La transazione disconosciuta e non verificata è irrilevante e inutilizzabile

La mancata proposizione dell'istanza di verificazione di una scrittura privata disconosciuta equivale ad una dichiarazione di non volersi avvalere del documento stesso come mezzo di prova, sicché il giudice non può tenerne conto ai fini della decisione e la parte che ha disconosciuto la scrittura non può trarre dalla omessa verificazione elementi di prova a sé favorevoli.

L'ordinanza in commento, avente numero 3602, è stata pubblicata in data 8 febbraio 2024 dalla seconda sezione civile della Suprema Corte, all'esito del giudizio riguardante il pagamento del saldo dovuto in forza di contratti di appalto per la ristrutturazione di alcune parrocchie . La vicenda risale all'anno 2009, quando l'Arcidiocesi proponeva atto di citazione in opposizione al decreto con il quale il Tribunale di Modena, su istanza della società appaltatrice, le aveva ingiunto il pagamento di euro 860.762,42 a titolo di saldo del prezzo pattuito per i lavori di ristrutturazione di due chiese locali. L'attrice assumeva il proprio difetto di legittimazione passiva , in quanto la committenza faceva capo alle singole parrocchie, ed eccepiva che gli importi risultavano comunque già saldati dalle dette legittimate, a seguito di un accordo transattivo intervenuto con una chiesa e di un'offerta reale effettuata in corso di causa dall'altra. La società si costituiva contestando le eccezioni e rilevando che gli accordi transattivi avevano riguardato solo parte del prezzo mentre la somma portata nel decreto costituiva il residuo dovuto per i lavori eseguiti, conteggiato in base ai rapportini delle ore di manodopera impiegate, come verificate dal direttore dei lavori. Espletata la consulenza tecnica, il Tribunale – previo riconoscimento della titolarità passiva del rapporto obbligatorio in capo all'Arcidiocesi – dichiarava che residuava un minor credito in capo alla società rispetto a quanto preteso nei confronti di una parrocchia e che, in forza della transazione intercorsa tra l'altra, il relativo pagamento aveva avuto effetti estintivi. In conseguenza, il decreto veniva revocato e l'Arcidiocesi veniva condannata al pagamento di euro 44.616,47 in favore della ditta. Interposto appello, l'impresa eccepiva la lacunosità delle risultanze della consulenza tecnica cui aveva acriticamente aderito il Giudicante e rilevava la mancata considerazione dei rilievi mossi avverso la veridicità dei contratti di appalto e dei supposti atti di transazione , con richiesta di rinnovazione della CTU e di ammissione di tutti i mezzi istruttori già dedotti. L'Arcidiocesi contestava le eccezioni, insisteva sul difetto di legittimazione passiva e chiedeva la revoca della condanna. La Corte del merito confermava la sentenza di primo grado, rilevando che la somma riportata nella transazione non poteva ritenersi accettata a titolo di acconto ma a saldo integrale del prezzo doveva escludersi che le obbligazioni oggetto di causa fossero sorte al di fuori di accordi contrattuali preventivi e, pertanto, in economia, attraverso l'emissione di rapportini le considerazioni circa la veridicità della sottoscrizione della transazione erano prive di valore, essendo in contrasto con il contenuto pattizio e con la dichiarazione di quietanza le risultanze della CTU apparivano chiare e dettagliate il riferimento al prezziario della Camera di commercio, effettuato dal CTU, era corretto, poiché i c.d. rapportini non avevano valore probatorio. Avverso la sentenza di gravame è stato interposto ricorso in Cassazione dall'impresa di costruzioni, affidato a quattro motivi di diritto. Il primo motivo ha riguardato la mancata ammissione delle prove testimoniali ed è stato dichiarato inammissibile dalla Corte atteso che, a fronte di una doppia conforme, ai sensi dell'articolo 348 -ter , V comma, cpc vigente ratione temporis , il motivo rubricato sub articolo 360, 1° comma, numero 5 c.p.c. non è esaminabile. Con il secondo motivo il ricorrente ha contestato l'omesso esame di fatti decisivi, per avere la Corte utilizzato la transazione, benché l'appaltatore avesse disconosciuto l' autenticità delle