La prova della buona fede del terzo nell’ammissione al passivo di un credito sorto antecedentemente alla confisca preventiva

In tema di ammissione allo stato passivo di un credito sorto anteriormente alla confisca di prevenzione non vi sono limiti probatori in ordine alla dimostrazione della buona fede del creditore, che pertanto, potrà essere riconosciuta anche sulla base di elementi indiziari […]

[…] ed in assenza della documentazione relativa alle verifiche concernenti le condizioni reddituali e patrimoniali del debitore al momento del finanziamento, ove la mancata conservazione di tali documenti sia giustificata dal notevole lasso temporale intercorso tra la chiusura del rapporto e la confisca di prevenzione . Il principio di diritto appena enunciato è stato dichiarato dalla Suprema Corte in una causa avente a oggetto l'impugnazione di un decreto avente e oggetto la confisca di prevenzione di beni sui quali era iscritta ipoteca . Come viene dimostrata la buona fede del terzo creditore? Il Collegio rigetta la tesi del giudice di prime cure secondo cui la buona fede creditoria in caso di domanda di ammissione al passivo , debba essere verificata anzitutto indagando il nesso di strumentalità del credito rispetto all'attività illecita del preposto e, solo successivamente e in base agli esiti pervenuti, verificare gli elementi di buona fede adotti dal creditore cfr. Cass. pen., sez. VI, n. 30153 del 2023 . Il tribunale, basandosi su tale premessa, ha negato la possibilità di verificare la buona fede del creditore poiché non era stata depositata la documentazione sulle verifiche effettuate sia sul reddito sia sulle disponibilità economiche del soggetto richiedente il finanziamento. Nel confutare questa ricostruzione il Collegio prende le mosse dall' art. 52 d. lgs. n. 159 del 2011 il quale non pone limiti probatori specifici al soggetto terzo che vuole dimostrare la propria buona fede. Per cui, nel caso di specie, a fronte di un credito accertato definitivamente nel 1985, non è possibile valutare la buona fede solo prendendo in considerazione la mancata conservazione della documentazione riguardante la fase genetica del rapporto anche perché il rapporto stesso è definitivamente concluso. Continua la Corte che nel caso di ammissione al passivo di un credito che deriva da un contratto di finanziamento bancario, è elemento per valutare la mancanza della buona fede del creditore l'omesso deposito in giudizio delle delibere dell'istituto di credito con cui è stato concesso il prestito cfr. Cass. pen., sez. II, n. 7879 del 2020 , ma occorre comunque una valutazione complessiva delle varie deduzioni addotte dal creditore. Nel caso di specie, la parte ricorrente ha dedotto diversi elementi a prova della propria buona fede. Quindi, la prova della buona fede del creditore deve tenere conto di tutti gli elementi potenzialmente rilevanti, dovendosi valorizzare il profilo concernente la distanza temporale tra la manifestazione di pericolosità del debitore all'epoca di concessione del finanziamento . Sotto il profilo degli obblighi di diligenza nella concessione del credito, invece, per poter ammettere il terzo creditore al passivo, quando questi abbia allegato elementi a prova della buona fede, per poterla escludere non è sufficiente il non aver adempiuto agli obblighi di diligenza per incompletezza istruttoria o errata valutazione del merito creditizio. È necessario, affermano i Giudici, che a causa della negligenza non sia stato verificato il nesso di strumentalità del credito concesso rispetto all'attività illecita del prevenuto. Su queste basi il Collegio provvede ad annullare il provvedimento impugnato.

