Confermando la condanna di un automobilista per omicidio stradale, la Cassazione ha escluso la condanna al pagamento delle spese processuali sostenute dalla parte civile nel giudizio di legittimità, svoltosi in forma camerale non partecipata, perché «essa non ha fornito alcun contributo alla decisione, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti».
A seguito dell'investimento sulle strisce pedonali, una donna riportava un trauma cranico con doppia frattura per parietale sinistra, che ne determinava un ematoma subdurale ed infine il decesso dopo 80 giorni. Il conducente del veicolo veniva condannato, sia in primo che in secondo grado, per il delitto di cui all'articolo 589-bis c.p. alla pena della reclusione per 1 anno e 4 mesi, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno causato alle parti civili costituite la cui quantificazione veniva rimessa al giudice civile, e alla rifusione delle spese sostenute dalle medesime parti civili. La pronuncia d'appello viene impugnata dalla difesa dinanzi alla Cassazione lamentando la ritenuta sussistenza del nesso di causalità che, sempre secondo la difesa, sarebbe stato interrotto dal ritardo della TAC a cui la donna era stata sottoposta solo dopo un primo provvedimento di dimissioni dall'ospedale. Sostanzialmente, il ricorrente ricollega il decesso alla condotta colposa dei sanitari. Il ricorso chiede in sostanza l'annullamento della sentenza impugnata, con ogni connessa e conseguente statuizione agli effetti civili. Il ricorso risulta infondato essendo i fatti correttamente ricostruiti dai giudici di merito nella loro doppia conforme affermazione di responsabilità. Infatti, «con una motivazione priva di aporie logiche e congrua, oltreché corretta in punto di diritto -e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità- i giudici del gravame del merito rilevano che, nel decorso causale che ci occupa, non si rinviene alcuna causa idonea ad interrompere od escludere il nesso eziologico, ovvero da sola sufficiente a determinare l'evento nei termini di cui sopra atteso che, come osservato dal consulente tecnico e condiviso dalla Corte territoriale “le condizioni patologiche sopraggiunte in epoca successiva al trauma non possono essere considerate concause sopraggiunte eziologicamente indipendenti dal trauma subito, ma complicanze delle lesioni riportate nel trauma”». In conclusione, per quanto attiene alla condanna al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità, la sentenza, richiamando la Sez. Unite Sacchettino numero 877/2022 e la successiva giurisprudenza intervenuta, afferma il principio di diritto secondo cui «Con riferimento al giudizio di legittimità celebrato con rito camerate non partecipato, nella vigenza delle varie proroghe della normativa introdotta dall'articolo 23 comma 8 d.l. 137/20, conv. dalla l. 176/20, la parte civile, pur in difetto di richiesta di trattazione orate, ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione». Nel caso di specie, in applicazione di tale principio di diritto enunciato in riferimento a tutte le forme di giudizio camerale non partecipato «la liquidazione delle spese processuali riferibili alla fase di legittimità in favore della parte civile non è dovuta, perché essa non ha fornito alcun contributo alla decisione, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti».
Presidente Ciampi – Relatore Pezzella Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 24/2/2023 la Corte di Appello di Palermo ha confermato la sentenza con cui il 23/11/2021 il Tribunale di Marsala, in composizione monocratica, all'esito di giudizio ordinario aveva dichiarato l'odierno ricorrente E.F.G. colpevole del delitto di cui all'articolo 589 bis cod. penumero , così diversamente qualificata la condotta a lui ascritta e, con le circostanze attenuanti generiche, e lo aveva condannato alla pena condizionalmente sospesa di anni uno e mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali e al risarcimento del danno causato alle parti civili costituite F.R., G.G. e G.S. la cui quantificazione veniva rimessa al giudice civile, oltre alla rifusione delle spese sostenute dalle medesime parti civili. L'E.F.G. era stato rinviato a giudizio e chiamato a rispondere del reato di cui all'articolo 589, commi 1 e 2, cod. penumero in relazione agli articoli 140 e 191 cod. strada, perché, alla guida del veicolo Fiat Dciblo targato omissis , percorrendo in retromarcia il piazzale A. di Pantelleria, con direzione verso il corso V., con colpa consistita in negligenza, imprudenza, imperizia ed inosservanza delle predette norme sulla circolazione stradale, omettendo di valutare adeguatamente la situazione di pericolo derivante dalla presenza di un pedone ed omettendo altresì una tempestiva manovra di frenata, investiva con la parte posteriore del veicolo F.M.I., che si trovava sulle strisce pedonali e che in conseguenza dell'urto riportava trauma cranico con doppia frattura per parietale sinistra, che ne determinava un ematoma subdurale ed infine il decesso che sopraggiungeva a 80 giorni. In Pantelleria il omissis con decesso in Palermo il omissis . La colpa specifica è stata individuata dal primo giudice nell'avere omesso di valutare la situazione di pericolo derivante dalla presenza di un pedone che si trovava sulle strisce pedonali e nell'avere omesso una manovra di frenata tempestiva in violazione e, infine, nell'avere condotto il proprio mezzo in retromarcia in strada a senso unico e contrario, in violazione degli articolo 140 e 191 cod. strada. Le prove a carico sono costituite dalla testimonianza resa da G.G., G.S., P.F., P.A. ed E.M.D., dalla documentazione medica, dalla consulenza tecnica disposta dal P.M. 2. Avverso tale provvedimento ha proposto ricorso per Cassazione, E.F.G., a mezzo del proprio difensore di fiducia, deducendo, quale unico motivo, di seguito enunciato nei limiti strettamente necessari per la motivazione, come disposto dall'articolo 173, co. 1, disp. att., cod. proc. penumero , violazione di legge in relazione all'articolo 589 bis cod. penumero per mancata applicazione degli articolo 40 e 41 comma 2 cod. penumero in relazione all'omesso riconoscimento dell'insussistenza dell'elemento oggettivo e soggettivo del reato di omicidio stradale, stante l'interruzione del nesso di causalità tra l'azione dell'imputato e l'evento verificatosi, cagionato dalla presenza di una condotta abnorme posta in essere dai sanitari. Il ricorrente contesta la ritenuta sussistenza del nesso di causalità del decesso della F., avvenuto 80 giorni dopo l'incidente, con le lesioni riportate in occasione del sinistro. Si evidenzia che la vittima giunse presso l'ospedale di Pantelleria alle 10,21 del 10/10/2016, per essere trasferita all'ospedale civico di Palermo alle 16,00, dove veniva ricoverata alle 23,48 e dimessa il 14/10/2016, dopo soli 4 giorni di ricovero. In sede di dimissioni veniva consigliata l'effettuazione di una tac dopo 7-10 giorni. La tac, che evidenziava tracce di sanguinamento, veniva effettuata solo il 22/11/2016, dopo 40 giorni dalle dimissioni. Ricoverata all'ospedale civico di Palermo, in data 27/12/2016 insorgeva una grave sepsi che ne determinava la morte in data OMISSIS per shock, settico e insufficienza respiratoria. Si lamenta che la corte di appello abbia omesso di considerare che la F. non è stata ricoverata continuativamente fino al decesso, ma è stata dimessa un paio di volte e poi nuovamente ricoverata. Le avvenute dimissioni ospedaliere -si sostiene non consentono di ritenere sussistente il nesso di causalità tra il sinistro e l'evento morte della F., che presumibilmente ha contratto l'infezione, che ne ha cagionato la morte, nell'ultimo ricovero avvenuto il 27/12/2016. Non vi sarebbe alcuna correlazione con l'incidente del 10/10/2016. Il ricorrente critica la motivazione dell'impugnato provvedimento laddove viene esclusa l'incidenza nell'evento morte del