pretese sottoscrizioni nella comparsa di risposta del giudizio di opposizione, a fronte dell'omessa formulazione di una istanza di verificazione ad opera della controparte. Tale rilievo è stato condiviso dal Collegio. Ciò perché a fronte del rilievo della non utilizzabilità del documento oggetto di disconoscimento , reiterato in sede di gravame, la Corte di appello aveva stigmatizzato affermando che le contestazioni risultavano in contrasto con il chiaro tenore della transazione e della quietanza. Orbene, il disconoscimento della scrittura privata preclude al giudice l'utilizzo della medesima o, comunque, di prenderla in esame ai fini della formazione del proprio convincimento, finché non sia concluso il procedimento di verificazione. Laddove l'istanza di verificazione non venga proposta, come nel caso di specie, secondo la presunzione legale, essa equivale ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa come mezzo di prova , sicché il giudice non deve tenerne conto e la parte che ha disconosciuto la scrittura non può trarre dalla mancata proposizione dell'istanza di verificazione elementi di prova a sé favorevoli. In conseguenza, a parere della Suprema Corte, la transazione era da considerare irrilevante e non utilizzabile da alcune delle parti in causa, oltre che dal giudice. In ragione di tale premessa, il terzo motivo di ricorso, vertente sempre sul contenuto della transazione, è stato ritenuto assorbito mentre il quarto, avente ad oggetto le risultanze della CTU , è stato dichiarato infondato. Ciò premesso, la sentenza è stata cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio alla Corte di appello di Bologna affinché decida uniformandosi al principio di diritto testé enunciato e tenendo conto dei rilievi svolti.

Presidente Bertuzzi – Relatore Trapuzzano Fatti di causa 1.- Con decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo numero 2889/2009, il Tribunale di Modena ingiungeva il pagamento, a carico dell'Arcidiocesi di Modena-Nonantola e in favore di Ba.Ga., della somma di Euro 860.762,42, a titolo di saldo di quanto dovuto in forza dei contratti di appalto conclusi per la ristrutturazione delle Parrocchie di Id. e di Ve., in località Omissis nel F. Con atto di citazione notificato il 6 ottobre 2009, proponeva opposizione l'Arcidiocesi di Modena-Nonantola, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva, in quanto la committenza degli appalti doveva essere ascritta direttamente alle due Parrocchie. Nel merito, rilevava che le Parrocchie appaltanti avevano già eseguito i pagamenti dovuti e segnatamente la Parrocchia di Id. a seguito di un accordo transattivo e quella di Ve. all'esito di accettazione, da parte del creditore, di un'offerta reale effettuata in corso di causa. Per l'effetto, conveniva, davanti al Tribunale di Modena, Ba.Ga. e chiedeva che il decreto ingiuntivo opposto fosse revocato. Si costituiva in giudizio Ba.Ga., il quale contestava integralmente le ragioni addotte a fondamento dell'opposizione e, in particolare, deduceva che l'Arcidiocesi si fosse accollata il pagamento dei lavori, avendo intavolato trattative per il saldo del prezzo delle opere commissionate. Quanto agli accordi transattivi in tesi raggiunti, esponeva che il pagamento relativo ai lavori della chiesa di Id. non era stato accettato a saldo mentre quello riferito alla parrocchia di Ve., accettato a seguito dell'offerta reale, rappresentava un riconoscimento di credito da parte dell'Arcidiocesi. Sicché concludeva per il rigetto dell'opposizione, poiché la somma portata dal provvedimento monitorio costituiva il residuo del prezzo inerente ai lavori eseguiti, al netto delle somme già corrisposte, conteggiato in base ai rapportini delle ore di manodopera impiegate, come verificate dal direttore dei lavori. Nel corso del giudizio erano disattese le prove orali costituende richieste dalle parti ed era espletata consulenza tecnica d'ufficio. Quindi, il Tribunale adito, con sentenza numero 1939/2014, depositata il 22 ottobre 2014, previo riconoscimento della titolarità passiva del rapporto obbligatorio in capo alla Arcidiocesi, in forza dell'attività compiuta nella fase antecedente all'instaurazione del giudizio, dichiarava che, relativamente alla Parrocchia di Ve., residuava un minor credito rispetto a quanto preteso mentre per la Parrocchia di Id. riteneva estinto il pagamento in ragione della transazione raggiunta e, per l'effetto, revocava il decreto ingiuntivo opposto e condannava l'Arcidiocesi di Modena-Nonantola al pagamento, in favore di Ba.Ga., della somma di Euro 44.616,47, oltre IVA e interessi ex articolo 4 e 5 del D.Lgs. numero 231/2002 . 