dell'orso vi è stata la corretta identificazione dell'orso responsabile dell'attacco, come da analisi genetiche effettuate sui reperti raccolti dalla Fondazione Edmund Mach, che ha identificato il genotipo dal DNA ottenuto corrispondente con quello dell'orso denominato MJ5, ‘orso maschio adulto di 18 anni, elusivo, privo di radiocollare e/o marche auricolari e con un'area di frequentazione molto vasta, gravitante in buona parte del Trentino occidentale'. Così coerente è anche l'istruttoria che chiarisce come, all'atto dell'attacco, l'orso non difendeva una preda, di cui non è rinvenuta traccia nell'accesso del corpo forestale con le unità cinofile, e men che meno i cuccioli, trattandosi di un maschio, consentendo di concludere che il complesso delle circostanze ha escluso la reazione a forme di provocazione esplicitate nella fattispecie comportamentale numero 15 del PACOBACE per ricondurla invece alla fattispecie prevista dal Pacobace al numero 18 ‘orso attacca con contatto fisico senza essere provocato' . Né vi sono evidenze, né ragioni per accreditare che il cane non fosse al guinzaglio o che vi siano state provocazioni, né di porre in dubbio la testimonianza fornita in sede di escussione del soggetto coinvolto. In ogni caso in entrambe le fattispecie, numero 15 e numero 18 , relativamente al giudizio di pericolosità da svolgere nel caso concreto, non assume rilievo il carattere improvviso dell'incontro, le condizioni morfologiche del sito e nemmeno la connotazione dell'aggressione dell'animale quale comportamento etologicamente giustificabile. In definitiva alla luce degli accertamenti svolti l'istruttoria appare sufficiente e ragionevolmente approfondita in relazione alle circostanze del caso nonché validata nelle sue conclusioni dall'ISPRA nel parere del 12.04.2023 la qualificazione della pericolosità dell'orso ad ‘alto rischio' poggia in via conclusiva sul concordante parere dell'ISPRA 12.04.2023, esito e punto di caduta della complessiva istruttoria svolta sul caso specifico e dunque non è il frutto di alcun automatismo. Solo all'esito della valutazione del caso è conseguita la scelta di rimozione dell'animale coerente con degli stessi autovincoli disposti dall'Amministrazione, nel quadro delle disposizioni normative richiamate. Tale qualificazione di pericolosità non è correlata necessariamente ed ineluttabilmente alla sussistenza di precedenti comportamenti analoghi dell'esemplare, come si evince anche testualmente dai documenti cui il provvedimento fa rinvio, più volte citati, che invece esigono sempre una valutazione caso per caso, quale quella effettuata nella specie” III. Ha rigettato la censura circa l'assenza di motivazione con riferimento alla scelta di una delle alternative misure energiche previste per la fattispecie comportamentale in questione numero 18 PACOBACE , in luogo dell'abbattimento dell'animale pericoloso, sulla scorta delle seguenti motivazioni A “ la disciplina provinciale recata dalla l.p. 9 del 2018, in piena coerenza con quanto disposto dall'articolo 16 della direttiva Habitat a cui dà diretta attuazione – ed in termini del tutto omologhi a quanto parimenti previsto dall'articolo 11 del d.P.R. 357 del 1997 nonché il derivato documento tecnico di gestione PACOBACE non definiscono una graduazione tra le due azioni energiche, < captivazione permanente> o < abbattimento> nella disposizione della legge provinciale individuate nei termini di < prelievo, cattura o uccisione> , nell'articolo 16 delle dir. 92/43/CEE < cattura o uccisione> in caso di orso pericoloso. Invero, la < condizione che non esista un'altra soluzione valida> , cui fa richiamo l'articolo 16 della direttiva Habitat e l'articolo 1 della l.p. 9 del 2018 che vi dà attuazione, ma anche l'articolo 11 del d.P.R. 357 del 1997, costituisce il presupposto indefettibile per la decisione di sottrarre l'animale protetto dal suo ambiente naturale, presupposto da esplicitarsi in maniera puntuale attraverso una motivazione specifica ed argomentata, nonché correlata al caso concreto deve rilevarsi che la valutazione di pericolosità ad < alto rischio> dell'orso in questione, quale si evince dal contenuto del parere ISPRA, di per sé rende ragione della impossibilità di lasciare l'esemplare di orso in libertà nell'ambiente naturale per il semplice monitoraggio attraverso la radiocollarizzazione, come anche risultante dai documenti a cui lo stesso parere ISPRA, fa rinvio Pacobace, Linee Guida, Rapporto Ispra Muse 2021 , dovendo la scelta informarsi al principio di precauzione. Inoltre, al contrario di quanto affermato nel ricorso, nel provvedimento impugnato vi è un'espressa motivazione sul punto < considerata la gravità oggettiva del fatto avvenuto e il giustificato alto livello di allarme sociale che ne è derivato considerato quanto emerso nella riunione del Comitato Provinciale per l'Ordine e la Sicurezza Pubblica del 7 aprile 2023 con riguardo all'interesse della salute e della sicurezza pubblica e alle esigenze di natura sociale osservato che già due volte in passato orsi che avevano aggredito l'uomo hanno reiterato tale pericolosissimo comportamento, giungendo a provocare in un caso recentissimo 05.04.2023 la morte della persona aggredita considerato che il possibile rischio di ulteriori situazioni critiche e di emergenza provocate da azioni pericolose per le persone da parte dell'orso MJ5 può essere eliminato solo con la sua rimozione> ”. B Anche la misura alternativa della captivazione permanente è stata adeguatamente valutata e motivatamente esclusa nel decreto impugnato. In primis ciò è avvenuto attraverso il rinvio alle Linee guida del 2021, le quali al capitolo 5.2.1, prevedono che “la cattura per radiocollarizzazione costituisce una misura certamente valida per il monitoraggio intensivo degli esemplari ed è propedeutica rispetto ad altre azioni quali ad esempio la dissuasione , ma non può essere considerata misura atta a gestire il pericolo e per tutelare l'incolumità delle persone”. Le stesse Linee guida del 2021 “ritengono preferibile che per gli orsi classificati nei livelli più alti della pericolosità sia adottata la misura dell'abbattimento” e specificano a tal riguardo che la Provincia di Trento “si è dotata di strutture atte al recupero e alla captivazione temporanea o permanente di orsi sin dall'inizio della fase di gestione ordinaria. In particolare, il recinto del Casteller è stato realizzato nel 2007 per ospitare sia orsi bisognosi di essere recuperati alla vita selvatica sia eventuali orsi problematici, catturati al fine di garantire la sicurezza e l'incolumità pubblica, in applicazione delle deroghe al regime di protezione che li caratterizza o in base ad ordinanze contingibili ed urgenti per motivi di sicurezza pubblica emanate dal Presidente della Provincia. Il recinto del Casteller è stato dotato, fin dalla costruzione, di barriere fisiche ed elettriche, proprio in quanto destinato ad accogliere esemplari di orso di provenienza selvatica, anche catturati a seguito di eventi che il Pacobace classifica come caratterizzati da elevati livelli di problematicità. Il numero di esemplari che il recinto è stato fin dall'origine destinato ad ospitare, e per cui quindi si sono acquisiti i pareri e le autorizzazioni di Ispra e del Commissariato del Governo, è pari a tre. Il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del Mare ha compartecipato al finanziamento del citato recinto, anche in relazione al fatto che lo stesso doveva almeno teoricamente avere valenza sovraprovinciale arco alpino italiano . Nel dettaglio, il Casteller è composto da un'area esterna, dell'ampiezza complessiva di circa 8.000 metri quadrati, e da un'area interna, di circa 100 metri quadrati, dove sono ubicate le tane artificiali. L'area esterna, completamente boscata, è suddivisa in tre settori, che possono essere anche posti in comunicazione fra di loro”. Nelle medesime Linee guida del 2021 viene poi sottolineato che “a quanto risulta il Casteller è l'unica struttura presente nella zona alpina, compresi i paesi di confine, attualmente autorizzata a detenere orsi problematici di origine selvatica. Non si è a conoscenza dell'esistenza di strutture con tali precise finalità e caratteristiche neanche nel resto d'Europa, a parte rarissime eccezioni. A questo riguardo va ribadito che, nei territori degli stati europei in cui è presente l'orso, le popolazioni di plantigradi sono gestite solitamente prevedendo l'abbattimento degli animali problematici/pericolosi e non la captivazione a vita degli stessi. La soluzione dell'abbattimento è infatti ritenuta preferibile in gran parte dell'Europa in considerazione delle seguenti valutazioni di carattere tecnico orsi nati in libertà e abituati a muoversi a propria discrezione su spazi nell'ordine di grandezza di centinaia di kmq non possono trovare una situazione che replichi la medesima condizione in un'area delimitata, per quanto vasta essa possa essere gli orsi in cattività possono vivere