La banca cessionaria del mutuo ipotecario può chiedere la restituzione dell’immobile confiscato per reati fiscali?

La cessione di un credito ipotecario dopo la trascrizione di un provvedimento di sequestro o di confisca del bene sottoposto a garanzia, non preclude di per sé l’ammissibilità della ragione creditoria, né tantomeno determina automaticamente uno stato di mala fede in capo al cessionario. Egli deve comunque dimostrare la propria buona fede che consegue alla dimostrazione della buona fede del creditore originario.

Nel 2012 veniva iscritta ipoteca volontaria su un immobile a garanzia di un credito erogato dalla banca. Il bene veniva successivamente sottoposto a sequestro preventivo per reati tributari contestati al debitore. A seguito della condanna, veniva disposta la confisca per equivalente del bene immobile. La banca creditrice cedeva in blocco i crediti in sofferenza ad un diverso istituto bancario che chiedeva dunque la restituzione del bene confiscato. La Corte d'appello di Firenze respingeva la richiesta negando la possibilità di riconoscere tutela al soggetto cessionario del credito , in ragione sia della strumentalità del finanziamento rispetto all'attività illecita, sia all'assenza di dimostrazione della buona fede in capo al creditore originario. L'erogazione del credito era infatti avvenuta a ridosso della commissione delle condotte illecite, in un contesto di attività d'impresa caratterizzato dalla scelta di omettere i dovuti versamenti fiscali da parte dell'imprenditore. Un creditore qualificato, come l'ente bancario, non avrebbe dovuto farsi sfuggire tale realtà. La banca cessionaria del credito ha proposto ricorso in Cassazione, ma l'impugnazione è stata rigettata. Richiamando le Sezioni Unite sent. n. 29847 del 31 maggio 2018 , il Collegio ricorda che la cessione di un credito ipotecario dopo la trascrizione di un provvedimento di sequestro o di confisca del bene sottoposto a garanzia, non preclude di per sé l'ammissibilità della ragione creditoria, né tantomeno determina automaticamente uno stato di mala fede in capo al terzo cessionario del credito, potendo egli comunque dimostrare la propria buona fede che consegue alla dimostrazione della buona fede del creditore originario. È evidente però che se il cessionario subentra nella medesima condizione giuridica del cedente, viene in rilievo – anche come unica condizione ostativa alla tutela – l'assenza di buona fede del cedente . La Corte ricorda inoltre che la procedura che la parte privata va ad instaurare per ottenere il riconoscimento della opponibilità del credito alla confisca è di natura essenzialmente civilistica , pur inserendosi in un contesto che a monte ha dato luogo all'applicazione di una misura ablativa in ambito penale. Da ciò deriva che la parte istante ha un onere dimostrativo della fondatezza della sua pretesa , come ribadito da questa Corte in numerose decisioni . Ciò posto, nella selezione e articolazione dei dati conoscitivi da porre a sostegno della propria pretesa, la parte privata ha il preciso onere di confrontarsi con le risultanze della procedura che ha dato luogo alla confisca, a lei nota proprio in virtù della avvenuta estinzione del diritto di credito. Se da un lato, pertanto, è evidente che l'ente creditizio non è titolare di autonome prerogative investigative, dall'altro la dimostrazione che deve essere fornita concerne il livello di verifica - realizzata sulla base dei dati disponibili all'epoca - delle caratteristiche soggettive del richiedente l'erogazione del mutuo , in punto di affidabilità e solvibilità derivante dalla capacità produttiva di un reddito lecito. Non può, in altre parole, la dimostrazione fondarsi sulla idoneità della garanzia reale e dunque sul valore dell'immobile offerto in garanzia posto che tale dato non assicura affatto che attraverso l'erogazione del finanziamento non si realizzi un fenomeno di sostanziale ripulitura di capitali di provenienza illecita utilizzati al fine di sostenere le obbligazioni nascenti dal contratto . In conclusione, il ricorso viene rigettato non avendo la società ricorrente adeguatamente contraddetto gli indicatori evidenziati dal giudice dell'esecuzione sull'assenza di buona fede del cedente.

