Ordinanza estende (oltre perimetro) il dictum delle Sezioni Unite: il provvedimento è abnorme

L’ordinanza con cui la Corte d’appello, ai sensi dell’articolo 573, comma 1-bis, c.p.p., rinvia per la prosecuzione del giudizio alla competente sezione civile è abnorme se emessa prima che il relativo potere sia diventato effettivo in conseguenza della pronuncia delle Sezioni Unite tale pronuncia, infatti, ha collegato la produzione di effetti della citata disposizione esclusivamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva alla data del 30 dicembre 2022.

Lo ha stabilito la quarta Sezione penale della Corte di Cassazione, con la sentenza numero 7408, depositata in cancelleria il 20 febbraio 2024. La vicenda controversa Nel caso di specie, il Tribunale ha assolto l'imputata dal reato di cui agli articolo 40 comma 2, 113 e 589 c.p. contestatole nella qualità di medico radiologo, per avere concorso a causare per colpa la morte del signor Alfa. La Corte d'appello, ritenuta l'ammissibilità delle impugnazioni delle parti civili, ha rinviato con ordinanza per la prosecuzione alla competente sezione civile del medesimo ufficio giudiziario, facendo immediata applicazione del disposto di cui all'articolo 573, comma 1-bis, c.p.p., introdotto dall'articolo 33 del d.lgs. numero 150 del 2022, c.d. Riforma Cartabia in vigore dal 30 dicembre 2022. Le censure processuali La difesa delle parti civili ha impugnato l'ordinanza, formulando due motivi di gravame. Con il primo, ha dedotto i vizi di cui all'articolo 606, lett. b , c ed e , c.p.p., rilevando l'inapplicabilità della regola di giustizia di cui all'articolo 573, comma 1-bis, c.p.p. al caso di specie la norma infatti riguarderebbe esclusivamente le ipotesi di sentenze impugnate ai soli effetti civili, mentre, a contrario, con il gravame si era chiesta anche la riforma della sentenza in punto di statuizioni penali. Con il secondo motivo ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione, sempre con riferimento all'applicabilità immediata del citato articolo 573, comma 1-bis, c.p.p.  al caso di specie, in difetto di una disciplina transitoria secondo la Difesa di parte civile, infatti, in accordo al principio dell'affidamento della parte che ha proposto l'impugnazione, la disposizione sarebbe applicabile solo alle impugnazioni di sentenze depositate dopo il 30 dicembre 2022. Il Procuratore generale ha rassegnato conclusioni scritte con cui ha chiesto l'annullamento senza rinvio del provvedimento gravato. L'operatività dell'articolo 573, comma 1-bis, c.p.p. si ricollega alla data di costituzione di parte civile La Suprema Corte ha innanzitutto ritenuto di non accogliere il secondo motivo di ricorso. La Difesa, infatti, ricollegando l'operatività dell'articolo 573, comma 1-bis, c.p.p. alla data di deposito della sentenza impugnata, ha offerto, nell'ottica della Corte, una interpretazione della norma del tutto avulsa dal testo normativo. Tale affermazione si basa sul seguente percorso logico. L'articolo 33, comma 1, lett. a , numero 2, del d.lgs. numero 150 del 2022 ha modificato l'articolo 573 c.p.p. inserendo il comma 1-bis a decorrere dal 30 dicembre 2022. Il testo normativo così come modificato stabilisce che, quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, devono rinviare per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente il giudice del rinvio decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile. La Corte ha quindi evidenziato che il legislatore non ha previsto una disposizione di diritto transitorio con riferimento ai procedimenti già pendenti alla data di entrata in vigore della disposizione. Sul punto specifico, all'indomani dell'entrata in vigore del decreto delegato, si è formato un contrasto tra le Sezioni semplici della Corte di legittimità circa l'immediata operatività della regola di giudizio di cui al richiamato articolo 573, comma 1-bis, c.p.p. anche con riferimento ai procedimenti già pendenti. Tale contrasto ha portato all'intervento delle Sezioni Unite con cui la norma è stata ritenuta applicabile alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della citata disposizione Sez. U, numero 38481 del 25/5/2023, D., Rv. 285036-01 . L'articolo 576 c.p.p. va inteso nel senso che la parte civile può impugnare ai soli fini civilistici La Corte di Cassazione ha ritenuto privo di pregio anche il primo motivo di ricorso. La Corte ha infatti osservato che, così come dedotta, la violazione è insussistente perché muove dal presupposto errato secondo cui la parte civile avrebbe il potere di impugnare la sentenza assolutoria agli effetti penali. La Corte ha quindi ripercorso brevemente il quadro legislativo in materia di appellabilità delle sentenze di proscioglimento. La legge numero 46 del 2006 ha abrogato la disposizione dell'articolo 577 c.p.p. che consentiva eccezionalmente alla parte civile di impugnare, «anche agli effetti penali», le sentenze di condanna e di proscioglimento per i reati di ingiuria e di diffamazione e ha eliminato, nell'articolo 576 c.p.p. il riferimento all'appello del pubblico ministero. Così facendo ha reciso il preesistente vincolo tra l'impugnazione della parte civile e le facoltà di impugnazione attribuite al pubblico ministero per i procedimenti che non siano di competenza del giudice di pace per questi ultimi infatti resta valida la previsione dell'articolo 38 del d.lgs. numero 274 del 2000 . L'attuale assetto normativo prevede dunque che la parte civile non possa impugnare i capi penali della sentenza di primo grado se non indirettamente, attraverso cioè il potere di sollecitazione del pubblico ministero previsto dall'articolo 572 c.p.p. la parte civile può invece impugnare i capi della sentenza di condanna riguardanti l'azione civile, nonché, ai soli effetti della responsabilità civile, le sentenze di proscioglimento pronunciate in giudizio. Tutto ciò premesso, ha concluso la Corte, la disposizione di cui all'articolo 576 c.p.p. va intesa nel senso che la parte civile può impugnare al fine di ottenere che il giudice effettui, in via incidentale e ai soli fini civilistici, il giudizio di responsabilità. Proprio per questa ragione la Corte ha ritenuto erronea la precisazione che l'impugnazione era stata promossa anche agli effetti penali, posto che la sentenza impugnata è divenuta sul punto irrevocabile perché non vi è stata impugnazione del pubblico ministero, e dunque a prescindere dai riferimenti contenuti nell'appello della parte civile. L'ordinanza è abnorme perché i giudici d'appello non potevano ancora esercitare il potere necessario Una volta esclusa la denunciata violazione di legge, la Corte ha però rilevato l'abnormità dell'atto impugnato. La Corte di legittimità ha altresì precisato che i si tratta di un vizio rilevabile d'ufficio in sede di legittimità in quanto incidente in termini essenziali sul thema decidendum devoluto ii nel concetto di abnormità dell'atto processuale elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza, rileva tanto il carattere strutturale dell'atto, allorché esso, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale, quanto il profilo funzionale dell'atto, nel senso che il vizio viene ravvisato quando quest'ultimo, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo. La Corte ha altresì osservato che non è convincente l'argomento, utilizzato in un precedente arresto giurisprudenziale, secondo cui l'atto viziato da abnormità non può essere il prodotto della soluzione di una questione interpretativa avente ad oggetto l'immediata applicabilità di una norma. «L'abnormità, infatti, è un vizio rilevabile con riferimento a qualunque tipologia di atto che si ponga fuori dal sistema organico della legge processuale ed esso può essere certamente il risultato di un percorso ermeneutico eventualmente sviluppato per risolvere un problema di diritto intertemporale». Annullamento senza rinvio In conclusione la Corte ha rilevato che nel caso di specie l'abnormità dell'ordinanza è derivata dal fatto che il potere esercitato dai giudici di appello, pur astrattamente previsto dall'ordinamento ai sensi dell'articolo 573, comma 1-bis, c.p.p., non era ancora operativo al momento in cui è stato esercitato poiché non era ancora intervenuta la decisione delle Sezioni Unite che ha collegato la produzione di effetti della citata disposizione ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022. La Suprema Corte ha dunque annullato senza rinvio l'ordinanza impugnata e ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte d'appello in sede penale affinché proceda all'esame dell'appello, già ritenuto ammissibile, ai soli fini civili ai sensi dell'articolo 576 c.p.p.

