Ove non ricorra il caso limite della lesione del decoro, della reputazione o dell’onore della persona e si integri il collegamento con un evento svoltosi in pubblico può escludersi che operi la deroga legale al divieto di riproduzione dell’immagine allorché alla circostanza soggettiva della minore età della persona si accompagni quella, oggettiva, della non casualità della ripresa, espressamente diretta a polarizzare l’attenzione sull’identità del minore e sulla sua riconoscibilità.
Ad affermarlo è la Corte di Cassazione, III Sez. civile, numero 2978 pubblicata in data 01/02/2024. I l Tribunale di Roma ha rigettato la domanda proposta da Tizio e Caio in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore Mevio, avente ad oggetto, oltre all'inibizione della continuazione dell'illecito, il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da questo subìti in conseguenza della non autorizzata pubblicazione della sua immagine dopo essere stato casualmente ripreso nel corso di un servizio di telegiornale della RAI effettuato in occasione dell'arresto di un latitante e successivamente diffuso mediante il mezzo televisivo e le piattaforme digitali. Il Tribunale ha rigettato la domanda risarcitoria sulla base di una duplice ratio decidendi. In primo luogo, ha escluso la stessa sussistenza dell'illecito, sul rilievo che, pur mancando il consenso dei genitori alla pubblicazione dell'immagine del minore, tuttavia ricorresse una delle ipotesi eccezionali di cui all'articolo 97, primo comma. In secondo luogo, il giudice del merito, ha escluso, la sussistenza di conseguenze dannose, sia non patrimoniali che patrimoniali, osservando, quanto alle prime, che era rimasta sfornita di prova la deduzione attorea secondo cui, a causa dell'accostamento della sua immagine a quella di un delinquente, il minore era stato etichettato come tale nell'ambito dell'ambiente scolastico, con pregiudizio del suo rendimento e rilevando, con riguardo alle seconde, la non configurabilità, nella fattispecie, di un pregiudizio correlato allo sfruttamento dell'immagine. Mevio ha proposto ricorso per cassazione a mezzo del proprio difensore. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso condannando quest'ultimo a rimborsare alla società controricorrente RAI radiotelevisione italiana s.p.a. le spese del giudizio di legittimità. Il ricorrente sosteneva che la pubblicazione dell'immagine sarebbe stata illecita, sia perché sarebbe stata compiuta in pregiudizio all'onore, alla reputazione e al decoro della persona ritratta sia per l'avvenuta polarizzazione dell'attenzione sull'identità e riconoscibilità di un soggetto minorenne, indebitamente accostato ad un delinquente. Per la Cassazione tale motivo è inammissibile considerato che il diritto all'immagine è tutelato nel nostro ordinamento nel codice civile articolo 10 e nella legge numero 633 del 1941 sulla protezione del diritto d'autore articolo 96 e 97 , che detta il completamento della disciplina codicistica. Dal combinato disposto della disposizione del Codice civile e delle disposizioni della legge speciale, si desume la regola che pone il divieto di esporre o pubblicare l'immagine di una persona. Il divieto non è assoluto nell'ipotesi in cui l'esposizione o la pubblicazione non rechi pregiudizio all'onore, al decoro o alla reputazione della persona ritratta, perché in questa ipotesi l'esposizione o la pubblicazione è eccezionalmente ammessa quando sussista il consenso della persona medesima o quando ricorra una delle fattispecie tassativamente stabilite dalla legge in deroga al divieto stesso. Il divieto è, invece, assoluto nella contraria ipotesi in cui l'esposizione o la pubblicazione rechi pregiudizio all'onore, al decoro o alla reputazione della persona ritratta, perché in questa ipotesi l'esigenza del rispetto dell'intimità della persona prevale sull'esigenza sociale di pubblica conoscenza della sua immagine, sicché non sono ammesse deroghe al divieto di divulgazione. Il diritto all'immagine ha un duplice contenuto, negativo e positivo. Con riguardo al contenuto negativo, per il riconoscimento