Presidente Santalucia – Relatore Magi In fatto e in diritto 1. Con ordinanza resa in data 27 maggio 2022 la Corte di Appello di Firenze - quale giudice della esecuzione - ha respinto la richiesta introdotta da omissis Spa, relativa alla tutela di un credito vantato da omissis srl nei confronti di G.E 1.2 Va precisato, in riferimento alla sottostante vicenda processuale che a in data 13 giugno 2012 è stata iscritta ipoteca volontaria su un immobile sito in Camaiore di proprietà di G.E., a garanzia di un credito erogato da Banca Versilia Lunigiana e Garfagnana b il bene oggetto della garanzia ipotecaria è stato sottoposto a sequestro preventivo in data 29 marzo 2013 nei confronti di G.E., per reati tributari omesso versamento IVA risalenti al 2010 e 2011 c in sede di giudizio penale, nel 2017, è stata affermata la responsabilità di G.E. ed è stata disposta confisca per equivalente del bene immobile d in data 7 dicembre 2018 è stato stipulato contratto di cessione dei crediti in sofferenza, 'in blocco', per cui omissis è divenuta cessionaria anche in rapporto al credito erogato nei confronti di G.E. 1.3 Ciò posto, secondo la Corte di Appello non può offrirsi tutela al soggetto cessionario, in ragione della strumentalità del finanziamento alla attività illecita, cui si unisce l'assenza di dimostrazione della buona fede tanto del creditore originario che del soggetto subentrato nella titolarità della posizione creditoria. 1.4 In particolare, viene evidenziato che a l'originaria erogazione del credito è avvenuta a ridosso della commissione delle condotte illecite, in un contesto di attività di impresa caratterizzato dalla scelta di omettere i dovuti versamenti in favore dell'erario b tale realtà non sarebbe dovuta sfuggire a uri creditore qualificato come l'ente bancario che ebbe ad erogare il credito, per cospicuo importo, con lacunosa istruttoria, anche in rapporto alle condizioni finanziarie delle società all'epoca amministrate da G.E. c la cessione è, in ogni caso, avvenuta dopo il sequestro del bene immobile offerto in garanzia. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione - nelle forme di legge - omissis spa, quale nuova procuratrice di omissis srl cessionario del credito . Il ricorso è affidato a due motivi. 2.1 Al primo motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento al mancato riconoscimento della condizione di buona fede in capo all'originario creditore. Si sostiene, da parte della società ricorrente, che la confisca per equivalente non rientra nella sfera di applicabilità della particolare disciplina - applicata dalla Corte di Appello - di cui agli artt. 52 e ss. d.lgs. numero 159 del 2011 . In ogni caso si evidenzia che il creditore originario non aveva, né poteva avere, contezza della attività illecita realizzata da G.E Gli indicatori utilizzati dalla Corte fiorentina sono, in tesi, non pertinenti e inadeguati. Era stata verificata la solvibilità dei debitori e la idoneità del bene ad essere offerto in garanzia del credito, con assunzione dell'ordinario rischio di impresa. 2.2 Al secondo motivo si deduce erronea applicazione di legge in riferimento al mancato riconoscimento della condizione di buona fede in capo al cessionario. Si afferma che le statuizioni della Corte di Appello sono elusive dei principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite nel noto arresto del 2018 sul tema della cessione in blocco dei crediti. Non poteva dedursi, in particolare, l'assenza di buona fede solo in riferimento alla anteriorità del sequestro preventivo rispetto alla cessione. 3. Il ricorso è infondato, per le ragioni che seguono. 3.1 Va, in premessa, evidenziato che correttamente - sulla base della prevalente interpretazione giurisprudenziale - il giudice della esecuzione ha fatto applicazione della disposizione di legge di cui all' art. 52 d.lgs. numero 159 del 2011 v. Sez. III numero 38608 del 18.4.2019, rv 277159 anche nella ipotesi in cui il provvedimento di confisca del bene oggetto di garanzia sia stato emesso 'per equivalente'. 3.2 In secondo luogo, ad essere infondato è il primo motivo di ricorso, avendo correttamente e senza vizi logici escluso, il giudice della esecuzione, la buona fede del soggetto che ha erogato il credito. Ciò è sufficiente a determinare il rigetto della domanda e, dunque, dell'odierno ricorso. 3.3 Sul tema della tutela del credito oggetto di cessione in epoca posteriore al sequestro preventivo come è nel caso in esame sono intervenute le Sezioni Unite di questa Corte con la decisione numero 29847 del 31.5.2018. Come è noto, in detta decisione si è affermato che la cessione di un credito ipotecario, precedentemente insorto, successiva alla trascrizione di un provvedimento di sequestro o di confisca del bene sottoposto a garanzia, non preclude di per sé l'ammissibilità della ragione creditoria, né determina automaticamente uno stato di mala fede in capo al terzo cessionario del credito, potendo quest'ultimo dimostrare la propria buona fede così la massima rv 272978 . Le argomentazioni esposte in detto arresto sono così riassumibili a la tutela del credito inciso, nella sua possibilità di soddisfacimento, dalla confisca di prevenzione deriva, in prima considerazione, dai caratteri della operazione di finanziamento che ha 'generato' il diritto di credito correlato al bene confiscato b il fenomeno successorio del credito non comporta, sul piano civilistico, una novazione in senso tecnico [ ] la novazione è invero descritta dall' art. 1230 cod. civ. quale estinzione dell'obbligazione originaria a seguito della sostituzione della stessa, ad opera delle parti, con una nuova obbligazione avente oggetto o titolo diverso, accompagnata dall'inequivoca manifestazione