L’accordo sugli onorari dell’avvocato deve essere concluso in forma scritta, pena la nullità

La Seconda Sezione della Suprema Corte, con decisione numero 3457 del 7 febbraio 2024, ha precisato come per essere valido, un accordo sulle spese legali concluso tra l’avvocato e il suo cliente deve essere fatto in forma scritta. L’accordo, tuttavia, non deve necessariamente essere redatto in un unico documento, essendo desumibile anche in una serie di più documenti concordanti e che si completino tra loro.

Un avvocato agiva in giudizio avverso una ex cliente, colpevole a suo dire di non avergli pagato le spese per alcune cause di recupero credito e procedure di pignoramento dallo stesso patrocinate. La cliente, una società di recupero credito, affermava la non debenza delle somme richieste sulla base di una convenzione esistente che imponeva a tutti i legali che agivano in difesa della società stessa un tariffario fisso, inferiore alle somme pretese dall’avvocato-attore. Il primo grado terminava con il rigetto integrale delle pretese del legale. Il giudice di merito, in sintesi, confermava l’applicabilità della convenzione per le spese legali all’avvocato e, per alcune delle cause, definiva l’attività svolta come “non significativa”. Il caso, quindi, approdava in sede di Cassazione ai sensi dell’articolo 111 Cost., per lo studio della questione da parte della Seconda Sezione. Nel ricorso, sostanzialmente, l’avvocato contestava l’applicabilità della citata convenzione allo stesso, dato che egli non l’aveva né negoziata né tanto meno firmata. Egli contestava altresì l’apoditticità della decisione di merito che aveva, senza spiegazioni, definito alcune delle sue attività difensive come “non significative”. La Suprema Corte, con una sentenza univoca, accoglieva il ricorso dell’avvocato. Quali erano i ragionamenti sottesi a detto accoglimento? In primo luogo, con riguardo al primo motivo di ricorso, la Cassazione accoglieva detta doglianza sulla base della seguente motivazione. Nel caso in questione, difatti, era stato provato come il legale in questione non avesse mai sottoscritto la convenzione relativa alle spese legali con la cliente. Tale atto, specificava la Suprema Corte, deve necessariamente essere redatto in forma scritta e deve essere sottoscritto da entrambe le parti, a pena di nullità dell’accordo. Detto patto, poi, può essere riportato in svariati documenti e comunicazioni che si susseguono, che non si contraddicano e dai quali si evinca con chiarezza la volontà delle parti di pattuire un compenso. Sosteneva, in buona sostanza, la Corte che era di certa applicazione il principio in ragione del quale «la forma scritta ad substantiam non richiede che la volontà sia indefettibilmente espressa in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, potendo realizzarsi  anche in documenti separati, costituenti proposta e accettazione» si veda Cass. Sez. II, 30 giugno2023 numero 18579 . In assenza di tale prova, quindi, secondo la Cassazione aveva ragione l’avvocato ricorrente a domandare la quantificazione degli onorari sulla base dei criteri legali e non sulla base di un contratto, di fatto, inesistente. Quanto al secondo punto, ossia sulla valutazione del giudice di merito sull’attività legale del ricorrente, che sarebbe stata non significativa, anche questa doglianza trovava accoglimento. Aveva errato, infatti, il giudice di merito nello stabilire, senza peraltro fornire alcuna spiegazione, come l’attività del legale con riguardo ad un giudizio non fosse stata significativa. Tale decisione, infatti, oltre che apodittica, contrastava con la produzione in giudizio dell’atto di costituzione nel giudizio peraltro di valore non esiguo e i verbali che dimostravano le partecipazioni alle udienze. Le predette prove, quindi, contrastavano con quanto deciso nella sentenza di merito. Sulla base dei predetti ragionamenti, quindi, la Cassazione cassava la decisione impugnava e rinviava il processo per un nuovo giudizio di merito.

