La Corte d’Appello di Napoli, nel riformare una sentenza in tema di responsabilità sanitaria, fornisce alcune precisazioni sui criteri per il risarcimento di micropermanenti.
Grandi erano probabilmente le speranze con cui una signora napoletana, nella primavera del 2009, si sottopone ad alcuni interventi di chirurgia estetica speranze tanto grandi che enorme si rivela la delusione per il mancato raggiungimento degli esiti sperati. Vittima della frustrazione, a distanza di circa due anni, la paziente conviene in giudizio avanti al Tribunale di Napoli il medico che l'aveva operata per sentirlo condannare al risarcimento dei danni, patrimoniali e non, conseguenti agli interventi falliti e quantificati in circa € 33.000,00. Costituitosi in giudizio, il professionista contesta le deduzioni avversarie e formula domanda riconvenzionale per sentir condannare l'attrice al pagamento del residuo corrispettivo di € 7.000,00, eventualmente da compensarsi con l'asserito credito risarcitorio inoltre, chiede di essere autorizzato a chiamare in causa per esserne manlevato sia dalla società produttrice dell'acido ialuronico utilizzato nel corso del trattamento sanitario che dall'assicurazione con cui aveva stipulato una polizza per la responsabilità civile professionale. La compagnia assicuratrice chiama altresì in causa la struttura presso cui era stato eseguito l'intervento, deducendo l'operatività in secondo rischio della polizza del sanitario per l'ipotesi in cui fosse stata stipulata altra polizza dall'ente a favore del medesimo. Istruita la causa, il Tribunale accerta la responsabilità del chirurgo per la non corretta esecuzione degli interventi e i danni conseguenti, patrimoniali e non compensa il credito risarcitorio dell'attrice con il residuo credito per compenso del medico e condanna l'assicurazione a pagare all'attrice il 90% del dovuto, in accoglimento della domanda di manleva svolta dal medico. La sentenza viene impugnata dinanzi alla Corte d'Appello di Napoli dall'attrice, nonché in via incidentale dal medico e dall'assicurazione. Tra le censure formulate avverso la pronuncia meritano particolare attenzione quelle concernenti la quantificazione del risarcimento del danno non patrimoniale. Al riguardo, la decisione viene criticata per due ragioni aveva liquidato il risarcimento di un pregiudizio contenuto nel limite delle c.d. micropermanenti i.e. danno biologico permanente pari o inferiore al 9% , applicando le Tabelle di Milano, anziché la tabella di cui all'articolo 139 del Codice delle Assicurazioni, peraltro espressamente richiamata in ambito di responsabilità sanitaria dall'articolo 3, comma 3, d.l. 158/2012 conv. l. numero 189/2012 e dall'articolo 7, comma 4, l. numero 24/2017 aveva omesso di riconoscere all'attrice il danno non patrimoniale per l'alterazione delle abitudini di vita, fra cui indossare il bikini per gli inestetismi derivanti dalle operazioni chirurgiche. La Corte d'Appello di Napoli riconosce l'erroneità della sentenza soltanto rispetto al primo dei due profili menzionati. Al riguardo, rileva che essendo il pregiudizio non patrimoniale patito dall'attrice contenuto nei limiti delle c.d. micropermanenti, la liquidazione del risarcimento avrebbe dovuto fondarsi sulla tabella di cui all'articolo 139 del Codice delle Assicurazioni, a prescindere dal fatto che l'illecito o il danno fossero anteriori rispetto all'entrata in vigore dell'articolo 3, comma 3, d.l. numero 158/2012 conv. l. numero 189/2012 e dell'articolo 7, comma 4, l. numero 24/2017. Del resto, come osservato dalla Corte di Cassazione, il richiamo alla tabella di cui all'articolo 139 del Codice delle Assicurazioni contenuto in tali disposizioni, anche laddove applicato a giudizi pendenti, «non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite al patrimonio del soggetto leso, ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l'ambito di discrezionalità e indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno» v. Cass. 11 novembre 2019, numero 28990 Cass., ord., 10 novembre 2020 numero 25274 l'omesso riconoscimento all'attrice di un importo risarcitorio per l'alterazione delle abitudini di vita era da ritenersi corretta, poiché i la somma liquidata in ossequio ai valori tabellari, anche ai sensi dell'articolo 139 Codice delle Assicurazioni, compensa di regola la lesione della salute nelle componenti dinamico-relazionale e di sofferenza soggettiva interiore ii nel caso specifico, mancavano indici tali da giustificare un ristoro superiore rispetto a quello derivante dai criteri tabellari. La pronuncia viene allora parzialmente riformata, con condivisibile riduzione dell'ammontare riconosciuto all'attrice a titolo di danno non patrimoniale.
Presidente Cocchiara – Relatore Sacchi Svolgimento del processo e motivi della decisione - 1. Con citazione, notificata il 18.03.2011, R.G. conveniva, dinanzi al Tribunale di Napoli, il dott. R.E., perché ne fosse pronunciata la condanna al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, che assumeva di avere subìto in conseguenza di plurimi e contestuali interventi di chirurgia plastica, consistenti in mastoplastica additiva con capsulectomia periprotesica bilaterale, rinoplastica, revisione cicatrice addome con addominoplastica e riposizionamento cicatrice ombelicale, filler di acido ialuronico ai glutei, liposcultura del profilo dei glutei, cui il convenuto la sottoponeva, in data 29.04.2009, presso la C.P. di N. A fondamento della domanda, l'attrice deduceva, in particolare, che essa istante, a seguito dei predetti interventi, non solo subiva un peggioramento del proprio aspetto estetico diversità di consistenza e volume delle mammelle, asimmetria dei capezzoli, posizionamento laterale dell'ombelico, presenza di bozzi sottocutanei ai glutei , ma anche pregiudizi invalidanti, consistenti nell'impossibilità di sedersi a causa di dolori e disagi dopo l'intervento, si sottoponeva, su consiglio del dott. E., ad una cura a base di cortisonici, i quali non miglioravano la situazione stante la persistenza delle complicanze, aveva instaurato, dinanzi allo stesso Tribunale, un procedimento per accertamento tecnico preventivo ex articolo 696 bis c.p.c., all'esito del quale, il CTU nominato, riteneva sussistente la responsabilità del dr. R.E., riconoscendole, a titolo di danno biologico, 5 punti di invalidità permanente, oltre a 15 giorni di ITT, e ulteriori 15 giorni di ITP, precisando che un eventuale intervento chirurgico riparativo avrebbe avuto un costo di circa settemila euro in forza di tale accertamento, aveva invano rivolto, al dott. E., una richiesta di risarcimento danni per un totale di Euro 26.270,60. Sulla scorta di tali premesse e specificando che l'intervento di chirurgia estetica era stato eseguito in regime privatistico e senza che il dott. E. si fosse avvalso della collaborazione di altri medici, l'istante concludeva per la condanna del medico al risarcimento dei danni, quantificati in complessivi Euro 33.270,60, somma comprensiva del danno come sopra quantificato e delle spese sostenute per l'acquisto dell'acido ialuronico. Instauratosi il contraddittorio, si costituiva in giudizio il dott. E., il quale contestava la fondatezza della domanda, in specie con riguardo al profilo della riconducibilità, all'intervento eseguito, dei danni accertati nel costo dell'accertamento tecnico preventivo e proponeva domanda riconvenzionale, volta ad ottenere la condanna della G. al pagamento della somma di Euro 7.000,00 a titolo di residuo non versato del compenso concordato per l'attività svolta ovvero, in subordine, instava per la compensazione tra tale importo con quello da riconoscersi in favore della G. a titolo risarcitorio. Il dott. E., inoltre, chiedeva di essere autorizzato dal Giudice alla chiamata in causa, a fini di manleva, della A.G., società produttrice dell'acido ialuronico impiegato nel corso del trattamento sanitario, e della Z. PLC, con la quale deduceva di avere sottoscritto una polizza per la responsabilità civile professionale. Autorizzata la chiamata in causa delle società suddette, si costituiva in giudizio la Z. PLC, la quale, oltre a contestare nel merito la fondatezza della pretesa, deduceva l'operatività, in secondo rischio, della polizza stipulata con il dott. E., qualora fosse stata stipulata, altra polizza, dal sanitario o dalla M.M. C.C. S.r.l., della quale ultima chiedeva la chiamata in causa. Autorizzata anche la chiamata in causa di tale società, la M. S.r.l. M.M.N., società di gestione della C.P., nel costituirsi in giudizio, eccepiva la nullità dell'atto di citazione della Z., in quanto le ragioni di fatto indicate dalla G., e riportate nell'atto di chiamata, non riguardavano la C.P. avendo l'attrice specificato come l'intervento fosse stato eseguito in regime privatistico con assunzione di responsabilità del solo professionista , mentre le ragioni di diritto dedotte dall'assicurazione erano da considerarsi lacunose se non inesistenti. La M., inoltre, eccepiva l'inammissibilità e/o l'infondatezza dell'atto di citazione della Z. In particolare, mentre la compagnia era stata a sua volta correttamente citata dal dr. E. per la copertura assicurativa della relativa posizione essendo quest'ultimo l'unico soggetto convenuto da parte attrice , la chiamata nei confronti della M. non avrebbe avuto alcuna giustificazione. Rimasta contumace la A.G., pure ritualmente citata, concessi alle parti i termini di cui all'articolo 183 VI comma c.p.c., con ordinanza del 17.11.2014, il primo Giudice, oltre ad ammettere le prove orali articolate dalle parti, ordinava alla M. S.r.l. l'esibizione del contratto che legava il dott. E. alla struttura dalla stessa gestita e disponeva una nuova CTU, nominando, quale proprio Ausiliare, il Dott. M. de C., medico legale, il quale accettava l'incarico all'udienza del 05.05.2015. All'udienza del 12.09.2016, veniva raccolto l'interrogatorio formale di R.E., mentre l'attrice ometteva di comparire per rendere quello ad essa deferito dal convenuto. Depositata la CTU, prodotti dal citato consulente chiarimenti, all'udienza del 16.5.2019, la causa era trattenuta in decisione, previa la concessione alle parti dei termini di cui all'articolo 190 c.p.c. - 2. Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale, sulla scorta delle conclusioni rese dal nominato CTU, riteneva sussistente la responsabilità del dott. E. per la non corretta esecuzione degli interventi di infossamento ombelicale e di body-contouring dei glutei con infiltrazione sottocutanea di acido ialuronico. In adesione alla CTU, il primo Giudice riconosceva, pertanto, causalmente imputabile al sanitario un danno biologico permanente del 6%, del quale il 5% per danno estetico e l'1% per la componente disfunzionale che i noduli sottocutanei provocavano, in quanto dolenti alla pressione con superfici di contatto, nonché 20 giorni di ITT, 30 giorni di ITP al 50% e 30 giorni di ITP al 25%. Quindi, applicando la tabella elaborata dall'Osservatorio per la giustizia civile istituito presso il Tribunale di Milano, liquidava, in favore della danneggiata, Euro 13.981,00, di cui Euro 9.816,00 a titolo di danno biologico permanente - Euro 1.960,00 a titolo di danno da invalidità temporanea totale 20 giorni per 98Euro - Euro 2.205,00 a titolo di danno da invalidità temporanea parziale, risultanti dalla somma di Euro 1470,00 30 giorni al 50% per Euro 98 e di Euro 735,00 30 giorni al 25% per Euro 98 . Sulla somma complessivamente liquidata, il Tribunale riconosceva gli interessi compensativi ad un tasso medio del 1% annuo da calcolarsi dalla data del fatto 29.04.2009 alla pronunzia della presente sentenza sulla somma dapprima originariamente devalutata alla data dell'illecito e poi incrementata anno per anno nominalmente fino all'importo liquidato in base ai coefficienti ISTAT . Quanto ai danni patrimoniali, in accoglimento solo parziale della domanda, il primo Giudice riconosceva l'importo di Euro 40,00, per il rilascio delle cartelle cliniche da parte della C.P., di Euro 90,00, per eco addome completo del 29.06.2009 presso I.D.D.V., di Euro 60,00, per eco mammaria del 30.06.2009 presso I.D.D.V., rigettando tutti gli altri importi dedotti, in quanto le spese sostenute per l'acquisto dell'acido ialuronico, nonché le somme versate per compensi professionali del dr. P. anestetista e del dr. E., non sono conseguenza immediata dell'inesatto adempimento della prestazione, avendo viceversa fondamento nella conclusione del contratto stipulato tra il medico e la paziente, la quale avrebbe dovuto, per ottenerne la restituzione, invocare la risoluzione del contratto per inadempimento del professionista. In merito alla domanda riconvenzionale ed all'eccezione di compensazione proposte dal dott. E., fondate sul proprio diritto di credito derivante dal parziale inadempimento dell'odierna attrice, la quale avrebbe fatto tornare insoluto l'assegno di Euro 7.000,00 versato quale compenso per l'intervento , il Tribunale, stante la mancata contestazione sul punto ad opera della G., riteneva provato, a norma dell'articolo 115 c.p.c., il credito vantato dal medico, ponendolo in compensazione con la somma riconosciuta a titolo risarcitorio alla G. Per l'effetto, condannava il dott. E. al pagamento, in favore di R.G., della somma residua di Euro 7.171,00. Con riguardo alla domanda di manleva proposta dal dott. E. nei confronti della Z., il Giudice di prime cure, in forza dell'articolo 6 delle Condizioni particolari di contratto , secondo cui la polizza era posta a copertura anche dei danni estetici e fisionomici determinati da errore tecnico nell'intervento nella misura del 90% dell'importo di ogni sinistro, condannava l'assicurazione al pagamento di quanto dovuto dal dr. E. alla G. nella misura del 90% del totale, pari ad Euro 6.453,90, disponendo che il restante 10%, pari ad Euro 717,10, dovesse restare a carico del professionista. Nel pronunciare sulla domanda di manleva, poi, il Tribunale rigettava le eccezioni sollevate dalla terza chiamata, Z., osservando come non vi fosse in atti alcuna prova dell'esistenza di una polizza assicurativa stipulata dalla società M. s.r.l. anche in favore del dr. E. , presupposto necessario per ritenere operante la limitazione di responsabilità invocata dalla chiamata compagnia assicurativa. Sempre in relazione a detta domanda, il Giudice di primo grado, con statuizione non censurata dall'assicurato e, quindi, in parte qua coperta dal giudicato, riteneva che letto l'articolo 9 delle Norme che regolano la Convenzione cfr. doc. numero 3 produzione della Z. , si esclude che la compagnia assicuratrice possa essere tenuta a pagare le spese di lite del legale del convenuto, dr. E. . In forza di tale statuizione, come detto, non impugnata dall'E., il Tribunale riteneva, quindi, che l'obbligazione indennitaria dell'assicuratore non operasse con riferimento alle cd. spese di resistenza, vale a dire a quelle sostenute dall'assicurato per resistere alla pretesa del danneggiato. - 3. Avverso la sentenza di primo grado, che, secondo la non contestata deduzione della G., le veniva notificata ai fini della decorrenza del termine cd. breve di cui all'articolo 325 c.p.c. il 12.9.2019, l'attrice originaria interponeva appello, con citazione tempestivamente notificata il 9.10.2019, formulando cinque motivi d'appello. La prima udienza, fissata in citazione per la data del 31.3.2020, veniva differita d'ufficio, con decreto di questa Corte, alla data del 9.10.2020, stante quanto disposto dall'articolo 83 del D.L. numero 18 del 1920. In relazione all'udienza così differita, si costituiva tempestivamente E.R., con comparsa depositata il 15.5.2020 e, nel contestare la fondatezza dell'appello principale, proponeva appello incidentale avverso la sentenza di primo grado, concludendo per la sua integrale riforma. Con comparsa tempestivamente depositata in data 18.9.2020, si costituiva, altresì, la Z. Company, la quale, nel contestare l'appello principale, proponeva, a sua volta, appello incidentale. Si costituiva, infine, la M. S.r.l. M.M.N., eccependo il giudicato, per acquiescenza, rispetto al capo di sentenza che dichiarava infondata la domanda, proposta dalla Z. nei suoi confronti, e nel merito concludeva per il rigetto dell'appello principale poiché infondato. Con ordinanza del 02/07/2021, la Corte, dopo aver dato atto del perfezionamento della notifica nei confronti dell'appellata, rimasta contumace, A.G., delle comparse contenenti gli appelli incidentali proposti dal dott. E. e dalla Z., rinviava la causa per la precisazione delle conclusioni all'udienza del 9.6.2023. L'udienza di precisazione delle conclusioni veniva sostituita con il deposito telematico di note scritte ex articolo 127 ter c.p.c. ed all'esito del deposito delle predette note, la Corte, con ordinanza del 22/06/2023, assegnava la causa in decisione, concedendo alle parti i termini di sessanta giorni per il deposito delle comparse conclusionali e venti giorni per le memorie di replica ex articolo 190 c.p.c. Depositati dalle parti gli scritti finali, la causa veniva rimessa al Collegio per la decisione. - 4. Occorre, preliminarmente, soffermarsi sull'appello incidentale proposto dal dott. E., atteso che esso, investendo l'an, riveste carattere preliminare rispetto all'appello principale ed a quello incidentale della Z., che riguardano solo il quantum. Con il primo motivo del suo gravame, l'appellante incidentale impugnava la sentenza, lamentando che il primo Giudice non aveva valorizzato la mancata comparizione della G. all'udienza, tenutasi il 12.9.2016, per l'espletamento dell'interrogatorio formale che ad essa era stato deferito dal dott. E. Siccome detta prova verteva, tra l'altro, sull'esatta individuazione del tipo di intervento all'addome, che era incentrato solo alla Sintesi mediante tecnica endoscopica e della diastasi dei muscoli retti , e sul fatto che la paziente avesse fortemente voluto essere sottoposta al trattamento con acido ialuronico, sebbene edotta dal medico dei rischi ad esso connessi, il Tribunale avrebbe dovuto, dalla mancata comparizione dell'attrice, desumere l'ammissione dei fatti ad essa sfavorevoli e rigettare la domanda. Con ulteriore motivo, il dott. E. censurava la sentenza, per avere il Giudice operato un'acritica adesione alle conclusioni del CTU, dr. de C., nonostante le precise e circostanziate osservazioni critiche, mosse a quell'elaborato dal c.t.p. di parte convenuta, dott. C. Al riguardo, premesso che il CTU aveva ravvisato profili di responsabilità del dott. E. solo in relazione al riposizionamento ombelicale , e all'intervento di body countouring ai glutei, l'istante obiettava che erroneamente il CTU aveva addebitato al sanitario il mal posizionamento ombelicale. Al riguardo, opinava che La G. si ndr era rivolta al dott. E. esclusivamente per la diastasi dei retti addominali e per un miglioramento della cicatrice sovrapubica , come doveva desumersi dal capo nove dell'interrogatorio formale. Dalla mancata ingiustificata comparizione dell'attrice all'udienza del 12.9.2016, il Giudice doveva trarre la conclusione dell'ammissione della dedotta circostanza. Peraltro, nello stesso senso induceva a deporre la circostanza secondo cui la lamentata laterizzazione dell'ombelico non poteva essere ascritta al medico, essendosi lo stesso preoccupato solo di risolvere la diastasi praticandole un intervento di mini addominoplastica con sutura dei retti in endoscopia, intervento che non prevede quello spostamento dell'ombelico lamentato dall'appellante e malamente addebitato all'operatore . Erroneamente, il CTU aveva ritenuto che a livello addominale la paziente sia stata sottoposta ad un intervento di addominoplastica con correzione dei retti addominali, infossamento della cicatrice ombelicale revisione di cicatrice sovrapubica da pregressi cesarei … . Il rilievo non era condivisibile, essendo contrastato sia dall'esito dell'interrogatorio formale, sia dal tenore della cartella clinica, che non conteneva riferimento alcuno ad interventi sull'ombelico. Il CTU, nell'addebitare all'imperizia del chirurgo estetico il mal posizionamento ombelicale, non aveva considerato che tale effetto poteva essere conseguenza solo di un intervento di addominoplastica, laddove, nella specie, alla paziente era stato praticato un intervento meno invasivo, di mini addominoplastica, nel quale non poteva verificarsi la trasposizione dell'ombelico. Le motivazioni che il CTU aveva addotto, in risposta ai rilievi del consulente tecnico di parte, dott. C., al fine di giustificare la propria conclusione, non convincevano, avendo l'ausiliare omesso di considerare che il dott. E. aveva eseguito l'intervento passando attraverso il pregresso taglio del cesareo così effettuato la plastica dei muscoli retti con conseguente infossamento dell'ombelico , e, quindi, praticando solo due piccoli tagli attraverso i quali, senza effettuare lo scollamento