Truffa: fornisce il proprio IBAN anziché quello della società, ma la tardività della querela rende nulla la condanna

Il termine per proporre querela decorre dal momento in cui viene effettuato il bonifico, poiché il comportamento successivo del truffatore teso a porre rimedio alla truffa effettuata è un post factum avente rilevanza autonoma.

La ricorrente veniva ritenuta responsabile del reato di truffa perché aveva tratto in inganno la segretaria di una società facendosi accreditare la somma di euro 1.400 sul proprio conto corrente a pagamento di una fattura. La ricorrente aveva infatti fornito il proprio IBAN in luogo di quello del fornitore, realizzando così un ingiusto profitto. L’imputata presenta ricorso per cassazione lamentando la nullità della sentenza per non aver preso in considerazione le conclusioni dedotte dalla propria difesa nel giudizio d’appello nonché vizio di motivazione per non aver sostenuto la tardività della querela proposta in ragione del comportamento successivo alla commissione del reato. Sia il Tribunale che la Corte di Appello sono concordi nel ritenere che la conoscenza piena della truffa, da parte della persona offesa, sia avvenuta dopo che la ricorrente aveva riconosciuto il proprio debito rilasciando una cambiale a pagamento dell’indebita somma percepita. Questo rappresenta un fatto successivo rispetto alla truffa posta in essere dalla ricorrente che, dando il proprio IBAN, aveva indotto in errore la segretaria della società. Inoltre, la ricorrente ben era a conoscenza che dando il proprio IBAN avrebbe percepito una somma a lei non dovuta poiché non fornitrice della fattura emessa. La ricorrente, quindi, aveva dolosamente fornito il proprio IBAN alla segretaria della società. L’ingiusto profitto tratto dalla ricorrente in danno della parte offesa si è verificato nel momento in cui è stato effettuato il bonifico sul conto corrente della ricorrente stessa ed è in quel momento che la società ha avuto piena contezza della frode avvenuta. Di conseguenza, i termini per proporre querela decorrevano dal momento del bonifico sul conto corrente della ricorrente, e il fatto che la stessa abbia provato a restituire quanto indebitamente percepito assume le caratteristiche di post factum con rilevanza autonoma. I Giudici, quindi, annullano la sentenza impugnata perché l’azione penale non poteva essere intrapresa per tardività della querela.

Presidente Beltrani – Relatrice Borsellino Ritenuto in fatto e in diritto 1. Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Milano ha confermato la sentenza resa il 3 maggio 2022 dal Tribunale di Monza, che aveva dichiarato la responsabilità di C.R.E. in ordine al delitto di truffa, per avere tratto in inganno la segretaria di una società che doveva effettuare un bonifico ad un proprio fornitore e fornendo il proprio numero Iban si faceva accreditare la somma di 1.400 € in pagamento di una fattura, così procurandosi un ingiusto profitto. 2. Avverso detta sentenza ha proposto ricorso l'imputata deducendo 2.1 violazione di legge penale per la nullità della sentenza in quanto ha omesso del tutto di considerare le conclusioni per iscritto inviate dalla difesa nel corso del giudizio di appello. 2.2 Violazione degli articolo 124 codice penale e vizio di motivazione nella parte in cui sostiene la non tardività della querela in ragione del comportamento successivo alla commissione del fatto di reato. La vicenda attiene ad un bonifico effettuato per l'errore indotto dalla C.R.E., ad opera della società parte civile in favore della imputata il 10 Aprile 2017, mentre la querela è stata proposta il 6 dicembre 2017. Secondo la sentenza impugnata soltanto con il mancato adempimento della cambiale sottoscritta dalla C.R.E. per restituire la somma indebitamente ricevuta sul proprio conto corrente, la parte civile avrebbe avuto certezza della truffa patita, sicché da quel momento sarebbero decorsi i termini per la proposizione della querela. Deve invece rilevarsi che il versamento della cambiale da parte della C.R.E. interviene in un momento successivo alla commissione del reato di truffa e riguarda il tentativo dell'imputata di porre rimedio al pregiudizio cagionato con la propria condotta e non riguarda il delitto di truffa, che si è consumato con l'effettuazione del bonifico in seguito all'indicazione da parte della C.R.E. del proprio Iban alla segretaria della società. Posticipare la decorrenza del termine per la proposizione della querela alla data del 12 settembre 2017, quando l'istituto di credito ha comunicato alla parte offesa che la cambiale non poteva essere pagata è operazione destituita di fondamento giuridico. 2.3 Violazione degli articoli 640 e 647 cod. proc. pen. nella parte in cui la Corte di Milano ha ravvisato la sussistenza del delitto di truffa in luogo di cui all'articolo 647 cod. pen. in quanto il bonifico è avvenuto per mero errore della segretaria. 3.Il ricorso è fondato. 3.1 La prima censura di natura processuale è inammissibile perché generica in quanto la ricorrente non espone le ricadute negative che la mancata considerazione delle conclusioni avrebbe determinato sulla valutazione dell'impugnazione proposta dall'imputata. 3.2 La seconda censura è fondata. Il Tribunale e la Corte hanno concordemente affermato che la piena conoscenza della truffa da parte della persona offesa interveniva, dopo che l'imputata aveva riconosciuto il proprio debito e rilasciato una cambiale a pagamento della somma indebitamente ricevuta, solo quando l'istituto bancario comunicava il protesto del titolo dalla stessa rilasciato. Deve convenirsi con il ricorrente che tale condotta integra un post factum rispetto alla frode indicata nel capo di imputazione, posta in essere dall'imputata inducendo in errore con il suo comportamento il proprio interlocutore telefonico, la segretaria della società, fornendo il proprio numero di Iban, e così ricevendo il bonifico di una somma che non le spettava. Né può dubitarsi che la parte offesa abbia potuto nutrire dubbi in ordine all'intenzione fraudolenta della donna che dolosamente, ben sapendo di non essere la fornitrice che aveva emesso la fattura, aveva indicato il proprio Iban. Deve pertanto convenirsi che l'ingiusto profitto della imputata con danno per la parte offesa si è verificato nel momento in cui è stato effettuato il bonifico sul conto corrente indicato fraudolentemente dall'imputata da quel momento può dirsi raggiunta anche la piena consapevolezza da parte della società di essere stata frodata dall'imputata che dolosamente aveva simulato di essere il fornitore che aveva emesso fattura. I termini per sporgere querela decorrevano pertanto da questo momento e la successiva condotta posta in essere dall'imputata, nel dichiarato intento di restituire quanto lucrato, assume rilevanza autonoma ma non è stata oggetto di contestazione e non incide sui termini per la proposizione della querela per la prima frode. 3.3 La terza censura è manifestamente infondata e comunque risulta assorbita dall'accoglimento della seconda. 4. Si impone l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e conseguentemente delle statuizioni civili, poiché l'azione penale non poteva essere esercitata per tardività della querela. P.Q.M. Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il reato è improcedibile per difetto di tempestiva querela.