Nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’opponente, a pena di decadenza deve soltanto indicare specificatamente i documenti, di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, senza che in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale non possa disporne l’acquisizione dal fascicolo d’ufficio della procedura concorsuale ove esso è custodito.
La Corte di Cassazione, nel riformare il decreto emesso dal tribunale di Palermo a definizione del giudizio di opposizione allo stato passivo promosso da un avvocato avverso una società in liquidazione coatta amministrativa per crediti professionali, ha statuito, in adesione ad un orientamento ormai consolidato in più pronunce di legittimità, che il ricorrente opponente può anche limitarsi “a valorizzare” i documenti già prodotti nella domanda di ammissione al passivo dei propri crediti che ritiene «maggiormente idonei a sostenere la propria prospettazione perché trascurati o non adeguatamente apprezzati dal giudice delegato » senza che sia onerato a produrli anche nel giudizio di opposizione o a chiedere tempestivamente l'acquisizione del fascicolo d'ufficio. Secondo la Corte, infatti, soddisfatta dall'opponente la condizione prescritta dalla norma della specifica indicazione dei documenti precedentemente prodotti, spetta al Tribunale adito per l'opposizione allo stato passivo – anche in seno ad una procedura di liquidazione coatta amministrativa - acquisire i documenti invocati specificatamente dall'opponente, seppur non prodotti nuovamente in fase di opposizione, in quanto tali documenti, una volta allegati all'originaria istanza di ammissione al passivo, “rimangono nella sfera di cognizione dell'ufficio giudiziario, inteso nel suo complesso, anche in tale fase” così verbatim, Cass. ord. numero 29282/2023 . Non è, quindi, prescritta l'istanza dell'opponente di acquisizione del fascicolo d'ufficio al tribunale come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità più risalente cui si era richiamato il Tribunale di Palermo operando, invero, il più generale principio di non dispersione della prova documentale sancito dalla Cass. Sezioni Unite, Sentenza numero 4835 del 16/02/2023 . A chiosa della propria statuzione la Corte ha enunciato anche il seguente principio di diritto «ai sensi del combinato disposto degli articolo 99 e 209 l. fall., anche nella procedura di formazione dello stato passivo della liquidazione coatta amministrativa, nel susseguente giudizio di opposizione, l'opponente, a pena di decadenza ex articolo 99, comma 2, numero 4 , l.fall., deve soltanto menzionare nel ricorso avanti al giudice – ed in termini specifici - i documenti di cui intende avvalersi, quali già prodotti nel corso della verifica amministrativa dei crediti innanzi al commissario liquidatore, sicché, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale, in presenza di detto richiamo non generico, deve disporne l'acquisizione dalla documentazione già detenuta dal commissario liquidatore in relazione alla precedente fase di accertamento e al relativo procedimento». Un altro motivo esaminato dalla Corte ma giudicato inammissibile ineriva l'opponibilità al creditore delle prescrizioni presuntive da parte del commissario liquidatore ritenuta applicabile dal tribunale di Palermo malgrado le prescrizioni presuntive possano essere eccepite esclusivamente per crediti scaturenti da rapporti che si svolgono senza formalità ove il pagamento suole avvenire senza dilazione, e non già laddove il credito tragga origine da contratto concluso per iscritto. Al riguardo la Corte, pur condividendo le argomentazioni svolte in diritto dal ricorrente rilevava che lo stesso avesse omesso la produzione nel giudizio di legittimità del contratto concluso per iscritto con la debitrice né ne aveva riportato il contenuto dello stesso nel ricorso impedendo così al Collegio giudicante la disamina delle pattuizioni ivi previste. Sotto altro profilo, in accoglimento di altri motivi di ricorso la Corte ha potuto statuire che l'eccezione di prescrizione presuntiva, laddove porti la presupposizione dell'intervenuto pagamento del credito, «non consente contestazione alcuna in ordine all'esistenza del credito azionato neppure in relazione a parte degli importi richiesti, con la conseguenza che l'ammissione di non aver estinto il debito da parte del debitore che comporta il rigetto dell'eccezione di prescrizione presuntiva può risultare anche per implicito dalla contestazione da parte del debitore stesso dell'entità della somma richiesta». Pertanto, al fine di superare l'eccezione di prescrizione presuntiva sollevata dal debitore deve riconoscersi al creditore ricorrente di poter chiedere ed ottenere