ritardo di esecuzione della TAC in quanto, come osservato dal consulente, l'esame evidenziava tracce di sanguinamento recente e quindi non riscontrabile nei tempi più brevi prescritti dai sanitari per la sua esecuzione. I giudici avrebbero omesso di valutare e spiegare perché il sanguinamento recente non potesse ricondursi ad una causa diversa dal sinistro e perché le dimissioni avventate, unitamente ai nuovi ricoveri della F. ed al notevole lasso di tempo trascorso tra l'incidente e il decesso non abbiano costituito cause idonee ad interrompere o escludere il nesso causale. Tra l'altro, in assenza di un esame autoptico di accertamento delle cause della morte della F. che subito dopo l'incidente appare vigile e viene dimessa dopo quattro giorni in buona salute. Il ricorrente ritiene che le cause sopravvenute siano state tali da interrompere il nesso di causalità avendo dato luogo ad una serie causale che, sebbene non totalmente avulsa da quella precedente, sia stata caratterizzata da un percorso atipico, anomalo ed eccezionale. L'E.F.G. ritiene errata la determinazione dei giudici che la sepsi, determinante lo shock settico e il decesso, sia stata contratta nei ricoveri conseguenti alle lesioni e agli interventi chirurgici necessari. La sepsi è stata determinata, secondo la ricostruzione di parte ricorrente, dall'attività dei sanitari, caratterizzata da inerzia e iniziative abnormi, che rendevano necessari ulteriori ricoveri, in quanto l'effettuazione di una tac tempestiva e una condotta diligente e solerte dei sanitari avrebbero verosimilmente evitato l'ulteriore ricovero e l'insorgenza dell'infezione letale. Ci si duole che la sentenza impugnata abbia confermato la condanna dell'imputato in assenza dell'individuazione del microorganismo responsabile della sepsi che certamente non può considerarsi correlata alla condotta dell'imputato. Si sottolinea che la causa del decesso indicata nel referto è «shock settico e insufficienza respiratoria» e che la consulente, dr.ssa G., durante il suo esame, ha affermato che, ove non fosse insorta, la sepsi la F. sarebbe sopravvissuta, circostanza del tutto ignorata dalla Corte distrettuale. Sostanzialmente, il ricorrente ricollega il decesso alla condotta colposa dei sanitari che emerge dalla consulenza. Si esclude la presenza di un nesso eziologico tra le lesioni derivanti dall'incidente e l'insorgere dell'infezione richiamando sul punto la sentenza di Sez. 4 numero 13123 del 26/3/2019 laddove si afferma che in tema di omicidio colposo da incidente stradale, la violazione di una specifica norma di legge della disciplina della circolazione stradale non può di per sé far presumere l'esistenza del nesso causale tra la condotta e l'evento dannoso. Chiede, pertanto, l'annullamento della sentenza impugnata, con ogni connessa e conseguente statuizione. 3. Il PG presso questa Corte ha reso le conclusioni scritte riportate in epigrafe. Considerato in diritto 1. Il motivo sopra illustrato è infondato e, pertanto, il proposto ricorso va rigettato. 2. I fatti, per quello che rileva in questa sede sono stati così ricostruiti dai giudici del merito nella loro doppia conforme affermazione di responsabilità. I testimoni oculari hanno infatti univocamente riferito che, in data 10/10/2016, in Pantelleria, in Piazzale A., alla guida del veicolo Fiat Doblò targato omissis , l'imputato retrocedeva lungo la strada [in senso opposto rispetto all'unico senso di marcia] così urtando M.D.E. e M.I.F., che ivi sostavano conversando appena sotto il marciapiede [e comunque sulle strisce pedonali] le quali rovinavano per terra. La E. si rialzava subito dopo la caduta, la F. appariva invece incosciente e priva di sensi, sicché l'imputato la soccorreva conducendola in ospedale con il proprio mezzo, ove i sanitari accertavano le lesioni meglio specificate in imputazione. La sentenza impugnata evidenzia, peraltro, che il teste P. godeva di un punto di vista privilegiato, trovandosi a circa tre metri dal luogo, con prospettiva sia sulle due donne, sia sul veicolo condotto dall'imputato. Con motivazione logica e congrua, dunque, i giudici del merito hanno ritenuto infondata, nonché priva di qualsivoglia riscontro, l'ipotesi sostenuta dalla difesa dell'imputato secondo la quale la F. sarebbe caduta in conseguenza della caduta di E. ovvero per il timore di essere investita e/o nel tentativo di evitarlo, essendo l'evento imputabile alla condotta colposa dell'imputato. 