della risarcibilità del pregiudizio economico rappresentato dalla perdita del corrispettivo dell'utilizzazione della propria immagine a fini pubblicitari, così autorizzandosi la dottrina a ritenere esistente, anche nel nostro ordinamento, la figura, di derivazione americana, del right of publicity. In tema di informazione fornita con il servizio televisivo e con specifico riguardo al caso di diffusione dell'immagine di persone riprese di nascosto è stato ripetutamente affermato che la presenza delle condizioni legittimanti l'esercizio del diritto di cronaca non implica, di per sé, la legittimità della pubblicazione o diffusione anche dell'immagine delle persone coinvolte, la cui liceità è subordinata, oltre che al rispetto delle prescrizioni contenute negli articolo 10 cod. civ., 96 e 97 della legge numero 633 del 1941, anche all'osservanza di quelle contenute nell'articolo 137 del d.lgs. numero 196 del 2003 e nell'articolo 8 del codice deontologico dei giornalisti, nonché alla verifica in concreto della sussistenza di uno specifico ed autonomo interesse pubblico alla conoscenza delle fattezze dei protagonisti della vicenda narrata, nell'ottica della essenzialità di tale divulgazione ai fini della completezza e correttezza della informazione fornita. L'esigenza di protezione della sfera privata rispetto a quella di tutela dell'interesse pubblico alla diffusione della sua immagine assume particolare preminenza nell'ipotesi in cui si tratti di persona minore d'età. Con riferimento a tale fattispecie la Corte ha affermato che anche quando non ricorra il caso limite della lesione del decoro, della reputazione o dell'onore della persona e si integri, al contrario, in astratto, una delle fattispecie in particolare il collegamento con un evento di interesse pubblico o comunque svoltosi in pubblico può escludersi che operi, in concreto, la deroga legale al divieto di riproduzione dell'immagine prevista dalla stessa norma, allorché della non casualità della ripresa, espressamente diretta a polarizzare l'attenzione sull'identità del minore e sulla sua riconoscibilità. La pubblicazione dell'immagine sarebbe stata compiuta in pregiudizio all'onore, alla reputazione e al decoro della persona minorenne e con l'intento di polarizzare l'attenzione sulla sua identità e riconoscibilità, il motivo di ricorso in esame, in base alla formale intestazione, non denuncia un error in iudicando ma tende a suscitare dalla Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello motivatamente formulato dal Tribunale nel rispetto dei principi di diritto applicabili alla fattispecie. Pertanto, anche tale motivo di ricorso è stato dichiarato inammissibile.
Presidente Travaglino – Relatore Spaziani Fatti di causa 1. Con sentenza 12 luglio 2022, numero 11113, il Tribunale di Roma ha rigettato la domanda proposta da Re.Do. e Po.Ma., in qualità di genitori esercenti la responsabilità genitoriale sul minore Re.Gi., avente ad oggetto, oltre all'inibizione della continuazione dell'illecito, il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali da quegli subiti in conseguenza della non autorizzata pubblicazione della sua immagine dopo essere stato casualmente ripreso nel corso di un servizio di telegiornale effettuato in occasione dell'arresto di un latitante e successivamente diffuso mediante il mezzo televisivo e le piattaforme digitali. 2. Il Tribunale, pronunciando nel contraddittorio con il danneggiato, costituitosi personalmente in giudizio al raggiungimento della maggiore età, pur dando atto che nella citazione si faceva riferimento al diritto all'immagine come espressione della riservatezza p. 5 della sentenza impugnata - e pur qualificando, dunque, la domanda, come domanda di risarcimento del danno per lesione dei detti diritti della personalità, e non per illecito trattamento di dati personali - ha nondimeno ordinato il mutamento di rito, ai sensi dell'articolo 10 del D.Lgs.numero 150 del 2011, disponendo procedersi con il rito speciale previsto per le controversie di cui all'articolo 152 del D.Lgs.numero 196 del 2003, il quale, tra