Possibile anche la costituzione del rapporto lavorativo per la persona disabile che, in pieno avviamento al lavoro, è stata illegittimamente ritenuta inidonea alle mansioni previste dall’azienda in base alla qualifica riconosciuta. Non sufficiente, secondo i giudici, il mero risarcimento.
Riprende vigore l'istanza avanzata da un lavoratore che aveva operato all'interno di una ‘Azienda sanitaria provinciale' e che, una volta estromesso in modo illegittimo, si era visto riconoscere solo un risarcimento. Scenario della vicenda è un'‘Azienda sanitaria provinciale' in Sicilia. A dare battaglia è un uomo, invalido civile e iscritto nelle liste di collocamento obbligatorio, previste dalla disciplina normativa per il diritto al lavoro dei disabili, il quale si duole del fatto che nel settembre del 2011 è stata dichiarata dall'‘Azienda sanitaria' «l'inidoneità alle mansioni di operatore socio-sanitario, sebbene, in precedenza, l'‘Azienda' ne avesse riconosciuto l'idoneità al lavoro» e, di conseguenza «chiede di dichiararsi illegittima la sua esclusione dall'avviamento e di affermarsi l'idoneità alle mansioni indicate, con conseguente diritto all'assunzione e all'immissione in ruolo, con contratto a tempo indeterminato, in conformità al profilo professionale e alla declaratoria contrattuale nazionale del ‘Comparto Sanità'». Per i giudici di merito è «illegittimo il rifiuto dell'‘Azienda sanitaria provinciale' di stipulare il contratto di lavoro a conclusione dell'iter di avviamento obbligatorio». Ciò significa condanna dell'‘Azienda' a versare al lavoratore disabile un risarcimento pari a quasi 45mila euro. Esclusa, invece, sia in primo che in secondo grado, la possibilità di accogliere l'istanza del lavoratore disabile e di dichiarare costituito il rapporto di pubblico impiego con l'‘Azienda sanitaria provinciale'. Su questo punto, in particolare, i giudici della Corte di Appello chiariscono che «la costituzione del rapporto di lavoro, pur obbligatoria, non era automatica, richiedendo l'intervento della volontà delle parti ai fini della concreta specificazione del contenuto del contratto in ordine a mansioni, retribuzione, qualifica, e ciò tanto più, nello specifico, atteso che emergeva dalle risultanze della consulenza medica che le mansioni a diretto contatto con gli ammalati, a maggior ragione se non autosufficienti, e l'uso di strumentazione erano necessariamente inibite» al lavoratore disabile. Col ricorso in Cassazione, però, il lavoratore ribadisce la propria pretesa, ossia vedere riconosciuta la costituzione di un rapporto di lavoro con l'‘Azienda sanitaria provinciale' siciliana. In questa ottica egli pone in evidenza «la riconosciuta idoneità – seppure con rigide prescrizioni a tutela degli utenti – allo svolgimento delle mansioni, per come accertata dal consulente tecnico d'ufficio, e la corrispondenza tra qualifica richiesta dall'azienda, ossia operatore sociosanitario, e quella da lui posseduta». In aggiunta, poi, il lavoratore lamenta anche la violazione del principio di non discriminazione, a tutela dei lavoratori con handicap. Nello specifico, «il diniego dell'‘Azienda' di costituire il rapporto di lavoro, benché fossero già definiti tutti gli elementi essenziali del rapporto mansioni, retribuzione e qualifica , integra», a suo dire, «una violazione del principio di parità di trattamento dei lavoratori portatori di handicap», anche alla luce dei paletti fissati in ambito comunitario, ossia «l'obbligo per tutti i datori di lavoro di adottare accomodamenti ragionevoli per garantire ai disabili la piena uguaglianza con gli altri lavoratori». Illogico, poi, sempre secondo il lavoratore, sostenere che «compete alla sola parte datoriale ogni valutazione sull'utilità economica di avvalersi di un operatore sociosanitario che non può usare strumentazione e avere contatti con gli ammalati». In premessa, i magistrati di Cassazione riprendono la motivazione dei giudici d'Appello, i quali hanno affermato che «l'avviamento del lavoratore