dell'ombelico aveva eliminato quello slargamento dei muscoli determinando anche l'infossamento dell'ombelico . Peraltro, il CTU ricollegava il danno ad una tecnica chirurgica da esso descritta, ma non corrispondente a quella effettivamente impiegata, non considerando che la distasi dei muscoli si può emendare anche in via laparoscopica con una piccola incisione che consenta l'introduzione degli strumenti . A conforto delle proprie ragioni, l'appellante valorizzava le risultanze di due reperti fotografici, allegati alla produzione dell'ATP, ritraenti l'ombelico della paziente prima e dopo l'intervento, dall'esame dei quali doveva trarsi il convincimento che l'intervento aveva comportato solo un'introflessione dell'ombelico, a seguito della correzione della diastasi, mentre la posizione dello stesso era rimasta invariata. Ulteriore riprova si trarrebbe, secondo l'istante, dalla stessa affermazione del CTU, laddove rilevava la presenza, sull'addome della G., di esiti cicatriziali di circa 13 cm., aventi un'estensione assai più contenuta di quella che sarebbe conseguita al ben più radicale intervento descritto dal CTU e dallo stesso ipotizzato. Ed invero, qualora fosse stato realmente eseguito l'intervento descritto dal CTU, si sarebbe dovuta rilevare una cicatrice sovra pubica di almeno 40-50 cm., ed in questo caso, sarebbe stato necessario riposizionare l'ombelico , ed eseguire cicatrice circolare completa intorno ad esso . Quindi, la corta cicatrice sovra pubica di soli 13 cm proverebbe essersi effettuato un intervento che non permette lo spostamento dell'ombelico, e quindi di addominoplastica tradizionale . Peraltro, altro elemento, coerente con le proprie tesi, emergerebbe, a detta dell'appellante incidentale, anche dalla relazione a firma del CTU dell'ATP, prof. Giuseppe S. che, pur essendo presente in atti solo nella sua versione parziale la cd. bozza di relazione, priva delle risposte definitive date dal consulente , in conseguenza dell'accertato smarrimento del fascicolo d'ufficio di quella fase processuale, nondimeno attestava, all'esito dell'esame obiettivo della periziata, la presenza di cicatrice che circonda i ¾ dell'ombelico . Secondo l'assunto in esame, tale indicazione proverebbe un'incisione a mezza luna che ha lasciato l'ombelico dell'attrice sempre attaccato all'addome . Quindi, l'ombelico si era introflesso per il positivo intervento della diastasi sui muscoli dell'addome, senza produrre alcuno spostamento e, quindi, scollamento dello stesso. - 5. Il motivo non è fondato. Con precipuo riguardo all'esito dell'interrogatorio formale, deve premettersi che la mancata ingiustificata comparizione della G. all'udienza del 12.9.2016, di per sé, non consenta di ritenere come ammessa la circostanza secondo cui la paziente mai avrebbe concordato con il dott. E. un intervento relativo alla posizione dell'ombelico. Invero, già in termini generali, occorre osservare che, a norma dell'articolo 232 c.p.c., la mancata ingiustificata comparizione all'udienza fissata per l'espletamento dell'interrogatorio formale, può indurre a ritenere come ammessi i fatti oggetto di prova solo all'esito di una valutazione complessiva di tutte le risultanze probatorie. Sul punto, la giurisprudenza è univoca nel ritenere che In tema di prove, con riferimento all'interrogatorio formale, la disposizione dell'articolo 232 cod. proc. civ. non ricollega automaticamente alla mancata risposta all'interrogatorio, per quanto ingiustificata, l'effetto della confessione, ma dà solo la facoltà al giudice di ritenere come ammessi i fatti dedotti con tale mezzo istruttorio, imponendogli, però, nel contempo, di valutare ogni altro elemento di prova cfr. Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza numero 3258 del 14/02/2007 Sez. 1, Sentenza numero 17719 del 06/08/2014 . Peraltro, nella specie, il contenuto tecnico del capitolo di prova invocato dall'appellante, vertente sull'esatta individuazione degli inestetismi che il dott. E. avrebbe dovuto emendare cfr. pag. 7 della memoria istruttoria depositata in primo grado dal sanitario , induce ragionevolmente ad escludere che la risposta fornita dalla parte, potesse, in un senso o nell'altro, orientare in maniera significativa l'esito della lite. Del resto, sul piano logico, se, secondo la stessa deduzione dell'appellante incidentale, le parti non avevano concordato alcun intervento relativo alla posizione dell'ombelico, ma solo il miglioramento della diastasi dei retti addominali, se ne deve arguire che, all'epoca del trattamento sanitario, il mal posizionamento non esisteva. Diversamente opinando, è arduo credere che la G., mostratasi così interessata al suo aspetto estetico da sottoporsi ai plurimi interventi descritti dal CTU, non sollecitasse anche la correzione di tale inestetismo. In aggiunta, la Corte rileva che gli esiti della CTU a firma del dott. de C. depongano per la sussistenza dell'inestetismo e per la sua riconducibilità, sul piano causale, ad un'incongrua esecuzione dell'atto operatorio. Infatti, rispondendo alle note critiche del dott. C., consulente di parte del dott. E., fondate su ragioni analoghe a quelle sottese al motivo di appello che si sta esaminando, il CTU nominato in primo grado forniva una spiegazione plausibile e scientificamente motivata del proprio convincimento. Lo stesso, infatti, osservava che Per quanto concerne il mal posizionamento ombelicale che egli NDR il dott. C. ritiene non ascrivibile all'intervento in oggetto in quanto lo stesso era limitato ad una mini addominoplastica, va detto che le evidenze iconografiche e cliniche dimostrano in maniera chiara che durante l'intervento chirurgico praticato dal dott. E. si procedette a riposizionamento ombelicale. L'intervento in oggetto consistette, in una mini addominoplastica modificata, integrata da correzione di diastasi dei retti addominali, in cui si procedette, stando a quanto indicato al tavolo, uno scollamento dei tessuti sino alla cartilagine xifoidea e, quindi, sino ad una sede decisamente più craniale rispetto a quella dell'ombelico. Nonostante la descrizione dell'atto operatorio in oggetto risulti eccessivamente sintetica e concisa il che risulta già di per sé pregiudizievole ai fini della valutazione della condotta tecnica dell'operatore , l'ampio scollamento dei tessuti dopo revisione della chirurgia sovrapubica e l'infossamento dell'ombelico risultano ben precisati. È, dunque, verosimile ritenere che durante le manovre di scollamento addominale e di infossamento ombelicale sia stato praticato il disinserimento dalla fascia muscolare, per ottenere maggiore mobilità del lembo addominale, ciò ancor di più alla luce dell'avvenuta correzione della diastasi dei retti addominali che, avvenendo a livello di una sede più craniale, richiede il disinserimento e l'infossamento dell'ombelico, con sua mobilizzazione e, dunque, successivo riposizionamento che in fattispecie non fu ben centrato . D'altronde, in caso contrario, dovrebbe solo presumersi che lo stesso ombelico si sia mobilizzato autonomamente il che è chiaramente inverosimile atteso che il suo disallineamento è ben percettibile. Il dott. C. confonde la mobilizzazione dell'ombelico che avvenne in fattispecie, con la trasposizione che è un differente passaggio tecnico previsto negli interventi di addominoplastica. Ne consegue che le osservazioni del dott. C. non trovano conferma in quelli che sono gli elementi tecnici desumibili e le procedure chirurgiche attuate nel caso di specie, a prescindere dal tipo di tecnica chirurgica che venne adottata e che nel caso oggetto di valutazione deve ritenersi non pedissequamente rispettata relativamente alle sue fasi chirurgiche . Gli ulteriori rilievi dell'appellante, tesi a valorizzare i reperti fotografici rappresentativi della posizione dell'ombelico prima e dopo l'intervento, non colgono nel segno, avendo il CTU espresso il suo giudizio, tenendo in debita considerazione le foto agli atti. Se avesse rilevato che tali reperti attestavano, dopo l'esecuzione del trattamento chirurgico, una posizione immodificata dell'ombelico rispetto a quella ad esso preesistente, il CTU ne avrebbe di certo dato atto. Con riguardo, poi, all'errata valutazione che l'ausiliare avrebbe fatto del tipo di trattamento eseguito, non idoneo, per la sua ridotta invasività, a determinare una parziale dislocazione dell'ombelico, è sufficiente richiamare la risposta fornita dal dott. de C. nella replica alle osservazioni critiche del dott. C., dinanzi trascritta. In essa, l'ausiliare spiegava perché la tecnica operatoria utilizzata, quale emergeva dalla descrizione che di essa era stata fatta nella cartella clinica, poteva causare l'effetto in concreto prodottosi. La circostanza che la descrizione dell'intervento non menzioni la dislocazione, di per sé, non è probante, avendo il CTU stigmatizzato l'eccessiva sintesi con la quale, in tale documento, erano riportate le fasi salienti del trattamento. - 6. Con il terzo motivo del suo appello incidentale, il dott. E. impugnava la CTU, nella parte in cui l'ausiliare riteneva inadeguata l'informazione, fornita dal medico alla paziente, circa i possibili esiti permanenti della somministrazione di acido ialuronico. Al riguardo, l'istante obiettava che la G. era stata esaustivamente informata anche su possibili conseguenze negative che potevano derivare da tale infiltrazione ben prima dell'intervento, per lo sfavorevole parere datole dal sanitario alla sua richiesta di infiltrazioni con acido ialuronico con suggerimento di avvalersi della tecnica dell'inserimento di protesi che, allo stato dei tessuti, le avrebbero meglio modellato i glutei . In tal senso deponeva la mancata risposta della G. al capitolo 7 dell'interrogatorio formale, vertente, appunto, sul dissenso manifestato dal medico all'esecuzione del trattamento e sulla pervicacia della paziente a volerlo ricevere. Del resto, il dott. E. aveva manifestato la sua volontà, contraria all'uso del filler, anche attraverso il suo comportamento, consistente nel non fornire il prodotto ma nel disporre che fosse la paziente a sue spese a procurarselo. Da tali premesse, doveva desumersi che il dott. E. già prima dell'intervento aveva effettuato una completa ed esaustiva informazione sulle possibili conseguenze dell'uso del prodotto, a cui l'attrice non ritenne di adeguarsi avendo già sperimentato, un anno prima, l'uso dell'A. per un intervento sul viso senza alcun subire alcun nocivo effetto