l'altro, non prevede la ricorribilità in appello. Nel merito, il Tribunale, ritenuto di non dover provvedere sull'istanza di inibitoria sul rilievo che non sarebbero state contestate, dalla parte attrice, le deduzioni svolte dalla convenuta in ordine all'avvenuta rimozione delle immagini da ogni piattaforma riferibile alla RAI , ha rigettato la domanda risarcitoria sulla base di una duplice ratio decidendi. In primo luogo, ha escluso la stessa sussistenza dell'illecito, sul rilievo che, pur mancando il consenso dei genitori alla pubblicazione dell'immagine del minore, ai sensi dell'articolo 96 della legge numero 633 del 1941, tuttavia ricorresse una delle ipotesi eccezionali di cui all'articolo 97, primo comma, stessa legge, avuto riguardo, per un verso, al contenuto delle immagini divulgate, collegate ad un'esigenza informativa correlabile al diritto di cronaca, in quanto dirette a rappresentare l'arresto in diretta di un latitante, effettuato dalle forze dell'ordine sulla strada pubblica e considerato, per altro verso, il carattere del tutto occasionale della presenza, nel servizio di informazione televisiva, dell'immagine del ragazzo, il quale si era venuto a trovare casualmente sulla strada al momento dell'arresto del latitante ed era stato quindi ripreso dalle telecamere unitamente ad una massa indistinta di persone, senza alcuna volontà di polarizzare l'attenzione sulla sua identità e sulla sua riconoscibilità. In secondo luogo, il giudice del merito, ha escluso, in ogni caso, la sussistenza di conseguenze dannose, sia non patrimoniali che patrimoniali, osservando, quanto alle prime, che era rimasta sfornita di prova la deduzione attorea secondo cui, a causa dell'accostamento della sua immagine a quella di un delinquente, il minore era stato etichettato come tale nell'ambito dell'ambiente scolastico, con pregiudizio del suo rendimento e rilevando, con riguardo alle seconde, la non configurabilità, nella fattispecie, di un pregiudizio correlato allo sfruttamento dell'immagine. 3. Propone ricorso per cassazione Re.Gi. sulla base di tre motivi. Risponde con controricorso la RAI - Radiotelevisione Italia Spa. La trattazione del ricorso è stata fissata in adunanza camerale, ai sensi dell'articolo 380-bis.1 cod. proc. civ Il Procuratore Generale non ha depositato conclusioni scritte. Entrambe le parti hanno depositato memoria. Ragioni della decisione 1. Con il primo motivo viene denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 10 D.Lgs. 150/2021 in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 . Il ricorrente deduce che il Tribunale, pur riconoscendo che nell'atto di citazione si lamentava, non già la violazione del diritto alla protezione dei dati personali mediante l'illecita diffusione di essi, bensì la lesione dei diritti all'immagine e alla riservatezza, avrebbe tuttavia nondimeno disposto il mutamento di rito ai sensi dell'articolo 10 del D.Lgs.numero 150 del 2011 ed ordinato procedersi con il rito speciale lavoristico previsto per le controversie di cui all'articolo 152 del D.Lgs. numero 196/2003, sul presupposto che, nella comparsa di costituzione della RAI, si faceva invece riferimento alla capacità del minore di prestare consenso al trattamento dei propri dati personali. Sostiene, dunque, il ricorrente che il mutamento di rito sarebbe stato erroneamente disposto, non già sulla base delle richieste formulate dalla parte attrice, ma sulla base delle difese svolte dalla parte convenuta e non ostante fosse stata proposta una ordinaria domanda risarcitoria. 