molto più a lungo che in natura sino a 30-40 anni ciò comporta previsioni di custodia molto impegnative sotto tutti i punti di vista, a cominciare dal numero di esemplari che potrebbe essere necessario custodire già nel breve-medio periodo e dal relativo impegno in termini di realizzazione e gestione di strutture di contenimento la gestione degli orsi di origine selvatica in spazi contenuti implica, soprattutto nelle prime fasi di ambientamento, frequenti problemi di interazione tra gli stessi salvo in alcune fasi, in natura gli orsi bruni conducono vita solitaria che possono sfociare in aggressioni comportanti danni fisici e/o uccisioni in ogni caso, per gli esemplari che trascorrono del tempo entro tali strutture non è possibile una nuova liberazione nell'ambiente naturale, dato il grado di assuefazione all'uomo che forzatamente determina la loro captivazione i costi da sostenere per realizzare e manutenere strutture in grado di contenere orsi di origine selvatica sono molto alti essi non sono sostenibili nel medio-lungo periodo, avuto riguardo al fatto che il numero di animali coinvolti potrebbe crescere costantemente, di pari passo con la crescita della popolazione esistente in natura”. Infine al par. 5.3 delle medesime Linee guida rubricato “La rimozione attraverso l'abbattimento” , si precisa quanto segue “Nei casi degli atteggiamenti descritti ai punti 13, 14, 15, 16, 17 e 18 i più gravi nella scala che va da 1 a 18 della Tabella 3.1 del Pacobace, vista l'impossibilità di eliminare tali comportamenti con la mera radiocollarizzazione e di spostare altrove gli esemplari problematici, è necessario procedere, in assenza di altre soluzioni valide, alla loro rimozione nel rispetto delle procedure e delle condizioni poste dalla normative. Per < rimozione> si intendono alternativamente la riduzione in cattività permanente o l'abbattimento. Avuto riguardo a quanto sopra esposto in relazione agli importanti limiti intrinseci della captivazione permanente quale strumento di rimozione degli orsi nel medio-lungo periodo, l'azione energica da adottarsi nel caso di atteggiamenti descritti ai citati punti 13, 14, 15, 16, 17 e 18 i più gravi nella scala che va da 1 a 18 è in particolare quella dell'abbattimento lettera K ” C analogamente la motivazione della scelta assunta per l'orso pericoloso in questione deriva dal rinvio che il decreto impugnato effettua al documento denominato “Orsi problematici in provincia di Trento conflitti con le attività umane, rischi per la sicurezza pubblica e criticità gestionali. Analisi della situazione attuale e previsioni per il futuro”, datato gennaio 2021 e predisposto da ISPRA in collaborazione con il Museo delle scienze di Trento MUSE , in breve Rapporto ISPRA MUSE 2021 , il quale parimenti esprime la preferenza per l'abbattimento degli orsi pericolosi ad “alto rischio”. Nel documento sono analizzati tutti i dati relativi agli orsi problematici fino a quel momento osservati nella Provincia di Trento e ivi, “sono state individuate due categorie di orsi in base ai comportamenti registrati orsi potenzialmente pericolosi ossia gli orsi confidenti, che sono tali con alta probabilità come conseguenza di condizionamento alimentare, categorie del PACOBACE 13, entrano nei centri abitati, 16, seguono le persone, 17, cercano di penetrare in abitazioni anche frequentate stagionalmente e 15, orsi che attaccano e causano il ferimento di persone per la prima volta in difesa dei piccoli, della propria preda o perché provocati in altro modo. Orsi ad alto rischio, ossia orsi responsabili di attacchi non provocati a persona categoria 18 del PACOBACE , orsi appartenenti alla categoria 15, ma in associazione ad altri comportamenti pericolosi o che attaccano una seconda volta, e orsi confidenti soggetti a condizionamento alimentare che manifestano ripetutamente e con crescente intensità comportamenti ascrivibili alle categorie 13 e 16 e per i quali la dissuasione sia risultata inefficace”. Nel citato documento, si conclude, nel modo seguente “Per quanto riguarda la cattura e l'inserimento in cattività degli individui particolarmente problematici, si sottolinea che tale pratica, oltre ad implicare costi molto alti di mantenimento degli orsi e delle strutture stesse, comporta una considerevole abituazione all'uomo, la quale può esacerbare comportamenti a rischio ed esclude ogni possibilità di rilascio in natura, come anche evidenziato negli studi di Huber 2010 e Clark et al. 2002 . Inoltre, la permanenza in cattività rappresenta un problema importante di benessere animale si veda relazione CITES-ISPRA 21/09/2020 , soprattutto per individui nati e cresciuti in natura e che richiedono spazi ampi in cui potersi muovere. Come indicato nella relazione CITES-ISPRA, infatti, ad oggi gli animali ospitati in cattività presso la struttura del Casteller non si trovano in condizioni idonee per garantirne il benessere, questo a causa della limitata disponibilità di spazi e della forzata convivenza dei vari animali presenti in spazi limitati, che non rispetta le esigenze etologiche della specie e che potrebbe portare ad interazioni aggressive tra gli orsi. Inoltre, non sono da escludersi tentativi di fuga da parte degli animali, come già successo con M49, che comportano un ingente dispendio di risorse e difficoltà di recupero degli animali. Considerato che nei prossimi cinque anni si prevede l'insorgere di nuovi individui che richiederanno la rimozione, si ritiene la captivazione non sostenibile per la gestione degli orsi problematici a medio e lungo termine, data la scarsità di spazi e risorse, e le evidenti difficoltà nel garantire il benessere degli animali. Per i motivi sopra citati, si ritiene che l'abbattimento, soluzione esplicitamente prevista dal PACOBACE e già adottata in passato per la gestione di individui particolarmente problematici, potrebbe rendersi un'opzione necessaria, qualora le altre azioni di prevenzione e dissuasione previste da PACOBACE risultassero inefficaci” D anche a prescindere dal richiamo a siffatti documenti, la motivazione dell'esclusione dell'azione energica consistente nella “captivazione permanente” è stata esplicitata in via autonoma nel decreto gravato. Come si legge nel provvedimento impugnato il Centro del Casteller “di proprietà della Provincia autonoma di Trento e gestito dalle strutture dipendenti dal Dipartimento protezione civile, foreste e fauna, è dotato, all'interno di un più ampio recinto, di tre spazi, indipendenti ma eventualmente tra loro comunicanti, per la collocazione e la captivazione di orsi, dei quali uno è occupato stabilmente dall'orso M49 e gli altri devono essere obbligatoriamente lasciati disponibili per poter consentire la collocazione temporanea di esemplari di grandi carnivori orsi e lupi a seguito di situazioni di emergenza o di eventuali altri esemplari di orso o lupo che avessero bisogno di cura e riabilitazione in funzione del loro successivo rilascio a vita libera considerato che deve ritenersi prioritario assicurare all'orso M49, già stabilmente ricoverato nel centro del Casteller, uno spazio il più ampio possibile, al fine di garantirgli le migliori condizioni di vita, consentendogli, se possibile, di occupare più di un settore del recinto considerato pertanto che non è possibile assicurare la captivazione permanente dell'esemplare MJ5 al centro del Casteller e considerato che in Provincia di Trento non esiste un'altra struttura idonea a garantire la custodia in sicurezza di tale esemplare di orso, altamente pericoloso considerato che al momento attuale non è in conoscenza dell'amministrazione una soluzione alternativa per la capitvazione permanente fuori dal territorio provinciale, posto che le manifestazioni di interesse in tal senso pervenute non risultano in alcun modo circostanziate e tali da garantire la sicurezza pubblica”. In definitiva, dall'articolata motivazione del medesimo decreto numero 9 del 2023 si evince che nel caso in esame le misure alternative all'abbattimento sono state adeguatamente considerate, ma il Presidente della Provincia conformandosi anche agli atti presupposti cui il decreto fa rinvio e segnatamente al parere dell'ISPRA, sulla base di ulteriori valutazioni discrezionali e tecnico-discrezionali richieste dall'articolo 1, comma 1, della legge provinciale numero 9/2018 ai fini della concreta individuazione della misura da adottare non ha ritenuto le misure alternative idonee a fronteggiare la pericolosità dell'orso. IV. L'ulteriore presupposto indispensabile alla deroga in questione, ossia la dimostrazione “che il prelievo non pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale” è stato verificato, come risulta dalla relativa parte motiva del decreto impugnato, ed anche dal parere ISPRA più volte citato. V. L'oggetto del giudizio in esame non è la gestione dell'orso, sia pregressa che futura da parte della Provincia autonoma di Trento e la sua idoneità a prevenire i contatti uomo-orso ma, a fronte dell'avvenuto attacco ad un uomo da parte di un singolo esemplare di orso, valutato come pericoloso ad “alto rischio” per la sicurezza e l'incolumità pubblica, quale l'esemplare individuato come MJ5, la legittimità del provvedimento decreto 9/2023 che ne ordina la di rimozione per abbattimento. VI. Il decreto impugnato non costituisce l'esercizio di un potere extraordinem ma si inquadra nell'ambito del procedimento ordinario disciplinato dalla legge provinciale numero 9 del 2018, puntualmente rispettato nella sua sequenza procedimentale, tramite l'acquisizione del conforme parere di ISPRA e dunque è smentita per tabulas la volontà, nel caso di specie di “poter gestire in modo autonomo sottraendosi al controllo del Ministero dell'Ambiente ed al relativo potere di indirizzo del governo nazionale una materia coperta da una rigorosa riserva di competenza del governo nazionale” il potere di autorizzazione alla rimozione dell'orso in argomento è pienamente spettante al Presidente della Provincia alla luce della richiamata legge provinciale favorevolmente scrutinata dalla Corte Costituzionale, mentre sul punto non trova applicazione, nell'ambito dell'ordinamento provinciale, l'articolo 11 del d.P.R. 357 del 1997. VII. Nel caso di specie “non è stato attivato alcun automatismo ma una motivata scelta dell'azione energica da intraprendere in relazione ad un orso pericoloso MJ5 al fine di tutelare l'incolumità pubblica. Al riguardo non è pertinente il richiamo alla precedente sentenza numero 150 del 2021 di questo stesso Tribunale, confermata con la sentenza di appello numero 1937 del 2022 in quanto ivi sono state annullate le linee guida provinciali in ragione e per le parti in cui prevedevano la scelta di abbattimento quale conseguenza ineluttabile, e dunque automatica, di un attacco dell'orso all'uomo da esercitarsi per mezzo di un ordinanza contingibile ed urgente, a contenuto quindi predeterminato ed a prescindere da una valutazione caso per caso. Nel caso in esame invece il potere esercitato si annovera nell'alveo del potere tipizzato in via ordinaria dalla legge provinciale numero 9 del 2018 e dunque sulla scorta di una valutazione puntuale del caso occorso e nel rispetto del procedimento legislativamente previsto”. 1.8. Con successive memorie di replica del 19 giugno 2023 la parte ricorrente e la parte resistente hanno insistito per le rispettive conclusioni. 1.9. L'Associazione ricorrente, con il secondo ricorso per motivi aggiunti in epigrafe indicato, depositato il 16 giugno 2023, ha altresì impugnato il Rapporto denominato “Orsi problematici in provincia di Trento conflitti con le attività umane, rischi per la sicurezza pubblica e criticità gestionali. Analisi della situazione attuale e previsioni per il futuro” Rapporto ISPRA-MUSE redatto nell'ambito dei lavori del Tavolo tecnico-scientifico per la gestione dell'orso nella Provincia di Trento, istituito dal Ministero dell'Ambiente con nota prot. 37927 del 12.8.2020, datato gennaio 2021 e predisposto da ISPRA in collaborazione con il Museo delle scienze di Trento MUSE , chiedendone l'annullamento nella parte in cui prevede, alla luce delle motivazioni ivi illustrate, che “l'abbattimento, soluzione esplicitamente prevista dal PACOBACE e già adottata in passato per la gestione di individui particolarmente problematici, potrebbe rendersi un'opzione necessaria, qualora le altre azioni di prevenzione e dissuasione previste da PACOBACE risultassero inefficaci”. In particolare, la ricorrente deduce che tale documento sarebbe affetto in primis da un vizio di illogicità e contraddittorietà della motivazione, poiché “dopo avere elencato nei precedenti capitoli una serie di criticità, inadempienze ed inefficienze gestionali imputabili alla PAT ne fa discendere apoditticamente la < necessità> di scegliere in via privilegiata la misura dell'abbattimento degli animali come unica alternativa possibile anche pro futuro”, con violazione “del disposto dell'articolo 97 della Cost. e dell'articolo 21 octies della l. numero 241 del 1990”. Inoltre, in tesi della ricorrente emerge un ulteriore vizio “di eccesso di potere per illogicità e contraddittorietà della motivazione”, del provvedimento impugnato in via principale che ha ricondotto il comportamento dell'orso MJ5 alla fattispecie di cui al numero 18 del PACOBACE, asseritamente sulla base dell'analisi contenuta nel Rapporto ISPRA-MUSE del 2021, mentre in realtà si tratta di un orso assolutamente schivo e non confidente che ha avuto una reazione naturale dopo essere stato sorpreso a distanza ravvicinata dalla presenza di un uomo con il cane. 1.10. L'Associazione ricorrente ha proposto appello avverso l'ordinanza numero 40 del 2023 di questo Tribunale. La III sezione del Consiglio di Stato con ordinanza numero 2919 del 14 luglio 2023 ha riformato in parte l'ordinanza numero 40/2023, ed ha pertanto sospeso l'ordine di abbattimento dell'esemplare MJ5 disposto con il decreto del Presidente della Provincia numero 9 del 2023, ferma restando la capitazione dell'esemplare di orso medesimo “a tutela della sicurezza pubblica”. 1.11. Con successive memorie le parti hanno insistito per le rispettive conclusioni. 1.12. Alla pubblica udienza del 14 dicembre 2023 la causa è stata trattenuta in decisione. 2. Il quadro normativo di riferimento. 2.1. Tenuto conto di quanto precede, in via pregiudiziale il Collegio ritiene che, ai fini della propria decisione, sia necessario acquisire l'interpretazione della Corte di Giustizia dell'Unione Europea in ordine all'articolo 16 della Direttiva 31 maggio 1992, 92/43/CEE recante “Direttiva del Consiglio relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche” di seguito Direttiva Habitat , quanto alle condizioni cui può essere rilasciata l'autorizzazione alla deroga ai divieti previsti dal medesimo articolo 12. 2.2. A tale riguardo occorre preliminarmente illustrare il pertinente contesto normativo relativo alla fattispecie di cui è causa, iniziando dalla normativa sovranazionale. 2.3 L'orso bruno Ursus arctos è anzitutto protetto dalla Convenzione del 19 settembre 1979, cosiddetta di “Berna”, entrata in vigore il 6 giugno 1982, ratificata e resa esecutiva in Italia con legge 5 agosto 1981, numero 503, sulla conservazione della flora e fauna selvatica europea e dei suoi habitat naturali. L'orso è elencato nell'allegato II, quindi, tra le specie particolarmente protette, insieme al lupo. In particolare, l'articolo 6 della suddetta Convenzione stabilisce il dovere di ogni parte di assumere ogni misura amministrativa e legislativa appropriata e necessaria per assicurare la protezione della fauna selvatica. Sono vietate, tra le altre cose, tutte le forme di cattura, sequestro, uccisione deliberata. In attuazione del citato articolo 6 della convenzione di Berna, l'Unione Europea ha approvato la Direttiva Habitat la quale dedica l'articolo 12 ai divieti chiamati a corroborare il regime di rigorosa tutela della specie di animali di cui all'allegato IV, lett. a della direttiva, ivi compreso l'orso bruno, e l'articolo 16 alle possibili deroghe ai divieti medesimi, del seguente tenore letterale “articolo 12 1. Gli Stati membri adottano i provvedimenti necessari atti ad istituire un regime di rigorosa tutela delle specie animali di cui all'allegato IV, lettera a , nella loro area di ripartizione naturale, con il divieto di a qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell'ambiente naturale b perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione c distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell'ambiente naturale d deterioramento o distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo. 2. Per dette specie gli Stati membri vietano il possesso, il trasporto, la commercializzazione ovvero lo scambio e l'offerta a scopi commerciali o di scambio di esemplari presi dall'ambiente naturale, salvo quelli legalmente raccolti prima della messa in applicazione della presente direttiva. 3. I divieti di cui al paragrafo 1, lettere a e b e al paragrafo 2 sono validi per tutte le fasi della vita degli animali ai quali si applica il presente articolo. 4. Gli Stati membri instaurano un sistema di sorveglianza continua delle catture o uccisioni accidentali delle specie faunistiche elencate nell'allegato IV, lettera a . In base alle informazioni raccolte, gli Stati membri intraprendono le ulteriori ricerche o misure di conservazione necessarie per assicurare che le catture o uccisioni accidentali non abbiano un impatto negativo significativo sulle specie in questione” “articolo 16 1. A condizione che non esista un'altra soluzione valida e che la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale, gli Stati membri possono derogare alle disposizioni previste dagli articoli 12, 13 VEGETALI , 14 e 15, lettere a e b a per proteggere la fauna e la flora selvatiche e conservare gli habitat naturali b per prevenire gravi danni, segnatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico e alle acque e ad altre forme di proprietà c nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente d per finalità didattiche e di ricerca, di ripopolamento e di reintroduzione di tali specie e per operazioni di riproduzione necessarie a tal fine, compresa la riproduzione artificiale delle piante e per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti. 2. Gli Stati membri trasmettono alla Commissione ogni due anni una relazione, conforme al modello elaborato dal comitato, sulle deroghe concesse a titolo del paragrafo 1. La Commissione comunica il suo parere su tali deroghe entro il termine massimo di dodici mesi dopo aver ricevuto la relazione e ne informa il comitato. 