A chi spetta provare il danno per la perdita del rapporto parentale ai fini del risarcimento?

Ci risiamo. Quante volte si è sentito parlare di errori” medici causati da negligenza ed inottemperanza? Quanto dolore per la perdita di un congiunto si riesce davvero a quantificare e risarcire? Quante volte la Cassazione si è ritrovata a dirimere controversie per il risarcimento del danno per la perdita del rapporto parentale?

In seguito alla perdita di un padre, oltre che marito e fratello, a causa di un intervento chirurgico mai effettuato”, moglie, figli e sorella della vittima ricorrono in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni da perdita del congiunto che essi attribuivano all' operato dei medici protagonisti di questa triste vicenda. Il Tribunale di Firenze e la Corte d'appello toscana riconoscevano agli attori sia il danno non patrimoniale iure proprio che quello patrimoniale . L'Azienda ospedaliera non ci sta e ricorre in Cassazione sostenendo che il danno sarebbe stato riconosciuto come se fosse in re ipsa ossia senza che gli eredi abbiano fornito alcuna prova del legame affettivo che li univa al loro congiunto. La doglianza, però, è infondata. Quale deve essere la prova, da parte dei congiunti, del danno conseguenza della perdita del parente? Il Collegio ricorda che l'uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c. , una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del quantum debeatur in tal caso, grava sul convenuto l'onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo Cass. n. 9010/2022 . Ne discende che correttamente i giudici di merito hanno ritenuto di dover presumere l'esistenza di pregiudizi rilevanti , ricavabili dal rapporto di parentela , e va ricordato che si trattava per l'appunto di coniuge, figli e fratelli e dunque di quella categoria di parenti assistiti dalla presunzione iuris tantum di aver patito una conseguenza pregiudizievole a causa del decesso del congiunto, e che competeva dunque alla azienda dimostrare che, a dispetto di quel rapporto di parentela, il decesso del paziente non ha causato nei congiunti che hanno agito in giudizio alcun pregiudizio risarcibile .

Presidente Travaglino – Relatore Cricenti Ritenuto che 1.-Il signor R. G., il giorno omissis , è stato sottoposto a colonoscopia presso l'ambulatorio del Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio di Firenze. L'esame ha evidenziato la presenza di polipi del colon nonché di lesioni dell'intestino che, all'esito dell'esame istologico, risultavano adenomi tubulo villosi intestinali, vale a dire formazioni tumorali. 1.1 Il R. veniva dimesso con il consiglio di ritornare in ospedale qualora avesse riscontrato nuovamente sangue nelle feci. 1.2. Il giorno omissis R. G. si è nuovamente recato al pronto soccorso del Nuovo Ospedale San Giovanni di Dio lamentando dolore addominale ingravescente. Da quel momento egli è stato sottoposto nuovamente ad una colonoscopia, da cui è emersa l'indicazione di un intervento chirurgico che è stato da lì a poco effettuato, ma le condizioni del paziente si sono progressivamente aggravate al punto da determinarne lo spostamento in rianimazione, dove egli è rimasto fino a che, il giorno omissis , è deceduto. 2.-Gli eredi di R. G., ed in particolare la moglie M. C., i figli R. A., R. P. i fratelli R. G. e R. V. nonché la sorella R. C. hanno agito in giudizio, sia in proprio che quali eredi, nei confronti della Azienda sanitaria locale omissis , di seguito Azienda Sanitaria, per ottenere il risarcimento dei danni da perdita del congiunto che essi attribuivano all' operato dei medici intervenuti nella vicenda prima descritta. 3.-Il Tribunale di Firenze, disposta consulenza tecnica, ed istruita altrimenti la causa, ha accolto la domanda riconoscendo agli attori, eredi di R. G., sia il danno non patrimoniale iure proprio che quello patrimoniale, quest'ultimo a favore dei soli R. V. e M. C 3.1. Questa decisione è stata integralmente confermata dalla Corte di appello di Firenze con sentenza resa il 19 agosto 2021. 4.