il deferimento del giuramento decisorio del commissario liquidatore della società debitrice “in ogni stato e grado del processo”. La Corte sul punto aderiva al pronunciamento reso dalle Sezioni Unite secondo cui «in tema di accertamento del passivo fallimentare, qualora, in sede di controversia insorta per il rigetto della ammissione di un credito, maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell'articolo 2956, comma 1, numero 2, c.c., sia eccepita dal curatore la prescrizione presuntiva del credito e il creditore deferisca giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno produce gli effetti del mancato giuramento» Cass. numero 25442 del 29/08/2023 . Secondo la Corte, pertanto, se si ritiene legittimato il curatore a sollevare l'eccezione di prescrizione presuntiva, deve conseguentemente ritenersi che al medesimo possa anche essere deferito il giuramento decisorio, sia pure con la formulazione adatta al ruolo ricoperto, quindi de scientia o de notitia, non certo de veritate come precisato da Cass. numero 20602/2022 . Diversamente «l'eccezione di prescrizione presuntiva si trasformerebbe in un mezzo di prova insuscettibile di prova contraria». E così come il deferimento del giuramento decisorio può essere richiesto in qualunque stato della causa il giudice può, d'ufficio, modificare la formula di giuramento, laddove, come nel caso di specie, il creditore istante abbia deferito al commissario liquidatore il giuramento de veritate in luogo del giuramento de scientia o de notitia. La Corte cassava con rinvio al tribunale di Palermo.
Presidente Ferro - Relatore Amatore Fatti di causa 1. Con ricorso ritualmente depositato Fr.Ma. ha proposto opposizione avvero lo stato passivo della Progress Assicurazioni Spa, in liquidazione coatta amministrativa, nel cui ambito il Commissario liquidatore aveva ammesso al passivo il credito vantato dall'odierno ricorrente per Euro 2.548,28, a fronte del credito richiesto per Euro 94.401,28, sostenendo di essere creditore della predetta società per aver prestato in favore di quest'ultima attività di difesa e di assistenza legale. 2. Il Tribunale, in parziale accoglimento del ricorso in opposizione, ha ammesso al passivo il maggior credito di Euro 22.837, in via privilegiata ex articolo 2751 bis numero 2 cod. civ. Il Tribunale ha ritenuto, per quanto ancora di interesse i che le istanze istruttorie formalizzate nel corso dell'udienza del 21 marzo 2016 dovevano essere dichiarate inammissibili in quanto tardive ii che, con riferimento alla richiesta di produzione della documentazione allegata alla domanda di insinuazione al passivo, la stessa, ove non prodotta in allegato al ricorso in opposizione, può essere acquisita dal giudice ma solo se il ricorrente ne abbia fatto specifica richiesta in seno al ricorso, circostanza non ricorrente nel caso in esame posto che la richiesta di produzione di detta documentazione era stata formulata per la prima volta e tardivamente dall'opponente nella citata udienza del 21 marzo 2016 iii che era fondata l'eccezione di prescrizione sollevata ai sensi dell'articolo 2956 cod. civ. da parte della Progress Assicurazioni Spa, in l.c.a., con riferimento alle cause contrassegnate con i numeri 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 34, 35, 36, 37 e 43, essendo trascorsi più di tre anni fra la data di definizione delle stesse e la data di presentazione della domanda di insinuazione al passivo iv che non poteva valere, come atto interruttivo della prescrizione, alla luce del suo contenuto, la nota datata 8 giugno 2010 inviata dall'opponente alla Progress, in quanto priva di qualsiasi richiesta di pagamento v che la richiesta di deferimento di giuramento decisorio ex articolo 2960 cod. civ. formulata dall'opponente non poteva essere accolta in quanto tardiva vi che neanche poteva ritenersi, al fine di rigettare l'eccezione in questione, che le difese avversarie avessero confermato la mancata estinzione dell'obbligazione ai sensi dell'articolo 2959 cod. civ., essendo in realtà il commissario terzo e non potendo disporre dei diritti della massa dei creditori e non potendosi perciò attribuire alle sue dichiarazioni natura confessoria vii che, inoltre, era impossibile per il commissario liquidatore riferire in ordine al fatto in sé dell'estinzione del debito, questione propria della società in bonis e come tale estranea all'esperienza diretta del commissario viii che dovevano anche ritenersi prive di efficacia probatoria nei confronti del commissario - in quanto terzo rispetto alla società in bonis - le scritture contabili della società, stante l'inapplicabilità degli articolo 2709 e 2710 cod. civ. in sede di verifica dei crediti ix che la formula