3. Le informazioni dovranno indicare a le specie alle quali si applicano le deroghe e il motivo della deroga, compresa la natura del rischio, con l'indicazione eventuale delle soluzioni alternative non accolte e dei dati scientifici utilizzati b i mezzi, sistemi o metodi di cattura o di uccisione di specie animali autorizzati e i motivi della loro utilizzazione c le circostanze di tempo e di luogo in cui tali deroghe sono concesse d l'autorità abilitata a dichiarare e a controllare che le condizioni richieste sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, strutture o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali servizi e quali sono gli addetti all'esecuzione e le misure di controllo attuate ed i risultati ottenuti”. 2.4. Nell'ordinamento dello Stato Italiano, gli articoli 12 e 16 della direttiva in argomento sono stati recepiti con il d.P.R. 8 settembre 1997, numero 357, i cui articoli 8 e 11 ne richiamano il contenuto. Tale decreto non è però applicabile nel territorio della Provincia di Trento, che ha dato diretta attuazione all'articolo 16 della Direttiva Habitat, quanto alla fattispecie di autorizzazione alla deroga al divieto di uccisione o cattura, con l'articolo 1 della legge provinciale 11 luglio 2018, numero 9 recante “Attuazione dell'articolo 16 della Direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche tutela del sistema alpicolturale”. Il testo della citata disposizione legislativa così prevede “articolo 1 Misure di prevenzione e d'intervento concernenti i grandi carnivori ai fini della tutela del sistema alpicolturale provinciale. 1. Al fine di conservare il sistema alpicolturale del territorio montano provinciale il Presidente della Provincia, per proteggere le caratteristiche fauna e flora selvatiche e conservare gli habitat naturali, per prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque e ad altre forme di proprietà, per garantire l'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente, può, acquisito il parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, limitatamente alle specie Ursus arctos e Canis lupus, autorizzare il prelievo, la cattura o l'uccisione, a condizione che non esista un'altra soluzione valida e che il prelievo non pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale. La Giunta provinciale informa con tempestività il Consiglio provinciale in merito alle misure assunte. La Provincia autonoma di Trento assicura le informazioni necessarie all'adempimento degli obblighi di comunicazione dello Stato alla Commissione europea. 2. La Provincia informa tempestivamente i comuni e le comunità sul cui territorio si registrino situazioni critiche determinate dalle specie indicate al comma 1”. Tale disciplina di fonte provinciale il cui testo, a giudizio di questo Tribunale, è pienamente corrispondente al quello dell'articolo 16 della Direttiva Habitat quanto ai presupposti per l'autorizzazione alla deroga in caso di prelievo, cattura o uccisione è stata riconosciuta costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale italiana con la sentenza 27 settembre 2019, numero 215. In motivazione la Corte ha evidenziato che la Direttiva Habitat “conferisce il potere di deroga agli Stati membri genericamente intesi, lasciando l'individuazione del soggetto competente ad attuare l'articolo 16 alle norme interne” e che sussiste la competenza delle Province Autonome in materia di diretta attuazione, con legge provinciale, dell'articolo 16 della Direttiva Habitat, in forza dell'articolo 7 del d.P.R. 19 novembre 1987, numero 526, recante “Estensione alla regione Trentino-Alto Adige ed alle province autonome di Trento e Bolzano delle disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977, numero 616” e dell'articolo 40, comma 1, della legge 24 dicembre 2012, numero 234, recante “Norme generali sulla partecipazione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea”. La Corte costituzionale ha precisato altresì che le finalità del potere delle Province autonome di Trento e Bolzano di dare diretta attuazione alla Direttiva Habitat, attengono a misure che intersecano le materie di competenza provinciale primaria e “concorrono a delineare un peculiare assetto dell'ecosistema delle Province autonome di Trento e di Bolzano e il loro esercizio, pertanto, ben può essere rivendicato a livello provinciale”, e che “le competenze statutarie delle Province autonome assicurano la complessiva tutela del particolare ecosistema provinciale e, in considerazione delle particolari caratteristiche dell'habitat alpino, giustificano l'attribuzione della competenza all'esercizio della deroga all'autonomia provinciale, prevedendo un sostanziale bilanciamento, legittimamente rimesso dalle leggi provinciali impugnate ai Presidenti delle Province autonome, quali organi idonei alla valutazione della dimensione anche localistica degli interessi coinvolti”. Da ultimo, con l'articolo 59 della legge provinciale 8 agosto 2023, numero 9 recante “Assestamento del bilancio di previsione della Provincia autonoma di Trento per gli esercizi finanziari 2023 2025” è stata modificata la legge provinciale numero 9 sopra richiamata, introducendo, all'articolo 1, i commi 1 bis, 1 ter, 1 quater e 1 quinquies. Il testo risultante da tale intervento additivo è pertanto il seguente “articolo 1 Misure di prevenzione e d'intervento concernenti i grandi carnivori ai fini della tutela del sistema alpicolturale provinciale. 1. Al fine di conservare il sistema alpicolturale del territorio montano provinciale il Presidente della Provincia, per proteggere le caratteristiche fauna e flora selvatiche e conservare gli habitat naturali, per prevenire danni gravi, specificatamente alle colture, all'allevamento, ai boschi, al patrimonio ittico, alle acque e ad altre forme di proprietà, per garantire l'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente, può, acquisito il parere dell'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale, limitatamente alle specie Ursus arctos e Canis lupus, autorizzare il prelievo, la cattura o l'uccisione, a condizione che non esista un'altra soluzione valida e che il prelievo non pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale. La Giunta provinciale informa con tempestività il Consiglio provinciale in merito alle misure assunte. La Provincia autonoma di Trento assicura le informazioni necessarie all'adempimento degli obblighi di comunicazione dello Stato alla Commissione europea. 1 bis. Quando il Presidente della Provincia ordina il prelievo, la cattura o l'uccisione di esemplari delle specie previste dal comma 1 nell'ambito dei propri poteri di adozione di provvedimenti contingibili e urgenti previsti dall'articolo 52 dello Statuto di autonomia, l'ordine è dato ed eseguito senza necessità di acquisire il parere previsto dal comma 1. 1 ter. Quando il Presidente autorizza ai sensi del comma 1, nel rispetto di tutte le condizioni esposte dall'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche, o ai sensi del comma 1 bis, il prelievo di esemplari previsti dal comma 1, quale misura di sottrazione permanente all'ambiente naturale, dispone sempre l'uccisione dell'esemplare, quando si verifica una delle seguenti condizioni a l'esemplare è segnalato in centro residenziale o nelle immediate vicinanze di abitazioni stabilmente in uso b l'esemplare provoca danni ripetuti a patrimoni per i quali l'attivazione di misure di prevenzione o di dissuasione risulta inattuabile o inefficace c l'esemplare attacca, con contatto fisico d l'esemplare segue intenzionalmente delle persone e l'esemplare cerca di penetrare in abitazioni, anche frequentate solo stagionalmente. 1 quater. Il Presidente può autorizzare, secondo quanto previsto dal comma 1, interventi volti a ripristinare la naturale diffidenza nei confronti dell'uomo e delle sue attività dei soggetti appartenenti alle specie previste dal comma 1. 1 quinquies. In relazione a quanto previsto dai commi 1 bis, 1 ter e 1 quater la Provincia informa il Consiglio provinciale e assicura le informazioni necessarie all'adempimento degli obblighi di comunicazione dello Stato alla Commissione europea, secondo quanto previsto dal comma 1. 2. La Provincia informa tempestivamente i comuni e le comunità sul cui territorio si registrino situazioni critiche determinate dalle specie indicate al comma 1”. 3. I precedenti giurisprudenziali. 3.1. Secondo la giurisprudenza di questo Tribunale già cristallizzata nella sentenza del T.R.G.A. Trentino Alto Adige, Trento, 13 marzo 2018, numero 63 “la disciplina provinciale recata dalla l.p. 9 del 2018, in piena conformità con quanto disposto dall'articolo 16 della Direttiva Habitat a cui dà diretta attuazione – ed in termini del tutto omologhi a quanto parimenti previsto dall'articolo 11 del d.P.R. 357 del 1997 nonché il derivato documento tecnico di gestione PACOBACE non definiscono una graduazione tra le due azioni energiche, < captivazione permanente> o < abbattimento> nella disposizione della legge provinciale individuate nei termini di < prelievo, cattura o uccisione> nell'articolo 16 delle dir. 92/43/CEE < cattura o uccisione> in caso di orso pericoloso. Invero, la < condizione che non esista un'altra soluzione valida> , cui fa richiamo l'articolo 16 della direttiva Habitat e l'articolo 1 della l.p. 9 del 2018 che vi dà attuazione ma anche l'articolo 11 del d.P.R. 357 del 1997, costituisce il presupposto indefettibile da ricondursi alla preliminare decisione di sottrarre l'animale protetto dal suo ambiente naturale, presupposto da esplicitarsi in maniera puntuale attraverso una motivazione specifica ed argomentata, nonché correlata al caso concreto” rif. ordinanza cautelare T.R.G.A. Trento, 26 maggio 2023, numero 40 nonché negli stessi termini le analoghe cautelari numero 34/2023, numero 35/2023 numero 37/2023 numero 39/2023 numero 38/2023 numero 53/2023 numero 54/2023 . 3.2. Invece il Consiglio di Stato, sez. III, giudice di appello, rif. ex multis la richiamata ordinanza cautelare numero 2919/2023 ha espresso un diverso avviso. Innanzitutto, il Consiglio di Stato ha affermato quanto segue “ la Corte di Giustizia, sentenza 11 giugno 2020, C-88/19, ha avuto modo di esprimersi sulla portata applicativa della direttiva < Habitat> , precisando che < Il rispetto di questa disposizione impone agli Stati membri non solo l'adozione di un quadro normativo completo, ma anche l'attuazione di misure di tutela concrete e specifiche. Del pari, il regime di rigorosa tutela presuppone l'adozione di misure coerenti e coordinate di carattere preventivo. Un tale regime di rigorosa tutela deve pertanto consentire di evitare effettivamente la cattura o l'uccisione deliberata nell'ambiente naturale di esemplari delle specie animali protette [v. in questo senso, sentenze del 17 aprile 2018, Commissione/Polonia Foresta di Białowieża , C441/17, EU C 2018 255, punto 231 e giurisprudenza citata, e del 10 ottobre 2019, Luonnonsuojeluyhdistys Tapiola, C674/17, EU C 2019 851, punto 27]. Sebbene l'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva «habitat» autorizzi gli Stati membri a derogare alle disposizioni dei suoi articoli da 12 a 14 nonché del suo articolo 15, lettere a e b , una deroga adottata su tale base è subordinata, nei limiti in cui consente a detti Stati membri di sottrarsi agli obblighi inerenti al regime di rigorosa tutela delle specie naturali, alla condizione che non esista un'altra soluzione valida e che tale deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni delle specie interessate nella loro area di ripartizione naturale. Siffatte condizioni riguardano tutte le ipotesi previste all'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva citata sentenza del 10 ottobre 2019, Luonnonsuojeluyhdistys Tapiola, C674/17, EU C 2019 851, punti 28 e 29 … . … Per quanto riguarda, in terzo luogo, l'obiettivo perseguito dalla direttiva «habitat», occorre ricordare che gli articoli 12, 13 e 16 di quest'ultima formano un complesso coerente di regole volte alla tutela delle popolazioni delle specie interessate sentenza del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito, C6/04, EU C 2005 626, punto 112 . L'obiettivo comune di tali disposizioni consiste nel garantire una rigorosa tutela delle specie animali protette mediante divieti previsti all'articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva, mentre le eccezioni sono unicamente autorizzate alle rigorose condizioni enunciate all'articolo 16, paragrafo 1, di detta direttiva, il quale deve essere interpretato restrittivamente v., in tal senso, sentenze del 10 maggio 2007, Commissione/Austria, C508/04, EU C 2007 274, punti da 109 a 112, nonché del 15 marzo 2012, Commissione/Polonia, C46/11, non pubblicata, EU C 2012 146, punto 29 > ”. Quindi il Consiglio di Stato ha evidenziato quanto segue A “ . da questa premessa di carattere normativo emerge in maniera chiara che la materia è governata dal principio di proporzionalità i cui contorni sono stati in via generale, in più occasioni, precisati da questa Sezione. La protezione della vita degli animali ha una tutela rafforzata a cui si può derogare, come si è detto, solo in presenza di condizioni che sono da interpretarsi in maniera rigorosa e restrittiva, secondo una logica graduata che risponda quindi al canone di proporzionalità. Giova precisare che tale principio ha anzitutto radici nel diritto eurounitario. Da canone ermeneutico utilizzato dalla Corte di Giustizia ex plurimis, C-8/1955 Federation Charbonnere, C 5-11-13-15/1962 Società acciaierie San Michele ha assunto sempre una maggiore preminenza nel panorama dei principi fondamentali del diritto europeo, sino a trovare positivizzazione nel Trattato dell'Unione Europea, all'articolo 5. Il principio di proporzionalità, inteso quale limite all'azione delle istituzioni dell'Unione a quanto è strettamente necessario per il conseguimento degli obiettivi del Trattato, è al tempo stesso criterio di predisposizione degli atti normativi e amministrativi e parametro di valutazione degli stessi. La proporzionalità si compone di tre elementi idoneità, necessarietà e proporzionalità in senso stretto. È idonea la misura che permette il raggiungimento del fine, il conseguimento del risultato prefissato. La misura deve essere poi necessaria, vale a dire l'unica possibile per il raggiungimento del risultato prefissato. La proporzionalità in senso stretto richiede, invece, che la scelta amministrativa ovvero legislativa non rappresenti un sacrificio eccessivo nella sfera giuridica del privato. Nella giurisprudenza della Corte di giustizia la proporzionalità rimane un concetto duttile che si concretizza volta per volta in base agli scopi perseguiti dai Trattati. Per dirsi proporzionata, quindi, non basta che la misura sia idonea a perseguire il fine ma deve essere l'unica possibile tale da non rappresentare un sacrificio eccessivo per il bene ritenuto recessivo all'esito del bilanciamento tra contrapposti interessi” B “ diversamente da quanto affermato dal Giudice primo grado, le diverse misure che l'Autorità può assumere – per come richiamate dalle fonti normative sopra citate e secondo l'interpretazione fatta propria dalla Corte di Giustizia devono ritenersi enunciate in via gradata con la conseguenza che è possibile ricorrere alla misura più grave solo ove sia provata, nei modi che intra si diranno, l'impossibilità di adottare la misura meno cruenta e, quindi, < a condizione che esista un'altra soluzione valida> ”. Sulla scorta dei riferimenti normativi e giurisprudenziali innanzi richiamati il Consiglio di Stato ha concluso come segue A “ può ricorrersi all'abbattimento dell'animale solo nell'ipotesi estrema e di rara verificazione di impossibilità oggettiva, non solo temporanea e soggettiva, da valutarsi secondo i criteri generali dell'ordinamento giuridico, di ricorrere ad azioni meno cruente ” B “ nel caso in questione, il provvedimento impugnato in primo grado esorbita dal suddetto perimetro in quanto delibera l'abbattimento dell'animale senza avere adeguatamente valutato l'efficacia di misure intermedie idonee a salvaguardare l'incolumità pubblica senza sacrificare la vita dell'animale, bene giuridico oggi costituzionalmente protetto” C “il provvedimento impugnato, come correttamente osservato dal Presidente del Tar locale nei numerosi decreti monocratici resi nei giudizi di che trattasi, presenta un inaccettabile vizio logico. La mancanza di adeguate strutture per l'accoglimento e la gestione di animali < problematici> non può legittimare una misura che viola il principio di proporzionalità e che rischia di autorizzare un uso seriale, indiscriminato della decisione estrema e più cruenta che come detto deve costituire l'extrema ratio ” D “l'allarme sociale destato dai drammatici episodi ultimamente occorsi, se legittima il rafforzamento delle misure preventive diverse dall'abbattimento, non può incidere sulle valutazioni dell'amministrazione che deve continuare ad ispirarsi rigorosamente ai già citati criteri di legge al fine di trovare il punto di equilibrio ispirato a proporzionalità ” E “proprio in virtù delle lamentate carenze strutturali e nell'asserita situazione emergenziale, era compito dell'Amministrazione quello di valutare ogni misura intermedia tra la libertà e l'abbattimento dell'animale e, quindi, anche l'ipotesi del trasferimento in una struttura diversa da quelle di proprietà della Provincia, eventualmente anche fuori dal territorio nazionale, atteso che, contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa appellata e dal Collegio di primo grado, tale misura non presenta caratteristiche < extra ordinem> , trattandosi pur sempre di una forma di captivazione realizzata mediante esternalizzazione”. Per l'effetto il Consiglio di Stato ha ritenuto il decreto del Presidente della Provincia di Trento numero 9 del 2023 nella parte in cui dispone l'abbattimento dell'animale “sproporzionato e non coerente con le normative sovrannazionali e nazionali che impongono l'adeguata valutazione di misure intermedie” cfr. Cons. Stato III sez., ordinanza cautelare 14 luglio 2023, numero 2917 ed in senso conforme ordinanze numero 2919/2023 numero 2920/2023 numero 2015/2023 numero 2918/2023 numero 2914/2023 numero 2916/2023 . 