-Avverso tale pronuncia ricorre l'Azienda sanitaria con 8 motivi di censura. Gli eredi di R. G. si sono costituiti con controricorso ed hanno chiesto il rigetto della impugnazione. L'Azienda ha depositato memoria. Considerato che 5. Con il primo motivo si prospetta una violazione degli articoli 2043, 2059 2727, 2728, 2729, 2697 del codice civile . La censura riguarda il capo di sentenza che ha riconosciuto agli eredi del paziente deceduto il danno per la perdita del rapporto parentale con quest'ultimo. La tesi dell'Azienda ricorrente è che il danno sarebbe stato riconosciuto come se fosse in re ipsa ossia senza che gli eredi abbiano fornito alcuna prova del legame affettivo che li univa al loro congiunto. Secondo l'Azienda sanitaria, il danno da perdita del rapporto parentale non può essere desunto dal semplice e solo rapporto di parentela, ma occorre che i congiunti alleghino elementi tali dai quali poter indurre che, dati gli effettivi rapporti esistenti, la perdita del congiunto ha costituito per loro una effettiva sofferenza o comunque un effettivo pregiudizio. 6. Con il secondo motivo si prospetta una violazione dell' articolo 115 del codice di procedura civile e dell'articolo 2697 del codice civile. Sempre in riferimento alla prova del danno da perdita del rapporto parentale, l'azienda ricorrente sostiene che deve ritenersi del tutto infondata l'affermazione contenuta nella sentenza impugnata secondo cui parte attrice avrebbe allegato che, a seguito del decesso del congiunto, sarebbero derivate conseguenze di tipo esistenziale e morale nel nucleo familiare costituito dagli attori. Secondo l'azienda ricorrente l'affermazione è infondata in quanto parte attrice non avrebbe, come detto al motivo precedente, allegato alcunché né le affermazioni fatte nell'atto di citazione, peraltro del tutto generiche, circa le conseguenze della perdita, possono dirsi non contestate dall'azienda, non operando in tal senso il principio di non contestazione. Entrambi i motivi possono essere oggetto di esame congiunto in quanto pongono una medesima questione. Essi sono infondati. E la questione è la seguente quale debba essere la prova, da parte dei congiunti, del danno conseguenza della perdita del parente. Nessuno dubita, e nemmeno i giudici di appello, che non si tratti di un danno in re ipsa, cioè di un danno consistente nella mera lesione dell'interesse protetto, e nessuno dubita che invece la perdita del congiunto è risarcibile nella misura in cui abbia prodotto delle conseguenze pregiudizievoli tra i parenti che agiscono in giudizio. E tuttavia, la prova di tali conseguenze è ricavabile per presunzioni dallo stesso rapporto di parentela secondo un principio di diritto affermato da questa Corte nei seguenti termini < < L'uccisione di una persona fa presumere da sola, ex art. 2727 c.c. , una conseguente sofferenza morale in capo ai genitori, al coniuge, ai figli o ai fratelli della vittima, a nulla rilevando né che la vittima ed il superstite non convivessero, né che fossero distanti circostanze, queste ultime, le quali potranno essere valutate ai fini del quantum debeatur in tal caso, grava sul convenuto l'onere di provare che vittima e superstite fossero tra loro indifferenti o in odio, e che di conseguenza la morte della prima non abbia causato pregiudizi non patrimoniali di sorta al secondo> > Cass. 22937/ 2022 negli stessi termini Cass. 9010/2022 . Ne discende che correttamente i giudici di merito hanno ritenuto di dover presumere l'esistenza di pregiudizi rilevanti, ricavabili dal rapporto di parentela, e va ricordato che si trattava per l'appunto di coniuge, figli e fratelli e dunque di quella categoria di parenti assistiti dalla presunzione iuris tantum di aver patito una conseguenza pregiudizievole a causa del decesso del congiunto, e che competeva dunque alla azienda dimostrare che, a dispetto di quel rapporto di parentela, il decesso del paziente non ha causato nei congiunti che hanno agito in giudizio alcun pregiudizio risarcibile. 