Come richiedere il riconoscimento della continuazione tra reati in appello

L'imputato che richieda la continuazione in fase di appello con altri reati giudicati in procedimenti divenuti definitivi dopo la sentenza di prime cure deve produrre, unitamente all'istanza e non oltre la data di scadenza dei motivi nuovi, tutti i titoli posti a fondamento della stessa al fine di permetterne una compiuta valutazione da parte del giudice di secondo grado.

La Corte d'Appello confermava la sentenza di prime cure che aveva condannato l'imputato per il reato di truffa. La difesa ha proposto ricorso in Cassazione dolendosi per l'omessa valutazione della richiesta di concessione della continuazione tra il fatto giudicati e quelli analoghi presi in considerazione da altri Tribunali locali. Pur prendendo atto della sussistenza di un orientamento di legittimità favorevole al riconoscimento della c.d. continuazione esterna in sede di appello con pronunce divenute irrevocabili successivamente l'emissione della pronuncia di primo grado, tramite proposizione di motivi aggiunti, il ricorso risulta privo di fondamento. In particolare, riprendendo le parole della S.C., «il riconoscimento del vincolo della continuazione tra la sentenza di primo grado ed altri titoli successivamente divenuti definitivi introduce un elemento quanto meno distonico nel giudizio di appello come ricostruito dalle sentenze delle Sezioni Unite e dagli interventi normativi sotto il primo profilo occorre rammentare che le Sezioni Unite imp. Galtelli hanno avuto modo di affermare che l'appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato Sez. U, numero 8825 del 27/10/2016 Cc. dep. 22/02/2017 Rv. 268822 - 01 ». Occorre ricordare quindi l'intervento riformatore attuato con la legge numero 103/2017 legge Orlando con la modifica dell' articolo 581 c.p.p. , che ha previsto in via generale che, a pena di inammissibilità, l'enunciazione dei vari requisiti sia specifica laddove invece il previgente testo dell'articolo 581 richiedeva la specificità per i soli motivi, non anche per i capi o punti della decisione censurati, né per le richieste inoltre, si richiede l'enunciazione specifica anche «delle prove delle quali si deduce l'inesistenza, l'omessa assunzione e l'omessa o erronea valutazione» infine, si disponeva che l'enunciazione specifica delle richieste comprenda anche quelle istruttorie . Più recentemente, il d.lgs. numero 150/2022 riforma Cartabia è tornato ad intervenire sulla disciplina delle impugnazioni e dell'appello introducendo il comma 1 bis dell' articolo 581 c.p.p. secondo cui «L'appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione». Ricostruita così la struttura dell'appello , la Corte conclude affermando «l'onere per l'imputato che richieda la continuazione in fase di appello con altri reati giudicati in procedimenti divenuti definitivi dopo la sentenza di prime cure, di produrre unitamente all'istanza , necessariamente formulabile non oltre la data di scadenza dei motivi nuovi, di tutti i titoli posti a fondamento della stessa al fine di permetterne una compiuta valutazione da parte del giudice di secondo grado limitazione questa che non compromette in alcun modo il diritto dell'imputato, garantito comunque dalla specifica previsione dell' articolo 671 c.p.p. , e imposta dalla natura del giudizio di appello come fase di revisione critica , come risultato dagli interventi delle Sezioni Unite e dalle ripetute riforme dell' articolo 581 c.p.p. che deve fare ritenere l'istituto della continuazione in appello del tutto eccezionale». Nel caso di specie, la difesa nei motivi aggiunti non aveva allegato le sentenze di merito relative agli altri episodi di truffa con i quali chiedeva riconoscersi il vincolo della continuazione ma si limitava a produrre due provvedimenti di diversi giudici dell'esecuzione che richiamavano una serie di diverse pronunce di condanna. L'istanza dunque, seppur tempestivamente avanzata , era infondata non consentendo la sua specifica delibazione da parte del giudice di appello. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna dell'imputato al pagamento delle spese di giudizio.