1.1. Il motivo, censurando l'errore sul rito - in thesi - commesso dal giudice del merito per avere erroneamente adottato un rito diverso da quello previsto dalla legge in relazione al contenuto della domanda proposta, si palesa inammissibile, avuto riguardo al principio generale, desumibile dal consolidato orientamento di questa Corte, secondo cui l'errore sul rito può essere denunciato per cassazione come specifico error in procedendo da cui deriva la nullità del procedimento e della sentenza di merito impugnata soltanto ove sia dedotto e provato che tale errore abbia inciso sul contraddittorio o sull'esercizio del diritto di difesa o abbia comunque provocato alla parte deducente un pregiudizio processuale effettivamente apprezzabile ex multis, Cass. 29/09/2005, numero 19136 Cass. 17/10/2014, numero 22075 Cass. 05/04/2018, numero 8422 . La mancata indicazione dello specifico pregiudizio processuale seguito alla adozione di un rito diverso da quello previsto dalla legge rende invece la doglianza inammissibile per difetto di interesse, poiché l'esattezza del rito non deve essere considerata fine a sé stessa, ma può essere invocata solo per riparare una precisa ed apprezzabile lesione che, in conseguenza del rito seguito, sia stata subìta sul piano pratico processuale Cass., Sez. Unumero , 17/02/2009, numero 3758 . Nel caso di specie, il ricorrente non ha né dedotto né tanto meno provato il pregiudizio effettivo al proprio diritto di difesa che sarebbe seguito dal mutamento di rito erroneamente disposto dal giudice del merito. In proposito, non rileva l'allegazione contenuta solo nella memoria illustrativa, diretta ad identificare il predetto pregiudizio con la negazione della facoltà di proporre appello, atteso che la memoria depositata ai sensi degli articolo 378 e 380-bis.1 cod. proc. civ. non può integrare i motivi del ricorso per cassazione, poiché assolve all'esclusiva funzione di chiarire ed illustrare i motivi di impugnazione che siano già stati ritualmente - ovverosia in maniera completa, compiuta e definitiva - enunciati nell'atto introduttivo del giudizio di legittimità, con il quale si esaurisce il relativo diritto di impugnazione cfr. già, Cass.08/08/1986, numero 5000 più recentemente, Cass.20/12/2016, numero 26332 Cass. 30/03/2023, numero 8949 . Pertanto, il primo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 2. Con il secondo motivo viene denunciata la violazione e/o falsa applicazione degli articolo 96 e 97 l. 633/41 e dell'articolo 137 D.Lgs. 196/2003, in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 . Il ricorrente, ricostruito il quadro normativo desumibile dagli articolo 96 e 97 della legge numero 633 del 1941 e dall'articolo 137 del D.Lgs. numero 196 del 2003 - ed evocate anche le disposizioni di diritto internazionale strumentali alla tutela della riservatezza della persona minore di età contenute negli articolo 3 e 16 della Convenzione di New York del 1989 ratificata con legge numero 176 del 1991 -sostiene che la sentenza impugnata conterrebbe due affermazioni diametralmente opposte p. 17 del ricorso la prima, compiuta reputando che la pubblicazione della sua immagine fosse fondata su una esigenza informativa, ritenuta correlabile al diritto di cronaca, emergente dall'intento di mostrare anche la reazione della comunità in cui si trovava il latitante, i cui membri, anziché prendere le distanze dall'arrestato, avrebbero assistito all'arresto e sarebbero persino andati a salutarlo la seconda, compiuta qualificando come casuale la sua presenza in strada ed escludendo che la pubblicazione della sua immagine fosse stata posta in essere con la volontà di polarizzare l'attenzione sulla sua identità e riconoscibilità. Le due affermazioni sarebbero in contrasto in quanto, se l'intento del giornalista fosse stato effettivamente quello di rappresentare un contesto sociale malato nel quale veniva reso omaggio ad un latitante arrestato, a tale intento non avrebbe potuto che corrispondere la volontà di polarizzare l'attenzione anche sull'identità dei soggetti coinvolti e sulla loro riconoscibilità. La pubblicazione dell'immagine sarebbe stata quindi senz'altro illecita, sia perché sarebbe stata compiuta in pregiudizio all'onore, alla reputazione e al decoro della persona ritratta articolo 97, secondo comma, legge numero 633 del 1941 , sia per l'avvenuta polarizzazione dell'attenzione sull'identità e riconoscibilità di un soggetto minorenne, indebitamente accostato ad un delinquente. 2.1. Anche questo motivo è inammissibile. 