collaterale, così rifiutando il consigliato dal chirurgo dell'introduzione di protesi . Pertanto, essendo stata esaustivamente informata, la G. aveva accettato tutte le conseguenze negative derivanti dall'uso del filler . - 7. Con il quarto motivo di appello incidentale, il dott. E. impugnava il capo della sentenza con cui il Tribunale aveva affermato la sua responsabilità, per la ritenuta non corretta esecuzione del body conturing praticato ai glutei. Opinava, al riguardo, l'appellante che il CTU, nell'addebitargli l'utilizzo di una quantità di acido ialuronico non adeguata alle caratteristiche della paziente, che, nella specie, presentava tessuti sottili ed era stata sottoposta a liposuzione, non aveva, tuttavia, considerato la possibilità che la causa NDR potesse essere addebitata alla eccessiva concentrazione dell'acido fornito per l'infiltrazione ai glutei, consegnato alla G. il giorno prima dell'intervento dal rappresentante, consigliatole dal rappresentante in quantità maggiore del necessario . Peraltro, nel modulo di consenso sottoscritto dalla G., il medico aveva avuto cura di precisare che eventuali problematiche dovute alla somministrazione del preparato sarebbero state a carattere temporaneo, proprio perché, non avendo partecipato al calcolo della quantità da infiltrare, si era preoccupato di precisare le conseguenze che potevano verificarsi normalmente. Tra l'altro, il CTU nemmeno aveva considerato che esso istante aveva contestato alla casa produttrice del preparato, A., il verificarsi di qualche effetto anomalo e che tali anomalie erano all'origine della reticenza che il medico aveva manifestato nell'impiego del prodotto. Pertanto, nessuna contestazione poteva farsi all'E. per la quantità di acido ialuronico infiltrato, in quanto le infiltrazioni erano state eseguite esclusivamente nei quadranti superiori, aree ove allo stato non era presente alla palpazione alcun nodulo e/o avvallamento, apparendo, al contrario, l'area ben modellata con aumento del profilo. In ordine, poi, al nodulo in regione perineale di coscia destra, l'appellante osservava che tale area rappresentava il punto più distale del tramite della cannula della liposuzione entrata in laterale di coscia e che, pertanto, verosimilmente tale nodulo non era rappresentato da accumulo di materiale protesico, ma, presumibilmente da postumi di raccolta ematica non riassorbita, imputabili ad un'eccessiva concentrazione dell'acido fornito alla paziente o per la presenza di elementi negativi che ne avevano impedito il rapido riassorbimento come di norma. - 8. I motivi, da trattare congiuntamente, sono infondati. Il CTU, dott. de C., affermava che l'infiltrazione di acido ialuronico è ampiamente utilizzata nella cura della pelle e nei trattamenti anti invecchiamento. Un filler cioè, un riempitivo costituito da acido ialuronico di lunga durata, a lento assorbimento, può essere in tesi generale indicato per il rimodellamento dei volumi del corpo body-contour . Il filler può essere iniettato nelle aree dei glutei da rimodellare attraverso una ago-cannula. Al termine del trattamento viene posizionato un cerotto e dopo 24 ore la paziente può tornare a svolgere tutte le sue attività quotidiane . Siccome tale trattamento presenta il rischio di possibili complicanze, tra le quali figura quella, in concreto verificatasi nel caso della G., costituita dalla formazione di noduli granulomatosi, dovuti probabilmente ad una reazione infiammatoria/fibrotica cronica su base batterica cosiddetti biofilm , oppure lesioni di tipo vascolare con rischio di ischemia della cute della zona trattata, la comunità scientifica, sin dal 2008, ha predisposto linee-guida per l'utilizzazione dei filler nell'aumento del tessuto cutaneo e sottocutaneo. Secondo tale importante documento, patrocinato da numerose società scientifiche di chirurgia plastica e dermatologia, è raccomandabile evitare di effettuare ipercorrezioni, laddove la caratteristiche del prodotto non lo consentano . Ciò premesso, il CTU osservava che, nella specie, nel corso dell'intervento del 29/4/2009, fu trattata un'estesa area cutanea a livello di entrambi i glutei con infiltrazione di ben 300 ml per ciascun lato di acido ialuronico. Tale procedura, a detta del consulente, non poteva essere condivisa, in quanto solitamente è raccomandata una quantità massima di 240 cc di prodotto locale e considerato che, nel caso di specie, la paziente era un soggetto assai magro, presentava tessuti sottili ed era stata sottoposta a liposuzione. In sede di risposta alle osservazioni del dott. C., a giudizio del quale si sarebbe in presenza di un evento imprevedibile ed imprevenibile, il CTU osservava L'evento avverso che caratterizzò la procedura di body countouring cui fu sottoposta la Sig.ra G. era sia prevedibile, poiché contemplato dalla letteratura, nonché ampiamente prevenibile giacché correlabile ad inadeguata modalità e erronea esecuzione della procedura medesima adottata. Per eseguire una corretta procedura occorre ben valutare la proporzione e le caratteristiche dell'area anatomica da trattare nella singola seduta limitandosi all'iniezione di quantità di acido ialuronico adeguatamente smaltibile ed assorbibile, onde prevenire la formazione di noduli granulomatosi . Secondo l'ausiliare la formazione di noduli granulomatosi esitati in piccole tumefazioni nodulari di consistenza dura a livello di entrambe le regioni glutee soprattutto a carico di quello di quella destra, lamentati in anamnesi e descritti in sede di esame obiettivo era da ascrivere, sul piano causale, all'utilizzo di una quantità di acido eccessiva in rapporto alla zona da trattare. Alla luce delle considerazioni espresse dal CTU, risulta, quindi, ininfluente quanto dall'appellante osservato circa il preteso dissenso che il medico aveva manifestato rispetto alla somministrazione del preparato. Infatti, nella specie, non vi è la prova che l'effetto dannoso sia stato causato da un vizio del prodotto, connesso ad una concentrazione non corretta del preparato. Del resto, lo stesso modulo di consenso informato, che l'appellante ha invocato, faceva riferimento, come pure osservato dal CTU, ad esiti pregiudizievoli, connessi alla quantità di acido introdotta, consistenti in infiammazioni e irregolarità, pur sempre descritti come di carattere temporaneo, laddove, nel caso di specie, si tratta di esiti ormai cronicizzati. Ne segue che manchi la prova che la paziente sia stata edotta della possibilità di subire, in conseguenza dell'inoculazione di acido ialuronico, danni permanenti e che, nonostante siffatto avvertimento, la stessa abbia ugualmente deciso di sottoporsi al trattamento. In ogni caso, anche ad ipotizzare che la G., pure informata dal medico della possibilità che un utilizzo eccessivo di acido potesse provocarle la formazione di noduli granulomatosi, avesse manifestato il suo consenso, tuttavia, siccome, nella specie, sussiste l'errore del medico, il danno iatrogeno alla salute risulterebbe, comunque, risarcibile cfr. Cass. Civ. Sez. 3, Ordinanza numero 16633 del 12/06/2023 . Invero, la questione del preteso dissenso della paziente, nel caso in esame, non viene a rivestire una concreta incidenza, non avendo il Giudice liquidato, oltre al danno alla salute, anche quello da lesione del consenso informato. In sede di memoria di replica, il dott. E. obiettava, poi, che il CTU avrebbe supposto un dato falso, vale a dire la somministrazione di una quantità di prodotto 300 ml per ciascuno lato differente da quella realmente impiegata. Infatti, secondo l'appellante, alla G. venivano infiltrati 150 ml per lato, attraverso 15 siringhe di filler per ciascun gluteo, come dovrebbe desumersi dalla copia della fattura prodotta dall'appellante al fine del preteso rimborso di questa spesa. Il rilievo risulta, per un verso, non dimostrato, attestando la fattura invocata dall'appellante l'acquisto, da parte della G., di 30 vari fill body , ma non anche la quantità di prodotto contenuta in ciascuna siringa. In secondo luogo, l'assunto difensivo contrasta con quanto lo stesso dott. E. aveva sostenuto nella memoria di replica del primo grado, scritto nel quale si contestava l'affermazione del CTU, adducendo che, per la superficie di ciascun gluteo, 300 cc centimetri cubici di prodotto , vale a dire la quantità iniettata alla G., non potevano ritenersi eccessivi cfr. pag. 16 della memoria di replica depositata dalla difesa del dott. E. in data 4.9.2019, ove si legge va ricordato che la quantità di prodotto da inoculare, a seconda della zona da trattare e della relativa concentrazione, va eseguita tenendosi conto di precisi calcoli matematici. Per coprire una superficie di 25 cm per lato, pari a 625 cm quadrati la superficie di ogni gluteo è superiore a 25x25 si riesce ad ottenere uno spessore di poco più di mezzo centimetro utilizzando 300 cc centimetri cubici di prodotto , per cui la quantità di filler inoculata alla G. non risulta assolutamente eccessiva . Del resto, in senso coerente con quanto ritenuto dal CTU del primo grado, anche il CTU nominato in sede di ATP, aveva ricondotto la tumefazione palpabile in regione perineale sinistra all'iniezione in quantità non adeguate di acido ialuronico ed al suo scivolamento nei piani sottostanti cfr. bozza di relazione a firma del prof. Giuseppe S., allegata alla produzione cartacea di primo grado della G. . - 9. Con l'ultimo motivo, il dott. E. contestava la quantificazione del danno, sostenendo che, da un lato, la condotta tenuta dalla G. aveva concorso a cagionare il danno e, dall'altro, che i danni residuati alla paziente non potevano stimarsi nella misura indicata dal CTU, ma in quella assai più contenuta dell'1/2%, cui aveva fatto riferimento il consulente tecnico di parte dott. C., nelle note critiche trasmesse al CTU. - 10. Anche tale motivo è infondato. Non si ravvisa alcun concorso del fatto colposo del creditore, per essersi la G. sottoposta al trattamento dinanzi descritto. La circostanza che la stessa sia stata avvertita dei rischi ed abbia accettato nondimeno di praticare il trattamento con acido ialuronico, non configura affatto una condotta rilevante ai fini di cui all'articolo 1227 co. 1 c.c. Infatti, per quanto il prodotto sia stato acquistato dalla paziente, è pur sempre il medico che deve valutare la quantità di acido da inoculare, le zone di trattamento, le modalità di esecuzione dell'intervento. Nel caso di specie, come rilevato rispetto ai precedenti motivi