Presidente Manna – Relatore Cavallino Fatti di causa 1. L'ordinanza del Tribunale di Frosinone in composizione collegiale depositata il 17-6-2022, accogliendo parzialmente il ricorso proposto ex articolo 14 d.lgs. 150/2011 dall'avv. T. R. nei confronti di omissis s.p.a., in relazione alla difesa della società in una serie di procedure di esecuzione forzata e opposizione all'esecuzione nei confronti del debitore M. V., ha condannato la società a pagare al ricorrente «Euro 400,00 oltre accessori, Euro 2.428,85 già compresi accessori di legge e al netto di ritenuta d'acconto, Euro 400,00 oltre accessori, Euro 200,00 oltre accessori» ha compensato le spese di lite. L'avvocato aveva agito chiedendo il compenso complessivo di Euro 27.978,32 ex DM. 140/2012 con gli interessi moratori ex articolo 5 d.lgs. 231/2002 e la società aveva contestato la domanda, deducendo tra l'altro che i compensi dovevano essere quantificati sulla base della convenzione oggetto della delibera dell'assemblea dei soci del 18-2 2009, il cui testo era stato redatto dallo stesso avv. T. R., all'epoca consigliere di amministrazione della società, che non erano dovuti compensi in relazione alle esecuzioni che erano state sospese per la mancata previa notifica del titolo esecutivo, che l'avv. T. R. aveva già incassato più delle somme spettanti per i pignoramenti conclusi con distribuzione del ricavato in procedimenti nei quali si era dichiarato antistatario, che non doveva essere applicato il D.M. 140/2012 ma il D.M. 127/2004. L'ordinanza ha considerato che la delibera dell'assemblea dei soci del 18-2-2009 aveva dichiarato che i soci e i consiglieri di amministrazione, tra i quali l'avv. T. R., interpellati in quanto avvocati per verificare la loro disponibilità ad assistere nei giudizi la società, avevano predisposto un prospetto delle condizioni economiche da loro proposte l'assemblea aveva deliberato di approvare il prospetto dei compensi e aveva deliberato che in caso di conferimento di incarico professionale alle condizioni di cui alla delibera non si sarebbe potuto configurare conflitto di interesse. Quindi ha dichiarato che la proposta proveniva anche dall'avv. T. R. e, una volta accettata dall'assemblea, integrava un vero e proprio accordo contrattuale, con la forma scritta richiesta ad substantiam. Ritenuta l'applicabilità della convenzione, l'ordinanza ha dichiarato che il conteggio delle spettanze del ricorrente per le prestazioni professionali doveva essere eseguito in base ai parametri di cui al D.M. 127/2004, secondo gli importi indicati dalla parte resistente, rispettivamente di Euro 400,00 per il pignoramento mobiliare numero 202/2009, Euro 2.428,85 per l'opposizione all'esecuzione numero 202/2009, Euro 400,00 per il pignoramento immobiliare numero 134/2009, nulla relativamente all'opposizione all'esecuzione numero 134/2009 in assenza di significativa attività espletata, Euro 200,00 per l'atto di precetto. 2.Avverso l'ordinanza l'avv. T. R. ha proposto ricorso per cassazione ex articolo 111 Cost., sulla base di sette motivi. omissis s.p.a. ha resistito con controricorso, intitolato “controricorso con ricorso incidentale condizionato”, ricorso incidentale però non proposto né nel corpo dell'atto né nelle conclusioni, nelle quali ha chiesto la condanna del ricorrente anche ex articolo 96 ult. co. cod. proc. civ. Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ex articolo 380bis.1 cod. proc. civ. e in prossimità dell'adunanza in camera di consiglio entrambe le parti hanno depositato memoria illustrativa. Nella sua memoria la società controricorrente ha anche chiesto che sia rimessa alla decisione delle Sezioni Unite la questione della necessità dell'accettazione in forma scritta della proposta avente a oggetto la stipulazione di convenzione professionale con l'avvocato. All'esito della camera di consiglio del 24-1-2024 la Corte ha riservato il deposito dell'ordinanza. Ragioni della decisione 1. Preliminarmente la Corte dà atto che non ricorrono le condizioni per chiedere di rimettere alla decisione delle Sezioni Unite la questione della forma scritta della convenzione tra il professionista e il cliente secondo quanto chiesto dalla società controricorrente, trattandosi di questione sulla quale la giurisprudenza della Suprema Corte è univoca. 