Presidente Beltrani – Relatore Pardo Ritenuto in fatto 1. La Corte di Appello di Catania, con sentenza in data 8 novembre 2022, confermava la pronuncia emessa in data 16 marzo 2018 dallo stesso tribunale che aveva condannato D.C. alle pene di legge perché ritenuto colpevole del delitto di truffa. 2. Avverso detta sentenza proponeva ricorso il difensore dell'imputato, avv.to Laura Maggi, deducendo, con unico motivo, violazione di legge e difetto di motivazione per avere la corte di appello illegittimamente dichiarato l'inammissibilità dei motivi nuovi di appello benché tempestivamente trasmessi via PEC il 20 ottobre 2022 e, così, omesso di valutare la richiesta di concessione della continuazione tra il fatto giudicato e quelli analoghi presi in considerazione dai provvedimenti di unificazione del Tribunale di Vallo della Lucania del 21-10-2021 e del Tribunale di Siena allegati. Inoltre lamentava pure che sempre nei motivi aggiunti era stata allegata proposta risarcitoria indirizzata alla persona offesa che la corte di appello avrebbe dovuto tenere in considerazione quanto meno ai fini della concessione delle attenuanti generiche. Considerato in diritto 1. Il ricorso non è fondato e deve, pertanto, essere respinto. Ed invero sebbene abbia errato la corte di appello a ritenere inammissibili perché tardivamente proposti i motivi nuovi posto che gli stessi risultano ritualmente trasmessi via PEC il 20-10-22 e quindi entro 15 giorni dalla trattazione dell'udienza svoltasi il successivo 8 novembre, da ciò non deriva l'accoglimento del ricorso. Nel caso di specie, infatti, l'istanza di riconoscimento della continuazione ex articolo 81 cpv cod.penumero tra il reato oggetto di giudizio e gli altri fatti definitivamente giudicati in altri procedimenti sopravvenuti alla sentenza di primo grado del Tribunale di Catania del 16-3-2018, risultava irritualmente proposta e non poteva, quindi, trovare accoglimento. Deve ricordarsi che l'orientamento di legittimità favorevole al riconoscimento della c.d. continuazione esterna in sede di appello con pronunce divenute irrevocabili successivamente l'emissione della pronuncia di primo grado è stato affermato con distinti interventi si è difatti stabilito che è ammissibile, con la proposizione dei motivi nuovi di appello, la richiesta di applicazione della continuazione criminosa in relazione ad un reato oggetto di sentenza di condanna divenuta irrevocabile dopo la scadenza del termine di proposizione dell'appello, con cui quindi non è stato possibile dedurla, non operando in siffatta situazione il limite della devoluzione correlato ai capi e punti impugnati perché trattasi, comunque, di una richiesta relativa ad un istituto applicabile in sede di esecuzione, ex articolo 671 cod. proc. penumero Sez. 1, numero 47300 del 29/11/2011 Ud. dep. 20/12/2011 Rv. 251504 - 01 Sez. 2, numero 12068 del 19/12/2014 Ud. dep. 23/03/2015 Rv. 263008 - 01 soluzione, questa, che risulta più recentemente riaffermata da analoga pronuncia Sez. 2, numero 33098 del 01/07/2021 Rv. 281915 - 01 secondo cui l'ammissibilità della richiesta trova fondamento nella analogia con l'istituto di cui all' articolo 671 cod.proc.penumero e nella impossibilità di dedurre tempestivamente nel corso del giudizio di primo grado l'applicazione del beneficio. A detto orientamento, che riconnette l'ammissibilità della richiesta della continuazione esterna con altri titoli divenuti irrevocabili solo dopo l'emissione della sentenza di primo grado, alla necessaria proposizione di motivi aggiunti, si affianca il connesso principio secondo cui è conforme all'effetto devolutivo dell'appello la sentenza che omette di pronunciare sulla richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione con altri reati oggetto di titoli pregressi formulata, anziché con l'atto introduttivo, solo in corso di procedimento unitamente alla produzione dei titoli stessi Sez. 2, numero 10470 del 12/02/2016, Rv. 266655 - 01 soluzione questa che trova anche un suo precedente nell'affermazione secondo cui è conforme all'effetto devolutivo dell'appello