non poteva che essere sottoposto, per come precisato consulente tecnico d'ufficio medico-legale, a specifiche prescrizioni a tutela della salute dello stesso lavoratore e dell'utenza con cui egli poteva venire in contatto», con conseguente esigenza di «specifica determinazione aziendale delle concrete mansioni affidate» al lavoratore disabile nonché «l'ulteriore necessità di una «preventiva concertazione tra le parti, non sostituibile da quella imposta dal giudice». In generale, «si è talora esclusa la possibilità di una pronuncia costituiva del rapporto di lavoro» alla luce del rilievo che «il sistema delle assunzioni obbligatorie è strutturato in modo tale da dar luogo all'obbligo del datore di lavoro di stipulare il contratto con i soggetti avviati dall'‘Ufficio provinciale del lavoro', ma non alla costituzione automatica e autoritativa del rapporto, la cui nascita richiede necessariamente l'intervento della volontà delle parti ai fini della concreta specificazione del suo contenuto in ordine ad elementi essenziali quali la retribuzione, le mansioni, la qualifica». Di conseguenza, ragionando in questa ottica, il lavoratore ha soltanto il diritto all'integrale risarcimento dei danni, ossia al ristoro delle utilità perdute per tutto il periodo del protrarsi dell'inadempimento da parte dell'‘Azienda'. Tuttavia, la ragione della esclusione della possibilità di costituzione del rapporto di lavoro è stata fondata, di norma, osservano i giudici, sulla necessità della determinazione negoziale a opera delle parti degli elementi essenziali del contratto, quali la qualifica, la retribuzione, l'eventuale periodo di prova, ma laddove non vi è tale necessità, come, ad esempio, nella ipotesi in cui è la legge medesima a prevedere la qualifica, le mansioni e il trattamento economico e normativo del lavoratore avviato, non vi sono ostacoli alla possibilità di tutela costitutiva. Invece, i giudici d'Appello mostrano, in questa vicenda, «nel negare la possibilità di costituire il rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'‘Azienda sanitaria provinciale'», di «ignorare tale, pure essenziale, aspetto, e di sottovalutare altresì la specificità del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, nel cui ambito è espressamente previsto che il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati» e che i provvedimenti giudiziari con cui «riconosce il diritto all'assunzione, ovvero accerta che l'assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro». Non può essere ignorato, poi, che «lo specifico profilo professionale di operatore sociosanitario trova, nell'ambito dell'impiego pubblico e in particolare delle unità sanitarie locali, compiuta definizione nella contrattazione collettiva del ‘Comparto Sanità', definizione da cui il datore di lavoro pubblico non può discostarsi, sicché quelle esigenze di predeterminazione puntuale delle mansioni erroneamente ritenute, in Appello, ostative alla pronuncia costitutiva del rapporto di lavoro sono», nel caso oggetto del processo, «già adeguatamente assicurate dalle regole che necessariamente governano l'instaurazione e la gestione del rapporto». Tale determinazione sussiste, precisano i magistrati, «anche, all'evidenza, con riferimento al periodo di prova, la cui obbligatorietà nell'impiego pubblico trova affermazione nella disciplina normativa e contrattuale, imponendosi l'adozione di un esperimento da svolgere nel profilo professionale di qualifica o categoria a cui si riferisce l'assunzione e rinviandosi alla contrattazione collettiva la fissazione della durata, da stabilire in relazione alla complessità delle prestazioni professionali richieste». Ciò significa che «anche sotto tale specifico profilo, dall'eventuale carenza del regolamento contrattuale, quanto alla prova e alle relative mansioni, non possono derivare, invero, le conseguenze che nel rapporto privato normalmente si riconnettono alla nullità del patto e che ne suppongono il carattere facoltativo». In sostanza, i giudici