2.- Proponeva appello avverso la sentenza di primo grado Ba.Ga., il quale lamentava - l'acritico riferimento alle risultanze della consulenza tecnica d'ufficio, a propria volta fondate su lacunose operazioni peritali, le quali, nel conteggiare le pretese spettanze dell'impresa Ba., assumevano apoditticamente che la documentazione prodotta dall'appaltatore fosse inattendibile e che dovesse essere attribuita valenza significativa ai progetti esecutivi delle opere, mai prodotti in giudizio, acquisiti dallo stesso consulente d'ufficio, palesemente incompleti e non conformi alla normativa vigente - la mancata considerazione dei rilievi mossi avverso la veridicità dei contratti di appalto e dei supposti atti di transazione, con la conseguente richiesta di rinnovazione della consulenza tecnica d'ufficio e di ammissione di tutti i mezzi istruttori già dedotti. Si costituiva nel giudizio di impugnazione l'Arcidiocesi di Modena-Nonantola, la quale contestava le ragioni addotte a fondamento del gravame e ne chiedeva il rigetto. In via incidentale, chiedeva che fosse dichiarato il proprio difetto di legittimazione passiva e che fosse accertato che nulla era ancora dovuto per i titoli dedotti, in ragione del saldo già avvenuto. Decidendo sul gravame interposto, la Corte d'appello di Bologna, con la sentenza di cui in epigrafe, rigettava l'appello principale e l'appello incidentale e, per l'effetto, confermava integralmente la pronuncia impugnata. A sostegno dell'adottata pronuncia la Corte di merito rilevava per quanto di interesse in questa sede a che la somma corrisposta al Ba.Ga., a seguito della transazione del 22 marzo 2007, non poteva ritenersi accettata a titolo di acconto, come prospettato dall'appellante, poiché nel relativo documento era stabilito che l'accettazione avesse definito tutta la contabilità dei lavori eseguiti nella chiesa parrocchiale di Id. nonché nell'oratorio di Cerreto per l'importo di Euro 195.000,00, del cui pagamento il Ba.Ga. si dichiarava perfettamente soddisfatto, affermando di essere stato pagato di tutti i lavori eseguiti, di tutti i materiali forniti e per tutti i suoi subappaltatori e fornitori b che doveva escludersi che, con riferimento alla chiesa di Ve., le obbligazioni oggetto di causa fossero sorte al di fuori di accordi contrattuali preventivi e, pertanto, in economia, attraverso l'emissione di rapportini contenenti il riepilogo delle opere eseguite e della manodopera impiegata, poiché ciò avrebbe presupposto che i contratti di appalto fossero stati predisposti artatamente e falsamente dal direttore dei lavori, dopo che i lavori erano da tempo iniziati, e da lui sottoscritti come unica soluzione per ottenere i finanziamenti pubblici e le erogazioni disposte a seguito dell'evento sismico, circostanza, questa, non risultante dagli atti c che ogni contestazione circa la veridicità della sottoscrizione del documento recte della transazione era chiaramente priva di valore, essendo totalmente in contrasto con il contenuto, oltremodo chiaro, dell'atto e della dichiarazione di quietanza in esso contenuta d che, in ordine ai lavori svolti nella Parrocchia di Ve., i risultati del consulente tecnico d'ufficio avevano tenuto conto dei dettagliati rilievi sul posto, del libretto delle misure e della contabilità dei lavori eseguiti, sulla base di tutta la documentazione progettuale in atti, delle misure estratte dai grafici e confrontate con le misure rilevate sul posto, componendo un prospetto integrativo per le opere non quantificabili, ma effettivamente eseguite, accertate in contraddittorio con la documentazione fotografica precedente all'inizio dei lavori e che correttamente l'ausiliario del giudice aveva fatto riferimento al prezziario della Camera di Commercio di Modena, risalente al 2001, ossia all'epoca dei lavori, e aveva escluso il valore probatorio dei rapportini delle ore in economia, come indicate dall'appellante, in quanto atti unilaterali, non contrattuali e non verificabili. 