Presidente Villoni – Relatore Di Girolamo Ritenuto in fatto 1. Con l'impugnato decreto, il Tribunale di Napoli, Sezione per le misure di prevenzione, rigettava l'istanza avanzata dalla omissis s.p.a. di ammissione al passivo dei crediti, riconosciuti con decreti ingiuntivi nn. 277 e 278 del 1985, con ipoteca iscritta sui beni oggetto di confisca di prevenzione nel procedimento a carico di R. R. B 2. Avverso il decreto di rigetto, la ricorrente ha formulato due motivi di impugnazione. 2.1. Con il primo motivo, deduce la violazione dell' art. 52 d.lgs. n. 159 del 2011 nella parte in cui il Tribunale ha escluso la buona fede dell'originario creditore. A tale conclusione il Tribunale è giunto omettendo di valorizzare il fatto che i crediti per i quali si procede risalgono ad epoca anteriore agli anni 1984-85 e che fin dal 1985 l'originario creditore si era munito di titolo decreti ingiuntivi per l'iscrizione di ipoteca, rinnovata nel 2005. Precisa il ricorrente di non aver contestato che i crediti potessero esser stati strumentali all'attività illecita del debitore, tuttavia sussisteva il requisito della buona fede del creditore, non fosse altro per il notevolissimo lasso temporale intercorso tra la concessione dei crediti e le prime emergenze idonee a far conoscere l'attività illecita cui il debitore era dedito la prima sentenza di condanna risale al 2003 e la richiesta di misura di prevenzione è datata 2004, con decreto di applicazione divenuto definitivo solo nel 2016 . Aggiunge il ricorrente che il Tribunale aveva erroneamente posto a fondamento della decisione l'omessa dimostrazione della buona fede conseguente alla mancata produzione di documentazione attestante le verifiche effettuate all'epoca di concessione del credito. Ove si consideri, infatti, l'ampio lasso temporale intercorso tra l'apertura del credito, le prime condanne e richieste di misura di prevenzione, risulta assolutamente inesigibile l'onere di conservazione della documentazione. 2.2. Con il secondo motivo, deduce la violazione dell' art. 52 d.lgs. n. 159 del 2011 sottolineando come i crediti in questione erano stati oggetto di cosiddetta cessione in blocco in epoca precedente 2001 non solo all'adozione della misura di prevenzione 2016 , ma financo della sua richiesta 2004 , il che comporta che, essendo il momento del trasferimento della garanzia precedente alla confisca, il cessionario doveva dimostrare unicamente la buona fede dell'originario creditore. Considerato in diritto 1. Il ricorso è fondato. 2. La questione oggetto del primo motivo di ricorso è essenzialmente incentrata sulla legittimità o meno del criterio di valutazione della buona fede del creditore. Il Tribunale, applicando principi giurisprudenziali consolidati, ha ribadito che in tema di misure di prevenzione patrimoniali, qualora venga presentata domanda di ammissione allo stato passivo da parte del terzo creditore, si deve procedere a verificare in primis il nesso di strumentalità del credito rispetto all'attività illecita del proposto e, solo all'esito, gli elementi dimostrativi di buona fede addotti dal creditore da ultimo, Sez. 6, n. 30153 del 28/5/2023, Banca IFIS spa, Rv. 285079 . Sulla base di tale premessa, il Tribunale ha escluso la possibilità stessa di verificare la buona fede del creditore, stante l'omesso deposito della documentazione attestante le verifiche svolte sulle condizioni reddituali e sulle disponibilità economiche del soggetto cui venne concesso il credito. La difesa della società ricorrente, tuttavia, ha eccepito che non sia esigibile la richiesta produzione documentale a fronte di un credito che, fin dal 1985, era definitivamente cristallizzato per effetto dell'emissione di due decreti ingiuntivi. Al contempo, la ricorrente ha fornito una pluralità di elementi indiziari idonei a dimostrare l'esistenza della buona fede, evidenziando come il credito era sorto in epoca notevolmente antecedente l'emersione del coinvolgimento in attività illecite da parte del debitore, che le prime condanne erano intervenute solo a distanza di anni dall'emissione del decreto ingiuntivo e che la stessa misura di prevenzione era stata richiesta solo nel 2004. 