4. L'ambito della questione pregiudiziale. 4.1. Preliminarmente questo Tribunale intende circoscrivere l'ambito della questione pregiudiziale da sottoporre alla Corte di Giustizia, osservando che, nel caso sottoposto al proprio esame, non rileva il giudizio sulle modalità gestionali con le quali è assicurata in via preventiva la rigorosa tutela della specie di animali oggetto di particolare protezione ivi compreso l'orso, Ursus arctos , da parte dell'autorità competente e nel territorio della Provincia di Trento. Quest'ultima tematica investe, infatti, l'osservanza agli obblighi di rigorosa tutela delle specie da parte di ciascuno Stato membro, ma non è pertinente al caso in esame, ove viene in considerazione un singolo provvedimento che dispone la rimozione di un animale pericoloso per la pubblica incolumità, indipendentemente dalle ragioni che hanno determinato tale circostanza. Pertanto, la questione pregiudiziale che si prospetta, mira ad acclarare quale sia la corretta interpretazione del diritto eurounitario applicabile al provvedimento di autorizzazione alla deroga al divieto di abbattimento, oggetto di impugnazione nel giudizio a quo. 4.2. Sempre in via preliminare, il Collegio osserva che, secondo una giurisprudenza costante della Corte di Giustizia “ai fini dell'interpretazione di una disposizione del diritto dell'Unione, occorre tenere conto non soltanto del suo tenore letterale, ma anche del suo contesto e degli obiettivi perseguiti dalla normativa di cui essa fa parte” sentenza del 21 novembre 2019, Procureur-Generaal bij de Hoge Raad der Nederlanden, C-678/18, EU C 2019 998, punto 31 e giurisprudenza citata . Assume quindi decisivo rilievo la finalità perseguita dalla Direttiva Habitat come espressa dal suo articolo 2 che recita come segue “1. Scopo della presente direttiva è contribuire a salvaguardare la biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo degli Stati membri al quale si applica il trattato. 2. Le misure adottate a norma della presente direttiva sono intese ad assicurare il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di fauna e flora selvatiche di interesse comunitario. 3. Le misure adottate a norma della presente direttiva tengono conto delle esigenze economiche, sociali e culturali, nonché delle particolarità regionali e locali”. Alla stregua di tale disposizione, l'obiettivo generale della Direttiva Habitat può agevolmente ricondursi a quello di contribuire alla biodiversità attraverso la conservazione degli habitat naturali e della fauna e della flora selvatiche articolo 2, paragrafo 1 . 4.3. La sentenza della Corte di Giustizia 11 giugno 2020, C-88/19 citata dal Consiglio di Stato nella propria ordinanza cautelare numero 2919/2023 consente di precisare quale sia la finalità della Direttiva in argomento. In particolare, la Corte di Giustizia ha chiarito che i termini “area di ripartizione naturale” e “ambiente naturale”, che figurano all'articolo 12, paragrafo 1, si estendono a coprire zone situate al di fuori dei siti specificamente protetti – es. al di fuori dei Siti Natura e comprendono anche zone popolate dell'uomo ed in quel contesto ha chiarito altresì che “la rigorosa tutela delle specie animali protette, mediante divieti previsti all'articolo 12, paragrafo 1, di tale direttiva, si applica non solo in luoghi specifici, bensì copre tutti gli esemplari delle specie animali protette che vivono nell'ambiente naturale o in stato selvatico e che svolgono, quindi, una funzione negli ecosistemi naturali, senza per forza applicarsi agli esemplari che formano oggetto di una forma legale di cattività” punto 44 e che “L'interpretazione secondo cui l'< area di ripartizione naturale> di tali specie, menzionata all'articolo 12, paragrafo 1, della direttiva < habitat> , comprende anche zone situate al di fuori dei siti protetti, e la protezione che ne deriva non è quindi limitata a tali siti, è invece idonea a realizzare l'obiettivo consistente nel vietare l'uccisione o la cattura di esemplari di specie animali protette. Infatti, si tratta di proteggere tali specie non solo in taluni luoghi, definiti in modo restrittivo, ma anche gli esemplari di queste ultime che vivono nell'ambiente naturale o in stato selvatico e che adempiono così una funzione negli ecosistemi naturali” punto 49 . Dunque si può ragionevolmente concludere che coerentemente con la finalità di tutela perseguita dalla Direttiva Habitat, la disposizione dell'articolo 12 che impone espressamente “il divieto di a qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell'ambiente naturale” sia indirizzata allo scopo di “proteggere tali specie non solo in taluni luoghi, definiti in modo restrittivo, ma anche gli esemplari di queste ultime che vivono nell'ambiente naturale o in stato selvatico e che adempiono così una funzione negli ecosistemi naturali” e non già tutelare tout court la vita del singolo esemplare di animale protetto vieppiù ove giudicato pericoloso ed a prescindere da ogni circostanza. 4.4. Più specificamente, con riferimento all'articolo 16 della Direttiva Habitat, la giurisprudenza della Corte di Giustizia, ha così statuito A “gli art[icoli] 12, 13 e 16 della direttiva [H]abitat formano un complesso coerente di norme volte alla tutela delle popolazioni delle specie interessate, di modo che ogni deroga incompatibile con tale direttiva costituirebbe una violazione sia dei divieti posti dagli art[icoli] 12 o 13 di essa, sia della norma secondo cui le deroghe possono essere consentite in conformità all'art[icolo] 16 della stessa direttiva” Corte giustizia Unione Europea, sentenza del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito, C-6/04, punto 112 Corte giustizia Unione Europea Sez. II, Commissione/Repubblica di Polonia sentenza 2 marzo 2023, C-432/21 B le fattispecie di deroga di cui all'articolo 16 devono essere oggetto di un'interpretazione restrittiva e l'onere della prova dell'esistenza delle condizioni richieste, per ciascuna deroga, grava sull'autorità che adotta la relativa decisione giurisprudenza costante sentenze del 20 ottobre 2005, Commissione/Regno Unito, C-6/04, punto 111, nonché del 10 maggio 2007, Commissione/Austria, C-508/04, punti 110 e 128 Commissione/Polonia, causa C-46/11, punto 29 Sentenza del 10 ottobre 2019, causa C-674/17 punto 59 sentenza 11 giugno 2020, causa C-88/19, punto 25 C le autorità nazionali competenti devono accertare la sussistenza di tutte e tre le condizioni previste dall'articolo 16 Sentenza del 14 giugno 2007, Commissione/Finlandia, causa 342/05, punto 45. Sentenza del 10 ottobre 2019, causa C-674/17 punto 59 , che sono le seguenti a dimostrazione di una o più motivazioni tra quelle elencate dall'articolo 16, paragrafo 1, lettere da a a d o per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti [lettera e ] b assenza di un'altra soluzione valida c garanzia del fatto che una deroga non pregiudichi il mantenimento delle popolazioni in uno stato di conservazione soddisfacente. D Inoltre gli Stati membri devono garantire che gli effetti cumulativi delle deroghe non producano impatti contrari agli obiettivi dell'articolo 12 e della direttiva nel suo insieme Sentenza del 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punto 38 e 58 e ss. ed adottare il principio di precauzione sancito nell'articolo 191, paragrafo 2, TFUE “se l'esame dei migliori dati scientifici disponibili lascia sussistere un'incertezza quanto al fatto che una siffatta deroga pregiudichi o meno il mantenimento o il ripristino delle popolazioni di una specie minacciata di estinzione in uno stato di conservazione soddisfacente” Sentenza del 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punto 66 E la sussistenza delle condizioni deve essere puntualmente motivata con riferimento a situazioni specifiche e concrete Sentenza del 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punto 41 e giurisprudenza ivi citata . 5. Il principio di proporzionalità. 