indicata per il giuramento era in ogni caso inammissibile in quanto il giuramento può essere deferito al commissario non nella formula del giuramento de veritate che presuppone la conoscenza diretta del fatto da provare , ma soltanto nella formula del giuramento de scientia riferito, cioè, alla notizia che egli abbia di un fatto altrui , come previsto dal secondo comma del citato articolo 2960 cod. civ. x che, pertanto, la domanda di ammissione al passivo doveva essere respinta per i crediti professionali relativi alle cause contrassegnate con la numerazione 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 9, 11, 12, 13, 34, 35, 36, 37 e 43 xi che, invece, risultava sufficientemente documentata l'attività svolta dal professionista per le altre pratiche di cui ai nnumero 10, 14, 16, 17, 19, 21, 22, 23, 24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 33, 38, 40, 41, 45, 46 e 48 xii che, per la determinazione del quantum, occorreva richiamare la convenzione del 4 luglio 2008, tenuto conto dell'esito della causa e del valore di quest'ultima desunto dagli atti prodotti e, in mancanza di questi atti, del valore minimo previsto dalla convenzione sopra indicata xiii che occorreva invece escludere dall'ammissione al passivo i crediti professionali con riferimento alle pratiche nnumero 8, 49, 50 e 51, in relazione alle quali non risultava prodotto alcun documento xiv che, in relazione alla pratica numero 47, la domanda di riconoscimento del relativo credito professionale doveva essere respinta in quanto dal verbale dell'udienza del 16.4.2009 e dall'ordinanza della Corte di appello di M del 28.5.2009 era emerso che il ricorrente non era stato il difensore della società, ma della controparte processuale Allianz Subalpina Assicurazioni Spa xv che il credito vantato dall'opponente doveva pertanto essere ammesso per la più limitata somma di Euro 22.837,50, in via privilegiata ex articolo 2751 bis numero 2, oltre Iva e Cap. 2. Il decreto, pubblicato l'8.06.2016, è stato impugnato da Fr.Ma. con ricorso per cassazione, affidato a otto motivi, cui la Progress Assicurazioni Spa, in liquidazione coatta amministrativa ha resistito con controricorso. La controricorrente depositava memoria prima dell'adunanza camerale del 10.10.2022. Con ordinanza interlocutoria datata il 10.10.2022, questa stessa Prima Sezione rinviava a nuovo ruolo, stante l'intervenuta rimessione, nella medesima camera di consiglio, al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite della questione R.G. 25305/2015 - avv. Michele Brunelli c/Fallimento Crono Srl analoga a quelle trattate nel terzo, sesto e settimo motivo dell'odierno ricorso. Il ricorrente ha da ultimo depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 99 L. Fall., nonché dell'articolo 210 cod. proc. civ., sul rilievo che il Tribunale sarebbe incorso nella denunciata violazione di legge nel ritenerlo decaduto dalla produzione della documentazione allegata alla domanda di insinuazione al passivo, stante l'espressa e tempestiva domanda di acquisizione formulata nel ricorso e poi reiterata nelle note difensive del 3 febbraio 2016 e all'udienza del 21.3.2016 . Osserva il ricorrente che, nell'atto di opposizione allo stato passivo - dopo aver allegato l'istanza di ammissione al passivo - aveva descritto e richiamato la documentazione ad essa allegata, così rendendola parte della stessa opposizione. 1.1 Il motivo è fondato. 1.1.1 Sul punto occorre ricordare che, secondo la consolidata giurisprudenza espressa da questa Corte, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l'opponente, a pena di decadenza ex articolo 99, comma 2, numero 4 , L. Fall., deve soltanto indicare specificatamente i documenti, di cui intende avvalersi, già prodotti nel corso della verifica dello stato passivo innanzi al giudice delegato, sicché, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale deve disporne l'acquisizione dal fascicolo d'ufficio della procedura fallimentare ove esso è custodito Sez. 1, Sentenza numero 12549 del 18/05/2017 Sez. 1, Sentenza numero 12548 del 18/05/2017 Sez. 6-1, Ordinanza numero 26639 del 21/12/2016 Sez. 6-1, Ordinanza numero 16101 del 14/07/2014 Cass. numero 25663/2020 v. in motivazione anche Cass. numero 29282/2023 . 