della volontà di estinguere l'obbligazione precedente. Tanto non si verifica nell'ipotesi della cessione del credito, nella quale, come disposto dall' art. 1263, comma 1, cod. civ. , il credito ceduto è trasferito al cessionario con i privilegi, le garanzie personali e reali e gli altri accessori e quindi, come precisato dalla giurisprudenza civilistica di legittimità, con tutte le utilità che il creditore può trarre dall'esercizio del diritto ceduto, intendendosi come tale ogni situazione direttamente collegata con il diritto stesso e che, in quanto priva di profili di autonomia, integri il suo contenuto economico o ne specifichi la funzione Sez. 1 civ., numero 2978 del 16/02/2016, Rv. 638677 . In conseguenza di ciò, la cessione del credito, secondo i principi pure affermati dalla Corte Suprema in sede civile, ha efficacia meramente derivativa ad essere sostituito è solo il creditore originario, al quale il cessionario subentra nella stessa posizione giuridica [ ] c da tale considerazione deriva che [ ] la ricostruzione della cessione del credito quale trasferimento al creditore cessionario delle garanzie reali e di tutti gli accessori del credito, nell'ampio significato in precedenza specificato per tale definizione, implica che il cessionario, subentrando nella stessa posizione giuridica del cedente, assume la titolarità del credito anche nella possibilità di far valere le condizioni, a quel credito afferenti, per l'ammissione dello stesso al riparto in caso di confisca del bene oggetto del diritto di garanzia associato al credito [ ] d dunque, sul piano della disciplina applicabile, ne deriva ulteriormente che [ ] nel caso in cui il credito sia ceduto in epoca posteriore alla trascrizione elei sequestro, il creditore cessionario può comunque avvalersi, per quanto detto in precedenza, della condizione di buona fede sussistente in questi termini in capo al creditore originario al quale è subentrato nella stessa posizione [ ]. In tal senso è ammessa la produzione di elementi tesi a dimostrare, in caso di strumentalità del credito alla prosecuzione dell'attività illecita, la buona fede del creditore originario [ ] la condizione della buona fede del creditore sull'assenza di strumentalità all'attività illecita deve sussistere all'epoca della costituzione del credito e in capo al creditore originario [ ] e una volta dimostrata la buona fede del creditore originario, il creditore è ammesso a dimostrare la 'propria' buona fede, intesa come mancanza di accordi fraudolenti con il proposto. 3.4 Dunque è evidente che se il cessionario subentra nella medesima 'condizione giuridica' del cedente, viene in rilievo - anche come unica condizione ostativa alla tutela - l'assenza di buona fede del cedente. Va dunque ricordato che la procedura che la parte privata va ad instaurare per ottenere il riconoscimento della opponibilità del credito alla confisca è di natura essenzialmente civilistica, pur inserendosi in un contesto che a monte ha dato luogo alla applicazione di una misura ablativa in ambito penale. Da ciò deriva che la parte istante ha un onere dimostrativo della fondatezza della sua pretesa, come ribadito da questa Corte in numerose decisioni. Il legislatore, in virtù della accertata nel procedimento che ha dato luogo alla confisca pericolosità soggettiva del soggetto cui è riferibile il bene confiscato, realizza infatti una presunzione relativa di strumentalità del credito ricevuto da tale soggetto, specie lì dove la pericolosità e la erogazione del credito siano temporalmente coincidenti. Si tratta di una conseguenza legale del procedimento che ha dato luogo alla confisca come del resto si è ritenuto in costanza delle norme previgenti ed in virtù della richiamata elaborazione giurisprudenziale sul tema, di recente ribadita da Sez. Unumero Civili numero 10532 del 7.5.2013, che conferma la lettura della norma nel senso di permanenza dell'onere probatorio in capo al creditore delle condizioni per l'ammissione al passivo del suo credito e determina ex lege il trasferimento sul creditore di un onere dimostrativo, teso ad invertire la presunzione di cui sopra, che verte, in presenza di detta strumentalità, sulla condizione soggettiva di ignoranza scusabile di tale nesso. 3.5 Ciò posto, nella selezione e articolazione dei dati conoscitivi da porre a sostegno della propria pretesa, la parte privata ha il preciso onere di confrontarsi con le risultanze della procedura che ha dato luogo alla confisca, a lei nota proprio in virtù della avvenuta estinzione del diritto di credito. Se da un lato, pertanto, è evidente che l'ente creditizio non è titolare di autonome prerogative investigative, dall'altro la dimostrazione che deve essere fornita concerne il livello di verifica - realizzata sulla base dei dati disponibili all'epoca - delle caratteristiche soggettive del richiedente l'erogazione del mutuo, in punto di affidabilità e solvibilità derivante dalla capacità produttiva di un reddito lecito. Non può, in altre parole, la dimostrazione fondarsi sulla idoneità della garanzia reale e dunque sul valore dell'immobile offerto in garanzia posto che tale dato non assicura affatto che attraverso l'erogazione del finanziamento non si realizzi un fenomeno di sostanziale ripulitura di capitali di provenienza illecita utilizzati al fine di sostenere le obbligazioni nascenti dal contratto. Gli indicatori evidenziati nella decisione impugnata, in tema di assenza di buona fede del cedente, non sono contraddetti in modo efficace dalla società ricorrente, il che determina, per quanto sinora detto, il rigetto del ricorso, con condanna al pagamento delle spese processuali. P.Q.M. Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali.