La Corte Costituzionale prosegue con l’opera demolitoria del Jobs Act

La Corte Costituzionale è costretta nuovamente a intervenire sulla disciplina dei licenziamenti acclarando un ulteriore profilo di illegittimità della disciplina del c.d. Jobs Act. In questo caso la Corte dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 2 del d.lgs. numero 23/2015 per avere ecceduto nell’esercizio della delega sul tema delle nullità di licenziamento «espressamente» previste dalla legge e lancia ancora un monito al legislatore

L'eccesso di delega fra nullità testuali e nullità virtuali del licenziamento Con la sentenza numero 22 del 22 febbraio 2024 la Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell' articolo 2, comma 1, d.lgs. numero 23/2015 , limitatamente alla parola «espressamente» . Il Giudice delle leggi ha accolto la questione di costituzionalità, sollevata dalla Corte di Cassazione ordinanza del 7 aprile 2023 in relazione all' articolo 2 del d.lgs. numero 23/2015 nella parte in cui limita l'applicazione della tutela reintegratoria « agli altri casi di nullità espressamente previsti dalla legge ». I Giudici della Consulta hanno ritenuto che l'introduzione nel decreto delegato dell'avverbio « espressamente », contrasti con l' articolo 76 Cost. giacché il criterio di delega di cui all' articolo 1, comma 7, lett. c della l. numero 183/2014 ha sì inteso limitare il diritto alla reintegrazione «ai licenziamenti nulli e discriminatori e a specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato» senza tuttavia ulteriori distinzioni fra le singole ipotesi di nullità. La vicenda processuale che porta alla questione di costituzionalità trova origine dal ricorso in Cassazione avverso la sentenza della Corte d'Appello di Firenze che, in parziale riforma della pronuncia di primo grado, aveva dichiarato la nullità del licenziamento disciplinare comunicato ad un lavoratore assunto, con mansioni di autista, mediante un contratto stipulato dopo l'entrata in vigore del d.lgs. numero 23/2015 per violazione degli articolo 53 e 54 dell'Allegato A al regio decreto 8 gennaio 1931, numero 148 . La Corte di merito, acclarata la nullità del licenziamento, aveva dichiarato estinto il rapporto di lavoro intercorso e condannato la società datrice di lavoro al pagamento dell'indennità prevista dall' articolo 3 del d.lgs. numero 23 del 2015 . La particolarità del caso di specie è quella del rapporto di lavoro nel settore autoferrotranviario con una specifica disciplina in tema di procedimenti disciplinari che, per quanto qui interessa, comporta la nullità del licenziamento disciplinare ove non sia stato nominato il Collegio di disciplina invocato dal lavoratore Cass. 7 marzo 2023, numero 6765 , Cass. 6 marzo 2023, numero 6555 , Cass. 9 novembre 2021, numero 32681 . È la prima volta, nel filone di giurisprudenza costituzionale sulle c.d. tutele crescenti, che l' articolo 76 Cost . è l' unico parametro di costituzionalità invocato . In particolare, nella decisione numero il giudice rimettente faceva riferimento agli articolo 3, 4, 35 primo comma, 76 per il tramite dell'articolo 24 della Carta Sociale Europea e 117 nella numero agli articolo 3, 4 primo comma, 35, comma 1, 24 nella numero agli articolo 3 primo comma, 4, 35 primo comma, 117 primo comma nella numero 7/2024 agli articolo 3, 4, 10, 24, 35, 38, 41, 11, 76 e 117. Al centro dei richiami della Corte viene posta la giurisprudenza in tema di condizioni di legittimità dell'esercizio della delega legislativa . La Corte, da un lato, riconosce l'esistenza di settori in cui è naturale che i criteri di delega abbiano un contenuto particolarmente ampio da richiedere un sostanziale «riempimento normativo» del legislatore delegato v. la sentenza numero 166/2023 dall'altro, afferma che è possibile che la legge delega contenga « principi e criteri direttivi molto puntuali e specifici » v. ancora la sentenza numero 166/2023 e le nnumero 142/2020 , 170/2019 e 182/2018 . Nella sentenza in commento la Corte rileva che nella legge delega la reintegrazione è riferita indistintamente ai licenziamenti nulli e pertanto « una eventuale distinzione, inedita – come si è visto sopra nel richiamare il quadro normativo di riferimento – rispetto alla disciplina previgente dei licenziamenti individuali, avrebbe richiesto una previsione questa sì espressa ». D'altra parte, una distinzione espressa è stata operata dalla legge delega nel campo dei