2.Con il primo motivo il ricorrente deduce “violazione e/o falsa applicazione degli articolo li 2233, 1326, 1350 c.c. in relazione all' articolo lo 360 numero 3 c.p.c. nella parte in cui il provvedimento impugnato afferma la sussistenza, nel caso di specie, della forma scritta ab substantiam richiesta per il perfezionamento della convenzione tra cliente ed avvocato avente ad oggetto la determinazione dei compensi professionali”. Il ricorrente evidenzia che, dal tenore letterale della delibera assembleare, risulta che l'avv. T. R. non era l'autore materiale dello schema di compensi, che l'avv. T. R. si era allontanato al momento di approvazione della delibera, che la stessa delibera prevedeva il conferimento degli incarichi ai professionisti, i quali avrebbero dovuto preliminarmente accettare la convenzione rileva che l'avv. T. R. non ha mai sottoscritto in segno di accettazione lo schema di convenzione approvato dall'assemblea dei soci. 3. Con il secondo motivo il ricorrente deduce “nullità e/o invalidità della decisione impugnata per contraddittorietà della motivazione ai sensi degli articolo li 111 Cost. 112 e 132 c.p.c. in relazione all'articolo lo 360 numero 4 e 5 c.p.c. in quanto il giudice di merito dopo aver affermato l'applicabilità, al caso di specie, della convenzione asseritamente perfezionata tra le parti la ha in concreto disapplicata”. Lamenta che l'ordinanza, dopo avere dichiarato di applicare la convenzione, di fatto l'ha disapplicata, in quanto non ha riconosciuto né il diritto al compenso percentuale previsto dalla convenzione né il diritto alle voci previste dalla convenzione e al rimborso forfettario previsto dalla convenzione, ma ha dichiarato di applicare il D.M. 127/2004, con la conseguente nullità determinata dall'impossibilità di individuare il procedimento logico giuridico posto alla base della decisione. 4. Con il terzo motivo il ricorrente deduce “nullità e/o invalidità della sentenza impugnata nella parte in cui determina l'ammontare del compenso dovuto al professionista omettendo totalmente di statuire sulle eccezioni e sulle domande svolte da questa difesa con conseguente violazione degli articolo li 99, 112, 132 e 360 numero 4 e 5 c.p.c.”. Rileva che l'ordinanza si è limitata ad aderire acriticamente alle difese avversarie ritenendole corrette ma omettendo di considerare le richieste e le difese del ricorrente. Evidenzia di avere sostenuto che si dovesse applicare il D.M. 140/2012 in quanto si doveva fare riferimento alla data in cui si era concluso il mandato, da individuare nella data di approvazione del piano di riparto nell'esecuzione immobiliare 34/2010, di avere lamentato che la controparte non aveva indicato come eseguiva le quantificazioni, di avere comunque dedotto la spettanza del compenso forfettario per Euro 7.800,00 secondo le previsioni della convenzione lamenta altresì l'omessa pronuncia con riguardo alla richiesta di compensi per l'esecuzione mobiliare 509/2010. 5. Con il quarto motivo il ricorrente deduce “nullità e/o invalidità della sentenza impugnata nella parte in cui nega che sia dovuto alcun compenso per l'attività svolta da questo ricorrente in relazione alla esecuzione 134/09 sebbene la circostanza avesse formato oggetto di discussione tra le parti con conseguente violazione degli articolo li 99, 112, 132, in riferimento all'articolo lo 360 numero 4 e 5 c.p.c.”. Lamenta che sia stato negato qualsiasi compenso con riguardo all'opposizione all'esecuzione numero 134/09 ritenendo che non fosse stata espletata attività, nonostante egli avesse documentato di essersi costituito nell'opposizione all'esecuzione per resistere alla domanda di sospensione dell'esecuzione, redigendo comparsa e partecipando all'udienza quindi evidenzia che le attività di studio della controversia, redazione della comparsa di risposta e partecipazione a una udienza, in una esecuzione immobiliare del valore di Euro 180.000,00 non potevano qualificarsi come attività insignificanti come ritenuto dall'ordinanza impugnata. 6. Con il quinto motivo il ricorrente deduce “nullità e/o invalidità della sentenza per omesso riconoscimento del diritto del ricorrente agli interessi moratori ex articolo lo 5 del d.lgs. 231/02 capitalizzati ex articolo lo 1283 c.c. in totale difetto di motivazione sul punto con conseguente violazione degli articolo li 111 Cost. 99, 112, 132, 118 disp. att. c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 4 c.p.c.” evidenzia che nel ricorso aveva chiesto il riconoscimento degli interessi moratori ex articolo 5 d.lgs. 231/02 con la capitalizzazione dalla data del 20-5-2014 in cui aveva chiesto via pec il pagamento dei compensi e lamenta la completa omissione di pronuncia su tali richieste. 