Per rigettare l’appello del PM sulle misure cautelari, il giudice deve pronunciarsi sia sui gravi indizi che sulle esigenze cautelari

La sentenza in commento analizza il caso in cui il Tribunale del riesame abbia rigettato la richiesta di misure cautelari avanzata dal PM motivando solo in punto di gravi indizi di colpevolezza, ma non anche in tema di esigenze cautelari.

Il Tribunale del riesame di Potenza dichiarava l'appello proposto dal Pubblico Ministero inammissibile. Il PM aveva, infatti, proposto appello contro l'ordinanza del Gip che aveva rigettato la richiesta di applicazione della misura cautelare del divieto di dimora nei confronti di un indagato per tentata induzione indebita sul presupposto della insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza. A parere del Procuratore Generale ricorrente, il Tribunale del riesame ha rigettato l'appello sul presupposto che veniva contestata solo la decisione del Gip riguardante l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, ma nulla veniva dedotto circa le misure cautelari. Il difensore dell'indagato ha depositato memoria contestando il ricorso. La Corte di Cassazione ritiene il ricorso fondato. Nell'esaminare la vicenda i Giudici di legittimità richiamano il principio in tema di impugnazione del PM secondo cui «l'impugnazione del pubblico ministero avverso il provvedimento di diniego di emissione dell'ordinanza cautelare per l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza devolve al giudice di appello la verifica di tutte le condizioni richieste per l'adozione delle misure cautelari e dunque questi, qualora intenda accogliere l'impugnazione, è tenuto a pronunziarsi anche in ordine alla configurabilità delle esigenze cautelari non considerate dal primo giudice» cfr. Cass. penumero , sez. VI, numero 17749 del 01/03/2017 . Inoltre, continuano i Giudici, per poter impugnare occorre avere un interesse attuale che, nel caso del PM in relazione alle misure cautelari, si sostanzia nella possibilità di adozione o ripristino della misura richiesta . Il PM deve fornire elementi idonei a sostegno dell'attualità del suo interesse anche nel caso in cui il provvedimento impugnato non abbia esaminato taluno dei presupposti. Anche la pronuncia delle Sezioni Unite numero 18339 del 2004 ha precisato che l'impugnativa «devolve infatti al tribunale investito dell'appello una cognizione non limitata ai singoli punti oggetto di specifica censura, bensì estesa all'integrale verifica delle condizioni e dei presupposti richiesti dalla legge perché sia giustificata l'adozione di una misura restrittiva della libertà personale, secondo il modello di ordinanza cautelare previsto, a pena di nullità, dall' articolo 292 c.p.p. » aggiungendo inoltre che «alla verifica dell'esistenza di tutti i presupposti richiesti per l'adozione di un'ordinanza applicativa della misura cautelare, […] e all'esito di siffatto scrutinio, di adottare infine, eventualmente, il provvedimento genetico della misura che, secondo lo schema di motivazione previsto dall'articolo 292, risponda ai criteri di concretezza e attualità degli indizi e delle esigenze cautelari, nonché a quelli di adeguatezza e proporzionalità della misura». Da tali argomentazioni, conclude il Collegio, deve ricavarsi il principio di diritto al quale dovrà attenersi il tribunale secondo cui «nel caso in cui il Giudice delle indagini preliminari, investito della richiesta cautelare nella quale il Pubblico Ministero abbia indicato, a norma dell' articolo 291 c.p.p. , gli elementi a sostegno dell'esistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza e che delle esigenze cautelari, l'abbia rigettata ritenendo non sussistenti i primi, non pronunciandosi in merito alle seconde, l'appello presentato dal Pubblico Ministero ai sensi dell' articolo 310 c.p.p. non può essere dichiarato inammissibile perché l'Organo requirente non abbia nuovamente motivato in ordine alle esigenze cautelari». La Corte annulla l'ordinanza impugnata e rinvia al Tribunale di Potenza che dovrà attenersi al principio sopra riportato.