5.1. Questo Tribunale non ignora quanto evidenziato dal Consiglio di Stato nell'ordinanza cautelare numero 2919 del 2023, e nelle altre sopra indicate, in merito alla portata del principio di proporzionalità e, in particolare, l'assunto secondo il quale la proporzionalità in senso stretto richiede “che la scelta amministrativa ovvero legislativa non rappresenti un sacrificio eccessivo nella sfera giuridica del privato. Nella giurisprudenza della Corte di giustizia la proporzionalità rimane un concetto duttile che si concretizza volta per volta in base agli scopi perseguiti dai Trattati. Per dirsi proporzionata, quindi, non basta che la misura sia idonea a perseguire il fine ma deve essere l'unica possibile tale da non rappresentare un sacrificio eccessivo per il bene ritenuto recessivo all'esito del bilanciamento tra contrapposti interessi”. Del resto, il principio in esame talvolta compendiato nella formula del ‘minimo mezzo' era stato autonomamente enucleato anche nell'ambito del dibattito dottrinale interno allo Stato italiano oltre un secolo e mezzo prima che esso fosse valorizzato dalla Corte di giustizia. In particolare, già nel 1814 un'autorevole dottrina aveva affermato che “la seconda regola pratica direttrice dell'amministrazione pubblica è far prevalere la cosa pubblica alla privata entro i limiti della vera necessità [ossia] col minimo possibile sacrificio della proprietà privata e libertà. Qui la prevalenza della cosa pubblica alla privata non colpisce il fine o l'effetto ma il semplice mezzo”. Non può tuttavia sottacersi che il Consiglio di Stato nelle suddette ordinanze non ha affatto preso posizione sulle puntuali motivazioni espresse al riguardo da questo Tribunale nelle proprie ordinanze cautelari, ove è stato più volte ribadito il principio secondo il quale “le misure del prelievo, della cattura e dell'uccisione sono, quindi, misure c.d. ‘energiche' tra loro equipollenti, nel senso che producono tutte il medesimo effetto di incidere sulla conservazione degli habitat naturali popolati dalla specie ursina, escludendo l'esemplare pericoloso dal proprio habitat naturale” così, ad esempio, la già citata ordinanza cautelari numero 40 del 2023 . 6. La questione pregiudiziale. 6.1. In definitiva questo Tribunale ritiene che l'articolo 16 che consente all'autorità competente l'autorizzazione alla deroga al divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell'ambiente naturale”, al ricorrere di fattispecie tassativamente fissate, tra le quali si annovera la necessità di tutela della sicurezza pubblica, oggi in considerazione, di cui all'articolo 16 comma 1 lett. c della Direttiva Habitat “Nell'interesse della sanità e della sicurezza pubblica o per altri motivi imperativi di rilevante interesse pubblico, inclusi motivi di natura sociale o economica, e motivi tali da comportare conseguenze positive di primaria importanza per l'ambiente” non sancisca a priori la captivazione permanente ossia alla cattura per la traduzione in cattività permanente rispetto alla misura dell'abbattimento dell'animale, misure la cui scelta, tra l'altro, segue logicamente la valutazione positiva della sussistenza della necessità della deroga stessa ossia del prelievo dell'animale dal suo habitat naturale. 6.2. In particolare questo Tribunale ritiene che accertata la sussistenza della condizione relativa alla necessità di tutela dell'“interesse della sicurezza pubblica” nonché dell'ulteriore condizione che “il prelievo non pregiudichi il mantenimento in uno stato di conservazione soddisfacente della popolazione della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale” questioni la cui sussistenza spetta a questo Tribunale verificare la condizione che residua, ossia che “non esista un'altra soluzione valida” deve essere interpretata alla luce degli obiettivi generali della Direttiva Habitat, ossia coerentemente con la finalità della stessa Direttiva come chiarita dalla Corte di Giustizia nelle pronunce citate ai precedenti punti 4.2. e 4.3. della presente ordinanza , consistente nella conservazione della biodiversità intesa quale obbligo di “proteggere tali specie non solo in taluni luoghi, definiti in modo restrittivo, ma anche gli esemplari di queste ultime che vivono nell'ambiente naturale o in stato selvatico e che adempiono così una funzione negli ecosistemi naturali”. Anche per questa condizione la Corte di Giustizia prescrive la necessità di “una motivazione precisa ed adeguata quanto all'assenza di un'altra soluzione valida che consenta di conseguire gli obiettivi invocati per giustificare la deroga di cui trattasi v., in tal senso, sentenza del 14 giugno 2007, Commissione/Finlandia, C-342/05, EU C 2007 341, punto 31 ” sentenza del 10 ottobre 2019, causa C-674/17, punto 49 , ma la stessa Corte non impone una specifica motivazione quanto alla graduazione tra cattura e abbattimento. In particolare la Corte di giustizia chiarisce al punto 51 della predetta sentenza della predetta sentenza 10 ottobre 2019, causa C-674/17 che “spetta alle autorità nazionali competenti, nell'ambito dell'autorizzazione di deroghe come quelle di cui trattasi nel procedimento principale, dimostrare che, tenuto conto in particolare delle migliori conoscenze scientifiche e tecniche pertinenti, nonché alla luce delle circostanze relative alla situazione specifica in esame, non esiste nessun'altra soluzione valida che consenta di raggiungere l'obiettivo perseguito nel rispetto dei divieti sanciti nella direttiva habitat”. 6.3. Ne consegue, ad avviso di questo Tribunale, che l'“inesistenza di un'altra soluzione valida” deve essere in concreto acclarata con riferimento alla inesistenza di una soluzione alternativa che consenta di mantenere l'animale nel suo ambiente naturale, e dunque nello stato di vita selvatica, evitando la sua rimozione da tale ambiente. Ma se questa è la finalità della Direttiva, risulta così evidente come la cattura o l'abbattimento, sono misure del tutto equivalenti in quanto entrambe hanno un effetto identico che consiste nella sottrazione dell'animale dal suo ambiente naturale e dallo stato di vita selvatica. Pertanto se è vero che la scelta gestionale che si prospetta all'autorità competente in sede di rilascio della deroga al divieto in questione deve costituire l'extrema ratio, ossia l'estremo rimedio è parimenti vero che la valutazione dell'autorità competente non attiene alla scelta tra abbattere l'animale oppure catturarlo per poi tradurlo in cattività in luoghi di captivazione permanente, ma concerne piuttosto l'alternativa tra la rimozione o meno dell'animale dalla sua vita naturale, selvatica, nell'ottica di tutela che costituisce la finalità della Direttiva. 6.4. Merita da ultimo evidenziare che gli obblighi di motivazione espressi dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia circa l'impatto delle deroghe individualmente rilasciate sul mantenimento della popolazione della specie considerata, di cui si è dato conto al precedente punto 4.3., impongono all'autorità provinciale di operare una puntuale verifica in relazione al cumulo di quelle in precedenza autorizzate, e ciò esclude la temuta prospettiva di un uso complessivamente sviato del potere di deroga anche in ragione del fatto che la popolazione della specie considerata si trova quasi esclusivamente nella zona alpina del Trentino-Alto Adige, ed è in particolare addensata nelle aree occidentali della Provincia Autonoma di Trento . 6.5. L'assenza di graduazione tra la captivazione permanente e l'abbattimento trova conforto anche nella collocazione testuale del divieto di “qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell'ambiente naturale”, posto nell'articolo 12, comma 1 lettera a della Direttiva Habitat, e non nell'articolo 16, che dispone in ordine alle condizioni per la deroga a tale divieto. Vale ancora una volta sottolineare che il testo dell'articolo 12, che enumera i divieti in ragione della particolare tutela riservata agli animali della specie considerata, in nessuna parte pone la cattura come prioritaria rispetto all'abbattimento. Al contrario, pur nella fattispecie di deroga prevista dall'articolo 16, comma 1, lett. e “per consentire, in condizioni rigorosamente controllate, su base selettiva ed in misura limitata, la cattura o la detenzione di un numero limitato di taluni esemplari delle specie di cui all'allegato IV, specificato dalle autorità nazionali competenti” , dove sono contemplate solo la cattura o la detenzione, la stessa Corte di Giustizia ha indicato come equivalente l'abbattimento alla cattura ai fini di cui all'articolo 16 “come rilevato dall'avvocato generale al paragrafo 40 delle sue conclusioni, la nozione di «cattura» ai sensi dell'articolo 16, paragrafo 1, della direttiva «habitat», deve essere intesa nel senso che comprende sia la cattura che l'uccisione di esemplari delle specie interessate, cosicché tale disposizione, in linea di principio, può fungere da fondamento per l'adozione di deroghe dirette, segnatamente, a consentire l'uccisione di esemplari delle specie indicate nell'allegato IV, lettera a , della direttiva in parola, nel rispetto delle condizioni specifiche ivi previste” Sentenza del 10 ottobre 2019, causa C-674/17 punto 32 . Dunque, ad avviso di questo Tribunale risulta anche sotto questo profilo ulteriormente smentita la tesi che in forza del principio di proporzionalità postula una graduazione tra le due misure. 