d'Appello, pur confermando che «la richiesta di avviamento dell'‘Azienda sanitaria provinciale' faceva riferimento all'assunzione di un operatore sociosanitario disabile, la cui qualifica, mansioni e trattamento economico erano previsti e disciplinati dalla legge e dal contratto collettivo nazionale di settore», osservano tuttavia che «doveva necessariamente trattarsi, nella specie, di un avviamento sottoposto a specifiche condizioni, a tutela della salute dello stesso lavoratore e dell'utenza, con un'evidente problema di verifica del fabbisogno di dipendenti da assegnare alle mansioni individuate dal consulente tecnico d'ufficio come non pericolose, essendo quindi tutt'altro che determinate o determinabili dal giudice sulla base di parametri certi le concrete mansioni alle quali il lavoratore poteva essere assegnato». Tale ragionamento non può essere condiviso, spiegano i magistrati di Cassazione, poiché «le ragioni ostative alla costituzione del rapporto non potevano automaticamente ravvisarsi negli esiti della consulenza tecnica medica che, nel confermare l'idoneità al lavoro del soggetto disabile, si era solo premurata di raccomandare alcune prescrizioni, a tutela della salute dello stesso lavoratore e dell'utenza, in guisa da suggerire, onde evitare situazioni di potenziale pericolo, di escludere attività a diretto contatto con gli ammalati, a maggior ragione se non autosufficienti, e l'uso di strumentazione». Tali prescrizioni, lungi dal costituire un ostacolo insormontabile all'accoglimento dell'invocata richiesta di emissione di sentenza costitutiva del rapporto di lavoro, «rientravano, piuttosto, in quei ragionevoli adattamenti organizzativi cui la parte datoriale pubblica è tenuta per consentire ai disabili di accedere al lavoro, beninteso entro i limiti della ragionevolezza», aggiungono i magistrati, facendo anche riferimento ai paletti fissati in ambito comunitario. Erronea, poi, la tesi, sostenuta dai giudici d'Appello, secondo cui «compete alla sola parte datoriale ogni valutazione circa l'utilità economica e organizzativa di avvalersi di un operatore sociosanitario che non può fare uso di strumentazione e non può avere contatto con gli ammalati». Mentre invece è doveroso valutare la misura dell'accomodamento, che postula, per sua natura, «un'interazione fra una persona individuata, con le sue limitazioni funzionali, e lo specifico ambiente di lavoro che la circonda, interazione che, per la sua variabilità, non ammette generalizzazioni, e dove la regola della ragionevolezza funge da ‘criterio guida', in quanto penetra anche i rapporti contrattuali, quale forma di osservanza del canone di correttezza e buonafede che presidia ogni rapporto obbligatorio, esplicando la sua rilevanza nell'imporre a ciascuna delle parti il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra. Tirando le somme, è necessario ora un nuovo processo in Appello, e i giudici di secondo grado dovranno, ferma l'idoneità del soggetto disabile al lavoro per cui è stato avviato, «verificare se, in presenza di una predeterminazione di tutti gli elementi essenziali del rapporto mansioni, retribuzione e qualifica , sia possibile procedere, tenuto conto degli esiti della consulenza tecnica medica e dello specifico ambiente di lavoro, e con l'adozione di ragionevoli accomodamenti alla cui osservanza è tenuto il datore di lavoro pubblico, all'invocata costituzione del rapporto di pubblico impiego». E in questa prospettiva i magistrati di Cassazione fissano anche un principio di diritto, destinato ad influenzare la futura valutazione dei giudici d'Appello «in materia di rapporto di pubblico impiego privatizzato, dove la legge e la contrattazione collettiva predeterminano tutti gli elementi essenziali del contratto, come la qualifica, le mansioni, il trattamento economico e normativo e il periodo di prova, non sono ravvisabili ostacoli alla tutela costitutiva exarticolo 63 del decreto legislativo numero 165 del 2001 invocata dal lavoratore, iscritto nelle liste di avviamento obbligatorio e risultato idoneo al collocamento, dovendosi solo valutare, con accertamento di fatto, se siano o meno praticabili ragionevoli accomodamenti per rendere concretamente compatibile l'ambiente lavorativo con le limitazioni funzionali del lavoratore disabile».