di gravame, alcuna prova è emersa in ordine a potenziali difetti dell'acido che era stato fornito alla paziente dalla società di relativa produzione. Peraltro, ove pure si ipotizzasse una concentrazione non corretta nel preparato fornito dalla A.G., tanto non esimerebbe il medico da responsabilità verso il paziente, potendo, al limite, solo giustificare un'azione di manleva del primo verso l'odierna appellata contumace. Con riguardo alla stima del danno permanente, il CTU del primo grado, rispondendo alle critiche del dott. C., sottese alla censura de qua, ha condivisibilmente replicato che la valutazione dell'1/2%, suggerita dal tecnico di parte, doveva considerarsi chiaramente sproporzionata in relazione alla realtà esitale allo stato apprezzata, nonché immotivata sotto il profilo medico legale , dal momento che le Linee Guida per la valutazione del danno alla persona in ambito civilistico redatta dalla SIMLA ed edite dal l a G. 2016 . Nella classe di danno estetico valutato con un tasso di danno biologico sino al 5% comprendevano esiti quali alterazioni anatomiche molto circoscritte, ma comunque percettibili ad un'attenta osservazione, pur non alterando le fattezze e l'espressività del soggetto, nonché esiti relativamente più estesi interessanti altri regioni corporee. Orbene, a detta del CTU, le diffuse e numerose tumefazioni nodulari residuate ad entrambi i glutei alla Sig.ra G., associate alla lieve asimmetria ombelicale concretizzano un complessivo pregiudizio estetico che si ritiene di dover classificare nella I classe, privilegiando il limite più alto della stessa, alla luce delle sedi, dell'estensione e della facile rilevabilità dello stesso pregiudizio estetico , e del fatto che le tumefazioni nodulari in regione glutea essendo esitate in corrispondenza della superficie di appoggio in posizione seduta, comportano, altresì, un attendibile dolore alla paziente allorquando assume tale posizione . Pertanto, secondo la condivisibile valutazione dell'ausiliare, alla quale l'appellante ha contrapposto una critica priva di adeguato supporto medico legale, Detti risvolti disfunzionali, non assorbibili nel mero pregiudizio estetico di cui sopra, sono meritevoli di opportuna valutazione almeno mediante un ulteriore punto di danno biologico . In conclusione, l'appello incidentale proposto dal dott. E. deve essere integralmente rigettato. Da ultimo, deve, per completezza, rimarcarsi come il citato sanitario non abbia impugnato la sentenza, per avere il Tribunale omesso di statuire sulla domanda di manleva da esso proposta nei confronti della A.G., sicché, rispetto a tale vizio di omessa pronuncia, risulta essersi formato il giudicato - 11. Occorre, a questo punto, esaminare l'appello incidentale proposto dalla Z. Con il primo motivo, l'impresa di assicurazione censurava il capo di sentenza nel quale il Tribunale, pur chiamato a liquidare un danno contenuto nel limite delle cd. Micro permanenti, aveva fatto applicazione della tabella di Milano, piuttosto che della tabella ex articolo 139 del Codice delle Assicurazioni, espressamente richiamata, in ambito di responsabilità sanitaria, dalla L. numero 189 del 2012 e poi dalla L. numero 24 del 2017. Secondo l'istante, invero, applicando tale criterio, il danno avrebbe dovuto liquidarsi in Euro 9.078,05 o, al limite, riconoscendo l'aumento per la personalizzazione sollecitato dalla G., in Euro 10.893,66, importo significativamente inferiore a quello erroneamente riconosciuto dal Tribunale. - 12. Il motivo è fondato. La S.C. ha affermato il principio secondo cui In tema di risarcimento del danno alla salute conseguente ad attività sanitaria, la norma contenuta nell'articolo 3, comma 3, del D.L. numero 158 del 2012 convertito dalla L. numero 189 del 2012 e sostanzialmente riprodotta nell'articolo 7, comma 4, della L. numero 24 del 2017 - la quale prevede il criterio equitativo di liquidazione del danno non patrimoniale fondato sulle tabelle elaborate in base agli articolo 138 e 139 del D.lgs. numero 209 del 2005 Codice delle assicurazioni private - trova applicazione anche nelle controversie relative ad illeciti commessi e a danni prodotti anteriormente alla sua entrata in vigore, nonché ai giudizi pendenti a tale data con il solo limite del giudicato interno sul quantum , in quanto la disposizione, non incidendo retroattivamente sugli elementi costitutivi della fattispecie legale della responsabilità civile, non intacca situazioni giuridiche precostituite ed acquisite al patrimonio del soggetto leso, ma si rivolge direttamente al giudice, delimitandone l'ambito di discrezionalità e indicando il criterio tabellare quale parametro equitativo nella liquidazione del danno cfr. Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza numero 28990 del 11/11/2019 Sez. 3, Ordinanza numero 25274 del 10/11/2020 . Siccome, nella specie, si è in presenza di un danno iatrogeno contenuto nei limiti del 9%, per la relativa liquidazione occorre fare applicazione della tabella prevista dall'articolo 139 del codice delle assicurazioni private, in luogo di quella elaborata dall'Osservatorio per la giustizia civile di Milano, cui si può fare ricorso, perdurando la mancata approvazione della tabella normativa di cui all'articolo 138 dello stesso testo D.lgs. numero 209 del 2005, solo in caso di lesioni eccedenti il suddetto limite. Ciò premesso, avuto riguardo all'età anni 40 della G. all'epoca della cessazione del periodo di malattia indicato dall'ausiliare, applicando la più aggiornata versione della citata tabella, che si identifica con quella adottata dal D.M. 08 giugno 2022 pubblicato sulla G.U. Serie Generale numero 144 del 22/06/2022, si ottengono i seguenti importi Euro 7.551,31 per danno biologico permanente punto base danno permanente pari ad Euro 870,97 Euro 2.158,58 per danno biologico temporaneo, per complessivi Euro 9.709,89. Trattandosi di somma aggiornata al mese di giugno 2022, essa deve essere resa attuale, attraverso l'applicazione del più recente indice di rivalutazione Istat disponibile, che è, allo stato, quello pubblicato al 30.9.2023. Operando l'indicato aggiornamento, il danno liquidabile ascende all'attualità ad Euro 10.350,74. Nei termini appena indicati si impone, quindi, in accoglimento per quanto di ragione dell'appello incidentale proposto dalla Z., la parziale riforma della gravata sentenza, riforma della quale beneficia lo stesso responsabile del danno, R.E., pure in difetto di analoga censura da parte sua cfr. Cass. Civ. Sez. U, Sentenza numero 24707 del 2015 . - 13. Per ragioni di coerenza sistematica, si deve, a questo punto, esaminare il terzo motivo dell'appello principale della G., teso a censurare la sentenza per avere il Giudice omesso di riconoscere il danno non patrimoniale, consistente nelle limitazioni alle proprie abitudini di vita, che la paziente aveva dovuto subire a causa degli esiti permanenti residuati dall'intervento. L'appellante invocava il danno consistente nell'avere dovuto rinunziare a stare seduta e ad indossare il bikini, a causa della presenza di bozzoli sottocutanei delle dimensioni di un mandarino ed a causa del grave inestetismo rappresentato dal non trovarsi più l'ombelico in posizione naturale, bensì a circa 7 cm dal centro dell'addome . Lo stato di disagio psichico e di insicurezza, residuati all'attrice dai residuati inestetismi, meritavano, ad avviso dell'appellante, una personalizzazione del risarcimento. - 14. Il motivo va rigettato, pur imponendo, per evidenti ragioni, una parziale correzione della motivazione, essendosi il Tribunale, come visto, riferito alla Tabella di Milano. In proposito si deve rammentare che, a norma dell'articolo 139 codice delle assicurazioni private, Qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali personali documentati e obiettivamente accertati ovvero causi o abbia causato una sofferenza psico-fisica di particolare intensità, l'ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella di cui al comma 4, può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 20 per cento. L'ammontare complessivo del risarcimento riconosciuto ai sensi del presente articolo è esaustivo del risarcimento del danno non patrimoniale conseguente a lesioni fisiche . La richiamata disposizione comporta che, in linea di principio, l'importo liquidato in applicazione dei criteri tabellari di base deve ritenersi idoneo a compensare la lesione della salute nelle sue due componenti, dinamico relazionale e di sofferenza soggettiva interiore, a meno che, appunto, nel caso concreto non emergano una rilevante compromissione del profilo dinamico relazionale, attestata da prove documentali o da accertamenti obiettivi, ovvero una sofferenza interiore particolarmente intensa. I suddetti presupposti non sono, tuttavia, ravvisabili nel caso di specie, in quanto, le limitazioni dinamico relazionali, invocate dalla danneggiata, configurano conseguenze ordinarie del tipo di lesione prodottasi, essendo verosimile che tutte le pazienti che riportano inestetismi del tipo di quello in esame possano manifestare disagio nell'esporsi in costume. Né, peraltro, emerge la prova di una sofferenza soggettiva particolarmente intensa. In senso conforme a quanto appena rilevato, si deve rimarcare come, secondo il CTU dott. de C., i postumi non assumono alcuna apprezzabile incidenza sulla capacità lavorativa specifica dell'attrice e gli stessi incidono in misura discreta sulla sfera personale e relazionale. - 15. Procedendo con l'esame dell'appello principale, occorre soffermarsi sul primo motivo, mediante il quale la G. censurava la sentenza, lamentando l'omessa pronuncia, da parte del Tribunale, in relazione alla domanda con cui essa aveva sollecitato la liquidazione del danno patrimoniale futuro, quantificato in Euro 7.000,00 dal CTU dell'ATP, costituito dalla spesa necessaria a rimuovere gli inestetismi residuati. - 16. Il motivo è fondato. Il Tribunale pur avendo dato atto, nella parte iniziale della pronuncia, che la G., con la citazione, aveva, tra l'altro, richiesto, sulla scorta della CTU redatta in sede di ATP, a firma del dr. Giuseppe S., anche il danno pari al costo, stimato da quell'esperto, in Euro 7.000,00, di un futuro intervento riparatore, ometteva, poi, di pronunciarsi su tale domanda. Stante l'omessa statuizione nella quale incorreva, in parte qua, la sentenza, si impone, quindi, l'esame del richiamato capo di domanda. La stessa merita accoglimento, trattandosi di un esborso causalmente collegabile al danno iatrogeno residuato alla G. e che la danneggiata, quindi, dovrà sostenere in futuro, per emendare gli inestetismi conseguenti alla condotta inadempiente del dott. E. Al riguardo, infatti, il CTU dell'ATP, dott. S., riconosceva che un intervento chirurgico riparativo, avrebbe avuto, alla data di quella relazione, risalente al gennaio 2010, un costo di Euro 7.000,00. Rivalutando ad oggi tale importo, in applicazione dei medesimi indici Istat dinanzi richiamati, si ottiene l'importo di Euro 9.030,00. Ciò posto, occorre, poi, rilevare che quello in esame è un danno futuro, che, cioè, la G. dovrà sostenere in un momento successivo rispetto alla data della presente liquidazione. Per evitare, quindi, ingiustificati vantaggi derivanti alla danneggiata dalla cd. capitalizzazione anticipata, vale a dire dalla circostanza che al danneggiato venga riconosciuta subito una somma relativa ad un danno che si verifichi solo in futuro, occorre depurare la somma capitalizzata di quella corrispondente al vantaggio del percepirla prim'ancora che il danno si verifichi cfr. Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza numero 1215 del 2006 . Tale risultato può essere ottenuto o liquidando il danno in forma di rendita, o abbattendo il risultato in base ad un coefficiente di anticipazione, ovvero, infine, attraverso il metodo della capitalizzazione, vale a dire con la moltiplicazione del danno annuo per un coefficiente di capitalizzazione delle rendite vitalizie cfr. Cass. Civ. Sez. 3, Sentenza numero 13881 del 06/07/2020 Sez. 3, Ordinanza numero 16844 del 13/06/2023 . Nell'applicare l'ultimo dei criteri dinanzi indicati, questa Corte, in conformità a proprie precedenti sentenze rese in fattispecie analoghe ed a recenti pronunce della S.C., ritiene di non potersi servire dei coefficienti di capitalizzazione della rendita fissati nelle tabelle di cui al R.D. 9 ottobre 1922, numero 1403, non più attendibili in ragione del progressivo innalzamento della durata della vita media e della sensibile riduzione del tasso degli interessi legali, e di dovere invece fare ricorso ai coefficienti elaborati dalla dottrina per la specifica materia del risarcimento del danno aquiliano, quali, in particolare, quelli diffusi dal Consiglio Superiore della Magistratura ed allegati agli Atti dell'Incontro di studio per i magistrati, svoltosi a Trevi il 30 giugno - 1 luglio 1989 cfr. Cass. civ., sez. III, 14/10/2015, numero 20615, seguita da Cass. civ., sez. III, 28/04/2017, numero 10499 numero 18093 del 2020 . Nel procedere alla liquidazione, occorre applicare il coefficiente corrispondente all'età della G. al momento della liquidazione, pari ad anni 54. Quindi, applicando le tabelle allegate agli Atti dell'Incontro di studio per i magistrati, svoltosi a Trevi il 30 giugno - 1° luglio 1989, per un soggetto di sesso femminile di 54 anni, quale è attualmente l'età della danneggiata, il coefficiente di capitalizzazione è pari a 20,3801 cfr. tabella di cui alla pagina 128 del richiamato documento di studio . Pertanto, il calcolo del danno va operato come segue Euro 9.030,00 importo complessivo del danno liquidato all'attualità 26 anni presumibili di vita residua dell'appellante, considerando un'aspettativa di vita media di 80 anni = Euro 340,30 ammontare del danno annuo x 20,3801 coefficiente di capitalizzazione anticipata = Euro 7.078,16. Su tale importo, al fine di ristorare il creditore del danno da ritardato adempimento, possono essere riconosciuti, secondo i principi fissati da Cass., sezioni unite, 17/2/1995, numero 1712, sulla minor somma che ne avrebbe costituito l'equivalente monetario alla data di insorgenza del credito data del fatto lesivo ed anno per anno rivalutata sino alla pubblicazione della presente sentenza, gli interessi compensativi ad un tasso che, per quanto appresso si dirà, va commisurato a quello dell'1% annuo fino al 31.12.2022 ed al tasso legale dall'1.1.2023 in poi cfr. Sez. 3, Sentenza numero 1215 del 2006, cit., che ha ritenuto dovuti gli interessi compensativi anche in relazione a fattispecie di danno patrimoniale futuro . - 17. Con il secondo motivo, la G. censurava il capo di sentenza nel quale il primo Giudice aveva rigettato la domanda tesa ad ottenere il rimborso del costo, pari ad Euro 7.000,00, che ella aveva dovuto sostenere per l'acquisto dell'acido ialuronico. Secondo l'istante la sentenza - che, nel rigettare la domanda, aveva obiettato come gli importi versati dall'attrice per l'acquisto del prodotto non potevano considerarsi come una conseguenza immediata dell'inesatto adempimento dell'odierno convenuto , ma trovavano la loro causa giustificatrice nella conclusione del contratto stipulato tra la G. e l'E. , per cui l'attrice avrebbe al limite potuto ottenerne la ripetizione solo formulando una domanda di risoluzione contrattuale per inadempimento del sanitario - non aveva considerato come, nella specie, la domanda di restituzione non sarebbe stata proponibile, avendo ella acquistato il prodotto non dal dott. E., ma da un terzo la società che commercializzava la sostanza in Italia . Quindi, a causa della sua condotta inadempiente, il sanitario doveva considerarsi tenuto a rimborsare l'esborso da essa inutilmente sostenuto e causalmente imputabile al suo comportamento imperito. - 18. La pretesa è fondata. È, invero, evidente che la spesa sostenuta dalla paziente per l'acquisto dell'acido ialuronico, poi somministratole dal dott. E., configuri un danno emergente, causalmente riconducibile all'inadempimento del sanitario, integrando un esborso economico rivelatosi sostanzialmente inutile. Infatti, siccome, alla luce di quanto in precedenza evidenziato, la non corretta esecuzione del trattamento sanitario ha determinato, a carico della paziente, dei notevoli inestetismi, pregiudicando il conseguimento del risultato di miglioramento del complessivo aspetto estetico, cui la stessa mirava, l'appellante ha diritto a vedersi ristorata dell'esborso sostenuto, poiché questo configura per essa una componente di danno. Ciò premesso, dalla fattura numero omissis del 25.5.2009, rilasciata dalla A.M., allegata alla produzione di primo grado della G., emerge come quest'ultima abbia sostenuto una spesa di Euro 7.000,00, per l'acquisto dell'acido ialuronico poi somministratole dal dott. E. Inoltre, l'effettuazione della spesa, da parte della paziente, e la relativa entità non sono state oggetto di contestazione alcuna da parte del sanitario, il quale, come sopra visto, fondava le sue difese al riguardo proprio sul fatto di non avere fornito il prodotto alla G. Trattandosi di un esborso effettuato in moneta del maggio 2009, lo stesso, che configura un debito di valore, deve essere espresso in valori attuali. Quindi, applicando l'indice di rivalutazione Istat di cui in precedenza si è detto, il pregiudizio de quo ascende ad Euro 9.093,00. Al pagamento di tale ulteriore voce di danno, sulla quale vanno riconosciuti gli interessi compensativi al tasso di cui appresso si dirà, deve, in ulteriore parziale riforma dell'impugnata sentenza, essere condannato il dott. E. - 19. Con il quarto motivo, la G. censurava la sentenza, per avere il Giudice, sulle somme ad essa liquidate a titolo risarcitorio, riconosciuto, in luogo degli interessi al tasso legale, interessi compensativi ad un tasso dell'1% annuo, in tal modo facendole perdere i maggiori importi che avrebbe ottenuto applicandosi il tasso legale. - 20. La censura è fondata, ma solo per quanto di ragione. Il Giudice di prime cure, sulla somma residua liquidata in favore della danneggiata, previamente devalutata alla data del fatto ed anno per anno rivalutata, ha riconosciuto l'interesse al tasso annuo dell'1%. Così procedendo la sentenza ha fatto corretta applicazione del principio secondo cui In tema di danno da ritardo nel pagamento di debito di valore, il riconoscimento di interessi compensativi costituisce una mera modalità liquidatoria alla quale il giudice può far ricorso col limite costituito dall'impossibilità di calcolare gli interessi sulle somme integralmente rivalutate dalla data dell'illecito. Non gli è invece inibito, purché esibisca una motivazione sufficiente a dar conto del metodo utilizzato, di riconoscere interessi anche al tasso legale su somme progressivamente rivalutate ovvero sulla somma integralmente rivalutata, ma da epoca intermedia ovvero, sempre sulla somma rivalutata e con decorrenza dalla data del fatto, ma con un tasso medio di interesse, in modo da tener conto che essi decorrono su una somma che inizialmente non era di quell'entità e che si è solo progressivamente adeguata a quel risultato finale ovvero, di non riconoscerli affatto, in relazione a parametri di valutazione costituiti dal tasso medio di svalutazione monetaria e dalla redditività media del denaro nel periodo considerato cfr. Cass. Civ. Sez. 3 - , Ordinanza numero 7267 del 23/03/2018 . Orbene, siccome, nell'arco di tempo considerato, 2009/2023 , il tasso legale degli interessi è stato per lungo tempo dal 2015 al 2021 ampiamente al di sotto del limite dell'1%, il criterio di liquidazione applicato appare adeguato all'andamento medio dei tassi legali e non si rivela affatto ingiustificato ed irragionevole. Poiché, invero, un sensibile innalzamento dei tassi di interesse si è avuto solo a partire dal gennaio 2023 epoca in cui gli stessi sono saliti al 5% , è ragionevole disporre che, a partire da tale momento, gli interessi compensativi vadano computati al tasso legale. - 21. In conclusione, sommando le voci di danno come sopra determinate, si avranno i seguenti importi Euro 10.350,74, per danno non patrimoniale, + Euro 7.078,16, per danno patrimoniale futuro, + Euro 190,00, per spese mediche riconosciute dal primo Giudice, che, riconoscendo la rivalutazione monetaria per il periodo intercorso tra la sentenza di primo grado 11.9.2019 e l'attualità, ammontano ad Euro 221,16, + Euro 9.093,00, per acquisto dell'acido ialuronico, per totali Euro 26.743,06. Detraendo da tale somma il credito vantato dal dott. E., pari ad Euro 7.000,00, portato in compensazione dal primo Giudice con statuizione non oggetto di censura, il credito residuo spettante alla G. ascende ad Euro 19.743,06. Al pagamento del ridetto importo deve essere condannato il dott. R.E. - 22. Tornando all'esame dell'appello incidentale, con ulteriore motivo, Z. impugnava la sentenza, opinando che il Giudice avesse malamente valutato la domanda, da essa proposta, di operatività della polizza assicurativa stipulata dall'E. solo in subordine rispetto a quella contratta, nell'interesse dei medici con essa collaboranti, dalla C.P. Infatti, se la M. s.r.l., che gestiva tale struttura sanitaria, avesse stipulato una polizza assicurativa estesa anche alle responsabilità dei singoli medici, nell'ambito di un'assicurazione per conto altrui od a favore di terzo, ne sarebbe conseguita l'applicabilità della ripartizione ex articolo 1910 c.c. ovvero, stante la posizione subordinata della polizza contratta dal dott. E., il rigetto della sua domanda di garanzia. In ragione di tanto, la Z. ribadiva l'istanza di adozione di un ordine di esibizione del contratto assicurativo, sostenendo che mai la s.r.l. M. aveva dedotto espressamente di esserne sfornita. - 23. La censura è infondata. La polizza assicurativa, stipulata dal dott. E. con la Z., assicurava il patrimonio del citato medico in relazione a quanto questi, per danni involontariamente cagionati a terzi in conseguenza di un fatto accidentale connesso all'esercizio della sua attività professionale, avesse dovuto pagare, per capitale, interessi e spese, quale civilmente responsabile ai sensi di legge. Ciò premesso, la clausola invocata dalla Z., rubricata polizze preesistenti , contenuta nella polizza in esame, stabiliva che in caso risultino operanti altre assicurazioni stipulate, con altri assicuratori dall'assicurato e/o da strutture pubbliche o private abilitate all'erogazione dell'assistenza sanitaria, la presente polizza opererà in secondo rischio in eccedenza ai massimali prestati dalle altre assicurazioni e sino a concorrenza dei massimali garantiti dalla presente polizza . Ora, secondo l'assunto dell'appellante, già disatteso dal primo Giudice, questa clausola comporterebbe che, ove la C.P. abbia stipulato una polizza assicurativa estesa anche alla responsabilità civile dei medici presso di essa operanti, ne dovrebbe derivare che quella in esame costituisca polizza a secondo rischio, con la conseguenza che la domanda di manleva proposta dall'E. andrebbe rigettata. La tesi non merita di essere condivisa. Appare, invero, dirimente il rilievo per cui in atti non è stata offerta dalla Z. nessuna prova del fatto che la M. abbia stipulato una polizza assicurativa, che possa operare in relazione all'evento dedotto in lite e che copra, oltre alla responsabilità diretta ed indiretta della struttura, anche quella personale dei medici non dipendenti della Clinica, ma con essa collaboranti posizione che, nella specie, risulta riferibile al dott. E., il quale, per quanto emerge dagli atti, non è dipendente della M., ma utilizza saltuariamente la struttura di cui tale società è titolare per eseguire interventi di chirurgia estetica a pazienti propri . Né, invero, è sufficiente, al fine di ritenere assolto l'onere probatorio, dedurre che la M. e l'E. non abbiano ottemperato all'ordine di esibizione del contratto che li lega, non essendo la circostanza dirimente. Infatti, dato per certo che non sussista un vincolo lavorativo stabile di tipo subordinato, la natura del rapporto intercorrente tra le parti non riveste rilevanza decisiva. Nemmeno, giova soggiungere, è sufficiente che la Z. abbia, con la comparsa di costituzione, ribadito l'istanza di adozione di un ordine di esibizione ex articolo 210 c.p.c., da rivolgere alla M., al fine di ottenere da questa il deposito della polizza assicurativa. Invero, una simile istanza, già disattesa dal primo Giudice, è inammissibile, difettando, nella specie, la prova che la M. abbia effettivamente concluso la polizza assicurativa cui la Z. ha inteso riferirsi cfr. ex multis, Cass. Sez. L, Sentenza numero 26943 del 20/12/2007 . Del resto, il precedente di legittimità citato dal Tribunale Cass. Civ. sez. III, 12/03/2015, numero 4936 , interpretando una clausola di tenore analogo a quella in esame, ha affermato il principio secondo cui Nel contratto di assicurazione della propria responsabilità civile stipulato da un ospedale assicurazione per conto proprio , la clausola la quale preveda che la copertura assicurativa operi in eccesso rispetto alle assicurazioni personali dei medici ivi operanti va interpretata nel senso che, ferma restando la copertura a primo rischio della responsabilità dell'ospedale, la medesima polizza copra altresì a secondo rischio la responsabilità personale dei medici, secondo lo schema dell'assicurazione per conto altrui articolo 1891 c.c. . Il principio è stato successivamente ribadito, affermandosi dalla S.C. che La polizza stipulata da una casa di cura per conto proprio a copertura della responsabilità civile tanto per il fatto proprio quanto per quello altrui non può operare in eccesso rispetto all'assicurazione personale del medico che in essa operi, poiché i due contratti, che sono diversi e riguardano soggetti differenti, non coprono il medesimo rischio. In applicazione dell'enunciato principio, la S.C. ha cassato la sentenza di appello, affermando che presupposto necessario perché possano sussistere una coassicurazione, una assicurazione plurima od una copertura a secondo rischio è proprio l'identità del rischio coperto cfr. Cass. Civ. Sez. 3 - , Sentenza numero 30314 del 21/11/2019 . Quindi, difettando, nella specie, la prova, il cui onere gravava su Z., che la M. abbia sottoscritto una polizza per conto altrui a copertura della responsabilità civile dei medici da essa dipendenti o di cui comunque si avvalga nell'esercizio della sua attività, la polizza sottoscritta dal dott. E. non potrebbe mai operare a secondo rischio. - 24. Con il secondo motivo del suo appello incidentale, la Z. lamentava il vizio di omessa pronuncia, nel quale il Giudice era incorso rispetto all'eccezione, da essa sollevata, intesa ad ottenere che la condanna alla manleva fosse, ai sensi di polizza, circoscritta al sola quota di responsabilità diretta del dott. E., con esclusione delle quote di responsabilità ascrivibili alla M. s.r.l. ed alla A.G., di cui essa aveva chiesto accertarsi, al predetto fine, le rispettive misure. - 25. La censura è infondata, pur imponendo di integrare la motivazione della sentenza che, effettivamente, non si è pronunciata sulla sopra riportata eccezione. La clausola invocata dalla Z., di cui alla polizza agli atti, recita testualmente responsabilità in solido esclusione - l'assicurazione è limitata alla sola quota di responsabilità diretta dell'assicurato con esclusione di qualsiasi responsabilità derivategli in via di solidarietà . Il tenore della clausola induce a ritenere che essa trovi applicazione nelle ipotesi in cui l'assicurato sia stato condannato al risarcimento del danno in solido con altri soggetti. Rispetto a tale situazione, la previsione negoziale in esame stabilisce che la copertura assicurativa sia limitata alla quota di responsabilità diretta, con esclusione degli effetti obbligo di pagamento per l'intero nascenti dal vincolo solidale. Così delineato il senso della clausola, è di tutta evidenza come, nella specie, essa non possa trovare applicazione, difettandone il presupposto, costituito dall'affermazione di una responsabilità solidale dell'assicurato con altri pretesi responsabili. Infatti, l'attrice ha agito in giudizio nei soli confronti del dott. E. e non ha mai operato un'estensione di domanda nei confronti dei terzi, M.M. e A.G., chiamati in causa, rispettivamente, dalla Z. e dal suddetto medico. A sua volta, il Giudice ha disposto la condanna del solo dott. E. Ne segue che, difettando il presupposto di una condanna solidale, non possa nemmeno procedersi ad un accertamento della graduazione delle rispettive responsabilità, nel rapporto tra l'E., la M. e la A.G., e che la richiamata clausola negoziale non possa trovare concreta applicazione. - 26. La Z. chiedeva, poi, che, in ipotesi di conferma della condanna, venissero escluse dall'obbligazione di manleva, posta a suo carico, la quota di spese mediche rappresentata dal rimborso del compenso versato dall'attrice al dott. E. ovvero dal costo di rifacimento dell'originario intervento e di acquisto dell'acido ialuronico. Secondo la difesa della Z., invero, tali voci non rappresentano danni, ovvero aggravamenti, ma il costo dell'intervento riparatore dovrebbe restare a carico della paziente, trattandosi della spesa connessa al trattamento iniziale, mentre il corrispettivo del medico sarebbe dovuto a titolo di restituzione come conseguenza naturale della risoluzione del contratto. Anche la spesa sostenuta dalla paziente per l'acquisto dell'acido ialuronico esulerebbe dalla copertura assicurativa, non attenendo alla riparazione di un danno alla salute provocato dal sanitario, che la polizza mira a garantire per equivalente economico, ma ad una fase logicamente antecedente alla produzione del danno. - 27. Osserva il Collegio che alcuna pronuncia si imponga in relazione a tali deduzioni, in difetto di riproposizione, da parte dell'assicurato, della domanda di manleva in questo grado di giudizio. Ed invero, si deve rilevare che, nella comparsa con cui si è costituito in appello, il dott. E. non abbia riproposto, nemmeno in via subordinata, per l'ipotesi di accoglimento dell'appello della G., la domanda di manleva al fine di essere tenuto indenne dalla Z. in relazione alle maggiori somme al cui pagamento fosse stato eventualmente condannato. Né, giova soggiungere, tale domanda era proposta dal difensore dell'E. alla prima udienza del 9.10.2020, ovvero con le note di trattazione scritta depositate il 24.6.2021, per l'udienza del 2.7.2021, svoltasi in modalità cartolare, e costituente prosieguo della prima udienza, ultimo momento utile nel quale lo stesso avrebbe potuto riproporre la domanda ai sensi dell'articolo 346 c.p.c. Per completezza, deve soggiungersi che, il tenore delle difese svolte, nella comparsa di costituzione in appello, dalla difesa dell'E., non consenta di ritenere che la parte, pure a fronte di una mancata espressa riproposizione della domanda di manleva, abbia comunque inteso insistere nella stessa. Infatti, in alcuna parte della comparsa di costituzione l'appellato si occupava in maniera specifica della questione della manleva, manifestando la volontà che l'obbligazione indennitaria dell'assicuratore venisse estesa alle maggiori somme, eventualmente riconosciute alla G. per il caso di accoglimento dell'appello. Discende da quanto precede che certamente tardive si rivelino le deduzioni difensive, svolte dal difensore