2.1. Orbene, a fronte della peculiarità della vicenda in esame, ritiene la Corte che sia errata in diritto la tesi secondo cui la buona fede possa essere dimostrata unicamente mediante la dimostrazione dell'iter che ha condotto alla concessione del finanziamento. Invero, l'art. 52, d.lgs. 6 settembre 2011, n. d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159 non pone limiti probatori specifici al terzo che intenda dimostrare la propria buona fede, tant'è che lo stesso comma 3 indica, in maniera non tassativa, una pluralità di elementi di valutazione. Quanto detto consente di affermare che, a fronte di un credito accertato in via definitiva nel 1985, non è consentito valutare la buona fede basandosi esclusivamente sulla mancata conservazione della documentazione concernente la fase genetica del rapporto. A tal riguardo, infatti, il Tribunale avrebbe dovuto valutare il fatto che, una volta chiuso il rapporto ed ottenuto il decreto ingiuntivo, difettava in capo al creditore un reale interesse a conservare la documentazione relativa al momento genetico del rapporto, essendo questo definitivamente concluso. Del resto, diversamente opinando, dovrebbe ipotizzarsi un onere temporalmente illimitato di conservazione di documentazione rispetto alla quale, stante l'intervenuta cessazione del rapporto fin dal 1985, il creditore non poteva ragionevolmente ipotizzare alcuna futura utilità. Stante la specificità della fattispecie, pertanto, il Tribunale avrebbe dovuto analiticamente valutare l'epoca in cui il creditore aveva ottenuto i decreti ingiuntivi e l'effettiva sussistenza di elementi, sia pur indiziari, concretamente idonei a far ritenere sussistenza la buona fede. Deve ritenersi, infatti, che ai fini della ammissione allo stato passivo di un credito derivante da un contratto di finanziamento bancario, costituisce elemento di valutazione della mancanza di buona fede del creditore l'omesso deposito in giudizio delle delibere dell'istituto di credito con cui è stato concesso il prestito Sez. 2, n. 7879 del 30/1/2020, Do Valute spa, Rv.278227-02 , ma tale elemento deve essere complessivamente valutato tenendo conto delle ulteriori deduzioni indicate dal creditore. Nel caso di specie, la ricorrente ha indicato specifici elementi - sia pur indiziari - astrattamente idonei a fondare la propria buona fede, segnalando che solo a distanza di diversi anni dalla chiusura del rapporto erano intervenuti i primi concreti elementi per sospettare della natura illecita delle attività svolte dal debitore. 2.3. La buona fede del creditore presuppone una verifica che tenga conto di tutti gli elementi potenzialmente rilevanti, dovendosi valorizzare il profilo concernente la distanza temporale tra la manifestazione della pericolosità del debitore e l'epoca di concessione del finanziamento, che costituisce uno dei profili che la giurisprudenza valorizza autonomamente ai fini della verifica in ordine alla buona fede del creditore Sez. 6, n. 55715 del 22/11/2017, Banca Popolare di Sondrio spa, Rv. 272232 . Per quanto concerne, invece, lo specifico profilo relativo alla verifica degli obblighi di diligenza nella concessione del credito, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che ai fini dell'ammissione allo stato passivo del terzo creditore, nel caso in cui questi abbia allegato elementi idonei a comprovare, all'atto della erogazione del credito, la propria buona fede, non è sufficiente, ai fini di escludere la stessa, il mancato rispetto degli obblighi di diligenza per l'incompletezza dell'istruttoria o la non corretta valutazione del merito creditizio, ma è necessario che detta negligenza abbia determinato la mancata verifica del nesso di strumentalità del credito concesso rispetto all'attività illecita del prevenuto Sez. 5, n. 12772 del 5/2/2020, MPS spa, Rv. 279024 . La giurisprudenza, pertanto, non pone limiti specifici all'accertamento della buona fede, evidenziando come - di norma - le verifiche preliminari al riconoscimento del finanziamento abbiano natura dirimente senza, tuttavia, introdurre alcun automatismo tra l'omessa o carente istruttoria e l'esclusione della buona fede. In conclusione, quindi, deve affermarsi il principio secondo cui in tema di ammissione allo stato passivo di un credito sorto anteriormente alla confisca di prevenzione non vi sono limiti probatori in ordine alla dimostrazione della buona fede del creditore che, pertanto, potrà essere riconosciuta anche sulla base di elementi indiziari ed in assenza della documentazione relativa alle verifiche concernenti le condizioni reddituali e patrimoniali del debitore al momento del finanziamento, ove la mancata conservazione di tali documenti sia giustificata dal notevole lasso temporale intercorso tra la chiusura del rapporto e la confisca di prevenzione. Quanto detto comporta l'annullamento del provvedimento impugnato, cui consegue l'assorbimento del secondo motivo di ricorso. 3. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso deve essere accolto con conseguente annullamento del decreto impugnato e rinvio al Tribunale di Napoli in diversa composizione Sez. 5, n. 19426 del 20/4/2021, Rv. 281253 . P.Q.M. Annulla il decreto impugnato e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Napoli.