3.- Avverso la sentenza d'appello ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi, Ba.Ga. Ha resistito, con controricorso, l'intimata Arcidiocesi di Modena-Nonantola. 4.- Le parti hanno depositato memorie illustrative. Ragioni della decisione 1.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, nnumero 3 e 5, c.p.c. , la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 101,112,113,115,116,183 c.p.c. nonché degli articolo 1350,1417,2722,2724 e 2697 c.c. , con omesso esame di fatti decisivi del giudizio già oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte di merito confermato il rigetto, senza migliore motivazione, della richiesta, avanzata anche in sede di appello, di ammissione delle istanze istruttorie svolte dall'esponente in sede di seconda memoria ex articolo 183, sesto comma, c.p.c. , volte a comprovare l'effettivo contenuto dei contratti di appalto intercorsi tra le parti. Per converso, ad avviso dell'istante, ove le prove testimoniali richieste fossero state ammesse e regolarmente esperite, esse avrebbero potuto in ipotesi superare ed integrare il contenuto dei pretesi documenti contrattuali, originariamente firmati dalle parti e prodotti in copia dall'opponente, in ordine alla misura dei corrispettivi pattuiti. Obietta, ancora, il ricorrente che tali rapportini non sarebbero stati mai contestati nel giudizio di opposizione dalla controparte, sicché la parte avrebbe avuto la facoltà di provare, anche per testimoni, che gli accordi raggiunti avessero inteso valorizzare le ore impiegate per lo svolgimento delle opere e i rapporti di cantiere correlativamente predisposti. Tale prova testimoniale sarebbe stata ammissibile, alla stregua della sussistenza di un principio di prova per iscritto, rappresentato dai predisposti rapportini. 1.1.- Il motivo è inammissibile. Si premette che - limitazione alla deduzione dell'omesso esame di fatti decisivi, oggetto di discussione tra le parti ex articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c. - la doglianza è inammissibile, atteso che, a fronte di una doppia conforme , con instaurazione del giudizio di gravame successivamente all'11 settembre 2012 come nel caso di specie , ai sensi dell' articolo 348-ter, quinto comma, c.p.c. , vigente ratione temporis, il motivo di omesso esame di fatti decisivi, formulato ai sensi dell' articolo 360, primo comma, numero 5, c.p.c. , non è esaminabile Cass. Sez. 5, Ordinanza numero 11439 del 11/05/2018 Sez. 1, Sentenza numero 26774 del 22/12/2016 Sez. 5, Sentenza numero 26860 del 18/12/2014 . Quanto alla reclamata violazione di legge, l'inammissibilità è configurabile sotto altri profili. E tanto perché l'invocata prova testimoniale, reiterata in appello, verteva sul raggiungimento di un accordo preventivo alla stipulazione dei due contratti di appalto in ordine alla misura del corrispettivo diverso da quello contemplato nei contratti . Si tratta, quindi, della richiesta di dimostrare, per testimoni, l'esistenza di un patto contrario al contenuto dei documenti contrattuali, asseritamente intervenuto prima della stipula di tali contratti, inerente alla effettiva misura del corrispettivo spettante all'appaltatore. A fronte di una simile deduzione, quale contenuto delle deposizioni testimoniali di cui si chiedeva l'ammissione, la prova per testimoni non è ammessa ex articolo 2722 c.c. Né i rapportini prodotti costituivano principio di prova per iscritto ai sensi dell' articolo 2724, numero 1, c.c. Infatti, il documento che può costituire principio di prova per iscritto deve provenire dalla controparte e non dalla parte che chiede la prova, né da un terzo, seppure non sia necessario un preciso riferimento al fatto controverso, ma l'esistenza di un nesso logico tra lo scritto ed il fatto stesso, dal quale scaturisca la verosimiglianza del secondo Cass. Sez. 2, Sentenza numero 7093 del 20/03/2017 Sez. 2, Sentenza numero 21442 del 19/10/2010 Sez. 2, Sentenza numero 8210 del 07/04/2006 Sez. 3, Sentenza numero 3869 del 26/02/2004 . Senonché, secondo il rilievo del consulente tecnico d'ufficio, come richiamato dalla sentenza impugnata, tali rapportini costituivano atti unilaterali dell'appaltatore, non contrattuali e non verificabili. Il che esclude che si ricada nell'ambito di un principio di prova per iscritto. 