2.1.a. Il diritto all'immagine è tutelato nel nostro ordinamento nel codice civile articolo 10 e nella legge numero 633 del 1941 sulla protezione del diritto d'autore articolo 96 e 97 , che detta il completamento della disciplina codicistica. Dal combinato disposto della disposizione del codice civile e delle disposizioni della legge speciale, si desume la regola che pone il divieto di esporre o pubblicare l'immagine di una persona. Il divieto non è assoluto nell'ipotesi in cui l'esposizione o la pubblicazione non rechi pregiudizio all'onore, al decoro o alla reputazione della persona ritratta, perché in questa ipotesi l'esposizione o la pubblicazione è eccezionalmente ammessa quando sussista il consenso della persona medesima articolo 96 legge numero 633 del 1941 o quando ricorra una delle fattispecie tassativamente stabilite dalla legge in deroga al divieto stesso notorietà della persona ufficio pubblico da essa ricoperto necessità di giustizia o di polizia sussistenza di scopi scientifici, didattici o culturali collegamento della riproduzione con fatti, avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico articolo 97, primo comma, l. numero 633 del 1941 . Il divieto è, invece, assoluto nella contraria ipotesi in cui l'esposizione o la pubblicazione rechi pregiudizio all'onore, al decoro o alla reputazione della persona ritratta, perché in questa ipotesi l'esigenza del rispetto dell'intimità della persona prevale sull'esigenza sociale di pubblica conoscenza della sua immagine, sicché non sono ammesse deroghe al divieto di divulgazione articolo 97, secondo comma, l. numero 633 del 1941 . 2.1.b. Il diritto all'immagine - configurato in dottrina talora come manifestazione del più ampio diritto alla riservatezza, talaltra come autonomo diritto della personalità - ha un duplice contenuto, negativo e positivo. Sotto il primo profilo, il diritto tutela l'interesse del titolare a che la sua immagine non venga diffusa o esposta in pubblico la correlativa situazione giuridica soggettiva passiva posta in capo alla totalità erga omnes dei consociati consiste in un dovere di astensione. Sotto il secondo profilo, il diritto tutela l'interesse del titolare ad apparire in pubblico nella misura in cui abbia interesse a farlo la correlativa situazione giuridica soggettiva passiva posta in capo alla totalità erga omnes dei consociati consiste in un obbligo di pati. Tanto il primo quanto il secondo aspetto del diritto hanno avuto, nell'elaborazione giurisprudenziale, una rilevante capacità espansiva, evolvendo verso forme di tutela più estese di quelle circoscritte dalle norme di diritto positivo dianzi ricordate. Con riguardo al contenuto positivo del diritto, il crescente riconoscimento sociale della facoltà della persona di apparire in pubblico nella misura in cui abbia interesse a farlo, si è tradotto nel giudizio di meritevolezza di tutela articolo 1322, secondo comma, cod. civ. dell'interesse patrimoniale del soggetto allo sfruttamento commerciale della propria immagine verso un corrispettivo, ponendo le basi, da un lato, per la diffusione del contratto atipico di sponsorizzazione Cass. numero 9880 del 1997 Cass. numero 7083 del 2006 Cass. numero 12801 del 2006 Cass. numero 18218 del 2009 dall'altro lato, per il riconoscimento della risarcibilità del pregiudizio economico rappresentato dalla perdita del corrispettivo dell'utilizzazione della propria immagine a fini pubblicitari Cass. numero 22513 del 2004 Cass. numero 1875 del 2019 , così autorizzandosi la dottrina a ritenere esistente, anche nel nostro ordinamento, la figura, di derivazione americana, del right of publicity. Con particolare riguardo al contenuto negativo del diritto - ovverosia l'aspetto che assume rilievo nella presente sede - deve osservarsi che nella giurisprudenza di questa Corte si è affermato, ed è andato consolidandosi, l'orientamento tendente ad operare una integrazione delle fonti della disciplina del diritto soggettivo in esame, individuandole, non più soltanto nella norma codicistica articolo 10 cod. civ. e nelle disposizioni della legge sul diritto d'autore articolo 96 e 97 della legge numero 633 del 1941 , ma anche nel Codice in materia di protezione dei dati