3. Il tema proposto dinanzi a questa Corte non attiene più alle circostanze dell'incidente stradale, avvenuto il 10/10/2016, della cui ascrivibilità in termini di colpa all'imputato ha offerto una ricostruzione non contestata già il giudice di primo grado che alle pagg. 6-7 del proprio provvedimento ha ricostruito il fatto, alla pag. 8 ha dato atto delle conseguenze letali per il pedone M.I.F. e ha ritenuto conclusivamente a pag. 9 accertata la violazione da parte dell'E.F.G. delle norme cautelari del codice della strada la cui violazione gli è stata contestata , conclusioni che hanno ottenuto motivata convalida da parte dei giudici di appello. Il ricorrente contesta, invece, anche in questa sede, come fatto per tutto il processo, la sussistenza del nesso causale tra il decesso di M.I.F., avvenuto il OMISSIS , ed il sinistro avvenuto oltre due mesi dopo, essendosi attestata la linea difensiva sull'inesistenza o interruzione della causale connessione, ovvero sulla sopravvenienza di cause autonome e indipendenti, da ascriversi ai medici. Nello specifico si assume la violazione degli articolo 40,41 e 589 bis cod. penumero per la ritenuta sussistenza del nesso causale tra l'evento traumatico e il decesso della persona offesa del reato di omicidio stradale , rilevandosi la possibile interruzione dello stesso ai sensi dell'articolo 41 co. 2 cod. penumero in ragione della setticemia ed insufficienza respiratoria che aveva colpito la vittima dopo quasi 80 giorni dal primo ricovero ospedaliero avvenuto il 10/10/2016 con decesso il OMISSIS . La censura, in cui si insiste nell'affermazione per cui l'infezione in questione potrebbe essere dipesa da altre cause rispetto al primigenio ricovero, stante le dimissioni avvenute solo dopo quattro giorni, la presenza di un successivo ricovero ospedaliero in cui la paziente avrebbe potuto contrarre l'infezione, il paventato ritardo nell'esecuzione della TAC, appare tuttavia generica, con questioni proposte senza un adeguato confronto con le valutazioni espresse dalla Corte sulla necessaria natura di un rischio nuovo e incommensurabile quale fattore necessario per l'interruzione del nesso causale e nella specie escluso. 4. Rileva il Collegio che, con argomentazioni perfettamente in linea con il prevalente e consolidato orientamento interpretativo del disposto dell'articolo 41, comma 2, cod. penumero più volte riaffermato dalla giurisprudenza di legittimità, i giudici di merito hanno già congruamente ed esaustivamente dato contezza della infondatezza di siffatta tesi. Invero, fermo il principio della cd. equivalenza delle cause o della conditio sine qua non sul quale è imperniata la disciplina normativa del nesso eziologico , la cause sopravvenute in tanto possono giudicarsi atte ad interrompere il nesso di causa con la precedente azione od omissione poste in essere dall'imputato in quanto diano luogo ad una sequenza causale completamente autonoma da quella determinata dall'agente ovvero ad una linea di sviluppo dell'azione precedente, del tutto autonoma ed imprevedibile, ovvero ancora nel caso in cui si prospetti un processo causale non totalmente avulso da quello antecedente, ma caratterizzato da un percorso completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale ovverosia integrato da un evento che non si verifica se non in fattispecie del tutto imprevedibili, tali non essendo, ad esempio, come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, l'eventuale errore del