2.- Con il secondo motivo il ricorrente contesta, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, nnumero 3 e 5, c.p.c. , la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 101,112,113,115,116,183,214,216 c.p.c. e dell'articolo 2697 c.c., con omesso esame di fatti decisivi del giudizio già oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte territoriale utilizzato la transazione del 22 marzo 2007, in ordine ai lavori svolti presso la Parrocchia di Id., benché l'appaltatore avesse disconosciuto l'autenticità delle pretese sottoscrizioni ivi apposte e a lui riconducibili, anche con riferimento al mandato di pagamento in pari data, apponendovi il mero scritto escluso il resto , come da comparsa di risposta nel giudizio di opposizione, pag. 17, ultime due righe, e 18, prime due righe. Sicché sarebbe stato onere della controparte, al fine di contraddire tale disconoscimento, formulare un'istanza di verificazione dell'autenticità delle firme apposte sia sulla scrittura privata del 22 marzo 2007 sia sul mandato di pagamento in pari data, mentre ciò non era avvenuto senza alcuna debita motivazione. 2.1.- Il motivo è fondato. In ordine all'omesso esame di fatto decisivo, oggetto di discussione tra le parti, si reiterano le ragioni di inammissibilità già dedotte scrutinando il primo motivo. Per il resto, si rileva che, a fronte del rilievo circa l'inutilizzabilità del documento oggetto di disconoscimento, per effetto della mancata attivazione di un sub-procedimento di verificazione, rilievo reiterato con l'atto introduttivo del gravame Cass. Sez. 2, Ordinanza numero 2658 del 30/01/2023 Sez. 1, Sentenza numero 1584 del 20/01/2017 , la Corte d'appello ha sostenuto che ogni contestazione circa la veridicità della sottoscrizione del documento sarebbe stata chiaramente priva di valore, essendo totalmente in contrasto con il contenuto, oltremodo chiaro, dell'atto e della dichiarazione di quietanza in esso contenuta. Ebbene, il disconoscimento della scrittura privata preclude al giudice ogni possibilità di utilizzare la scrittura privata stessa, o comunque di prenderla in esame ai fini della formazione del proprio convincimento, finché non sia stato concluso il procedimento di verificazione, che va obbligatoriamente disposto a seguito della proposizione della corrispondente istanza di parte Cass. Sez. L, Sentenza numero 7433 del 16/12/1983 . Cosicché la mancata proposizione dell'istanza di verificazione di una scrittura privata disconosciuta equivale, secondo la presunzione legale, ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa come mezzo di prova, con la conseguenza che il giudice non deve tenerne conto e che la parte che ha disconosciuto la scrittura non può trarre dalla mancata proposizione dell'istanza di verificazione elementi di prova a sé favorevoli Cass. Sez. U, Sentenza numero 3086 del 01/02/2022 Sez. 1, Sentenza numero 27506 del 20/11/2017 Sez. 3, Sentenza numero 2220 del 16/02/2012 . Pertanto, all'esito della mancata presentazione di un'istanza di verificazione conseguente al disconoscimento, è preclusa al giudice la valutazione ai fini della formazione del proprio convincimento, senza che gli sia consentito maturare altrimenti il giudizio sulla sua autenticità in base ad elementi estrinseci alla scrittura o ad argomenti logici, divenendo perciò il documento irrilevante, e non utilizzabile, nei riguardi non solo della parte che lo disconosce, ma anche, e segnatamente, della parte che lo ha prodotto. Per contro, la pronuncia impugnata, in conseguenza della reiterazione della censura sull'inutilizzabilità del documento con sottoscrizione disconosciuta, cui non aveva fatto seguito alcuna istanza di verificazione, ha ritenuto che la doglianza dovesse essere respinta alla luce del chiaro contenuto del documento medesimo e del rilascio di una quietanza. 