personali D.Lgs.30 giugno 2003, numero 196 . In tema di informazione fornita con il servizio televisivo e con specifico riguardo al caso di diffusione dell'immagine di persone riprese di nascosto è stato, ad es., ripetutamente affermato che la presenza delle condizioni legittimanti l'esercizio del diritto di cronaca non implica, di per sé, la legittimità della pubblicazione o diffusione anche dell'immagine delle persone coinvolte, la cui liceità è subordinata, oltre che al rispetto delle prescrizioni contenute negli articolo 10 cod. civ., 96 e 97 della legge numero 633 del 1941, anche all'osservanza di quelle contenute nell'articolo 137 del D.Lgs. numero 196 del 2003 e nell'articolo 8 del codice deontologico dei giornalisti, nonché alla verifica in concreto della sussistenza di uno specifico ed autonomo interesse pubblico alla conoscenza delle fattezze dei protagonisti della vicenda narrata, nell'ottica della essenzialità di tale divulgazione ai fini della completezza e correttezza della informazione fornita Cass. numero 15360 del 2015 Cass. numero 18006 del 2018 . Sempre in tema di attività giornalistica con riguardo alla fattispecie di pubblicazione su quotidiano di fotografia di persona in stato di detenzione è stato inoltre statuito che la pubblicazione è legittima se sia rispettosa, oltre che dei limiti, fissati dagli articolo 20 e 25 della legge numero 675 del 1996 ratione temporis applicabili e, comunque, riprodotti nell'articolo 137 del D.Lgs. numero 196 del 2003, di essenzialità per illustrare il contenuto della notizia e quelli dell'esercizio del diritto di cronaca, anche delle particolari cautele imposte a tutela della persona ritratta, previste dall'articolo 8 del codice deontologico dei giornalisti, che costituisce fonte normativa integrativa si è inoltre puntualizzato che l'osservanza dei suddetti limiti va accertata con maggior rigore rispetto alla semplice pubblicazione della notizia, per la maggiore potenzialità lesiva dello strumento visivo e la maggiore idoneità ad una diffusione decontestualizzata e insuscettibile di controllo da parte della persona ritratta Cass. numero 12834 del 2014 . 2.1.c. Il consolidarsi dell'orientamento giurisprudenziale tendente ad integrare le fonti regolatrici del diritto della personalità in esame, si è tradotto nel riconoscimento di una sua maggiore estensione e di una più penetrante e satisfattiva protezione in sede giudiziaria, comportando implicazioni sul giudizio di comparazione tra l'esigenza di tutela dell'interesse della persona a non veder diffusa o esposta in pubblico la propria immagine e l'esigenza di tutela del contrario interesse sociale di pubblica conoscenza dell'immagine medesima, che giustifica la deroga al divieto di esposizione o pubblicazione nelle specifiche ipotesi tassativamente indicate dalla legge. L'individuazione della fonte regolatrice del diritto anche nelle norme del codice della privacy, implica, infatti, che nel giudizio di bilanciamento assuma un peso maggiore l'esigenza di protezione della sfera privata della persona rispetto alla contraria esigenza di consentirne l'esposizione e la diffusione dell'immagine in quelle tassative fattispecie in cui - escluso comunque il pregiudizio all'onore, al decoro o alla reputazione - sussista un interesse generale a renderla pubblica. 2.1.d. L'esigenza di protezione della sfera privata rispetto a quella di tutela dell'interesse pubblico alla diffusione della sua immagine assume particolare preminenza nell'ipotesi in cui si tratti di persona minore d'età. Con riferimento a tale fattispecie, questa Corte ha infatti affermato che anche quando non ricorra il caso limite della lesione del decoro, della reputazione o dell'onore della persona di cui all'articolo 97, secondo comma, della legge numero 633 del 1941 e si integri, al contrario, in astratto, una delle fattispecie in particolare il collegamento con un evento di interesse pubblico o comunque svoltosi in pubblico indicate dal primo comma della detta disposizione, può nondimeno escludersi che operi, in concreto, la deroga legale al divieto di riproduzione dell'immagine prevista dalla stessa norma, allorché alla circostanza soggettiva della minore età della persona si accompagni quella, oggettiva, della non casualità della ripresa, espressamente diretta a polarizzare l'attenzione sull'identità del minore e sulla sua riconoscibilità Cass. 13/05/2020, numero 8880 . 