medico cfr. Sez. 4 numero 11779/1997 Sez. 4 numero 41293/2007 Sez. 5, numero 17394 del 22/03/2005 D'Iginio, Rv. 231634 01 in tema di lesioni personali dolose Sez. 5, numero 39389 del 03/07/2012, Martena, Rv. 254320 01 in tema di omicidio preterintenzionale Sez. 1, numero 36724 del 18/06/2015, Ferrito, Rv. 264534 01 in tema di omicidio doloso Sez. 5, numero 18396 del 04/04/2022 Di Bernardo Rv. 283216 02 in tema di lesioni personali volontarie, che ha precisato come in quanto l'intervento dei sanitari costituisce, rispetto al soggetto leso, un fatto tipico e prevedibile, anche nei potenziali errori di cura, mentre ai fini dell'esclusione del nesso di causalità occorre un errore del tutto eccezionale, abnorme, da solo determinante l'evento letale, ciò in una fattispecie in cui si è ritenuto che la serie causale, innescata dalle percosse che avevano determinato la frattura della vertebra sacrale della vittima, non fosse stata interrotta dalle negligenti omissioni dei sanitari, che unitamente ad altre concause, quali le prolungate carenze di alimentazione e di idratazione della vittima avevano favorito e accelerato, ma non autonomamente determinato, lo scompenso cardiaco risultato, infine, fatale . Proprio con riferimento alle infezioni nosocomiali contratte durante la degenza ospedaliera per la cura di lesioni personali colpose cagionate in occasioni di sinistro, in quel caso da violazione della normativa prevenzionistica in materia di lavoro, questa Corte ebbe ad affermare che « l'infezione contratta dal paziente relativamente alle ferite chirurgiche prodotte dai delicatissimi e plurimi interventi chirurgici resisi necessari a seguito delle gravi lesioni craniche con emorragia meningea subite in conseguenza dell'infortunio di origine verosimilmente nosocomiale integrano altrettante complicanze nient'affatto eccezionali od anomale né tantomeno di rarissima ed imprevedibile verificazione, trattandosi di eventualità troppo frequentemente verificabili in ambito ospedaliero tanto più in danno di organismi quale quello dell'infortunato significativamente indebolito dalla lunga spedalizzazione e quindi defedato sicché deve concludersi che conditio sine qua non dell'evento ovvero prima, ineludibile condizione dell'evento non poteva che risultare le omissioni colpose ascritte all'imputato » [Sez. 4 numero 20654 del 28.05.2012, Poli, numero m.]. E nello specifico degli incidenti stradali è stato condivisibilmente chiarito -e va qui riaffermato che l'eventuale errore dei sanitari nella prestazione delle cure alla vittima di un incidente stradale non può ritenersi causa autonoma ed indipendente, tale da interrompere il nesso causale tra il comportamento di colui che ha causato l'incidente e la successiva morte del ferito così Sez. 4, numero 41293 del 04/10/2007 Taborelli Rv. 237838 01, in un caso in cui la Corte ha escluso l'interruzione del nesso di causalità rilevando che l'errore medico non costituisce un accadimento al di fuori di ogni immaginazione, a maggior ragione nel caso in cui l'aggravamento della situazione clinica del ferito e la necessità di interventi chirurgici complessi risultino preventivabili in ragione della gravità delle lesioni determinate dall'incidente stradale . 5. Per contro, il ricorso pare ignorare che il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento di cui all'articolo 41 co. 2 cod. penumero si riferisca non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall'antecedente, e però caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presuppostale tra le altre, Sez. 2 numero 17804 del 18/03/2015, Rv. 263581 , Con motivazione logica e congrua, oltre che corretta in punto di diritto -e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità la Corte palermitana ritiene del tutto congruo che non possa rientrare in tale nozione un'infezione contratta in occasione dei ricoveri certamente conseguenti alle lesioni ed agli interventi chirurgici necessari e connessi