Presidente fidelbo – relatore gallucci Ritenuto in fatto 1. Il Tribunale del riesame di Potenza con ordinanza emessa in data 24 luglio 2023 ha dichiarato inammissibile l'appello proposto dal Pubblico Ministero avverso l'ordinanza del Gip che aveva rigettato - per insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza - la richiesta di applicazione della misura cautelare del divieto di dimora o, in subordine, della sospensione dall'esercizio della pubblica funzione di ufficiale dell'Arma dei Carabinieri, nei confronti di V.D., indagato per il reato di tentata induzione indebita. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso il Procuratore della Repubblica di Potenza deducendo che illegittimamente il Tribunale del riesame ha dichiarato inammissibile il proprio appello sul presupposto che nello stesso si contestava esclusivamente la decisione del Gip sotto il profilo della ritenuta insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza mentre nulla si deduceva in merito alle esigenze cautelari. Ciò in quanto, da un lato, nel corso dell'appello erano state individuate le esigenze cautelari evidenziando come l'indagato avesse distorto le sue funzioni a fini personali dall'altro lato, l'impugnazione del PM avverso il diniego di emissione di ordinanze di custodia cautelare per l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza devolve al giudice di appello la verifica di tutte le condizioni richieste per l'adozione della misura cautelare e dunque quando questi intenda accogliere l'impugnazione è tenuto a pronunciarsi anche in ordine alla configurabilità delle esigenze cautelari ex plurimis, Cass. VI, sent. 10532 dell'11 marzo 2010 . 3. Il difensore dell'indagato, Avvocato Murro, ha depositato memoria scritta nella quale ha contestato il ricorso e le conformi conclusioni del PG, evidenziando, quanto all'esistenza di esigenze cautelari, che il V.D. ha cessato dal servizio con provvedimento del Ministero della Difesa del 28 giugno 2023 e che, comunque, le pronunce di legittimità indicate dal Pm ricorrente e dal PG concernono una situazione diversa da quella oggetto del ricorso, ossia il caso in cui il Tribunale del riesame ritenga di dove accogliere l'appello del PM relativo agli indizi di colpevolezza e allora deve pronunciarsi sulla sussistenza anche delle esigenze cautelari e non anche quando, come nel caso in esame, ritenga di doverlo rigettare. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. E' principio consolidato nella giurisprudenza di legittimità quello secondo cui «l'impugnazione del pubblico ministero avverso il provvedimento di diniego di emissione dell'ordinanza cautelare per l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza devolve al giudice di appello la verifica di tutte le condizioni richieste per l'adozione delle misure cautelari e dunque questi, qualora intenda accogliere l'impugnazione, è tenuto a pronunziarsi anche in ordine alla configurabilità delle esigenze cautelari non considerate dal primo giudice» da ultimo, Sez. 6, numero 17749 del 01/03/2017, Friggi, Rv. 269853 - 01 Sez. 3, numero 34631 del 07/06/2022, Cutrì, Rv. 283646 - 01 . 3. Peraltro, nel caso in esame, a fronte dell'appello del PM relativo all'ordinanza genetica , che si era pronunciata solo in riferimento ai gravi indizi ritenendoli insussistenti elemento pregiudiziale rispetto all'esame delle esigenze cautelari , il Giudice dell'appello cautelare non ha verificato se la decisione del Gip fosse corretta cioè se vi fossero o meno i gravi indizi, nel qual caso si sarebbe dovuto esprimere anche in tema di esigenze cautelari , limitandosi a dichiarare l'inammissibilità del gravame del PM che, nel dolersi della decisione del primo giudice, nulla aveva detto in merito alle esigenze. 