Presidente Di Salvo – Relatrice Cappello Ritenuto in fatto 1. La Corte d'appello di Salerno, ritenuta l'ammissibilità delle impugnazioni delle parti civili S.A., S.A., S.R. e S.L. avverso la sentenza del Tribunale di Nocera Inferiore, con la quale S.C. era stata assolta dal reato di cui agli articolo 40 cpv., 113 e 589, cod. penumero , contestatole nella qualità di medico radiologo, per avere concorso a causare per colpa la morte di S.G., ha rinviato per la prosecuzione alla competente sezione civile del medesimo ufficio giudiziario, facendo immediata applicazione del disposto di cui all'articolo 573, comma 1-bis, cod. proc. penumero , introdotto dall'articolo 33, d.lgs. numero 150/2022, in vigore dal 30 dicembre 2022. 2. La difesa delle parti civili S.A., S.R. e S.L. ricorre avverso l'ordinanza, formulando due motivi. Con il primo, ha dedotto i vizi di cui all'articolo 606, lett. b , c ed e , cod. proc. penumero , rilevando la inapplicabilità della regola di giudizio di cui all'articolo 573, comma 1-bis, cod. proc. penumero al caso di specie, la norma riguardando esclusivamente le ipotesi di sentenze impugnate ai soli effetti civili, laddove con il gravame si era chiesta anche la riforma della sentenza in punto statuizioni penali. Con il secondo, ha dedotto violazione di legge e vizio della motivazione, sempre con riferimento all'applicabilità immediata della norma citata al caso di specie, in difetto di una disciplina transitoria, ritenendo la stessa applicabile solo alle impugnazioni di sentenze depositate dopo il 30 dicembre 2022, facendo rinvio alla sentenza delle Sezioni unite Lista del 2007 e al principio dell'affidamento della parte che ha proposto impugnazione. 3. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Ferdinando Lignola, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'annullamento senza rinvio del provvedimento gravato. Considerato in diritto 1. L'ordinanza va annullata senza rinvio con trasmissione degli atti alla Corte d'appello di Salerno, in sede penale, per il giudizio. 2. L'articolo 33, comma 1, lett. a , numero 2, d.lgs. 10 ottobre 2022, numero 150 ha interpolato l'articolo 573, cod. proc. penumero , inserendo il comma 1-bis, a decorrere dal 30 dicembre 2022, ai sensi dell'articolo 6 del d.l. numero 162 del 2022, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, numero 199. A mente del testo normativo introdotto con la novella, «Quando la sentenza è impugnata per i soli interessi civili, il giudice d'appello e la Corte di cassazione, se l'impugnazione non è inammissibile, rinviano per la prosecuzione, rispettivamente, al giudice o alla sezione civile competente, che decide sulle questioni civili utilizzando le prove acquisite nel processo penale e quelle eventualmente acquisite nel giudizio civile». Il legislatore non ha previsto una disposizione di diritto transitorio con riferimento ai procedimenti già pendenti alla data di entrata in vigore della disposizione e, sul punto specifico, si è subito formato, all'indomani dell'entrata in vigore del decreto delegato, un contrasto tra le Sezioni semplici di questa Corte sulla immediata operatività della regola di giudizio di cui al richiamato articolo 573, comma 1-bis, cod. proc. penumero anche con riferimento ai procedimenti già pendenti, contrasto che ha originato l'intervento compositivo del Supremo organo della nomofilachia che ha ritenuto che la norma si applichi alle impugnazioni per i soli interessi civili proposte relativamente ai giudizi nei quali la costituzione di parte civile sia intervenuta in epoca successiva al 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della citata disposizione Sez. U, numero 38481 del 25/5/2023, D., Rv. 285036-01 . 3. Alla stregua di tale premessa, tuttavia, non può accogliersi il secondo motivo di ricorso la difesa ha offerto una interpretazione della norma avulsa dal testo normativo e dalla lettura datane dalle Sezioni unite, in nessun caso potendosi accedere alla soluzione proposta, quella cioè che ricollega la sua operatività alla data di deposito della sentenza impugnata. 