all'investimento patito. Nel caso concreto, come opportunamente sottolineato dai giudici di merito sulla base delle acclarate emergenze di fatto, difettando peraltro l'accertamento di qualsivoglia colpa dei medici curanti in relazione all'infezione contratta. La Corte palermitana ha evidenziato la sussistenza del nesso di causalità nonostante il notevole decorso di tempo tra l'incidente e l'exitus. Le avvenute dimissioni della paziente non escludono la circostanza che l'aggravamento sia avvenuto a causa del trauma dovuto all'incidente. La sussistenza del nesso di causalità è stata evidenziata richiamando gli esiti peritali che hanno ricollegato le complicanze all'originario trauma. Anche la contrazione della sepsi che ha condotto alla morte -secondo la concorde valutazione dei giudici di merito non può dirsi causa autonoma e imprevedibile del decesso, dal momento che la stessa è stata contratta a seguito dei ricoveri dovuti alle complicanze del trauma. La Corte territoriale svolge le proprie valutazioni sulla base di una consulenza tecnica il cui rigore scientifico non è stato neppure messo in discussione dalla difesa, rapportandone di conseguenza gli esiti ai principi ermeneutici in materia sopraindicati, a fronte per contro di censure generiche e semplicemente teoriche su una diversa scansione dei fenomeni biologici e patologici che avrebbero potuto rappresentare l'evoluzione delle lesioni subite in occasione del sinistro peraltro, neppure indicandoli o supportando detta ipotesi con specifiche indagini tecniche , solo congetturandosi un concorso di colpa o l'esistenza di cause su esso incidenti. Come ricorda la Corte territoriale in sentenza il consulente tecnico ha ritenuto che «la causa del decesso della sig.ra F.M.I., avvenuto in data OMISSIS , è da ascrivere alle complicanze delle lesioni subite in tale investimento, le quali rappresentano pertanto l'antecedente necessario e sufficiente nel determinismo dell'exitus». Con una motivazione priva di aporie logiche e congrua, oltreché corretta in punto di diritto -e che, pertanto, si sottrae alle proposte censure di legittimità i giudici del gravame del merito rilevano che, nel decorso causale che ci occupa, non si rinviene alcuna causa idonea ad interrompere od escludere il nesso eziologico, ovvero da sola sufficiente a determinare l'evento nei termini di cui sopra atteso che, come osservato dal consulente tecnico e condiviso dalla Corte territoriale «le condizioni patologiche sopraggiunte in epoca successiva al trauma non possono essere considerate concause sopraggiunte eziologicamente indipendenti dal trauma subito, ma complicanze delle lesioni riportate nel trauma» [il richiamo in sentenza è alla relazione tecnica della dott.ssa M.G.]. La Corte fa propria l'apporto scientifico concludente nel senso che «Deve escludersi che l'esecuzione tardiva della TAC [effettuata dopo 40 giorni dalle dimissioni in luogo dei 7-10 prescritti] abbia inciso, causato o concorso nella verificazione dell'evento morte o nel peggioramento della prognosi, in ragione del fatto che, come correttamente osservato dal consulente tecnico, tale esame ha esitato tracce di sanguinamento recente e pertanto non riscontrabile nei tempi più brevi prescritti dai sanitari» [il richiamo in sentenza è alla consulenza tecnica e alla deposizione della consulente dott.ssa G., all'udienza del 12.10.2021]. Rileva la Corte territoriale come non sia in discussione che la sepsi che ha determinato lo shock settico ed il decesso risulti essere stata contratta dalla F. in occasione dei ricoveri certamente conseguiti alle lesioni ed agli interventi chirurgici necessari e connessi alle lesioni. Dunque, secondo la concorde valutazione dei giudici del merito, posto che nel caso di specie la repentinità degli eventi non ha permesso di individuare il microorganismo responsabile della sepsi, come osservato dal consulente tecnico, tale infezione verosimilmente nosocomiale è prevedibile ma non eliminabile, non potendosi pertanto considerare causa autonoma, abnorme ed imprevedibile del decesso. Tanto vale, a maggior ragione, secondo quanto si legge in sentenza, ove si consideri che all'esito della vicenda, la F. appariva deperita, anemica e indebolita [il richiamo è alla deposizione del consulente dott.ssa G., all'udienza del 12.10.2021]. 