Non decisiva l'opposizione da parte del genitore biologico. Irrilevanti gli oltre due anni trascorsi come famiglia di fatto, se il legame del bambino con il genitore d'intenzione non è forte, è di tipo più amicale che genitoriale ed è caratterizzato dalla sporadicità.
Va respinta la richiesta avanzata da una donna per ottenere l'adozione ‘speciale', quale genitore di intenzione, del figlio biologico dell'oramai ex compagna se si appura che, nonostante gli oltre due anni di convivenza come famiglia di fatto, il rapporto tra lei e il bambino è stato ed è poco intenso. Contesto della vicenda approdata fino alle aule del ‘Palazzaccio' è il legame sentimentale - ormai dissoltosi - tra due donne, legame caratterizzato anche dalla scelta di una delle due di avere un figlio e di farlo grazie al liquido seminale donatale da un amico. Una volta nato il bambino, le due donne portano avanti la loro convivenza sotto lo stesso tetto come famiglia di fatto ma, all'improvviso, il legame si rompe in modo brusco. A quel punto, l'ex partner della madre biologica del bambino chiede di potere ottenere la cosiddetta ‘adozione in casi particolari' in qualità di genitore intenzionale, così da conservare intatto il rapporto col minore. Per i giudici di merito, però, l'istanza avanzata dalla donna è priva di fondamento. In primo grado viene ritenuta decisiva «l'assenza del consenso della madre biologica», cioè dell'«unico genitore esercente la responsabilità genitoriale nei confronti del minore». In secondo grado viene invece chiarito che fondamentale è il riferimento alla mancanza di un rapporto forte tra il bambino e l'ex partner della madre. Nello specifico, i giudici d'Appello ricordano, in premessa, che «qualora il minore sia nato nell'ambito di un progetto di convivenza tra genitori dello stesso sesso, il rifiuto del genitore biologico rispetto ad un'adozione in casi particolari può essere oggetto di valutazione onde verificare se sia giustificato o contrario all'interesse del minore adottando», e aggiungono poi che nel caso preso in esame «tale presupposto di tutela del minore non è ravvisabile». Col ricorso in Cassazione il legale che rappresenta la donna aspirante genitore di intenzione sostiene sia illogico negare alla sua cliente la possibilità di optare per l'adozione speciale nei confronti del figlio biologico della ex partner, e ciò «in ragione del legame affettivo consolidato esistente con il minore, proseguito anche dopo la conclusione della convivenza, a seguito della interruzione del legame affettivo» con la madre biologica del bambino. Secondo il legale è nell'interesse del minore che va accolta la richiesta avanzata dalla sua cliente. A questa tesi, però, i Magistrati di Cassazione replicano in modo netto, condividendo la valutazione compiuta dai giudici d'Appello e non centrata sul mancato consenso della madre biologica del minore alla proposta di adozione avanzata dall'ex partner. In sostanza, anche a fronte di «un prospettato legame genitoriale inserito nell'ambito di un rapporto di coppia omoaffettivo oramai concluso», «il minore ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d'intenzione, e tale esigenza è garantita attraverso l'istituto dell'adozione in casi particolari che, allo stato dell'evoluzione dell'ordinamento, rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo status di figlio e, dall'altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il partner del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno procreativo concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita». I Magistrati chiariscono poi che «in tema di adozione in casi particolari, l'effetto ostativo del dissenso del genitore biologico all'adozione da parte del genitore sociale deve essere valutato esclusivamente sotto il profilo della conformità all'interesse del minore, sicché il genitore biologico può validamente negare l'assenso all'adozione da parte del partner solo nell'ipotesi in cui quest'ultimo non abbia intrattenuto alcun rapporto di affetto e di cura nei confronti del minore, oppure, pur avendo partecipato al progetto di procreazione, abbia poi abbandonato partner e minore». Ciò significa che «l'effetto ostativo del dissenso dell'unico genitore biologico all'adozione da parte del genitore sociale, allora, può e deve essere valutato esclusivamente sotto il profilo della conformità all'interesse del minore, secondo il modello del dissenso al riconoscimento. In altri termini, è possibile superare la rilevanza ostativa del dissenso all'adozione in casi particolari, tenendo conto che il contrasto rischia, non di vanificare l'acquisto di un legame ulteriore rispetto a quello che il minore ha con la famiglia di origine, ma proprio di sacrificare uno dei rapporti sorti all'interno della famiglia in cui il bambino è cresciuto, privandolo di un apporto che potrebbe invece essere fondamentale per la sua crescita e il suo sviluppo». Tornando alla vicenda presa in esame, i Magistrati