Presidente Di Paolantonio – Relatore Casciaro Rilevato che 1. D. A., invalido civile iscritto nelle liste di collocamento obbligatorio ex lege numero 68/1999, si doleva del fatto che con provvedimento dell'8.9.2011 dell'Azienda sanitaria provinciale ASP di OMISSIS fosse stata dichiarata la sua inidoneità alle mansioni di operatore socio-sanitario Bs, quantunque in precedenza l'Azienda avesse riconosciuto la sua idoneità al lavoro conseguentemente, chiedeva dichiararsi illegittima la sua esclusione dall'avviamento al lavoro ai sensi della legge numero 68/99 ed affermarsi la sua idoneità alle mansioni indicate, con conseguente diritto all'assunzione e all'immissione in ruolo con contratto a tempo indeterminato in conformità al profilo professionale e alla declaratoria contrattuale del c.c.numero l. del Comparto Sanità 2. il Tribunale, previo espletamento di c.t.u. medico-legale, accoglieva parzialmente il ricorso e dichiarava illegittimo il rifiuto dell'ASP di stipulare il contratto di lavoro a conclusione dell'iter di avviamento obbligatorio, condannando l'Azienda al risarcimento del danno, liquidato in complessivi €. 44.834,99 la Corte d'appello, adita dallo stesso lavoratore che lamentava la mancata adozione del dictum costitutivo del rapporto di pubblico impiego ex articolo 2932 cod. civ., rigettava l'impugnazione 3. in particolare, rilevava che la costituzione del rapporto di lavoro, pur obbligatoria, non era automatica, richiedendo l'intervento della volontà delle parti ai fini della concreta specificazione del contenuto del contratto in ordine a mansioni, retribuzione, qualifica, e ciò tanto più nella specie, atteso che emergeva dalle risultanze della c.t.u. medica che le «mansioni a diretto contatto con gli ammalati, a maggior ragione se non autosufficienti, e l'uso di strumentazione» erano necessariamente inibite al ricorrente 4. il ricorso per cassazione del lavoratore è affidato a due motivi cui si è opposta l'ASP con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memorie. Considerato che 1. con il primo motivo si denuncia, ex articolo 360 numero 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione della legge numero 68/1999 e dell'articolo 2932 cod. civ., della direttiva 2000/78/CE del 27.11.2000, nonché dell'articolo 5, del c.c.numero l. Comparto Sanità, allegato 1 declaratoria categoria B e profilo economico Bs , per avere ritenuto la Corte di merito preclusa la costituzione del rapporto di lavoro ex articolo 2932 cod. civ., pur nella riconosciuta idoneità – seppure con rigide prescrizioni a tutela degli utenti – allo svolgimento delle mansioni per come accertata dal c.t.u. e nella corrispondenza tra qualifica richiesta dall'azienda di operatore sociosanitario, cat. Bs, e quella posseduta dal lavoratore 2. con il secondo mezzo si lamenta, ex articolo 360 nnumero 3-5 cod. proc. civ., la violazione del principio di non discriminazione, a tutela dei lavoratori con handicap, dell'articolo 3 comma 3 bis d.lgs. numero 216/2003, degli articolo 32-38 Cost., dell'articolo 10legge numero 68/1999, dell'articolo 2087 cod. civ., della direttiva 2000/78/CE del 27.11.2000, articolo 5 il diniego dell'ASP di costituire il rapporto di lavoro, benché fossero già definiti tutti gli elementi essenziali del rapporto mansioni, retribuzione e qualifica , integra una violazione del principio di parità di trattamento dei lavoratori portatori di handicap di cui all'articolo 5 della direttiva 2000/78/CE del 27.11.2000 ‒ che fa obbligo a tutti i datori di lavoro di adottare “accomodamenti ragionevoli per garantire ai disabili la piena uguaglianza con gli altri lavoratori” ‒ e all'articolo 3 d.lgs. numero 216/2003 erronea era altresì l'affermazione della