dell'E. alle pagine 9 e 10 della comparsa conclusionale depositata in data in data 27.9.2023, mediante le quali lo stesso, per la prima volta, replicava alle eccezioni sollevate dalla Z. in ordine all'estensione della garanzia assicurativa e chiedeva che, in ipotesi di affermazione della responsabilità del sanitario, la copertura assicurativa venisse estesa alle maggiori somme poste a carico dello stesso, al netto della franchigia del 10%. Come noto, infatti, Nell'interpretazione della domanda giudiziale il giudice del merito incontra un duplice ordine di limiti, consistente nel rispetto del principio della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato e nel divieto di sostituire d'ufficio un'azione diversa da quella espressamente e formalmente proposta. Egli, pertanto, deve tenere conto dei limiti oggettivi della domanda, quali risultano non soltanto dal contenuto dell'atto introduttivo del giudizio, ma anche dalle conclusioni definitive precisate dopo la chiusura dell'istruzione, poste in relazione con la citazione e con le eventuali modifiche e trasformazioni delle conclusioni originarie, mentre non può desumere il concreto contenuto della domanda giudiziale dalla comparsa conclusionale la quale, ai sensi dell'articolo 190 c.p.c., ha un carattere meramente illustrativo delle conclusioni già fissate davanti all'istruttore cfr. ex multis, Cass. Civ. Sez. 2 - , Sentenza numero 5402 del 25/02/2019 . In difetto di una sua specifica riproposizione in appello, quindi, la domanda di manleva, proposta in primo grado dal dott. E., deve intendersi tacitamente rinunciata e non può operare in relazione ai maggiori importi come liquidati in questa sede alla G. Infatti, Nel caso di appello da parte dell'attore vittorioso il quale chieda il riconoscimento di una somma maggiore di quella riconosciutagli, il convenuto soccombente in primo grado, ma vittorioso quanto alla domanda di garanzia nei confronti del terzo che egli abbia chiamato in causa, non deve proporre appello incidentale condizionato - come invece dovrebbe nella diversa ipotesi in cui sia stato vittorioso ed intenda essere garantito per il caso di accoglimento totale o parziale del gravame principale proposto nei suoi confronti dall'attore soccombente - essendo sufficiente che egli chieda l'estensione della garanzia per l'evenienza che la sentenza di appello accolga la domanda dell'attore per un importo maggiore di quello riconosciuto dal tribunale cfr. Cass. Civ. Sez. 2 - , Sentenza numero 23948 del 25/09/2019 Cass. Sez. 1, 25/09/2007, numero 19927 . In relazione ad una fattispecie analoga a quella in esame, il precedente della S.C. del 2019, appena citato, ha, invero, ribadito che . In sostanza, la riproposizione nel giudizio di appello, da parte del convenuto, della domanda di manleva, formulata nei confronti di un assicuratore chiamato in garanzia ed accolta dal primo giudice in misura corrispondente all'importo dovuto dall'assicurato al danneggiato, pur non implicando lo spiegamento, da parte sua, di un'impugnazione incidentale, rimane comunque assoggettata al regime processuale dell'articolo 346 c.p.c. sulla riproposizione delle domande o eccezioni non accolte in primo grado, per l'ipotesi in cui venga accolta la pretesa del danneggiato di conseguire un maggior importo, restando perciò imposto all'assicurato, al fine di evitare la presunzione di rinunzia, di manifestare sin dal primo atto difensivo e comunque non oltre la prima udienza Cass. Sez. U, 21/03/2019, numero 7940 la propria volontà di chiedere la condanna dell'assicuratore a tenerlo indenne della diversa somma determinata in sede di gravame arg. da Cass. Sez. 1, 05/07/2000, numero 8973 Cass. Sez. L, 30/01/2014, numero 2051 Cass. Sez. U, 19/04/2016, numero 7700 Cass. Sez. 6 - 2, 16/01/2017, numero 832 Cass. Sez. U, 25/05/2018, numero 13195 . Perché il giudice d'appello adegui la condanna dell'assicuratore della responsabilità civile a tenere indenne l'assicurato di quanto questi deve pagare al terzo danneggiato in dipendenza della responsabilità dedotta nel contratto, avendo riguardo al maggior ammontare della somma liquidata dalla sentenza di secondo grado, non basta, perciò, un generico richiamo dell'assicurato alle difese svolte in primo grado, occorrendo, piuttosto, che lo stesso evidenzi la sua volontà di mantenere comunque ferma la propria domanda di garanzia, sollecitando il giudice di secondo grado a decidere in merito cfr. pag. 10-12 della motivazione della citata sentenza del 2019 . Discende da quanto premesso che l'obbligazione di manleva dell'assicuratore debba ritenersi circoscritta nei limiti stabiliti dal Giudice di primo grado e, quindi, sino all'ammontare di Euro 6.453,90, con esclusione degli ulteriori importi riconosciuti come spettanti alla danneggiata in ragione della presente sentenza. Resta, di conseguenza, assorbito l'esame delle contestazioni sollevate da Z., tese a negare l'operare della copertura assicurativa con riguardo agli ulteriori danni per intervento riparativo, acquisito dell'acido ialuronico , reclamati dalla G. - 28. Occorre da ultimo provvedere al regolamento delle spese processuali, da operarsi alla luce del consolidato principio secondo cui Il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d'ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l'esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale cfr. ex multis, Cass. Civ. Sez. 3, Ordinanza numero 9064 del 12/04/2018 . Ciò premesso, osserva la Corte che, nel rapporto tra la G. e l'E., sussista, alla luce della ritenuta fondatezza della sollevata domanda riconvenzionale del sanitario, un'ipotesi di soccombenza reciproca, che, ai sensi dell'articolo 92 co. 2 c.p.c., giustifica la compensazione delle spese processuali di entrambi i gradi nella misura del 30%, mentre per la residua parte le stesse debbono porsi a carico del dott. E., in applicazione del principio di soccombenza. La liquidazione delle spese processuali di entrambi i gradi, nel rapporto tra la G. e l'E., viene operata, come in dispositivo, a norma del D.M. numero 55 del 2014, come aggiornato, da ultimo, con D.M. numero 147 del 13 agosto 2022 pubblicato sulla G.U. numero 236 del 08/10/2022 e in vigore dal 23 ottobre 2022, con applicazione dei compensi relativi allo scaglione delle cause di valore compreso tra Euro 5.201,00 ed Euro 26.000,00 nel quale rientra il decisum, pari alla somma riconosciuta come dovuta alla G. Per tutte le fasi processuali di entrambi i gradi di giudizio si giustifica l'applicazione dei compensi tabellari medi, ad eccezione della fase di trattazione del grado di appello, per la quale, stante la modesta attività difensiva espletata e l'omesso svolgimento di istruttoria, appare adeguato il riconoscimento dei minimi. Le spese processuali debbono essere distratte in favore dell'avv. Potito M. Pasquarella, dichiaratosi antistatario. Con riguardo al rapporto tra l'E. e la Z., non occorre procedere ad un nuovo regolamento delle spese di lite del primo grado, che in parte qua il Giudice compensava, dal momento che la statuizione resa dal Tribunale, con riguardo alla domanda di manleva, è stata confermata, in ragione del rigetto dei motivi di appello formulati dall'assicuratore. Sussistono, altresì, gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell'articolo 92 co. 2 c.p.c., per disporre la compensazione integrale, tra dette parti, anche delle spese di appello, avuto riguardo, da un lato, al rigetto dei motivi di impugnazione incidentale mediante i quali Z. aveva inteso ottenere la caducazione del capo di sentenza concernente alla domanda di manleva e, dall'altro, alla sua mancata riproposizione, in questo grado di giudizio, da parte dell'assicurato. Alcuna pronuncia quanto alle spese di appello si impone nel rapporto tra la G. e la M., cui l'impugnazione veniva notificata a soli fini di litis denuntiatio. Nessuna pronuncia si impone, quanto alle spese dell'appello, nemmeno nel rapporto tra Z. e M., dal momento che le censure della prima avevano ad oggetto l'operatività della garanzia assicurativa e non erano rivolte a far emergere profili di responsabilità della citata struttura rilevanti nei rapporti con la danneggiata cd. chiamata del terzo responsabile . Deve, infine, darsi atto della sussistenza, ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater del D.P.R. numero 115 del 2002, ratione temporis applicabile, dei presupposti per il versamento, da parte di R.E., di un ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per l'impugnazione incidentale. P.Q.M. La Corte d'Appello, definitivamente pronunciando sull'appello principale proposto da R.G., nonché sugli appelli incidentali proposti da R.E. e da Z. Company, avverso la sentenza in epigrafe indicata, così provvede a rigetta l'appello incidentale proposto da R.E. b in accoglimento per quanto di ragione dell'appello principale e dell'appello incidentale proposto da Z. Company e, in parziale riforma dell'impugnata sentenza, condanna R.E. a pagare, in favore di R.G., a titolo di risarcimento dei danni, il complessivo importo di Euro 19.743,06, oltre interessi compensativi da calcolarsi sulla somma predetta, dapprima devalutata al 29.04.2009 e poi rivalutata anno per anno in base ai coefficienti ISTAT, ad un tasso medio del 1% annuo fino al 31.12.2022 ed al tasso legale dall'1.1.2023 alla pubblicazione della presente sentenza, oltre interessi legali, sul totale della sorta capitale rivalutata e degli interessi maturati, dalla pubblicazione della sentenza al soddisfo c compensa le spese processuali di entrambi i gradi nella misura del 30% e condanna R.E. alla rifusione, in favore di R.G., del residuo 70%, che, tenuto già conto della disposta compensazione, liquida, quanto al giudizio di primo grado, in Euro 262,04 per esborsi, Euro 3.553,90 per compenso, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15% del compenso, IVA e CPA come per legge, e, in relazione al giudizio di appello, in Euro 255,00 per esborsi, Euro 3.421,60 per compenso, oltre rimborso per spese generali nella misura del 15% del compenso, IVA e CPA come per legge, con distrazione in favore dell'avv. Potito M. Pasquarella d conferma nel resto l'impugnata sentenza e dichiara interamente compensate le spese processuali del grado di appello tra R.E. e Z. Company f dà atto che sussistono i presupposti per il versamento, da parte di R.E., di un ulteriore importo pari al contributo unificato dovuto per l'impugnazione incidentale.