osservano, in premessa, che «la nascita del minore non è avvenuta all'esito di un percorso di procreazione medicalmente assistita o di una maternità per altri il legame tra le due donne non era stato formalizzato in sede civile non era stato prestato un consenso anticipato alla nascita del minore da parte della donna che si propone come genitore d'intenzione», e aggiungono poi che si è appurato, vagliando i rapporti tra le due donne «in relazione al momento e alle modalità con cui era avvenuta la procreazione» che «la donna che si pone come madre d'intenzione non aveva avuto un ruolo nella fecondazione, poiché la partner aveva dato alla luce il bambino dopo essere stata fecondata grazie al liquido seminale donatole da un amico, e non aveva chiesto l'adozione nell'immediatezza della nascita». Vero che «ella aveva convissuto con il nucleo familiare», cioè con la partner e col minore, «per due anni e tre mesi dalla nascita del bambino», ma «dalle relazioni dell'assistente sociale e della psicologa è emerso che il legame del bambino con lei come genitore d'intenzione non era forte, era di tipo più amicale che genitoriale ed era caratterizzato dalla sporadicità», tanto che «il bambino aveva chiesto informazioni sull'identità del proprio padre inteso come una persona di sesso maschile». In sostanza, tenendo conto di alcuni fondamentali indicatori, quali «esistenza o meno di un progetto genitoriale comune cura e accudimento per un congruo periodo in comune» e alla luce dei dettagli della vicenda, va disattesa la domanda di adozione speciale poiché «si è accertato», concludono i Magistrati, «che non ricorre l'interesse del minore a tale tipo di adozione, considerata la sporadicità dei rapporti col genitore d'intenzione», rapporti caratterizzati peraltro da «una connotazione amicale». Non secondario, poi, il riferimento all'«esigenza del bambino di non essere esposto a situazioni potenzialmente fonte di confusione sulle figure famigliari», chiosano i Magistrati di Cassazione, richiamando la conclusione tratta in Appello.
Presidente Antonio – Relatore Tricomi Considerato che 2.- Nel ricorso sono formulati i seguenti cinque motivi -Primo motivo di ricorso violazione o falsa applicazione degli articolo 44,45,46 e 57 legge 184/1983 in tema di adozione speciale. La ricorrente sostiene che ricorrevano i presupposti per dare ingresso all'adozione speciale in ragione del legame affettivo consolidato esistente con il minore, proseguito anche dopo la conclusione della convivenza, risalente al marzo 2019, a seguito della interruzione del legame affettivo con la S.A. La ricorrente lamenta che il diniego sia stato pronunciato senza un'approfondita e attenta analisi dell'effettivo interesse del minore richiesta anche dalla Procura Generale , e senza aver sentito un amico di famiglia indicato come genitore biologico D.C. e aver garantito al minore una tutela giuridica attraverso lo strumento del curatore speciale. -Secondo motivo di ricorso omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti articolo 360 co. 1 numero 5 c.p.c. motivazione meramente apparente e perplessa in ordine alla mancanza di interesse per il minore all'adozione da parte della madre intenzionale, nonché motivazione assente in ordine alla mancanza di audizione della persona indicata come padre biologico del minore. La ricorrente, con questa censura, sostiene che la Corte di appello non avrebbe tenuto conto delle richieste della Procura in ordine ad approfondimenti istruttori e lamenta che non stato dato seguito alle richieste istruttorie da lei formulate e non sia stato nominato un curatore speciale. -Terzo motivo di ricorso nullità della sentenza articolo 360 co. 1 numero 4 c.p.c. articolo 112 c.p.c. La ricorrente sostiene che la Corte di appello ha omesso di pronunciarsi sulla domanda ai sensi degli articolo 333 e 336 c.c., con cui aveva chiesto che venissero emessi i provvedimenti più convenienti nell'interesse del minore per tutelare la continuità affettiva dello stesso con lei e che si provvedesse alla nomina di un curatore speciale. -Quarto motivo di ricorso violazione degli articolo 333 e 336 c.c., articolo 11 e 117 Cost. La ricorrente si duole che, in violazione delle norme anzidette, non siano stati emessi i provvedimenti atti a regolare i suoi rapporti con il minore. -Quinto motivo di ricorso violazione degli articolo 78 e 79 c.p.c. e 336 c.c. e nullità della sentenza articolo 360 co. 1 numero 4 c.p.c. . La ricorrente lamenta, ancora una volta, che non si sia proceduto alla nomina del curatore speciale nell'interesse del minore. 3.