7. Con il sesto motivo il ricorrente deduce “nullità e/o invalidità della sentenza per omesso riconoscimento del diritto al rimborso delle spese generali ex articolo lo 13 l. 247/12 in totale difetto di motivazione sul punto con conseguente violazione degli articolo li 111 Cost. 99, 112, 132, 118 disp. att. c.p.c. in relazione all'articolo 360 numero 4 c.p.c.” lamenta che sia stato negato il rimborso forfettario delle spese previsto dall'articolo 13 co. 10 legge 247/2012 e che era stato chiesto nel ricorso, senza alcuna indicazione delle ragioni di tale decisione. 8. Con il settimo motivo il ricorrente deduce “nullità e/o invalidità della sentenza impugnata per omessa pronuncia in merito all'eccezione di inammissibilità della produzione documentale effettuata dalla omissis con conseguente violazione degli articolo li 702ter, 112, 132 e 360 numero 4 e 5 c.p.c.”. Evidenzia che aveva eccepito l'inammissibilità della produzione documentale eseguita dalla controparte dopo che la causa era stata rinviata per la decisione e lamenta l'omessa pronuncia su tale eccezione. 9. Logicamente deve essere esaminato per primo e accolto il quarto motivo, con il quale il ricorrente lamenta che sia meramente apparente la motivazione svolta per negare qualsiasi compenso -e perciò a prescindere dalle modalità di quantificazione relativamente all'opposizione all'esecuzione numero 134/2009. E' acquisito il principio che, a seguito della riformulazione dell'articolo 360 co.1 numero 5 cod. proc. civ. disposta dal d.l. 22 giugno 2012 numero 83 conv. in legge 7 agosto 2012 numero 134, il sindacato di legittimità sulla motivazione deve essere interpretato come riduzione al minimo costituzionale pertanto è denunciabile in cassazione solo l'anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all'esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali tale anomalia sussiste, tra le altre ipotesi, in caso di motivazione apparente Cass. Sez. U 7-4-2014 numero 8053 Rv. 629830-01 . La motivazione apparente ricorre allorché la motivazione, benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obbiettivamente inidonee a fare conoscere il ragionamento svolto dal giudice per formare il proprio convincimento, non potendosi lasciare all'interprete il compito di integrarla con le più varie e ipotetiche congetture Cass. Sez. U 30-1-2023 numero 2767, Cass. Sez. U 3-11-2016 numero 22232 Rv. 641526-01, Cass. Sez. 6-1 1-3-2022 Rv. 664061-01, Cass. Sez. 6-5 23-5-2019numero 13977 Rv. 654145-01 . Nella fattispecie la motivazione svolta dall'ordinanza impugnata per negare il compenso all'avvocato relativamente all'opposizione all'esecuzione numero 134/2009 è “nell'assenza di una significativa attività espletata non si ravvisa fondamento per la relativa pretesa di pagamento” e risulta all'evidenza meramente apparente, in quanto non spiega in alcun modo l'affermazione svolta da una parte pare riconoscere che una attività vi sia stata, dall'altra dichiara che l'attività non sia stata significativa, senza lasciare emergere su quali basi si fondi tale giudizio, così impedendo di capire la ragione della decisione. 10. Procedendo alla disamina del primo motivo di ricorso, diversamente da quanto eccepito dalla società controricorrente, si rileva che il motivo è ammissibile, in quanto il ricorrente non censura la ricostruzione in fatto eseguita dall'ordinanza impugnata, ma lamenta la violazione delle disposizioni sulla forma scritta ad substantiam. Il motivo è fondato, dovendosi dare continuità ai principi posti da questa Corte con la sentenza Sez. 2 numero 717 del 12-1-2023 Rv. 666672-1 -intercorsa tra le stesse parti avv. T. R. e omissis s.p.a., in riferimento alla medesima convenzione approvata dall'assemblea dei soci di omissis s.p.a. secondo i quali ai sensi dell'articolo 2233 cod. civ. l'accordo di determinazione del compenso professionale tra avvocato e cliente deve rivestire la forma scritta ad substantiam a pena di nullità, con la conseguenza che l'accordo, quando non è trasfuso in un unico documento sottoscritto da entrambe le parti, si intende formato quando la proposta, redatta in forma scritta, sia seguita dall'accettazione nella medesima forma. Come già si legge nella motivazione di questa sentenza, che si conferma e vale anche per la presente fattispecie, la previsione della forma scritta a pena