3.- Con il terzo motivo il ricorrente prospetta, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, nnumero 3 e 5, c.p.c. , la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 101,112,113,115,116,183,214,216 c.p.c. nonché degli articolo 1362,1428,1429,1439,2722,2724 e 2697 c.c. , con omesso esame di fatti decisivi del giudizio già oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte distrettuale utilizzato il riferimento alla transazione del 22 marzo 2007, nonostante l'appellante avesse dedotto che il Ba.Ga. si fosse recato all'incontro diretto a concludere la transazione sulla base di una falsa rappresentazione dei fatti precedenti, artatamente indottagli dal direttore dei lavori e comunque avallata dall'Arcidiocesi, circa l'avvenuto pregresso pagamento della somma di Euro 225.000,00, circostanza che avrebbe avuto una valenza decisiva e sostanziale rispetto all'intero thema decidendum e tale da rendere palesemente viziata e invalidamente apposta la ipotetica sottoscrizione. Sicché erroneamente la Corte d'appello avrebbe rigettato le richieste di prova volte a comprovare detta circostanza, la quale non avrebbe potuto configurarsi come patto aggiunto o contrario rispetto al contenuto della scrittura del 22 marzo 2007, bensì quale mero fatto storico già interamente avvenuto e non contestualmente pattuito, secondo la percezione del Ba.Ga., che avrebbe appunto costituito il presupposto condizionante della sua volontà. 3.1.- Il motivo è assorbito dall'accoglimento del secondo motivo, in quanto chiaramente subordinato alla riconosciuta utilizzabilità, ai fini decisori, del documento. 4.- Con il quarto motivo il ricorrente si duole, ai sensi dell' articolo 360, primo comma, nnumero 3 e 5, c.p.c. , della violazione e/o falsa applicazione degli articolo 101,112,113,115,116,183,61,62,191 e 194 c.p.c. nonché dell' articolo 2697 c.c. , con omesso esame di fatti decisivi del giudizio già oggetto di discussione tra le parti, per avere la Corte del gravame convalidato le risultanze dell'espletata consulenza tecnica d'ufficio, benché la valutazione dei corrispettivi dovuti all'appaltatore fosse stata rimessa a criteri genericamente riferiti ai prezzi correnti all'epoca e non già a quelli liberamente prestabiliti dalle parti, secondo criteri quantitativi da esse autonomamente e separatamente fissati, tenendo conto delle tariffe orarie liberamente concordate, dei costi di noleggio dei materiali e delle attrezzature, del rimborso di spese già sostenute dall'impresa Ba. per l'acquisto di materiali e per la retribuzione di altre imprese, ignorando altresì il disconoscimento della sottoscrizione apposta sulla transazione del 22 marzo 2007. Aggiunge il ricorrente che l'elaborato peritale avrebbe fatto riferimento ad ulteriori documenti mai prodotti in giudizio e acquisiti autonomamente dall'ausiliario del giudice, in particolare con riferimento ai progetti e alla documentazione fotografica, che non sarebbero stati agli atti di causa. 4.1.- Il motivo è infondato. In proposito, la sentenza impugnata ha dedotto che i risultati del consulente tecnico d'ufficio avevano tenuto conto dei dettagliati rilievi sul posto, del libretto delle misure e della contabilità dei lavori eseguiti, sulla base di tutta la documentazione progettuale in atti, delle misure estratte dai grafici e confrontate con le misure rilevate sul posto, componendo un prospetto integrativo per le opere non quantificabili, ma effettivamente eseguite, accertate in contraddittorio con la documentazione fotografica precedente all'inizio dei lavori. E ha evidenziato che correttamente l'ausiliario del giudice aveva fatto riferimento al prezziario della Camera di Commercio di Modena, risalente al 2001, ossia all'epoca dei lavori, e aveva escluso il valore probatorio dei rapportini delle ore in economia, come indicate dall'appellante, in quanto atti unilaterali, non contrattuali e non verificabili. Sicché, quanto alle opere non quantificabili in base alle prescrizioni contrattuali, ma effettivamente eseguite, la ricostruzione operata