- Il ricorso è inammissibile perché non coglie la ratio decidendi e non la censura in modalità pertinente e perché le plurime doglianze - da trattare congiuntamente perché connesse - anche se sono state proposte come violazioni di legge o/o deduzioni di nullità della sentenza impugnata e/o vizi motivazionali, in realtà mirano a conseguire un riesame delle emergenze di merito, inammissibile in sede di legittimità. Va ricordato, in proposito, che è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l'apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici o delle risultanze istruttorie operata dal giudice di merito Cass. numero 29404/2017 Cass. numero 19547/2017 Cass. 8758/2017 Cass. numero 16056/2016 Cass. numero 34476/2019 Cass. numero 5987/2021 . Nel presente caso le censure, pur ove svolte come violazione di legge, intendono sollecitare una diversa ricostruzione dei fatti e contestare l'accertamento dei fatti compiuto dalla Corte di merito, senza che tuttavia siano indicati fatti storici precisi e decisivi tempestivamente indicati che avrebbero potuto condurre ad un differente esito, ove esaminati dalla Corte territoriale. 4.- Va, infatti, osservato che la sentenza impugnata ha motivato la decisione in maniera diversa rispetto a quanto statuito in primo grado e, nell'affrontare il tema del mancato consenso all'adozione speciale in caso di coppia omoaffettiva, si è posta in una linea di piena coerenza con il recente arresto espresso dalla sentenza numero 38162/2022 delle Sezioni Unite, che nel confermare i principi già affermati dal precedente, pure a Sezioni Unite, numero 12193/2019. La recente decisione delle Sezioni Unite ha chiarito l'ambito e gli effetti dell'adozione in casi particolari da parte del genitore intenzionale nell'ambito di coppie omoaffettive e si è soffermata, in particolare, sul tema della revoca dell'assenso all'adozione compiuto dal genitore biologico in fattispecie relativa a nascita da maternità surrogata, con ampia ed articolata motivazione cui, per economia di motivazione e per chiarezza della relatio, si rinvia. In particolare, le Sezioni Unite hanno affermato, con argomenti applicabili anche all'ipotesi in esame, in cui il prospettato legame genitoriale è inserito dalla ricorrente nell'ambito di un rapporto di coppia omoaffettivo oramai concluso, che “Il minore nato all'estero mediante il ricorso alla surrogazione di maternità ha un diritto fondamentale al riconoscimento, anche giuridico, del legame sorto in forza del rapporto affettivo instaurato e vissuto con il genitore d'intenzione tale esigenza è garantita attraverso l'istituto dell'adozione in casi particolari, ai sensi dell'articolo 44, comma 1, lett. d della l. numero 184 del 1983 che, allo stato dell'evoluzione dell'ordinamento, rappresenta lo strumento che consente, da un lato, di conseguire lo status di figlio e, dall'altro, di riconoscere giuridicamente il legame di fatto con il partner del genitore genetico che ne ha condiviso il disegno procreativo concorrendo alla cura del bambino sin dal momento della nascita.” e che “In tema di adozione in casi particolari, disciplinata dall'articolo 44, comma 1, lett. d della l. numero 184 del 1983, l'effetto ostativo del dissenso del genitore biologico all'adozione da parte del genitore sociale deve essere valutato esclusivamente sotto il profilo della conformità all'interesse del minore, sicché il genitore biologico può validamente negare l'assenso all'adozione del partner solo nell'ipotesi in cui quest'ultimo non abbia intrattenuto alcun rapporto di affetto e di cura nei confronti del nato, oppure, pur avendo partecipato al progetto di procreazione, abbia poi abbandonato partner e minore.”, rimarcando che “… L'effetto ostativo del dissenso dell'unico genitore biologico all'adozione del genitore sociale, allora, può e deve essere valutato esclusivamente sotto il profilo della conformità all'interesse del minore, secondo il modello del dissenso al riconoscimento. In altri termini, è possibile superare la rilevanza ostativa del dissenso all'adozione in casi particolari ai sensi della lett. d , tenendo conto che il contrasto rischia, non di vanificare l'acquisto di un legame ulteriore rispetto a quello che il minore ha con la famiglia di origine, ma proprio di sacrificare uno dei rapporti sorti all'interno della famiglia nella quale il bambino è cresciuto, privandolo di un apporto che potrebbe invece essere fondamentale per la sua crescita e il suo sviluppo”. Resta fermo che la valutazione circa il superiore interesse del minore è rimessa in ogni caso al vaglio del giudice di merito, nella concretezza della singola vicenda e ferma restando la possibilità per il legislatore di intervenire in ogni momento per dettare una disciplina ancora più aderente alle peculiarità della situazione . 5.