Corte distrettuale a tenore della quale competerebbe alla sola parte datoriale ogni valutazione sull'utilità economica di avvalersi di un operatore sociosanitario che non può usare strumentazione e avere contatti con gli ammalati 3. i due motivi, fra loro strettamente connessi sul piano logico e giuridico, meritano trattazione congiunta 3.1 essi sono fondati 3.2 nucleo fondamentale della sentenza impugnata è che l'avviamento del ricorrente non poteva che essere sottoposto, per come precisato dalla c.t.u. medico-legale, a specifiche prescrizioni a tutela della salute dello stesso lavoratore e dell'utenza con cui egli poteva venire in contatto, di qui l'esigenza di specifica determinazione aziendale delle concrete mansioni affidate nonché l'ulteriore necessità di una «preventiva concertazione tra le parti, non sostituibile da quella imposta dal giudice», donde anche l'impossibilità di «far luogo all'attivazione del rimedio ex articolo 2932 cod. civ.» 3.3 in effetti, nella giurisprudenza di legittimità, richiamata dalla Corte nissena, si è talora esclusa la possibilità di una pronuncia costituiva del rapporto di lavoro, essenzialmente sul rilievo che il sistema delle assunzioni obbligatorie è strutturato in modo tale da dar luogo all'obbligo del datore di lavoro di stipulare il contratto con i soggetti avviati dall'UPLMO, ma non alla costituzione automatica e autoritativa del rapporto, la cui nascita richiede necessariamente l'intervento della volontà delle parti ai fini della concreta specificazione del suo contenuto in ordine ad elementi essenziali quali la retribuzione, le mansioni, la qualifica nel solco di tale impostazione, si è ritenuto che il lavoratore non può esperire, ove l'obbligo del datore di lavoro sia rimasto inadempiuto, il rimedio dell'esecuzione in forma specifica ai sensi dell'articolo 2932 cod. civ., ma ha soltanto il diritto all'integrale risarcimento dei danni, ossia al ristoro delle utilità perdute per tutto il periodo del protrarsi di detto inadempimento ex plurimis, Cass. numero 4853 del 1998, Cass. numero 488 del 2009, Cass. numero 8593 del 2019 3.4 a tali principi sembra essersi conformata la sentenza impugnata, senza avvedersi, tuttavia, che la ragione della esclusione della possibilità di tutela costitutiva è stata fondata, anche in quelle pronunce, sulla necessità della determinazione negoziale ad opera delle parti degli elementi essenziali del contratto, quali la qualifica, la retribuzione, l'eventuale periodo di prova ecc. Tant'è che in caso di insussistenza di tale necessità, come ad esempio nella ipotesi in cui è la legge medesima a prevedere la qualifica, le mansioni e il trattamento economico e normativo del lavoratore avviato, non sono stati ravvisati ostacoli alla possibilità di tutela costitutiva v., ad esempio, Cass. numero 15913 del 2004, in tema di avviamento al lavoro di centralinisti non vedenti in cui sono prestabilite le mansioni, la qualifica e il trattamento economico Cass. numero 20192 del 2011 Cass. numero 18277/2010 3.5 orbene, la Corte d'appello, nel negare la possibilità di costituire il rapporto di lavoro a tempo indeterminato con l'ASP, mostra di ignorare tale, pure essenziale, aspetto, e di sottovalutare altresì la specificità del rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, nel cui ambito è espressamente previsto v. articolo 63 comma 2 d.lgs. numero 165/2001, nel testo ratione temporis vigente, che si pone in rapporto di specialità rispetto all'articolo 2932 cod. civ. che «il giudice adotta, nei confronti delle pubbliche amministrazioni, tutti i provvedimenti, di accertamento, costitutivi o di condanna, richiesti dalla natura dei diritti tutelati» e che «le sentenze con le quali riconosce il diritto all'assunzione, ovvero accerta che l'assunzione è avvenuta in violazione di norme sostanziali o procedurali, hanno anche effetto rispettivamente costitutivo o estintivo del rapporto di lavoro». Aggiungasi che lo specifico profilo professionale di operatore socioeconomico Bs trova, nell'ambito dell'impiego pubblico e in particolare delle unità sanitarie locali, compiuta definizione nella contrattazione collettiva CCNLI Comparto Sanità stipulato del 20.9.2001, allegato 1 , dalla quale il datore di lavoro pubblico non può discostarsi, sicché quelle esigenze di predeterminazione puntuale delle mansioni erroneamente ritenute ostative alla pronuncia costitutiva dalla Corte territoriale sono, nel caso in esame, già adeguatamente assicurate dalle regole che necessariamente governano l'instaurazione e la gestione del rapporto. 