4. Ma anche il primo motivo non può trovare accoglimento. I ricorrenti hanno denunciato una violazione di legge processuale, ritenendo che la norma in esame si applichi esclusivamente alle ipotesi di impugnazione per i soli effetti civili, laddove, nella specie, le appellanti parti civili avevano chiesto anche la riforma della sentenza di primo grado in punto affermazione della penale responsabilità dell'imputato assolto. La violazione, così come dedotta, è insussistente, muovendo da un errato presupposto, quello per il quale la parte civile avrebbe il potere di impugnare la sentenza assolutoria agli effetti penali. Com'è noto, la legge 20 febbraio 2006, numero 46, sulla inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, ha influito sulla disciplina della facoltà di appello della parte civile abrogando la disposizione dell'articolo 577 cod. proc. penumero che consentiva eccezionalmente alla parte civile di impugnare, «anche agli effetti penali», le sentenze di condanna e di proscioglimento per i reati di ingiuria e di diffamazione ed eliminando, nell'articolo 576 cod. proc. penumero , il riferimento all'appello del pubblico ministero, recidendo dunque il preesistente vincolo tra l'impugnazione della parte civile e le facoltà di impugnazione attribuite al pubblico ministero quantomeno per i procedimenti che non siano di competenza del giudice di pace per i quali residua la previsione dell'articolo 38 d.lgs. 28 agosto 2000, numero 274. Ne discende che l'attuale assetto normativo prevede che la parte civile non possa impugnare i capi penali della sentenza di primo grado se non indirettamente, attraverso cioè il potere di sollecitazione del pubblico ministero previsto dall'articolo 572 cod. proc. penumero , mentre le è riconosciuto il potere di impugnazione contro i capi della sentenza di condanna che riguardino l'azione civile, nonché, ai soli effetti della responsabilità civile, contro le sentenze di proscioglimento pronunciate nel giudizio, così come espressamente previsto dall'articolo 576 cod. proc. penumero Sez. U, numero 6509 del 20/12/2012, dep. 2013, Colucci . Ne consegue che la disposizione di cui all'articolo 576 cod. proc. penumero , secondo la quale la parte civile può proporre impugnazione contro le sentenze di proscioglimento pronunziate nel giudizio, ai soli effetti della responsabilità civile, va intesa nel senso che la parte civile può impugnare al fine di ottenere che il giudice effettui, in via incidentale e ai soli fini civilistici, il giudizio di responsabilità, di qui l'affermazione del suindicato principio di diritto sul punto, anche successivamente, sez. 6, numero 18484 del 29/3/2022, P., Rv. 283262-01 . Erronea è, pertanto, la precisazione che l'impugnazione era stata promossa anche agli effetti penali, posto che la sentenza impugnata è divenuta sul punto irrevocabile, in difetto di impugnazione del pubblico ministero, a prescindere dai riferimenti contenuti nell'appello della parte civile sul punto, sez. 3, numero 3083 del 18/10/2016, dep. 2017, Sdolzini, Rv. 268894-01 sez. 5, numero 30752 del 16/6/2023, Gasparini . 5. Una volta esclusa la denunciata violazione di legge, deve tuttavia rilevarsi l'abnormità dell'atto impugnato, vizio rilevabile ex officio in sede di legittimità in quanto incidente in termini essenziali sul thema decidendum devoluto sez. 3, numero 34683 del 14/9/2021, Welscher, Rv. 282159-02 che, in motivazione, opera un rinvio a sez. 4, numero 1488 del 13/05/1998, Cidello . A tal proposito, deve ricordarsi che, nel concetto di abnormità dell'atto processuale elaborato dalla dottrina e dalla giurisprudenza di questa Corte, viene in rilievo tanto il suo carattere strutturale, allorché esso, per la sua singolarità, si ponga al di fuori del sistema organico della legge processuale sez. 2 numero 29382 del 16/5/2014, Rv. 259830 numero 2484 del 21/10/2014, dep. 2015, Rv. 262275 , quanto il profilo funzionale, nel senso che il vizio viene ravvisato quando l'atto, pur non estraneo al sistema normativo, determini la stasi del processo e l'impossibilità di proseguirlo. 6. Va, peraltro, osservato che non si ricavano convincenti considerazioni in contrario nell'arresto giurisprudenziale, con il quale altra Sezione di questa Corte di legittimità sez. 5, numero 30752 del 16/6/2023 ha affermato che l'ordinanza resa ai sensi dell'articolo 573, comma 1-bis, cod. proc. penumero , è provvedimento non impugnabile, escludendone l'abnormità, così come la ricorribilità ai sensi dell'articolo 111 Cost., siccome atto a contenuto non decisorio. In quella sede, si è precisato, in maniera qui condivisa, che la categoria dell'abnormità ha carattere eccezionale e derogatorio rispetto al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione rinvenibile nell'articolo 568, cod. proc. penumero , essa rispondendo all'esigenza di approntare uno strumento, alternativo e residuale, che assicuri il controllo sulla legalità del procedere della giurisdizione, nei soli casi in cui l'ordinamento non appresti altri rimedi per rimuovere il provvedimento giudiziale, frutto di sviamento di potere e fonte di pregiudizio insanabile per le situazioni soggettive delle parti, rinviando su entrambi i profili al diritto vivente Sez. U, numero 25957 del 26/3/2009, Toni, Rv. 243590 Sez. U, numero 20569 del 18/1/2018, Ksouri, in motivazione . Nella ipotesi ivi esaminata, del tutto sovrapponibile a quella oggetto di ricorso, i giudici di legittimità hanno ritenuto che la Corte di merito avesse fatto ricorso a un istituto non applicabile ratione temporis, proprio alla luce della decisione delle Sezioni unite del maggio u.s., sopra citata, la costituzione di parte civile essendo intervenuta prima del 30 dicembre 2022, esattamente come nel caso in esame. Tuttavia, hanno escluso l'abnormità dell'ordinanza che aveva fatto immediata applicazione della regola di giudizio di nuovo conio, ritenendo che, nella specie, venisse in rilievo una questione interpretativa di diritto intertemporale, risolta dalla Corte d'appello conformemente a un'opzione ermeneutica avallata da numerose pronunce delle Sezioni semplici di questa Corte tra le altre, sez. 4, numero 2854 del 11/1/2023, Colonna, Rv. 284012-01 sez. 3, numero 7625 del 11/1/2023, Ambu, Rv. 284248-01 sez. 2, numero 11279 del 3/2/2023, Gucci S.p.A., Rv. 284396 . Orbene, deve intanto dissentirsi dall'argomento che ritiene decisiva - per escludere la abnormità dell'atto impugnato - la circostanza che la Corte di merito abbia risolto una questione interpretativa sulla immediata applicabilità della norma in esame l'abnormità, infatti, è un vizio rilevabile con riferimento a qualunque tipologia di atto che si ponga fuori dal sistema organico della legge processuale ed esso può essere certamente il risultato di un percorso ermeneutico eventualmente sviluppato per risolvere un problema di diritto intertemporale. 7. Se il criterio discretivo abnorme/non abnorme individuato dalla Quinta Sezione non è persuasivo, con riguardo ai connotati tipici dell'atto abnorme, deve osservarsi che certamente la questione della efficacia della norma introduce un profilo di diritto intertemporale che il legislatore non ha inteso disciplinare, non avendo introdotto una norma transitoria, la cui funzione è proprio quella di regolare l'interpretazione e l'applicazione di altre norme giuridiche nell'ambito di un procedimento, ai fini della decisione del caso concreto. È stato proprio l'intervento nomofilattico, sollecitato dal contrasto ermeneutico, foriero di incertezza nelle soluzioni giurisprudenziali, di imprevedibilità di esse e di eterogeneità delle tutele accordate a situazioni del tutto analoghe, ad introdurre la regola interpretativa per l'applicazione nel tempo della norma in esame. La peculiarità di esso, a ben vedere, è data proprio dalla sua interconnessione con i profili di diritto intertemporale risolti dalle Sezioni unite. Anche in passato questa Corte, in ipotesi analoga, involgente cioè questioni di disciplina transitoria delle norme succedutesi nel tempo, ha fatto ricorso alla categoria dell'abnormità, ritenendo in tal senso viziato il provvedimento con il quale, sopravvenuta la legge 16 dicembre 1999, numero 479, il giudice del dibattimento aveva disposto la restituzione degli atti al pubblico ministero rilevando la mancata celebrazione dell'udienza preliminare, atteso che, in assenza di una norma transitoria, la disciplina dell'esercizio dell'azione penale come riformulata da detta legge non era applicabile ai decreti di citazione emessi prima della sua entrata in vigore, con conseguente validità ed efficacia della citazione diretta effettuata in un momento in cui la necessità dell'udienza preliminare non era ancora stata prevista dalla legge processuale sez. 4, numero 2464 del 7/12/2000, dep. 2001, Mendola, Rv. 