1.1.2 Secondo gli ultimi approdi giurisprudenziali sopra ricordati - cui anche questo Collegio aderisce - deve ritenersi sufficiente che il ricorrente opponente ex articolo 99 L. Fall. si limiti anche solo a valorizzare, nel quadro del ricorso introduttivo, quelli che, tra i documenti già prodotti, appaiono maggiormente idonei a sostenere la propria prospettazione perché trascurati o non adeguatamente apprezzati dal giudice delegato una volta soddisfatta dall'opponente la condizione prescritta dalla norma circa dunque la specifica indicazione dei documenti prodotti, il Tribunale in sede di opposizione è tenuto ad acquisire i documenti in questione, seppur non prodotti nuovamente in fase di opposizione, in quanto tali documenti, una volta allegati all'originaria istanza di ammissione al passivo, rimangono nella sfera di cognizione dell'ufficio giudiziario, inteso nel suo complesso, anche in tale fase così verbatim, Cass. ord. numero 29282/2023, cit. supra . 1.1.3 Deve dunque concludersi nel senso che - affinché scatti il dovere del giudice dell'opposizione allo stato passivo di acquisire d'ufficio i documenti, già allegati dall'opponente all'istanza di insinuazione - risulta sufficiente che l'opponente li abbia compiutamente indicati nell'atto di opposizione o comunque ne abbia fatto più semplicemente menzione. In realtà, la specifica richiesta di acquisizione - come preteso dal Tribunale di Palermo, nel decreto qui impugnato - era stata prevista soltanto nei precedenti più risalenti della giurisprudenza di legittimità, quale ad es. Cass. 16101/2014, giurisprudenza che, tuttavia, deve ritenersi oramai superata dagli ultimi approdi ermeneutici sopra descritti. 1.1.4 Orbene, nel caso di specie il ricorrente aveva compiutamente descritto nel ricorso in opposizione cfr. fol. 8 del ricorso per cassazione i documenti - già prodotti nella fase di verifica amministrativa innanzi al Commissario liquidatore - dei quali aveva preteso l'acquisizione officiosa nel corso del giudizio di opposizione, così dovendosi ritenere, secondo i principi giurisprudenziali sopra richiamati, integrata la condizione necessaria e sufficiente affinché il Tribunale disponesse la loro acquisizione al fascicolo processuale, documenti dunque che sarebbero stati fruibili per la decisione del giudizio. Va aggiunto che quanto poi precisato dal ricorrente opponente nel corso dell'udienza del 21.3.2016 rappresentava solo una specificazione dell'esercizio di una prerogativa difensiva già introdotta con il ricorso ex articolo 99 L. Fall. e coerente, peraltro, con il requisito di tempestività preteso dall'articolo 99, comma 2, numero 4 L.F. Del resto quanto sin qui affermato si pone in continuità con il più generale principio di non dispersione della prova documentale, affermato anche da questa Corte di legittimità, nella sua massima espressione Cass. Sez. U., Sentenza numero 4835 del 16/02/2023 . 1.1.5 Da ultimo, preme al Collegio chiarire che i principi sin qui richiamati in tema di acquisizione della prova documentale nel giudizio di opposizione allo stato passivo, espressamente affermati dalla giurisprudenza di questa Corte nel giudizio regolato dagli articolo 98 e 99 L. Fall. per la procedura fallimentare, possono essere applicati anche al giudizio di opposizione allo stato passivo regolato dall'articolo 209 L. Fall. per la formazione dello stato passivo , in seno alla diversa procedura di liquidazione coatta amministrativa, governata dagli articolo 194 e segg. L. Fall., come peraltro nella fattispecie concreta qui oggi in esame. In tal senso, depone, in primo luogo, il dettato normativo da ultimo richiamato, ove, all'articolo 209 L. Fall., dispone espressamente, al secondo comma, che Le impugnazioni, le domande tardive di crediti e le domande di rivendica e di restituzione sono disciplinate dagli articoli 98, 99, 101 e 103, sostituiti al giudice delegato il giudice istruttore ed al curatore il commissario liquidatore . Deve dunque ritenersi che l'espresso richiamo alla normativa dettata dall'articolo 99 L. Fall., al di là della mera sostituzione lessicale del curatore con il commissario liquidatore , valga come sicuro indice interpretativo per far ritenere applicabili alla formazione dello stato passivo , prevista dall'articolo 209 L. Fall. per la l.c.a., non solo i principi normativi dettati dall'articolo 99 L. Fall. per la regolazione e la scansione processuale del giudizio di opposizione, ma anche quelli esegetici dettati dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di acquisizione della prova, compresi quelli in tema di prova documentale nella ipotesi in cui quest'ultima fosse stata già versata dalle parti ovvero acquisita officiosamente, in caso di liquidazione coatta, nel corso della fase amministrativa di verifica dei crediti innanzi al commissario. Del resto, ritiene il Collegio che non risulta di ostacolo a questa integrale equiparazione normativa neanche l'ontologica differenza strutturale tra le due procedure l'una, quella propriamente fallimentare, ove alla prima fase di verifica - avente natura giurisdizionale di cognizione seppur sommaria - innanzi al g.d. segue la fase di impugnazione