2.1.e. Nella vicenda in esame, il Tribunale ha debitamente tenuto conto delle fonti regolatrici del diritto e dei limiti del divieto di pubblicazione dell'immagine della persona e ha debitamente svolto l'accertamento di merito alla luce degli illustrati principi di diritto. Il giudice del merito, infatti, ha accertato, per un verso, la sussistenza di una delle tassative ipotesi in cui la pubblicazione dell'immagine della persona è consentita dalla legge a prescindere dal suo consenso, in quanto giustificata dal suo collegamento con un evento - l'arresto di un latitante nell'ambito del contesto sociale in cui si era nascosto - connotato dall'interesse pubblico all'informazione e, per di più, svoltosi in luogo pubblico per altro verso, l'insussistenza delle circostanze obiettive che avrebbero escluso la liceità della pubblicazione dell'immagine di una persona minore di età, la quale era stata ripresa nell'ambito di un servizio di cronaca televisiva in modo del tutto casuale, all'interno di una massa indistinta di persone, senza alcun intento di renderla identificabile o riconoscibile da parte di chi avesse veduto il filmato. Nell'obiettare a tale motivato accertamento l'opposto rilievo che, al contrario, la pubblicazione dell'immagine sarebbe stata compiuta in pregiudizio all'onore, alla reputazione e al decoro della persona minorenne e con l'intento di polarizzare l'attenzione sulla sua identità e riconoscibilità, il motivo di ricorso in esame, ad onta della formale intestazione, non denuncia un error in iudicando ma tende a suscitare dalla Corte di legittimità un nuovo giudizio di merito in contrapposizione a quello motivatamente formulato dal Tribunale nel rispetto dei principi di diritto applicabili alla fattispecie. Pertanto, anche il secondo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile. 3. Con il terzo motivo viene denunciata la violazione e/o falsa applicazione dell'art, degli articolo 10,2043,2059 e 2697 c.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., comma 1, numero 3 . Il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere escluso la prova del danno non patrimoniale e sostiene che, essendo stati da lui indicati chiaramente gli elementi indiziari di tale pregiudizio con particolare riferimento al contesto sociale in cui egli viveva e all'ampia ampia diffusione del servizio giornalistico , il Tribunale avrebbe dovuto fare ricorso alla prova presuntiva del turbamento dell'animo p.22 del ricorso . 3.1. Anche questo motivo è inammissibile, non solo perché diretto a censurare un motivato giudizio di merito, non sindacabile in sede di legittimità, ma anche - prima ancora - per difetto di interesse invero, all'esito della reiezione del secondo motivo di ricorso, ha trovato conferma definitiva la statuizione del Tribunale diretta ad escludere il carattere illecito della pubblicazione, per modo che non assume rilevanza il giudizio sulla sussistenza del danno. 4. In definitiva, il ricorso proposto da Re.Gi. deve essere dichiarato inammissibile. 5. Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo. 8. Avuto riguardo al tenore della pronuncia, va dato atto - ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del D.P.R. numero 115 del 2002 - della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell'impugnazione, se dovuto. P.Q.M. La Corte dichiara inammissibile il ricorso condanna il ricorrente a rimborsare alla società controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida, in Euro 3.100,00 per compensi, oltre alle spese forfetarie, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge ai sensi dell'articolo 13, comma 1-quater, del d.P.R. numero 115 del 2002, inserito dall'articolo 1, comma 17, della legge numero 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.