6.6. L'interpretazione proposta da questo Tribunale risulta poi coerente anche con l'altra condizione imposta nel testo del medesimo articolo 16 per l'autorizzazione alla deroga al divieto nel medesimo contesto formale “la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale” , rispetto alla quale non può disconoscersi che la cattura o l'uccisione sono del tutto equivalenti, in quanto sottraggono entrambe l'esemplare dall'area di ripartizione naturale. Infatti il mero mantenimento in vita dell'esemplare in struttura non giustifica l'assenza del pregiudizio alla specie che deve essere valutato con riferimento alle popolazioni che vivono in libertà. 6.7. Invece l'interpretazione prescelta dal Consiglio di Stato si connota per un'intrinseca irragionevolezza in quanto esclude, a ben vedere, qualsivoglia possibilità da parte dell'autorità competente di motivare la scelta di abbattere l'animale pericoloso per la pubblica incolumità anziché ridurlo in cattività . Infatti, nella prospettiva della priorità gerarchica della misura della captivazione permanente rispetto all'abbattimento, si impone all'autorità l'obbligo della previa dimostrazione dell'“impossibilità oggettiva, non solo temporanea e soggettiva .estrema e di rara verificazione” così il Consiglio di Stato della captivazione non solo nell'ambito delle strutture sotto la propria responsabilità ma anche in altri Stati ma ciò si traduce in una probatio diabolica, che elide in radice la rilevanza di altre giustificazioni concorrenti, che l'autorità nel singolo caso deve poter valutare nel bilanciamento di interessi, anche con il conforto del parere della massima autorità scientifica dello Stato italiano in tema di fauna selvatica qual è l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale ISPRA in ordine allo stesso benessere dell'animale, che è abituato a vivere in uno stato selvatico, all'eventuale inesistenza, al momento della decisione, di luoghi in cui l'esemplare può essere ospitato nella disponibilità e responsabilità dell'autorità procedente, ai costi di tale scelta, alla sicurezza degli operatori ecc. 6.8. Per tutto quanto sopra esposto questo Tribunale nel ribadire che la disciplina posta l'articolo 1, comma 1, della legge provinciale numero 9 del 2018 è conforme a quella posta dall'articolo 16 della Direttiva Habitat ritiene necessario sospendere il giudizio sul ricorso in esame e trasmettere gli atti alla Eccellentissima Corte di Giustizia dell'Unione Europea in sede di rinvio pregiudiziale ai sensi dell'articolo 267 T.F.U.E. nella parte in cui dispone che la Corte è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale, sulla “interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell'Unione” per sottoporre la seguente questione “Dica la Corte di Giustizia UE a se, sulla base del disposto dell'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE, una volta accertata la sussistenza della condizione relativa alla sussistenza di una delle fattispecie espressamente individuate dalla lett. a alla lett. e del comma 1 dell'articolo 16, nonché della condizione relativa al fatto che < la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale> , ai fini del rilascio dell'autorizzazione alla deroga al divieto di < qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell'ambiente naturale> di cui alla lett. a dell'articolo 12 della medesima direttiva, l'ulteriore condizione relativa al fatto che < non esista un'altra soluzione valida> debba essere interpretata nel senso che l'autorità competente deve dimostrare l'assenza di altra soluzione valida atta ad evitare la rimozione dell'animale dall'ambiente di ripartizione naturale, cui consegue la possibilità della scelta motivata della misura da adottare in concreto, che può consistere nella cattura per captivazione permanente oppure nell'abbattimento, misure che sono poste su di un piano di parità” oppure “b se, sulla base del disposto dell'articolo 16 della direttiva 92/43/CEE, una volta accertata la sussistenza della condizione relativa alla sussistenza di una delle fattispecie espressamente individuate dalla lett. a alla lett. e del comma 1 dell'articolo 16, nonché della condizione relativa al fatto che < la deroga non pregiudichi il mantenimento, in uno stato di conservazione soddisfacente, delle popolazioni della specie interessata nella sua area di ripartizione naturale> , ai fini del rilascio dell'autorizzazione alla deroga al divieto di < qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di esemplari di tali specie nell'ambiente naturale> di cui alla lett. a dell'articolo 12 della medesima direttiva, l'ulteriore condizione relativa al fatto che < non esista un'altra soluzione valida> debba essere interpretata nel senso che essa vincola prioritariamente l'autorità competente alla scelta della cattura per la riduzione in cattività captivazione permanente e solo in caso di impossibilità oggettiva e non temporanea di tale soluzione consente la rimozione mediante abbattimento, sussistendo una rigorosa gerarchia tra siffatte misure”. 7. Proponibilità della questione pregiudiziale. 7.1. Questo Tribunale ritiene altresì che, secondo i parametri indicati dalla Corte di Giustizia, la suesposta questione pregiudiziale sia A di interpretazione del diritto comunitario B non identica ad altre già decise dalla Corte di Giustizia C rilevante al fine della decisione del giudizio. 7.2. Quanto alla rilevanza della questione, questo Tribunale osserva innanzi tutto che, in ossequio al principio tempus regit actum, nessun rilievo assume nel giudizio a quo il menzionato articolo 59 della legge provinciale numero 9 del 2023, con cui è stata modificata la legge provinciale numero 9 del 2018. Infatti, tale sopravvenienza normativa ha efficacia ex nunc e, quindi, non incide retroattivamente sul quadro normativo in vigore al momento dell'adozione dell'impugnato decreto numero 9 del 2023. 7.3. Sempre con riferimento alla rilevanza della questione, questo Tribunale osserva che la questione assume decisivo rilievo nel giudizio a quo in quanto questo stesso Tribunale nella propria ordinanza cautelare numero 40 del 2023 ha già illustrato le ragioni per le quali A risulta adeguatamente ricostruito il quadro fattuale dell'aggressione del giovane da parte dell'orso denominata MJ5 B l'orso denominato MJ5 è pericoloso per la sicurezza pubblica. Inoltre, lo stesso Consiglio di Stato nell'ordinanza numero 2919 del 2023 ha confermato le valutazioni svolte da questo stesso Tribunale con riferimento a tali profili e, quindi, allo stato resta solo da decidere, alla luce della normativa eurounitaria, in ordine alla legittimità, o meno, dell'ordine di abbattimento dell'animale. 7.4. Essendo la questione rilevante e prioritaria nell'ambito dell'introdotto giudizio, sussistono i presupposti per la rimessione della stessa alla Corte di Giustizia, con conseguente sospensione del presente giudizio, secondo quanto indicato in dispositivo. Rimane ferma, nelle more, la decisione cautelare di cattura dell'esemplare a garanzia della sicurezza pubblica ed al fine di assicurare l'effettività di tutela giurisdizionale. 8. Disposizioni per la segreteria e sospensione del giudizio. 8.1. Si dispone quindi la trasmissione alla cancelleria della Corte di Giustizia di copia del fascicolo della causa nonché di ogni ulteriore atto eventualmente richiesto in futuro dalla stessa Corte. 8.2. Ai sensi dell'articolo 79, comma 1, cod. proc. amm., il presente giudizio viene sospeso fino alla pronuncia della Corte di Giustizia e ogni ulteriore decisione, anche in ordine alle spese, è riservata alla pronuncia definitiva. P.Q.M. Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa della Regione autonoma Trentino Alto Adige/Südtirol, sede di Trento, riservata ogni altra decisione in rito, nel merito e sulle spese, dispone la rimessione alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea della questione pregiudiziale indicata in motivazione il mantenimento della decisione cautelare della cattura dell'esemplare di orso denominato MJ5 la sospensione del presente giudizio nelle more della pronuncia della Corte. Manda alla Segreteria della Sezione tutti gli adempimenti di competenza e, in particolare, per la trasmissione degli atti alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea ai sensi dell'articolo 267 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione Europea in conformità alle “Raccomandazioni all'attenzione dei giudici nazionali, relative alla presentazione di domande di pronuncia pregiudiziale” 2019/C 380/01 , in G.U.U.E. in data 8 novembre 2019 .