la sentenza che non si pronunci in ordine al nesso di continuazione, con altro reato già oggetto di condanna irrevocabile, per essere stata la questione prospettata non già con i motivi di appello ma soltanto con la formulazione delle conclusioni Sez. 2, numero 17077 del 08/02/2011, Rv. 250245 - 01 . Si è così anche recentemente chiarito come in tema di giudizio di appello, la richiesta di applicazione della continuazione in relazione a un reato giudicato con sentenza di condanna divenuta irrevocabile dopo la scadenza del termine per proporre impugnazione è ammissibile solo se avanzata con i motivi nuovi ai sensi dell' articolo 585, comma 4, cod. proc. penumero , in quanto, ferma restando la sua proponibilità in sede di esecuzione ex articolo 671 cod. proc. penumero , la relativa questione può essere introdotta nel giudizio di cognizione solo con modalità tali da consentire al giudice di prenderne conoscenza tempestivamente e in maniera adeguata Sez. 1, numero 6348 del 14/10/2022 Ud. dep. 15/02/2023 Rv. 284409 - 01 . Non vi è dubbio quindi che, stabilito il principio dell'ammissibilità in appello della richiesta di continuazione con condanne sopravvenute, l'applicazione dell'istituto ha trovato una fondamentale limitazione nelle modalità di proposizione dell'istanza, essendosi sottolineato che rimane ferma la proponibilità della richiesta in fase esecutiva come testualmente previsto dall' articolo 671 cod.proc.penumero . La cennata pronuncia 10470/2016 aveva in motivazione già evidenziato le criticità dell'istituto della continuazione in appello sottolineando come Avuto difatti riguardo alla natura ed essenza del giudizio di secondo grado, fase di impugnazione destinata all'eliminazione di vizi ed errori del procedimento e/o del provvedimento di primo grado, specificamente dedotti attraverso i motivi di impugnazione proposti dalla parte, deve escludersi che il giudice di appello debba prendere in esame prima e specificamente motivare poi in ordine ad una richiesta di riconoscimento del vincolo della continuazione avanzata nel corso del procedimento di gravame stesso, attraverso la produzione di sentenze o provvedimenti di cumulo emessi da differenti autorità giudiziarie per altri fatti di reato. La sede per l'analisi dell'istanza di unificazione di diversi titoli di reato ex articolo 81 cpv cod. penumero è infatti quella dell'esecuzione nel corso della quale il giudice, individuato ai sensi dell' articolo 665 cod. proc. penumero , procede all'esame dei differenti provvedimenti individuando, ove ritenga sussistere l'unicità del disegno criminoso, il reato più grave e stabilisce gli aumenti per i c.d. reati satellite . La congiunta interpretazione delle predette affermazioni porta pertanto ad affermare che la continuazione con altra sentenza passata in giudicato successivamente la pronuncia di primo grado può essere proposta in appello soltanto mediante specifica devoluzione avanzata con i motivi nuovi. 2. Non vi è dubbio che il riconoscimento del vincolo della continuazione tra la sentenza di primo grado ed altri titoli successivamente divenuti definitivi introduce un elemento quanto meno distonico nel giudizio di appello come ricostruito dalle sentenze delle Sezioni Unite e dagli interventi normativi sotto il primo profilo occorre rammentare che le Sezioni Unite imp. Galtelli hanno avuto modo di affermare che l'appello, al pari del ricorso per cassazione, è inammissibile per difetto di specificità dei motivi quando non risultano esplicitamente enunciati e argomentati i rilievi critici rispetto alle ragioni di fatto o di diritto poste a fondamento della decisione impugnata, fermo restando che tale onere di specificità, a carico dell'impugnante, è direttamente proporzionale alla specificità con cui le predette ragioni sono state esposte nel provvedimento impugnato Sez. U, numero 8825 del 27/10/2016 Cc. dep. 22/02/2017 Rv. 268822 - 01 in motivazione le Sezioni Unite raffiguravano con precisione l'oggetto ed il contenuto del giudizio di secondo grado precisando che la necessità della specificità estrinseca dei