latamente intesa , innanzi al Tribunale, ai sensi degli articolo 98 e 99 L. Fall. l'altra, quella di liquidazione coatta amministrativa, ove, invece, la prima fase si svolge non già innanzi al giudice delegato, bensì innanzi al commissario liquidatore con la conseguente natura amministrativa e non già giurisdizionale dei relativi accertamenti e la specificità della procedura caratterizzata dall'inoltro dei documenti al commissario e la formazione officiosa dello stato passivo ex articolo 209 L.F. , che si conclude con la formazione di un elenco dei crediti ammessi e respinti … , cui segue la fase impugnatoria giurisdizionale innanzi al Tribunale, sempre regolata dalle medesime disposizioni normative articolo 98 e 99 L. Fall. . Va infatti osservato che, al di là di tali ontologiche differenze strutturali, il deposito, nella fase amministrativa innanzi al commissario liquidatore, della documentazione giustificativa dei crediti ovvero l'acquisizione officiosa della stessa da parte del commissario, fa sì che tale documentazione rientri pur sempre nella nella sfera di cognizione dell'ufficio giudiziario, inteso nel suo complesso così, Cass. numero 29282/2023, cit. supra , ove si celebra il successivo giudizio di opposizione, per come disciplinato dall'articolo 99 L. Fall., posto che, ai sensi dell'articolo 209 L. Fall., il commissario liquidatore è pur sempre tenuto a depositare, all'esito delle verifiche officiose, l'elenco dei crediti presso la cancelleria del luogo ove l'impresa ha la sede principale , con la conseguenza che il Tribunale, nel susseguente giudizio oppositivo, ben potrà acquisire officiosamente la documentazione indicata dagli opponenti nel ricorso ex articolo 99, secondo comma, numero 4, L. Fall., e già nella disponibilità del commissario liquidatore per la precedente fase di accertamento dei crediti. In tal senso, la cognizione di appartenenza va correlata all'organo investito del 'procedimento' di verifica ed esame dei crediti, ancorché non rivestente qualità giurisdizionale ma esplicante la medesima attività funzionale. Occorre pertanto affermare il seguente principio di diritto Ai sensi del combinato disposto degli articolo 99 e 209 L. Fall., anche nella procedura di formazione dello stato passivo della liquidazione coatta amministrativa, nel susseguente giudizio di opposizione, l'opponente, a pena di decadenza ex articolo 99, comma 2, numero 4 , L. Fall., deve soltanto menzionare nel ricorso avanti al giudice - ed in termini specifici - i documenti di cui intende avvalersi, quali già prodotti nel corso della verifica amministrativa dei crediti innanzi al commissario liquidatore, sicché, in difetto della produzione di uno di essi, il tribunale, in presenza di detto richiamo non generico, deve disporne l'acquisizione dalla documentazione già detenuta dal commissario liquidatore in relazione alla precedente fase di accertamento e al relativo procedimento . 2. Con il secondo mezzo si deduce violazione e falsa applicazione dell'articolo 2956 cod. civ., ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nell'accogliere l'eccezione di prescrizione per una parte dei crediti insinuati che in realtà non sarebbe applicabile al rapporto oggetto del presente giudizio. Si evidenzia che per giurisprudenza consolidata le prescrizioni presuntive, trovando applicazione unicamente ai rapporti che si svolgono senza formalità ove il pagamento suole avvenire senza dilazione, non operano se il credito trae origine da contratto stipulato per iscritto. Osserva ancora il ricorrente che, nel caso di specie, risulterebbe dagli atti di causa che il rapporto negoziale intercorso tra le parti non possa rientrare tra quelli che si svolgono senza formalità posto che ogni singola fase dell'incarico era stata preceduta, accompagnata e seguita da rigorosi iter burocratici e formali, come dimostrato per tabulas dalla convenzione del 4.7.2008, citata e data per incontestata dallo stesso Tribunale, e che prevedeva espressamente il conferimento per iscritto di ogni singolo incarico, periodiche comunicazioni sullo stato di ogni singolo procedimento, accompagnate da una prognosi attendibile circa l'esito dello stesso, l'analitica e dettagliata modalità di calcolo e liquidazione dei compensi, anche con riferimento all'eventualità in cui la liquidazione giudiziale fosse più vantaggiosa di quella oggetto di pattuizione tra le parti. Osserva ancora il ricorrente che la detta convenzione prevedeva anche una dilazione di pagamento dei compensi ad un termine non inferiore a trenta giorni dall'invio della fattura da parte del professionista, e dunque esattamente l'opposto di quello che la giurisprudenza individuava come oggetto esclusivo delle prescrizioni presuntive. 