3.6 Tale determinazione sussiste, all'evidenza, anche con riferimento al periodo di prova, la cui obbligatorietà nell'impiego pubblico trova affermazione nella disciplina normativa e contrattuale articolo 17 d.P.R. numero 487/1994, al quale rimanda l'articolo 70 comma 13 d.lgs. numero 165/2001 per il personale non dirigenziale del comparto sanità cfr. per il periodo antecedente alla contrattualizzazione articolo 14 del d.P.R. numero 761/1979 e per quello successivo articolo 15 del CCNL 1/9/1995 , imponendosi l'adozione di un esperimento da svolgere nel profilo professionale di qualifica o categoria al quale si riferisce l'assunzione e rinviandosi alla contrattazione collettiva la fissazione della durata, da stabilire in relazione alla complessità delle prestazioni professionali richieste Cass., Sez. L, numero 32877/2018 ne discende, anche sotto tale specifico profilo, che dall'eventuale carenza del regolamento contrattuale, quanto alla prova e alle mansioni in relazione alle quali essa dovrà svolgersi, non possono derivare, invero, le conseguenze che nel rapporto privato normalmente si riconnettono alla nullità del patto e che suppongono il carattere facoltativo dello stesso 3.7 la sentenza impugnata, pur confermando che «la richiesta di avviamento dell'ASP di OMISSIS faceva riferimento, per il D. A., all'assunzione di un operatore socio sanitario disabile, la cui qualifica Bs, mansioni e trattamento economico erano previsti e disciplinati dalla legge e dal c.c.numero l. di settore», osserva tuttavia che doveva necessariamente trattarsi, nella specie, di un avviamento sottoposto a specifiche condizioni, a tutela della salute dello stesso lavoratore e dell'utenza, «con un'evidente problema di verifica del fabbisogno di dipendenti da assegnare alle mansioni individuate dal c.t.u. come non pericolose, essendo quindi tutt'altro che determinate o determinabili dal giudice sulla base di parametri certi […] le concrete mansioni alle quali l'appellante poteva essere assegnato» così a pag. 4 della sentenza . 3.8 Tale ordine di idee non può essere condiviso questo perché le ragioni ostative alla costituzione del rapporto non potevano automaticamente ravvisarsi negli esiti della c.t.u. medica che, nel confermare l'idoneità al lavoro del D. A., si era solo premurata di raccomandare alcune prescrizioni, a tutela della salute dello stesso lavoratore e dell'utenza, in guisa da suggerire, onde evitare situazioni di potenziale pericolo, di «escludere attività a diretto contatto con gli ammalati, a maggior ragione se non autosufficienti, e l'uso di strumentazione». 3.9 Tali prescrizioni, lungi dal costituire un ostacolo insormontabile all'accoglimento dell'invocata richiesta di emissione di sentenza costitutiva, rientravano, piuttosto, in quei “ragionevoli adattamenti” organizzativi articolo 3 comma 3 bis d.lgs. numero 216/2003 cui la parte datoriale pubblica è tenuta per consentire ai disabili di accedere al lavoro, beninteso entro i limiti della ragionevolezza, il cui accertamento di fatto è demandato allo stesso giudice del merito è lo stesso articolo 5 della direttiva 2000/78/CE, rubricato “soluzioni ragionevoli per disabili”, che impone, infatti, l'adozione di provvedimenti appropriati, in funzione delle esigenze delle situazioni concrete, a meno che tali provvedimenti richiedano da parte del datore di lavoro un onere finanziario sproporzionato o eccessivo, con l'ulteriore precisazione tuttavia che la soluzione non può dirsi ex se sproporzionata allorché «l'onere è compensato in modo sufficiente da misure esistenti nel quadro della politica dello Stato membro a favore dei disabili» non si è mancato di precisare, inoltre, che l'adozione di tali misure organizzative è prevista in ogni fase del rapporto di lavoro, anche in quella genetica e, quindi, anche per gli assunti come invalidi ai fini del collocamento obbligatorio Cass., Sez. L, numero 6497 del 9/03/2021 . 