- Orbene, va premesso che il caso in esame si differenzia da quello esaminato dalle Sezioni Unite perché la nascita non è avvenuta all'esito di un percorso di PMA o di una maternità per altrui, perché il legame tra le due partner non era stato formalizzato in sede civile e perché non era stato prestato un consenso anticipato alla nascita da parte di colei che si pone come genitore intenzionale. Ciò nonostante, la Corte territoriale, nell'esaminare la fattispecie concreta - nell'esercizio delle valutazioni di propria competenza - ha seguito un percorso istruttorio e argomentativo esattamente in linea con il recente arresto delle Sezioni Unite, e ha confermato il rigetto della domanda di adozione speciale in ragione di un puntuale accertamento dell'insussistenza dell'interesse del minore, ben evidenziando la peculiarità del caso, senza limitarsi a prendere atto del mancato assenso all'adozione da parte di S.A Segnatamente, la Corte piemontese ha vagliato i rapporti intercorrenti tra le due parti in relazione al momento e alle modalità con cui era avvenuta la procreazione del piccolo M. ed ha accertato che B.A.I., che si pone come madre d'intenzione, non aveva avuto «un ruolo nella fecondazione del bambino, dato alla luce dalla S.A. che era stata fecondata grazie al liquido seminale donatole da un amico», che non aveva chiesto l'adozione nell'immediatezza della nascita e che aveva convissuto con il nucleo familiare per soli due anni e tre mesi dalla nascita del bambino, che dalle relazioni dell'assistente sociale e della psicologa era emerso che il legame del bambino con B.A.I. non era forte, di tipo più amicale che genitoriale e caratterizzato dalla sporadicità e che il bambino aveva chiesto informazioni sull'identità del proprio padre inteso come una persona di sesso maschile. La Corte di appello, quindi, ha tenuto conto proprio degli indicatori considerati significativi dalle Sezioni Unite esistenza o meno di un progetto genitoriale comune, la cura e l'accudimento svolto per un congruo periodo in comune, etc. e, all'esito della complessiva istruttoria, ha motivatamente disatteso la domanda di adozione speciale perché ha conclusivamente accertato che non ricorreva l'interesse del minore a tale tipo di adozione, considerata la sporadicità dei rapporti intercorrenti tra B.A.I. ed il bambino, la connotazione amicale degli stessi e «tenuto conto dell'esigenza del bambino di non essere esposto a situazioni potenzialmente fonte di confusione sulle figure famigliari», senza che alcuno dei motivi proposti sia idoneo ad inficiare le conclusioni raggiunte. 6.- Va, quindi, puntualizzato che non si ravvisa alcuna omessa pronuncia, giacché la Corte di appello ha svolto una motivazione esplicita e chiara sulle ragioni del rigetto della domanda di adozione speciale che assorbe implicitamente anche tutte le richieste incompatibili con la statuizione assunta ed ha espressamente e rettamente respinto la domanda di regolamentazione degli incontri tra la B.A.I. ed il bambino connessa alla domanda di adozione perché, non essendo stata accolta la richiesta di adozione, non ricorreva il titolo legittimante la previsione di una regolamentazione di rapporti con il minore nell'ambito della materia giustiziabile rimessa alla Corte di appello con la domanda di adozione proposta. 7.- Ugualmente non si ravvisa l'omesso esame di fatti decisivi. Invero, l'istante non ha articolato la censura confrontandosi con la previsione della tipologia di vizio contemplata dalla norma. Infatti il ricorrente, quando denunci l'omesso esame di un fatto decisivo, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli articolo 366, primo comma, numero 6, e 369, secondo comma, numero 4, cod.proc.civ., deve indicare il «fatto storico», il cui esame sia stato omesso, il «dato», testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il «come» e il «quando» tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua «decisività», fermo restando che l'omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie Cass. Sez. U. numero 8053/2014 Cass. Sez. U. numero 8054/2014 Cass. numero 13716/2016 Cass. numero 24830/2017 . Orbene, non assumono la qualità di fatti le istanze istruttorie, tra cui quella concernente l'esame di colui che viene indicato come presunto padre biologico e le richieste formulate dal PG, alle quali la Corte di appello non era tenuta a dare necessario seguito. 8.- Infine, si deve rilevare che il procedimento in esame non richiede la nomina del curatore speciale ex articolo 78 cod.proc.civ. perché il genitore esercente la responsabilità genitoriale, ove non sospeso, rappresenta legittimamente il minore e non è portatore di interessi in conflitto, a differenza di quanto avviene per i genitori dei minori dichiarati in stato di abbandono e adottabili. 9.- In conclusione, il ricorso è inammissibile. Le spese seguono la soccombenza nella misura liquidata in dispositivo. Va disposto che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. numero 196 del 2003, articolo 52. Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto. P.Q.M. - Dichiara inammissibile il ricorso - Condanna la ricorrente alla rifusione delle spese di giudizio che liquida in euro 4.000,00=, oltre euro 200,00= per esborsi, spese generali liquidate forfettariamente nella misura del 15% ed accessori di legge - Dispone che in caso di diffusione della presente ordinanza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 - Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.