4. Questa Sezione sent. numero 46129 del 2.5/11/2021, PMT in proc. c. Marcus Steven, Rv. 282355 - 01 ha precisato che « qualsiasi impugnazione deve essere assistita da uno specifico e concreto interesse, di cui deve essere apprezzata l'attualità, interesse che in materia cautelare, con riguardo alla posizione del Pubblico ministero, deve essere correlato alla possibilità di adozione o di ripristino della misura richiesta. Ciò significa che il Pubblico ministero deve in linea di massima fornire elementi idonei a suffragare l'attualità del suo interesse, in relazione ai presupposti per l'adozione della misura, anche se il provvedimento impugnato non abbia esaminato taluno di quei presupposti. Peraltro, ove quest'ultimo abbia specificamente escluso sia la gravità indiziaria sia le esigenze cautelari, l'impugnazione non può essere riferita ad uno solo dei due presupposti, ma dovrà articolare specifiche e argomentate censure con riferimento ad entrambi, giacché non può ravvisarsi l'interesse del Pubblico ministero ad affermazioni astratte, in specie in materia di gravità indiziaria, e deve inoltre escludersi che il Pubblico ministero abbia un interesse contrario a quello dell'indagato a vedersi riconosciuta la riparazione dell'ingiusta detenzione ex art 314 cod. proc. penumero Sez. 6, numero 2386 del 24/6/1998, Machetti, Rv. 212898 ». 5. Decisive, per la risoluzione della specifica questione oggetto del ricorso - in ordine alla quale non risultano specifici precedenti - sono peraltro le argomentazioni contenute in una significativa pronuncia delle Sezioni Unite sent. numero 18339 del 31/03/2004, Lullo, non massimata sul punto che, nel ricostruire l'ambito oggettivo dell'appello cautelare proposto dal P.M. avverso il rigetto del Gip della richiesta cautelare personale, ha precisato § 3.2. del Considerato in diritto che tale impugnativa «devolve infatti al tribunale investito dell'appello una cognizione non limitata ai singoli punti oggetto di specifica censura, bensì estesa all'integrale verifica delle condizioni e dei presupposti richiesti dalla legge perché sia giustificata l'adozione di una misura restrittiva della libertà personale, secondo il modello di ordinanza cautelare previsto, a pena di nullità, dall' articolo 292 c.p.p. Cass., Sez. II, 14.1.1991, Z., rv. 188013 Sez. VI, 12.3.1993, F., rv. 195635 Sez. VI, 12.5.1995, O., rv. 202979 Sez. IV, 19.4.1996, S., rv. 205237 Sez. II, 13.2.1997, D. M., rv. 207556 Sez. V, 24.6.1999, M., rv. 214476 Sez. II, 14.3.2000, M., rv. 216930 Sez. II, 10.4.2000, P., rv. 215900 Sez. VI, 28.2.2001, N., rv. 218618 Sez. VI, 14.6.2001, P., rv. 220310 Sez. VI, 14.6.2001, P.M. in proc. G., rv. 220398 », aggiungendo che «alla verifica dell'esistenza di tutti i presupposti richiesti per l'adozione di un'ordinanza applicativa della misura cautelare, poiché il tribunale della libertà funge, in tal caso, non solo come organo di revisione critica del provvedimento reiettivo alla stregua dei motivi di gravame del P.M., ma anche come giudice al quale è affidato il potere-dovere di riesaminare ex novo la vicenda cautelare nella sua interezza, onde verificare la puntuale sussistenza delle condizioni e dei presupposti di cui agli articolo 273, 274, 275, 278, 280, 287 c.p.p. e, all'esito di siffatto scrutinio, di adottare infine, eventualmente, il provvedimento genetico della misura che, secondo lo schema di motivazione previsto dall'articolo 292, risponda ai criteri di concretezza e attualità degli indizi e delle esigenze cautelari, nonché a quelli di adeguatezza e proporzionalità della misura». 6. Sviluppando dette argomentazioni, deve affermarsi il principio secondo cui «nel caso in cui il Giudice delle indagini preliminari, investito della richiesta cautelare nella quale il Pubblico Ministero abbia indicato, a norma dell' articolo 291 cod. proc. penumero , gli elementi a sostegno dell'esistenza sia dei gravi indizi di colpevolezza e che delle esigenze cautelari, l'abbia rigettata ritenendo non sussistenti i primi, non pronunciandosi in merito alle seconde, l'appello presentato dal Pubblico Ministero ai sensi dell' articolo 310 cod. proc. penumero non può essere dichiarato inammissibile perché l'Organo requirente non abbia nuovamente motivato in ordine alle esigenze cautelari. Nel caso in esame, il Tribunale dell'appello cautelare dovrà, una volta che abbia ritenuto esistenti i gravi indizi, esaminare le esigenze cautelari indicate nella richiesta e quindi decidere con gli stessi poteri attribuiti dall' articolo 292 cod. proc. penumero al primo Giudice». Si impone, pertanto, l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza che si atterrà al principia sopra indicato. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Potenza competente ai sensi dell 'articolo 309, comma 7, cod. proc. pen .