218693-01, in cui, in motivazione, la Corte ha escluso che l'applicazione della legge numero 479/99 ai procedimenti che già avevano superato la fase del rinvio a giudizio potesse derivare dall'articolo 219, comma 2, del d.lgs. 19 febbraio 1998, istitutivo del c.d. giudice unico sez. 4, numero 6970 del 7/12/2000, dep. 2001, Nurzia, Rv. 218197-01, in cui, sempre con riferimento al fenomeno della successione delle leggi processuali, si è ritenuta l'abnormità per indebita regressione del processo nella fase delle indagini preliminari, del provvedimento con il quale il giudice del dibattimento aveva dichiarato la nullità - per violazione dell'articolo 550, comma 3, cod. proc. penumero - del decreto di citazione a giudizio emesso anteriormente alla modifica agli articolo 550 e 552 cod. proc. penumero , apportata dalla legge numero 479 del 1999, atteso che, in assenza di disposizioni transitorie, opera il principio tempus regit actum, con conseguente applicazione della disciplina vigente al momento in cui si è prodotto l'effetto tipico della vocatio in ius sez. 6, numero 36710 del 29/5/2001, Bigot, Rv. 220421-01 e sez. 4, numero 35604 del 28/5/2003, Crabbi, Rv. 226373-01 . L'argomento speso nel precedente esaminato, dal quale, come si è scritto, si dissente, è semmai funzionale per sottolineare come la decisione dei giudici territoriali fosse giustificabile al momento in cui è stata resa, risultando coerente con uno degli indirizzi che ha dato vita al contrasto composto ai sensi dell'articolo 618, cod. proc. penumero ma non può essere utilizzato per definire la categoria generale dell'atto abnorme, operazione compiuta da questa Corte di legittimità nei termini sopra richiamati e rispetto alla quale l'argomento valorizzato dalla Quinta Sezione nulla aggiunge. In conclusione, questa Corte non rinviene argomenti decisivi, nel precedente esaminato, per escludere il vaglio sulla abnormità dell'atto impugnato, restando evidentemente assorbita ogni considerazione sul contenuto decisorio dell'ordinanza censurata profilo che la Quinta Sezione ha esaminato in corretta consequenzialità, onde verificare, cioè, se il provvedimento fosse almeno ricorribile ai sensi dell'articolo 111 Cost. . 8. Orbene, nel risolvere la questione di diritto intertemporale che aveva originato il contrasto ermeneutico, le Sezioni unite hanno individuato l'actum al quale rapportare l'efficacia della norma nella costituzione di parte civile nel processo penale. La norma costitutiva del potere del giudice di disporre, in caso di impugnazione non inammissibile, il trasferimento del procedimento al giudice civile in pari grado non incide sulla individuazione della competenza, che resta in capo al giudice dell'impugnazione penale, al quale compete il preliminare vaglio sull'ammissibilità della stessa. Tuttavia, essa - sebbene vigente al momento in cui i giudici d'appello ne hanno fatto applicazione - non ha costituito in capo a quel giudice il potere ivi previsto ipso facto, necessitando dell'elemento integrativo individuato dai giudici di legittimità. L'esistenza stessa di quel potere, in altri termini, è condizionata dal tempo di efficacia della norma che lo prevede, da valutarsi non in via meramente astratta potendo un atto di costituzione di parte civile esser proposto dopo il 30 dicembre 2022, data di entrata in vigore della norma , bensì alla stregua del criterio individuato dalle Sezioni unite. 9. Ne discende la sopravvenuta abnormità strutturale dell'ordinanza impugnata, poiché il potere esercitato, pur astrattamente previsto dall'ordinamento, non era esistente al momento del suo esercizio, in conseguenza della regola iuris introdotta dopo la sua adozione dal Supremo collegio della nomofilachia, il cui decisum impone, in questa sede, di rilevarne l'abnormità. L'ordinanza deve, pertanto, essere annullata senza rinvio, con trasmissione degli atti alla Corte d'appello di Salerno, in sede penale, perché proceda all'esame dell'appello, già ritenuto ammissibile, ai soli fini civili, ai sensi dell'articolo 576, cod. proc. penumero Deve disporsi l'oscuramento dei dati sensibili. P.Q.M. Annulla senza rinvio l'ordinanza impugnata e dispone trasmettersi gli atti alla Corte di appello di Salerno, in sede penale, per l'ulteriore corso. Oscuramento dati sensibili.