3.10 Ben s'intende, allora, come si riveli in tale contesto del tutto erronea, nella sua assertività, l'ulteriore affermazione contenuta nella sentenza impugnata v. pag. 5 secondo cui «compete alla sola parte datoriale ogni valutazione circa l'utilità economica e organizzativa di avvalersi di un operatore socio sanitario che non può fare uso di strumentazione e non può avere contatto con gli ammalati» 3.11 per contro, spetta innanzitutto al giudice del merito un sindacato diretto sulla misura dell'accomodamento, che postula per sua natura un'interazione fra una persona individuata, con le sue limitazioni funzionali, e lo specifico ambiente di lavoro che la circonda, interazione che, per la sua variabilità, non ammette generalizzazioni, e dove la regola della ragionevolezza funge da criterio guida, in quanto penetra anche i rapporti contrattuali, quale forma di osservanza del “canone di correttezza e buona fede che presidia ogni rapporto obbligatorio ai sensi degli articolo 1175 e 1375 cod. civ.” cfr. Cass. SS.UU. numero 5457 del 2009 e che risulta “immanente all'intero sistema giuridico, in quanto riconducibile al dovere di solidarietà fondato sull'articolo 2 Cost.” cfr. Cass. SS.UU. numero 15764 del 2011 v. pure Cass. SS.UU. numero 23726 del 2007 cfr. Cass. SS. UU. numero 18128 del 2005 , esplicando “la sua rilevanza nell'imporre a ciascuna delle parti del rapporto obbligatorio il dovere di agire in modo da preservare gli interessi dell'altra” Cass. SS.UU. numero 28056 del 2008 . 4. Non essendosi conformata ai principi dianzi enunciati, la sentenza impugnata dev'essere or dunque cassata, con rinvio alla Corte d'appello di Caltanisetta, la quale, in diversa composizione, ferma l'idoneità del ricorrente al lavoro per cui è stato avviato ex lege numero 68/1999, dovrà verificare se, in presenza di una predeterminazione di tutti gli elementi essenziali del rapporto mansioni, retribuzione e qualifica , sia possibile procedere, tenuto conto degli esiti della c.t.u. medica e dello specifico ambiente di lavoro, e con adozione di “ragionevoli accomodamenti” alla cui osservanza è tenuto il datore di lavoro pubblico, all'invocata costituzione del rapporto di pubblico impiego. In conclusione, il ricorso deve essere, quindi, accolto, con l'affermazione del seguente principio di diritto «in materia di rapporto di pubblico impiego privatizzato, dove la legge e la contrattazione collettiva predeterminano tutti gli elementi essenziali del contratto, come la qualifica, le mansioni, il trattamento economico e normativo e il periodo di prova, non sono ravvisabili ostacoli alla tutela costitutiva ex articolo 63 d.lgs. numero 165/2001 invocata dal lavoratore, iscritto nelle liste di avviamento obbligatorio e risultato idoneo al collocamento, dovendosi solo valutare, con accertamento di fatto riservato al giudice del merito, se siano o meno praticabili “ragionevoli accomodamenti”, nel rispetto dei principi stabiliti dalla direttiva 2000/78/CE, per rendere concretamente compatibile l'ambiente lavorativo con le limitazioni funzionali del lavoratore disabile». P.Q.M. La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per la regolamentazione delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte d'appello di Caltanissetta in diversa composizione. Ai sensi dell'articolo 52 del d.lgs. numero 196 del 2003 dispone che, in caso di riproduzione della sentenza in qualsiasi forma, sia omessa l'indicazione delle generalità e degli altri dati identificativi del ricorrente riportati nella sentenza