Il problema della pena in due recentissime sentenze delle Sezioni Unite

Ultimamente si assiste ad una accentuata attività delle Sezioni Unite chiamate a risolvere i contrasti, non pochi e non marginali quanto ai rilievi, tra le Sezioni singole. In particolare, con due recenti decisioni, il Collegio riunito ha affrontato due tematiche attinenti alla pena.

Il primo contrasto sospensione condizionale della pena Con una propria decisione Cass. sez. unumero , 28 agosto 2023 – 6 febbraio 2024, M.M.M., numero 5362 la Cassazione doveva valutare l'accessibilità dell' impugnazione del procuratore generale della Corte d'appello per avere il giudice per le indagini preliminari, relativamente ai reati di cui agli articolo 609- bis e 609- ter c.p. , nel definire l'accordo intervenuto tra l'imputato e il pubblico ministero, nel concedere il beneficio della sospensione condizionale della pena, senza alcuna condizione, omettono di subordinare tale beneficio a specifici percorsi di recupero presso enti o associazioni qualificate. Sul punto si evidenziava un contrasto in Cassazione. Secondo un primo orientamento il Collegio della Sezione rimettente ha dato atto della esistenza di un primo orientamento, contrario alla impugnabilità con ricorso per cassazione delle sentenze di applicazione della pena su richiesta che abbiano illegittimamente disposto la sospensione condizionale della pena senza subordinarla all'adempimento di uno degli obblighi previsti come condizione necessaria per l'applicazione di tale beneficio, fondato sulla esclusione della riconducibilità di tale vizio alla nozione di illegalità della pena. Per un secondo orientamento favorevole alla proposizione del ricorso per cassazione ai sensi dell' articolo 448, comma 2- bis , c.p.p. , con cui il pubblico ministero contesti l'omessa subordinazione della sospensione condizionale della pena a uno degli obblighi previsti dalla legge come condizione necessaria per il riconoscimento di tale beneficio, la nozione di “pena illegale” comprende anche gli istituti che incidono sulla effettiva e concreta applicazione delle sanzioni. La Cassazione ha fissato il contrasto nel senso che il caso de quo non costituisce pena illegale. Con la sentenza numero 5352 del 2024, ud. 28 settembre 2023 – dep. 8 febbraio 2024, le Sezioni Unite hanno escluso che la sentenza di patteggiamento con cui sia stata concessa la sospensione condizionale della pena non subordinata come concordato tra le parti agli obblighi di cui all' articolo 165, comma 5, c.p. , necessariamente previsti in relazione ai reati ivi contemplati non sia ricorribile per Cassazione non determinando tale amissione un'ipotesi di illegalità della pena . A sostegno di questa conclusione il Supremo Collegio, pur riconoscendo che nella nozione di pena illegale possono rientrare antologicamente situazioni non omogene, sulla scorta di consolidati orientamenti giurisprudenziali delle Sezioni Unite Cass. sez. unumero , Miraglia, RV 283689–01 Cass. sez. unumero Savini, RI 283818-01 conferma che è illegale «solo la pena che non sia prevista, nel genere, nella specie o nella quantità, dall'ordinamento», e conseguentemente che è pena illegale solo quella che si colloca al di fuori del sistema sanzionatorio come delineato dal codice penale. La conclusione non è messa in crisi dal progressivo arricchimento degli obblighi e delle prescrizioni cui il condannato può e deve essere assoggettato in quanto non muta la natura e il carattere della sospensione condizionale della pena questa, infatti, conserva, pur in presenza della imposizione di detti obblighi, il suo carattere esterno alla pena, della quale, pur in presenza di detti obblighi, alcuni da imporre necessariamente per poter accordare il beneficio, continua a sospendere l'esecuzione, presupponendone la già avvenuta e completa determinazione con la sentenza di condanna. Ne consegue che non può certamente discorrersi di illegalità della pena che è già stata interamente e definitivamente determinata , con riferimento alla sua sospensione condizionale, che, come evidenziato, determina solo una astensione a tempo dalla sua esecuzione e il possibile verificarsi degli effetti estintivi di cui all' articolo 167 c.p. Il secondo contrasto riconoscimento della continuazione e concetto di “pena più grave” Con la seconda sentenza Cass. sez. unumero 28 settembre 2023 – 16 febbraio 2024, numero 7029 il Supremo Collegio affronta il problema se a