2.1 Il motivo - così articolato - è inammissibile per genericità di formulazione e per difetto di autosufficienza ex articolo 366,1 comma, numero 6, e 369,2 comma, numero 4, cod. proc. civ. 2.1.1 E pur vero che secondo la giurisprudenza di legittimità le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si svolgono senza formalità, dove il pagamento suole avvenire senza dilazione né rilascio di quietanza, non operano per il credito che trae origine da un contratto stipulato in forma scritta, mentre riprendono la loro ordinaria operatività per la parte del credito derivante dall'esecuzione di prestazioni che non hanno fondamento nel documento contrattuale Sez. 2, Ordinanza numero 10379 del 30/04/2018 Cass. numero 13707 del 22/05/2019 Sez. 6 - 3, Ordinanza numero 34639 del 16/11/2021 Sez. 2, Ordinanza numero 789 del 12/01/2022 tuttavia il ricorrente ha omesso di depositare, ai sensi dell'articolo 369, 2 comma, numero 4, cod. pro. civ., unitamente al ricorso, la convenzione del 4 luglio del 2008 ove - secondo la stessa descrizione del ricorrente - il rapporto contrattuale di mandato professionale sarebbe stato formalizzato per iscritto, anche con la previsione di dilazione di pagamenti dei crediti maturati. Ebbene, se è vero che, per un verso, della predetta convenzione contrattuale si dà atto anche nel provvedimento impugnato, tuttavia il suo contenuto sarebbe dovuto essere riportato integralmente nel corpo del ricorso per cassazione, ai sensi dell'articolo 366, primo comma, nnumero 3 e 6, c.p.c., e sarebbe dovuto essere allegato al ricorso stesso, onde consentire a questa Corte di apprezzarne l'integrale contenuto, al fine di verificare la fondatezza della lamentata violazione di legge. Né il ricorrente localizza il documento all'interno del fascicolo processuale, come produzione allegata e dedotta nella fase di merito del giudizio. 3. Occorre ora esaminare congiuntamente il terzo, sesto e settimo motivo che riguardano l'esame di questioni tra loro strettamente connesse. 3. Con il terzo motivo si censura, infatti, il provvedimento impugnato, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., per violazione e falsa applicazione degli articolo 2956, 2959 e 2960. Si osserva che l'eccezione di prescrizione presuntiva, presupponendo l'intervenuto pagamento, non consente contestazione alcuna in ordine all'esistenza del credito azionato neppure in relazione a parte degli importi richiesti, con la conseguenza che l'ammissione di non aver estinto il debito da parte del debitore che comporta il rigetto dell'eccezione di prescrizione presuntiva può risultare anche per implicito dalla contestazione da parte del debitore stesso dell'entità della somma richiesta, principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità e comunque applicabili anche nelle ipotesi in cui l'eccezione in esame sia stata sollevata dal curatore fallimentare ovvero - come nel caso in esame - dal commissario liquidatore. Osserva ancora il ricorrente che, nelle ipotesi qui in discussione, gli unici strumenti di cui dispone il creditore - a fronte dell'eccezione di cui all'articolo 2956 cod. civ. - sono quelli previsti rispettivamente dagli articolo 2959 cod. civ. ammissione di controparte che l'obbligazione si sia estinta e 2960 deferimento giuramento decisorio , con la conseguenza che non può sostenersi che la prescrizione presuntiva sia sempre e comunque nella disponibilità del creditore e, per altro verso, non può precludersi al creditore di giovarsi di uno degli unici due strumenti accordati dal legislatore per superare l'eccezione stessa. Si osserva che la comparsa di costituzione e risposta della Progress in l.c.a., nel giudizio di opposizione allo stato passivo, conteneva diverse contestazioni non soltanto della quantificazione dei crediti azionati, ma anche dell'espletamento dell'attività professionale cfr. pag. 6 della detta comparsa , con la conseguenza che, per quanto sopra osservato, una simile impostazione difensiva sarebbe risultata ontologicamente incompatibile con l'eccezione di prescrizione presuntiva e che emergerebbe chiaramente l'illegittimità della statuizione giudiziale impugnata laddove la stessa aveva rilevato l'impossibilita del Commissario liquidatore di riferire in ordine al fatto in sé dell'estinzione del debito, condotta propria della società in bonis e come tale estranea all'esperienza diretta del commissario . 