dal consulente tecnico d'ufficio è avvenuta sulla scorta della documentazione progettuale in atti e non già acquisita aliunde, all'esito della comparazione con lo stato effettivo dei luoghi. Con riferimento alla quantificazione di tali opere non determinate in contratto, si è invece tenuto conto del prezziario della Camera di Commercio di Modena all'epoca vigente, conformemente alle disposizioni normative in materia di compenso dell'appalto e non già dei rapportini unilateralmente predisposti dall'assuntore . Infatti, ai sensi dell' articolo 1657 c.c. , se le parti dell'appalto non hanno determinato la misura del corrispettivo, né hanno stabilito il modo di determinarlo, essa è calcolata con riferimento alle tariffe esistenti o agli usi e in mancanza è determinata dal giudice. Pertanto, nel contratto di appalto, qualora le parti non abbiano dato esecuzione alla previsione contrattuale sulla determinazione del corrispettivo, volta a stabilire la misurazione delle opere in contraddittorio tra appaltatore e direttore dei lavori, l'entità dei lavori realizzati e la relativa quantificazione devono essere accertati dal giudice, a mezzo di indagine tecnica, ai sensi dell' articolo 1657 c.c. , non costituendo la specificazione del prezzo dell'appalto elemento essenziale dell'accordo tra le parti Cass. Sez. 2, Sentenza numero 19413 del 15/09/2014 Sez. 2, Sentenza numero 17386 del 30/08/2004 . Segnatamente, il giudice, in deroga alla disposizione di carattere generale di cui all' articolo 1346 c.c. , può determinare la misura del corrispettivo nell'ipotesi in cui le parti, pur avendolo pattuito, non ne hanno provato la differente misura rispettivamente dedotta, oppure quando l'appaltatore non abbia fornito la prova della congruità della somma richiesta, alla stregua della particolare natura e dell'entità dell'opera stessa Cass. Sez. 2, Sentenza numero 15926 del 17/07/2007 Sez. 3, Sentenza numero 11364 del 16/05/2006 Sez. 2, Sentenza numero 9926 del 28/07/2000 . Senonché la determinazione del corrispettivo sulla scorta del prezziario vigente all'epoca presso la camera di commercio è del tutto legittima, posto che le tariffe , in relazione alle quali l' articolo 1657 c.c. prevede la determinazione del corrispettivo dell'appalto, in mancanza di accordo delle parti quanto ai lavori complessivamente realizzati, anche oltre le previsioni contrattuali , sono non soltanto quelle d'imperio, ma anche quelle che vengano formulate, in via indicativa e derogabile, da organi o collegi, pubblici o privati, indipendentemente dalla loro approvazione ad opera dell'autorità governativa. Con la conseguenza che correttamente i giudici del merito hanno fatto riferimento a listini e tariffe per le opere edili emanati dalla camera di commercio Cass. Sez. 2, Sentenza numero 7238 del 23/07/1998 Sez. 2, Sentenza numero 2240 del 30/03/1985 . 5.- In definitiva, il secondo motivo del ricorso deve essere accolto, nei sensi di cui in motivazione, mentre il primo motivo è inammissibile e il quarto motivo è infondato e, infine, il terzo motivo è assorbito. La sentenza impugnata va, dunque, cassata, limitatamente al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, che deciderà uniformandosi al seguente principio di diritto e tenendo conto dei rilievi svolti, provvedendo anche alla pronuncia sulle spese del giudizio di cassazione. La mancata proposizione dell'istanza di verificazione di una scrittura privata disconosciuta equivale, secondo la presunzione legale, ad una dichiarazione di non volersi avvalere della scrittura stessa come mezzo di prova, con la conseguenza che il giudice non deve tenerne conto e che la parte che ha disconosciuto la scrittura non può trarre dalla mancata proposizione dell'istanza di verificazione elementi di prova a sé favorevoli . P.Q.M. La Corte Suprema di Cassazione accoglie, nei sensi di cui in motivazione, il secondo motivo del ricorso, dichiara inammissibile il primo motivo, rigetta il quarto motivo e dichiara assorbito il terzo motivo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte d'appello di Bologna, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del giudizio di legittimità.