di nullità del contratto con il quale l'avvocato e il cliente stabiliscono il compenso professionale spettante al professionista «…comporta -in primo luogo, che la formazione di tale accordo, se non postula che la volontà negoziale sia indefettibilmente espressa in un unico documento recante la sottoscrizione di entrambe le parti, potendo per contro realizzarsi quando la seconda sottoscrizione sia contenuta in  un documento separato, richiede, tuttavia, che la proposta di una delle parti, redatta in forma solenne, sia necessariamente seguita da un'accettazione conforme che sia rivestita della medesima forma richiesta dalla legge Cass. numero 15563 del 2022, in motiv., la quale, con riguardo al contratto di prestazione professionale tra cliente e avvocato, ha ritenuto che, a fronte di una proposta dotata della forma scritta, la stipulazione dell'accordo richiedeva un' ‘accettazione nella medesima forma' la quale, in effetti, non può discendere dal mero comportamento, precedente o successivo alla presunta conclusione del contratto anche se adesivo o attuativo o preparatorio dell'accordo, con la predisposizione della relativa bozza , assunto dalle parti, utilizzabile non per attestare la formazione di un consenso contrattuale che non sia stato incorporato in un documento scritto ma solo per interpretare la volontà dei contraenti per come espressa nel relativo testo cfr. Cass. numero 12297 del 2011 Cass. numero 11828 del 2018 -in secondo luogo, che trovano applicazione le norme che in generale disciplinano la prova dei contratti per i quali la forma scritta è richiesta ad substantiam Cass. numero 24213 del 2021, in motiv. , e cioè, tra l'altro, che a la scrittura non può essere sostituita da mezzi probatori diversi Cass. numero 1452 del 2019 , come una dichiarazione di quietanza Cass. numero 12673 del 1997 Cass. numero 5158 del 2012 Cass. numero 10846 del 2019 ovvero una fattura Cass. numero 1614 del 2009 Cass. numero 5263 del 2015 b la prova per presunzioni semplici articolo 2729 c.c. è ammissibile, al pari della testimonianza Cass. numero 13459 del 2006 Cass. numero 13857 del 2016 , soltanto nell'ipotesi, prevista dagli articolo 2725 e 2724 numero 3 c.c., di perdita incolpevole del documento Cass. numero 24213 del 2021, in motiv., che ha cassato la pronuncia con la quale il giudice di merito aveva ritenuto ‘raggiunta la prova dell'accordo per la determinazione del compenso sulla base di una presunzione, non tenendo conto che l'esistenza del requisito di forma non può essere sostituito da mezzi probatori diversi'» nello stesso senso, tra le stesse parti e non massimate, Cass. Sez. 2 12-1-2023 numero 719 e Cass. Sez. 2 27-7-2023 numero 22885 . L'ordinanza impugnata ha considerato pacifico che l'avv. T. R. non aveva partecipato alla deliberazione dell'assemblea dei soci che aveva approvato la convenzione, in quanto non era socio ma componente del consiglio di amministrazione, e si era allontanato al momento della discussione e votazione sulla questione quindi, la deliberazione assembleare, alla quale non aveva partecipato il professionista, non integrava in sé l'accordo in forma scritta richiesto dall'articolo 2233 ult. co. cod. civ. L'affermazione della controricorrente nella memoria, secondo la quale vi sarebbe errore di lettura nel “confondere” gli avvocati interni della società con gli avvocati esterni, non è utile a spiegare in quali termini l'avv. T. R. potesse avere partecipato con atto scritto all'approvazione di una delibera per la quale non aveva votato, come accertato dall'ordinanza impugnata. Inoltre, l'ordinanza, individuando la forma scritta dell'accordo nella delibera dell'assemblea dei  soci di  omissis s.p.a. che aveva approvato “il prospetto riepilogativo delle condizioni economiche” predisposto dai professionisti tra i quali lo stesso avv. T. R., non ha indagato se quel prospetto contenesse la sottoscrizione dell'avv. T. R., così da ritenere che l'approvazione assembleare avesse comportato accettazione di proposta conclusa per iscritto e perciò conclusione dell'accordo in forma scritta l'ordinanza non ha neppure verificato se vi fosse altro documento, successivamente sottoscritto dall'avvocato, integrante accettazione della proposta eseguita con la delibera assembleare. Il prospetto riepilogativo, se e in quanto privo della sottoscrizione del professionista, non poteva avere valore di proposta al fine della conclusione dell'accordo in forma scritta non si poteva