motivi di appello trova fondamento nella considerazione che essi non sono diretti all'introduzione di un nuovo giudizio, del tutto sganciato da quello di primo grado, ma sono, invece, diretti ad attivare uno strumento di controllo, su specifici punti e per specifiche ragioni, della decisione impugnata. E in un processo accusatorio, basato sulla centralità del dibattimento di primo grado e sull'esigenza di un diretto apprezzamento della prova da parte del giudice nel momento della sua formazione, il giudizio di appello non può e non deve essere inteso come un giudizio a tutto campo con la conseguenza che le proposizioni argomentative sottoposte a censura devono essere, in relazione al punto richiesto, enucleate dalla decisione impugnata. L'impugnazione deve, in altri termini, esplicarsi attraverso una critica specifica, mirata e necessariamente puntuale della decisione impugnata e da essa deve trarre gli spazi argomentativi della domanda di una decisione corretta in diritto ed in fatto. Le esigenze di specificità dei motivi non sono, dunque, attenuate in appello, pur essendo l'oggetto del giudizio esteso alla rivalutazione del fatto. Poiché l'appello è un'impugnazione devolutiva, tale rivalutazione può e deve avvenire nei rigorosi limiti di quanto la parte appellante ha legittimamente sottoposto al giudice d'appello con i motivi d'impugnazione, che servono sia a circoscrivere l'ambito dei poteri del giudice stesso sia a evitare le iniziative meramente dilatorie che pregiudicano il corretto utilizzo delle risorse giudiziarie, limitate e preziose, e la realizzazione del principio della ragionevole durata del processo, sancito dall' articolo 111, secondo comma, Cost. . La strutturazione dell'appello quale giudizio di controllo e di critica alle argomentazioni esposte dalla sentenza di primo grado, come raffigurato dall'autorevole insegnamento giurisprudenziale, trovava poi consacrazione nei successivi interventi normativi in primo luogo rileva, infatti, in tal senso l'intervento riformatore attuato con la legge numero 103 del 2017 c.d. legge Orlando con la modifica dell' articolo 581 cod. proc. penumero , che ha previsto in via generale che, a pena di inammissibilità, l'enunciazione dei vari requisiti sia specifica laddove invece il previgente testo dell'articolo 581 richiedeva la specificità per i soli motivi, non anche per i capi o punti della decisione censurati, né per le richieste inoltre, si richiede l'enunciazione specifica anche «delle prove delle quali si deduce l'inesistenza, l'omessa assunzione e l'omessa o erronea valutazione» infine, si disponeva che l'enunciazione specifica delle richieste comprenda anche quelle istruttorie . Agli interventi sulla struttura dell' articolo 581 cod.proc.penumero operati dalla L.103/17 seguivano poi quelli più recenti del D.Lgs. 150/2022 c.d. riforma Cartabia anch'esso intervenuto sulla disciplina delle impugnazioni e dell'appello la riforma ha inteso rendere tassativa la struttura critica del giudizio di secondo grado introducendo uno specifico comma 1 bis dell' articolo 581 cod.proc.penumero secondo cui L'appello è inammissibile per mancanza di specificità dei motivi quando, per ogni richiesta, non sono enunciati in forma puntuale ed esplicita i rilievi critici in relazione alle ragioni di fatto o di diritto espresse nel provvedimento impugnato, con riferimento ai capi e punti della decisione ai quali si riferisce l'impugnazione . Così che all'interno di una disposizione genericamente diretta a disciplinare tutte le impugnazioni, l' articolo 581 cod.proc.penumero è infatti intitolato Forma dell'impugnazione , si è introdotta una disposizione riguardante proprio ed esclusivamente, la struttura dell'appello sancendo l'obbligo di specificità dei motivi e così sottolineandone il rapporto di essenziale derivazione dal giudizio di primo grado. Ne deriva pertanto potersi affermare che sulla base dell'insegnamento delle Sezioni Unite Galtelli e delle successive riforme dell' articolo 581 cod.proc.penumero anche il giudizio di appello è costruito come giudizio critico, pur a forma libera e non vincolata, della decisione di primo grado finalizzato all'eliminazione dei vizi da cui la prima pronuncia risulti eventualmente affetta. 