6. Dunque, il ricorso appare infondato, ripropone sostanzialmente i motivi di appello, cui la Corte distrettuale ha fornito adeguata risposta evidenziando peraltro che, come si rileva dalla documentazione medica in atti e dalla più volte richiamata consulenza della dr.ssa G., nessuna condotta colposa dei medici è stata accertata nel caso di specie, risultando infatti essere state tempestivamente eseguite la profilassi preoperatoria, le visite specialistiche, gli esami diagnostici e le indagini clinico strumentali di volta in volta opportuni e necessari. 7. Al rigetto del ricorso consegue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Viceversa, ritiene il Collegio, conformemente ai dictum di Sez. U., numero 877 del 14/7/2022, dep. 2023, Sacchettino, Rv. 283886 vedasi in motivazione pagg. 22 e ss., con un principio affermato proprio per la parte civile nel giudizio di legittimità e vedasi anche Sez. Unumero , numero 34559 del 26/6/2002, De Benedictis, Rv. 222264 che non debba conseguire anche la condanna dell'imputato alla rifusione delle spese nei confronti delle costituite parti civili. Ciò dovendosi tener conto dell'assenza di argomentazioni svolte nella memoria che con terminologia civilistica viene indicata come «comparsa conclusionale» a firma dell'Avv. Vincenzo Forti del 19/1/2024 nell'interesse delle parti civili indicate in epigrafe atto ove si legge «preso atto del ricorso della difesa dell'imputato, si condividono le ragioni formulate dal P.G. e si chiede rigettare il ricorso e confermare la sentenza impugnata e condannare l'imputato al pagamento delle spese, competenze ed onorari di causa» . Peraltro, già prima di S.U. Sacchettino con riferimento al giudizio di legittimità celebrato con rito camerale non partecipato, nella vigenza della normativa introdotta per contrastare l'emergenza epidemiologica da Covid-19, la giurisprudenza di legittimità Sez. 2, numero 24619 del 02/07/2020, Puma, Rv. 279551-01 aveva condivisibilmente opinato nel senso che la parte civile, pur in difetto di richiesta di trattazione orale, avesse diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purché avesse effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione. L'orientamento è stato successivamente ribadito da Sez. 2, numero 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960-03 Sez. 5, numero 34816 del 15/06/2021, Palmieri, non mass. Sez. 1, numero 17544 del 30/03/2021, Barba, non mass. Sez. 5, numero 26484 del 09/03/2021, Castrignano, non mass. Sez. 1, numero 34847 del 25/02/2021, Reibaldi, non mass. Va dunque affermato il principio di diritto che Con riferimento al giudizio di legittimità celebrato con rito camerate non partecipato, nella vigenza delle varie proroghe della normativa introdotta dall'articolo 23 co. 8 d.l. 137/20, conv. dalla l. 176/20, la parte civile, pur in difetto di richiesta di trattazione orate, ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali purché abbia effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un'attività diretta a contrastare l'avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione . Nel caso in esame, in applicazione di tale condiviso principio di diritto, costantemente enunciato in riferimento a tutte le forme di giudizio camerale non partecipato, la liquidazione delle spese processali riferibili alla fase di legittimità in favore della parte civile non è dovuta, perché essa non ha fornito alcun contributo alla decisione, senza contrastare specificamente i motivi di impugnazione proposti. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Nulla per le spese alle parti civili.