3.2 Il sesto mezzo denuncia, inoltre, con riferimento all'articolo 360, primo comma, numero 3 cod. proc. civ., vizio di violazione e falsa applicazione dell'articolo 233 cod. proc. civ., sul rilievo che il Tribunale di Palermo avrebbe errato nel ritenere tardiva l'istanza istruttoria volta ad ammettere il richiesto giuramento decisorio ex articolo 2960 cod. civ. Osserva infatti il ricorrente che il giuramento decisorio potrebbe essere deferito in ogni stato e grado del processo, anche per evidenti finalità deflazionistiche ed è peraltro la stessa norma processuale sopra indicata ad evidenziare la possibilità di deferimento del giuramento in qualunque stato della causa . Evidenzia il ricorrente che la predetta istanza istruttoria era stata comunque avanzata nella memoria del 3 febbraio 2016 che, rappresentando un'appendice scritta della prima udienza, sarebbe dovuta essere considerata strumento idoneo e tempestivo per avanzare la richiesta in esame. 3.3 Con il settimo motivo si deduce, sempre ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., vizio di violazione e falsa applicazione degli articolo 2736,2739 e 2960 cod. civ., sul rilievo che il Tribunale avrebbe comunque errato nel ritenere il giuramento decisorio inammissibile in relazione alla formula adottata perché articolato come giuramento de veritate e non de scientia. Osserva ancora il ricorrente che un eventuale difetto di formulazione del giuramento sarebbe potuto essere facilmente superato da una modifica dello stesso tramite anche l'intervento del giudice. 4. I tre motivi - che precedono - possono essere esaminati congiuntamente - e vanno accolti, per quanto di ragione, secondo i principi affermati da Cass. 20602/2022, per come, poi, confermati ed integrati dalle Sezioni Unite di questa Corte Cass. Sez. U, Sentenza numero 25442 del 29/08/2023 . È stato infatti espressamente affermato, nell'arresto da ultimo ricordato, che in tema di accertamento del passivo fallimentare, qualora, in sede di controversia insorta per il rigetto della ammissione di un credito, maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell'articolo 2956, comma 1, numero 2, c.c., sia eccepita dal curatore la prescrizione presuntiva del credito e il creditore deferisca giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non sapere se il pagamento sia avvenuto o meno produce gli effetti del mancato giuramento cfr. in senso conforme Cass. 20602-2022, cit. supra . 4.1 Va infatti ricordato - in termini ricostruttivi - che, secondo il precedente e risalente consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, il curatore, in quanto terzo rispetto al fallito e privo della capacita di disporre del diritto controverso, non poteva essere sollecitato alla confessione su interrogatorio formale con riferimento a vicende solutorie attinenti all'obbligazione dedotta in giudizio, né gli era deferibile il giuramento decisorio cfr. Sez. 1, Sentenza numero 15570 del 24/07/2015 vedi anche numero 3573 del 2011, numero 25286 del 2013 . 4.2 Tuttavia, è stata per prima Cass. numero 20602/2022, cit. supra, a superare il precedente consolidato orientamento, affermando che, a fronte dell'insinuazione al passivo fallimentare di un credito maturato in forza di un rapporto riconducibile alla previsione dell'articolo 2956, numero 2, c.c., eccepita dal curatore fallimentare la prescrizione presuntiva e deferitogli dal preteso creditore il giuramento decisorio, la dichiarazione del curatore di non essere a conoscenza se il pagamento sia avvenuto o meno, costituisce mancato giuramento. Secondo tale decisione se si ritiene che il curatore sia legittimato a sollevare l'eccezione di prescrizione presuntiva, deve conseguentemente ritenersi che al medesimo soggetto possa anche essere deferito il giuramento decisorio - sia pure con una formulazione adattata al ruolo ricoperto -, e ciò in quanto, diversamente argomentando, l'eccezione di prescrizione presuntiva si trasformerebbe in un mezzo di prova insuscettibile di prova contraria. 4.3 Su tali premesse la Prima Sezione di questa Corte si era pertanto espressa nel senso della possibilità di deferire al curatore fallimentare, ancorché limitando tale possibilità al solo giuramento de scientia o de notitia, e non anche al giuramento de veritate così, sempre Cass. 20602/2022, cit. supra . Si è, dunque, concluso nel senso che il curatore non possa essere chiamato a giurare su un fatto personale giuramento de veritate ammettendosi, al contrario, che lo stesso possa essere chiamato a giurare su un fatto altrui di cui abbia conoscenza giuramento de scientia o de notitia . 