3. A fronte di tale particolare strutturazione del giudizio di secondo grado appare evidente che, come già anticipato, il riconoscimento della continuazione in appello in relazione a pronunce divenute definitive dopo la sentenza di primo grado introduce un rilevante ed evidente disallineamento, poiché per definizione tale motivo non integra alcuna valutazione critica della decisione di primo grado, né espone alcun rilievo specifico, così che il relativo motivo difetta necessariamente di quella specificità che costituisce il nucleo forte della nuova disciplina dettata dall' articolo 581 cod.proc.penumero rappresentando una doglianza del tutto nuova avente ad oggetto la richiesta di valutazione di elementi sopravvenuti. Peraltro, non può altresì mancarsi di osservare che l'istituto della continuazione in fase esecutiva, garantisce il diritto dell'imputato a vedersi riconosciuto l'unicità del disegno criminoso pur in relazione a differenti titoli giudicati separatamente invero ai sensi dell' articolo 671 cod.proc.penumero nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere al giudice dell'esecuzione l'applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la stessa non sia stata esclusa dal giudice della cognizione . Sullo stesso tema rileva poi l'articolo 186 delle disposizioni di attuazione del cod.proc.penumero secondo cui nel caso di richiesta di applicazione della continuazione in fase esecutiva è onere proprio del giudice dell'esecuzione acquisire copia dei provvedimenti ove non allegati alla richiesta da parte del condannato. Proprio la previsione specifica delle formalità di riconoscimento della continuazione nella fase esecutiva e l'assenza quindi di un qualsiasi pregiudizio definitivo in danno dell'imputato che invochi tale istituto oltre che la già raffigurata natura critica del giudizio di appello devono portare ad affermare che, pur in adesione ai già indicati precedenti della stessa giurisprudenza di legittimità, l'applicazione della continuazione c.d. esterna con sentenze divenute definitive successivamente la pronuncia di primo grado nel giudizio di appello è istituto eccezionale e soggetto a ben precisi limiti che non determino lo stravolgimento della natura del secondo grado e non comportino una irrituale anticipazione nel momento della cognizione di oneri e compiti tipici della sola fase esecutiva, incombenti proprio su quel giudice specificamente determinato ai sensi dell' articolo 666 cod.proc.penumero che ben può essere soggetto diverso dal giudice di appello. Va conseguentemente affermato che la suddetta richiesta può essere ritenuta ammissibile solo ove sia stata formulata con i motivi nuovi di appello e, ancora, sia accompagnata dalla precisa produzione delle sentenze necessariamente definitive emesse nei separati giudizi che pongano in condizione il giudice di secondo grado di valutare la sussistenza dell'unicità del disegno criminoso a tal proposito possono essere quindi richiamati quegli interventi secondi cui in tema di determinazione del trattamento sanzionatorio, per la valutazione della continuazione cd. esterna nel giudizio di cognizione, l'imputato ha l'onere di allegare copia delle sentenze rilevanti a tal fine e non solo di indicarne gli estremi ed in motivazione, la Corte ha evidenziato che l'applicabilità anche al giudizio di cognizione della disposizione di cui all' articolo 186 disp. att. cod. proc. penumero , relativo alla fase di esecuzione, consentirebbe richieste dilatorie, determinerebbe allungamento dei tempi del processo di merito e impedirebbe la sospensione del termine di prescrizione dei reati Sez. 5, numero 10661 del 23/01/2023, Rv. 284291 - 01 . Tale principio risulta preceduto da altre analoghe affermazioni secondo cui l'imputato che richiede, nel giudizio di cognizione, il riconoscimento della continuazione con reati già giudicati non può limitarsi ad indicare gli estremi delle sentenze