riconoscimento della continuazione a norma dell' articolo 671 c.p.p. , tra reati giudicati separatamente con rito abbreviato fra cui sia compreso un delitto punito con la pena dell'ergastolo per il quale il giudice della cognizione abbia applicato la pena di anni trenta di reclusione per effetto della diminuente di un terzo ex articolo 442, comma 2, terzo periodo, c.p.p. nel testo vigente sino al 19 aprile 2019 , comporti che, in sede esecutiva, per “pena più grave inflitta” che identifica la “violazione più grave” ai sensi dell' articolo 187 disp. att. c.p.p. , debba intendersi quella risultante dalla riduzione per il rito speciale ovvero quella antecedente alla suddetta riduzione”. Il contrasto riveste il concetto di “ pena più grave ”. Secondo un primo orientamento ai fini della valutazione in sede esecutiva della continuazione tra reati oggetto di condanne emesse all'esito di distinti giudizi abbreviati, si deve individuare il reato più grave e determinare la pena base nella sua entità precedente alla riduzione conseguente alla scelta del rito alternativo, operando l'aumento per la continuazione su detta pena base e, infine, applicare la diminuente per il rito abbreviato sul computo in tal modo ottenuto. Un secondo orientamento ritiene, invece, che, ai fini dell'individuazione della violazione più grave nel reato continuato in sede esecutiva, il giudice deve tenere conto della sanzione più severa concretamente inflitta, anche se frutto della riduzione di un terzo in caso di condanna pronunciata con rito abbreviato. Quest'ultimo orientamento si basa sulla natura prettamente processuale della diminuente di cui all' articolo 442, comma 2, c.p.p. L'argomento valorizzato a sostegno dell'orientamento in esame rimanda, essenzialmente, alla considerazione della natura prettamente processuale della diminuente di cui all' articolo 442, comma 2, c.p.p. , da cui scaturisce la riduzione di pena consistendo, quest'ultima, in un'operazione puramente aritmetica conseguente alla scelta del rito da parte dell'imputato, essa, «logicamente e temporalmente, dev'essere eseguita dopo la determinazione della pena , effettuata secondo i criteri e nel rispetto delle norme sostanziali». Senza entrare nel merito del diverso risultato delle due operazioni e delle possibili variabili legate alle pene applicate, come emerge dalla giurisprudenza citata nella motivazione delle Sezioni unite, il ragionamento va sviluppato in punto di diritto. Sotto questo aspetto, i giudici della Cassazione contrappongono alla connotazione processuale della diminuente, quella di natura sostanziale. Per sostanziare questa conclusione i giudici della Cassazione fanno riferimento alle Osservazioni del Governo al Progetto preliminare e richiamano molti precedenti giurisprudenziali come quelli relativi alle pene accessorie o all'applicazione della prescrizione. Va altresì sottolineato come la diminuente costituisca un trattamento di favore con connotazioni peculiari, ricollegate ad un comportamento positivo dell'imputato, ancorché successivo al reato. Il dato ha trovato un consolidamento nelle note vicende legate al c.d. caso Scoppola . Sulla base di queste considerazioni le Sezioni Unite hanno affermato «ai sensi dell' articolo 187 disp. att. c.p.p. , il giudice dell'esecuzione deve considerare come “pena più grave inflitta”, che identifica la “violazione più grave”, quella concretamente irrogata dal giudice della cognizione siccome indicata nel dispositivo di sentenza» «ai sensi degli articolo 671 c.p.p. e 187 disp. att. c.p.p. , in caso di riconoscimento della continuazione tra reati giudicati separatamente con rito abbreviato, fra cui sia compreso un delitto punito con la pena dell'ergastolo per il quale il giudice della cognizione abbia applicato la pena di anni trenta di reclusione per effetto della diminuente di un terzo ex articolo 442, comma 2, terzo periodo, c.p.p. nel testo vigente sino al 19 aprile 2019 , il giudice dell'esecuzione deve considerare come “pena più grave inflitta” che identifica la “violazione più grave” quella conseguente alla riduzione per il giudizio abbreviato». Resterebbero da considerare anche le implicazioni dell' ulteriore abbattimento della pena per effetto della mancata impugnazione della sentenza di condanna, emessa a seguito di rito abbreviato, dove alla luce della riforma della disciplina integrativa si prevede applicazione d'ufficio da parte del giudice dell'esecuzione.