valorizzare neppure il rilascio della procura, che attiene alla costituzione del rapporto di rappresentanza processuale e non vale come adesione ai termini economici unilateralmente prefissati ugualmente, non rilevava l'emissione della fattura, attinente alla fase esecutiva del rapporto, che presuppone il già avvenuto perfezionamento del contratto nelle forme previste dalla legge Cass. Sez. 1 22-1-2009 numero 1614 Rv. 606443-01 . Non sono significative le deduzioni svolte dalla società controricorrente nella memoria al fine di ottenere la rimessione della questione alle Sezioni Unite, in quanto è chiaro il disposto dell'articolo 2233 ult. co. cod. civ., secondo il quale sono nulli, se non redatti in forma scritta, i patti conclusi tra gli avvocati con i loro clienti che stabiliscono i compensi professionali ed è già stato statuito che tale prescrizione non è stata implicitamente abrogata dall'articolo 13 co.2 legge 247/2012, secondo il quale il compenso con il professionista è di regola pattuito per iscritto oltre Cass. 717/2023 già citata, cfr. Cass. Sez. 2 16-5-2022 numero 15563, Cass. Sez. 6-2 8-9-2021 numero 24213 . E' acquisito in linea generale il principio secondo il quale la forma scritta ad substantiam non richiede che la volontà sia indefettibilmente espressa in un unico documento recante la contestuale sottoscrizione di entrambe le parti, potendo realizzarsi anche in documenti separati, costituenti proposta e accettazione cfr., per tutte, Cass. Sez. 2 30-6-2023 numero 18579 Rv. 668392-01, Cass. Sez. 1 2-2-2007 numero 2256 Rv. 595059-01, con riguardo ad accordi di contenuto diverso da quello in questione ciò però non esclude che i documenti separati debbano recare la sottoscrizione rispettivamente del proponente e dell'accettante, perché in mancanza delle sottoscrizioni non è integrato il requisito della forma scritta ad substantiam. 11. Deve essere parzialmente accolto anche il quinto motivo di ricorso, con il quale il ricorrente censura l'ordinanza impugnata per non avere pronunciato sulla richiesta di riconoscimento degli interessi ex articolo 5 d.lgs. 231/2002 dalla data della richiesta di pagamento. L'ordinanza impugnata ha omesso ogni riferimento alla debenza degli interessi di mora, sull'erroneo presupposto che gli stessi decorressero dalla data della decisione. Infatti, deve essere data continuità al precedente di Cass. Sez. 2, sentenza numero 24973 del 19-8 2022 Rv. 665548-01 che, sulla base di compiuta ricostruzione dogmatica alla quale si rinvia, è giunto alla conclusione che per i crediti professionali derivanti dallo svolgimento dell'attività di avvocato gli interessi di cui all'articolo 1224 cod. civ. decorrano dalla messa in mora, coincidente con la data della proposizione della domanda giudiziale o con la richiesta stragiudiziale di adempimento, anche nel caso in cui alla liquidazione si pervenga all'esito del procedimento di cui all'articolo 14 d.lgs. 150/2011. Inoltre, essendo stato il ricorso depositato il 18-4 2017, è applicabile ratione temporis la previsione dell'articolo 1284 co.4 cod. civ., secondo la quale dal momento della domanda il saggio degli interessi sia pari a quello previsto dalla legislazione speciale relativa ai ritardi di pagamento delle transazioni commerciali cfr. Cass. Sez. 2 19-8-2022 numero 24973 Rv. 665548-01, in motivazione . Le ulteriori questioni poste con il quinto motivo di ricorso in ordine agli interessi rimangono in questa sede assorbite, in quanto non sono state decise dall'ordinanza impugnata e si porranno in concreto nel caso in cui si accerti l'esistenza di messa in mora precedente alla domanda giudiziale. 12. L'accoglimento del primo, del quarto e del quinto motivo di ricorso nei termini esposti esclude la necessità della decisione sul secondo, terzo, sesto e settimo motivo di ricorso, che rimangono assorbiti a seguito della cassazione dell'ordinanza impugnata in ragione dei motivi accolti si dispone il rinvio al Tribunale di Viterbo in diversa composizione perché esamini la domanda dell'avv. T. R. facendo applicazione dei principi esposti e provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità. P.Q.M. La Corte accoglie il primo, il quarto e il quinto motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione, assorbiti gli altri, cassa l'ordinanza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Viterbo in diversa composizione anche per la statuizione sulle spese del giudizio di legittimità.