4.4 L'opzione esegetica da ultimo illustrata è stata ora integralmente confermata nell'arresto delle Sez. Unumero sopra ricordato Cass. Sez. U, Sentenza numero 25442 del 29/08/2023 , in relazione ai cui principi - qui riaffermati anche da questo Collegio - deve essere pertanto riletta la vicenda processuale in esame, con conseguente cassazione del decreto impugnato e rinvio al giudice a quo. 4.5 L'ammissibilità del mezzo istruttorio sopra descritto giuramento decisorio , secondo gli ultimi approdi interpretativi ora ricordati, presuppone inoltre la fondatezza delle ulteriori censure articolate dal ricorrente di carattere processuale, quanto alla tempestività della relativa richiesta istruttoria in quanto il giuramento e deferibile, ai sensi dell'articolo 233, primo comma, c.p.c., in qualunque stato della causa e quanto alla possibilità di modifica da parte del giudice della formula di giuramento, espressamente prevista dall'articolo 236 c.p.c. 5. L'accoglimento dei sopra esposti motivi determina l'assorbimento del quarto e quinto motivo di ricorso. 5.1 Il quarto mezzo denuncia, infatti, sempre ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell'articolo 2944 cod. civ., sul rilievo che il Tribunale avrebbe errato nel ritenere che la nota dell'8 giugno 2010 inviata alla società debitrice non valesse ad interrompere la prescrizione in quanto ritenuta mancante di qualsiasi richiesta di pagamento. 5.2 Il quinto motivo deduce, invece, la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2957 cod. civ., sempre in relazione all'articolo 360, primo comma, numero 3, cod. proc. civ., sul rilievo che il Tribunale avrebbe ulteriormente errato in ordine al momento di decorrenza della prescrizione. 6. L'ottavo mezzo denuncia, infine, ai sensi dell'articolo 360, primo comma, numero 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione degli articolo 112,115 e 116 cod. proc. civ., e 2700 cod. civ. 6.1 Ricorda il ricorrente che, in relazione alla pratica numero 47, la domanda di riconoscimento del relativo credito professionale era stata rigettata dal Tribunale in quanto dal verbale della udienza del 16.4.2009 e dall'ordinanza della Corte di appello di M del 28.5.2009 sarebbe emerso - secondo l'opinamento dei giudici del merito - che egli ricorrente non sarebbe stato il difensore della società ma della controparte Allianz Subalpina Assicurazioni Spa Tale statuizione giudiziale sarebbe doppiamente errata, sia perché il Tribunale avrebbe deciso senza che sulla detta questione fosse stata sollevata eccezione da parte della società in l.c.a. sia perché il materiale probatorio sarebbe stato valutato in modo difforme dalle regole vincolanti in materia. 6.2 Si evidenzia, ancora, che, in ordine alla pratica numero 47, la società opposta in l.c.a. non aveva mai sollevato alcuna eccezione in ordine all'esistenza di un mandato professionale in suo favore, attenendo le contestazioni ad altri profili della prova del credito, con ciò incorrendo il Tribunale nella violazione dell'articolo 112 cod. proc civ. - per la ragione di aver pronunciato d'ufficio su eccezioni non sollevate dalla parte - e nella violazione dell'articolo 115 cod. proc. civ., per non aver posto a fondamento della decisione fatti non specificatamente contestati dalle parti. 6.3 Osserva ancora il ricorrente che, nell'allegato 69, aveva prodotto nel giudizio di opposizione la copia dei verbali di udienza e di una ordinanza della Corte di appello di M da cui si sarebbe evinto l'errore in cui era incorso il Tribunale e che sarebbe stato determinato da un refuso di stampa del verbale ove erano state invertite le parti processuali del giudizio. Ciò determinerebbe - secondo il ricorrente - anche la violazione dell'articolo 116 cod. proc. civ. 6.4 L'ottavo e ultimo motivo è inammissibile perché volto ad un nuovo apprezzamento delle prove, scrutinio che non è invece sindacabile nel giudizio di legittimità. Occorre subito sgombrare il campo dall'equivoco generato dal motivo in esame, posto che non è rintracciabile in alcun modo una ultrapetizione, come tale denunciabile ai sensi dell'articolo 112 cod. proc. civ., ovvero una violazione del principio di non contestazione governato dall'articolo 115 cod. proc. civ., laddove il giudice del merito si sia in realtà limitato - come avvenuto nel caso in esame - ad esaminare le prove dedotte dalle parti nella specie, la prova documentale e a ricavarne il convincimento della mancata dimostrazione dei fatti costitutivi del credito di cui si chiedeva la tutela giurisdizionale. Quello denunciato è in realtà un errore percettivo del giudice del merito, che avrebbe dovuto trovare tutela, ai sensi dell'articolo 395, numero 4, cod. proc. civ., in altro ambito giudiziale. Il motivo così articolato va dunque dichiarato inammissibile. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, terzo, sesto e settimo motivo di ricorso dichiara inammissibili il secondo e l'ottavo dichiara assorbiti il quarto e quinto cassa il decreto impugnato e rinvia al Tribunale di Palermo che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio di legittimità.