rilevanti a tal fine, ma ha l'onere di produrne la copia, non essendo applicabile in via analogica la disposizione di cui all' articolo 186 disp. att. cod. proc. penumero dettata per la sola fase esecutiva, atteso che l'imputato è necessariamente assistito da un difensore, sul quale incombe l'onere di produrre gli elementi posti a fondamento dell'istanza e l'acquisizione di ufficio dei provvedimenti comporterebbe il rinvio del giudizio senza sospensione del decorso del termine di prescrizione Sez. 2, numero 49082 del 17/04/2018, Rv. 274808 - 02 . Può quindi concludersi riaffermando l'onere per l'imputato che richieda la continuazione in fase di appello con altri reati giudicati in procedimenti divenuti definitivi dopo la sentenza di prime cure, di produrre unitamente all'istanza, necessariamente formulabile non oltre la data di scadenza dei motivi nuovi, di tutti i titoli posti a fondamento della stessa al fine di permetterne una compiuta valutazione da parte del giudice di secondo grado limitazione questa che non compromette in alcun modo il diritto dell'imputato, garantito comunque dalla specifica previsione dell' articolo 671 cod.proc.penumero , e imposta dalla natura del giudizio di appello come fase di revisione critica, come risultato dagli interventi delle Sezioni Unite e dalle ripetute riforme dell' articolo 581 cod.proc.penumero che deve fare ritenere l'istituto della continuazione in appello del tutto eccezionale. 4. L'applicazione di suddetti principi al caso in esame comporta proprio il rigetto del ricorso ed invero nel caso di specie la difesa nei motivi aggiunti non aveva allegato le sentenze di merito relative agli altri episodi di truffa oltre 13 con i quali chiedeva riconoscersi il vincolo della continuazione ma si limitava a produrre due provvedimenti di diversi giudici dell'esecuzione che richiamavano una serie di diverse pronunce di condanna emesse sempre nei confronti del D.C In particolare ai motivi aggiunti venivano allegati i provvedimenti dei giudici dell'esecuzione, il Tribunale di Vallo della Lucania ed il Tribunale di Siena, che contenevano però soltanto una descrizione generica dei fatti differenti commessi dal D.C. senza la possibilità di valutare l'analogia delle condotte commesse, tale da potere giustificare una valutazione di unicità del disegno criminoso. E quindi da detti provvedimenti il giudice di appello di Catania non poteva desumere alcuno degli elementi decisivi per la applicazione del regime della continuazione essendo necessario ai fini della delibazione sul punto conoscere oltre che le date di consumazione dei fatti anche i luoghi e le modalità di consumazione in modo da potere effettivamente ritenere che tutti i differenti reati siano stati consumati in previsione di un'unica deliberazione criminosa. Conseguentemente deve affermarsi che l'istanza pur tempestivamente avanzata era infondata non consentendo la sua specifica delibazione da parte del giudice di appello a ciò segue il rigetto del ricorso e la condanna dell'imputato al pagamento delle spese di giudizio. 5. Inammissibile appare poi la doglianza sempre contenuta nell'unico motivo e con la quale viene dedotta l'omessa valutazione della proposta risarcitoria formulata dall'imputato anche ai fini della concessione delle attenuanti generiche posto che la corte di appello, con le ampie osservazioni esposte alla penultima pagina dell'impugnata pronuncia ha esposto come per le particolari modalità del fatto e per la negativa personalità dell'imputato, il beneficio richiesto non risulti, in ogni caso, concedibile. E' appena il caso di rilevare che il rigetto del ricorso non comporta la maturazione della prescrizione posto che l'avvenuto riconoscimento della recidiva reiterata eleva il termine massimo per il reato di truffa per cui si procede commesso l'1-10-13, ad anni 10 cui va aggiunto il periodo di sospensione nel corso del procedimento pari a mesi 6 e giorni 26 con conseguente fissazione del termine finale al 26-4-2024 non ancora decorso alla data odierna. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.