licenziamenti disciplinari ingiustificati, dove si prevede che la reintegrazione sia limitata a «specifiche fattispecie». Non essendo possibile una interpretazione dell'articolo 2 tale da superare il tenore letterale dell'avverbio «espressamente», la questione di costituzionalità viene ritenuta fondata. Sulla nullità del licenziamento La Corte mette in luce che nel sistema normativo è andata delineandosi la categoria dei licenziamenti nulli sia in specifici casi stabilita dalla legge . La Corte esamina l' articolo 18 dello Statuto dei lavoratori come riformulato dalla l. numero 92 del 2012 , con cui il licenziamento nullo è disciplinato come « fattispecie di carattere generale » e « delineato in termini maggiormente puntuali ». La Corte rammenta che l'articolo 18 cit. prevede la formula di chiusura del licenziamento « riconducibile ad altri casi di nullità previsti dalla legge ». Successivamente, la Corte evidenzia lo squilibrio creato dal d.lgs. numero 23/2015 con cui « la fattispecie unitaria, ampia e onnicomprensiva di cui all'articolo 18 dello statuto lavoratori, a seconda che la nullità sia o meno «espressa». L'incompletezza dell' articolo 2 d.lgs. 23/2015 La Corte concentra la propria attenzione ricostruttiva sulle principali «nullità virtuali» del licenziamento al centro di una lunga maturazione giurisprudenziale. La Corte ricorda in particolare il licenziamento in periodo di comporto per malattia intimato prima del superamento del medesimo, che viene ritenuto nullo ex articolo 1418 c.comma per violazione dell' articolo 2110 c.comma , quale norma imperativa Cass. 29 marzo 1980, numero 2072 la dichiarazione di illegittimità Corte cost. numero 61/1991 dell' articolo 3 della l. numero 1204/1971 , sul divieto di licenziamento della lavoratrice madre, nella parte in cui questo prevedeva la temporanea inefficacia anziché la nullità del licenziamento prima del d.lgs. 75/2017 , la violazione della garanzia procedimentale di cui all'articolo 55- bis , co. 4, d.lgs. numero 165/2001 il licenziamento per motivo illecito ex articolo 1345 c.c. il licenziamento ritorsivo del whistleblower articolo 2, co. 2- quater , l. numero 179/2017 il licenziamento intimato in violazione del c.d. blocco dei licenziamenti durante la pandemia da Covid-19 il licenziamento intimato in contrasto con l' articolo 4, comma 1, della l. numero 146/1990 e quello in violazione della conservazione del posto di cui all' articolo 124, comma 1, d.p.r. numero 309/1990 . L'incoerenza dell' articolo 2 del d.lgs. numero 23/2015 rispetto al disegno della legge-delega emerge, secondo la Corte, proprio perché la disposizione risulta incompleta rispetto alle ipotesi di nullità virtuali , rimaste prive di un regime sanzionatorio chiaramente identificabile. La Corte mette in luce che anche dal punto di vista dell' interpretazione sistematica , la limitazione alla nullità testuale sembra eccentrica rispetto all'impianto della legge delega che mira ad introdurre per le «nuove assunzioni» una disciplina generale dei licenziamenti di lavoratori assunti dopo il 7 marzo 2015, a copertura integrale per tutte le ipotesi di invalidità. Infine la sentenza in commento mette in rilievo l'inedito ribaltamento della regola civilistica sancita dall' articolo 1418, comma 1, cod. civ. che prevede la nullità come sanzione della violazione di norme imperative e la esclude qualora si rinvenga una legge che disponga diversamente. Invece la disposizione censurata intende, al contrario, derogare alla nullità che consegue alla violazione di norme imperative. Ancora un monito al legislatore Da ultimo, la sentenza, citando la sua precedente decisione numero 150/2020 per rimarcare che «normativa di importanza essenziale, che vede concorrere discipline eterogenee, frutto dell'avvicendarsi di interventi frammentari» . Si tratta dell'ennesimo monito che la Corte costituzionale lancia al legislatore affinché intervenga su un quadro di contraddizioni e di lacune che è diventato insostenibile . Siamo dunque davanti ad una stratificazione normativa che crea iniquità, fratture, difficoltà ed incertezze interpretative che ci riguardano da vicino e che dovrebbe interessare il legislatore considerato che, come messo in luce in precedenza da Corte cost. numero 183/2022 , la materia dei licenziamenti è di importanza essenziale per la sua connessione con i diritti della persona del lavoratore e per le sue ripercussioni sul sistema economico complessivo.