7. Con il quarto motivo si prospetta violazione degli articoli 40 e 41 del codice penale , nonché 2043 e 2697 del codice civile. Secondo l'azienda ricorrente il consulente tecnico aveva ritenuto che la morte è intervenuta per una perforazione dell'intestino, causata durante la manovra di colonoscopia, ma che comunque ne era derivato uno stato settico a cui aveva contribuito la condizione di salute in cui da tempo si trovava il paziente. Ed aveva concluso che la causa umana, cioè la condotta dei medici, aveva inciso su tale evento al 50%, mentre il restante 50 era da attribuirsi alla pregressa condizione fisica del paziente. Sostiene l'azienda che, a fronte di tale valutazione, i giudici hanno fatto erronea applicazione della regola di accertamento del nesso causale, ossia della regola del più probabile che no. 8. Con il quinto motivo, che prospetta pure esso violazione delle medesime norme del precedente 41 c.p e 2043, 2697 c.c. , si porta la censura ad ulteriori conseguenze in quanto si contesta la regola utilizzata dalla Corte di merito per valutare il ruolo delle concause naturali nella produzione di un evento. L'azienda ricorrente prende atto dell'orientamento di questa Corte in base al quale le concause naturali non rilevano nell'accertamento della causalità materiale, ma possono incidere sulla determinazione del quantum del risarcimento e contesta questa regola con una serie di argomenti che, in un certo senso, riassumono le critiche di cui è stato fatto oggetto il predetto orientamento. 9. Con il sesto motivo, che denuncia anch'esso violazione degli articoli 40 e 41 del codice penale , oltre che 1223, 1226 del codice civile, si censura la decisione impugnata per non avere, coerentemente con l'orientamento giurisprudenziale, provveduto altresì a ridurre il risarcimento in conseguenza del ruolo svolto dalla concausa naturale. La decisione impugnata ha ritenuto che le pregresse patologie del paziente non fossero tali da portarlo a morte in quanto ciò non emergeva dalla consulenza tecnica, con la conseguenza che quindi quelle pregresse patologie dovevano ritenersi irrilevanti anche sul piano della causalità giuridica, o meglio sul piano della determinazione dell'ammontare del risarcimento. Sostiene l'Azienda ricorrente che invece dalla consulenza tecnica emergeva che quella condizione patologica pregressa era in realtà una causa della morte al 50% e l'altro 50% era da addebitarsi alla condotta dei medici e che dunque i giudici non hanno tenuto conto dell'accertamento fatto dal CTU, o comunque se ne sono discostati immotivatamente. Questi motivi, che pongono una questione comune, possono valutarsi insieme. Come noto è, il principio di diritto è che < < in tema di responsabilità civile, qualora la produzione di un evento dannoso risulti riconducibile alla concomitanza di una condotta umana e di una causa naturale, l'autore del fatto illecito risponde,, in base ai criteri della causalità naturale, di tutti i danni che ne sono derivati, a nulla rilevando che gli stessi siano stati concausati anche da eventi naturali, che possono invece rilevare ai fini della stima del danno causalità giuridica in particolare, in caso di danno alla salute, qualora il danneggiato sia affetto da una patologia invalidante pregressa ed irreversibile, il danno risarcibile deve essere determinato considerando sia la differenza tra lo stato di invalidità complessivamente presentato dal danneggiato dopo il fatto illecito e lo stato patologico pregresso, sia la situazione che si sarebbe determinata se non fosse intervenuto il fatto lesivo imputabile> > . Cass. 27524/ 2017, Cass. 20829/ 2018, ma il leading case è Cass. 15991/ 2011 . Con la conseguenza, dunque, che il quarto ed il quinto motivo devono ritenersi infondati. Essi mirano del resto ad un superamento di questo orientamento a cui, per quanto contro, va senz'altro data continuità. Quanto al sesto motivo, effettivamente il CTU aveva ritenuto che la pregressa malattia era concausa della morte al 50%, e dunque l'affermazione dei giudici di merito, secondo cui invece non era affatto emerso che le condizioni patologiche potevano condurre all'evento, è del tutto immotivata. Non ci sono argomenti che giustificano il dissenso rispetto all'accertamento peritale circa il ruolo avuto dalla concausa naturale. Conseguentemente, va accolto il motivo e cassata la decisione con rinvio affinché, stabilito che, sul piano della causalità materiale, l'evento è da addebitarsi alla sola condotta umana, si proceda poi nell'ambito della quantificazione del risarcimento a tenere conto della concausa naturale. 10. Con il settimo motivo si prospetta violazione degli articoli 91 e 92 del codice di procedura civile . La Corte territoriale ha compensato le spese tra l'Azienda e l'intervenuta R. A., il cui intervento in giudizio era stato dichiarato improcedibile per mancato esperimento del tentativo obbligatorio di conciliazione. Osserva l'azienda che la Corte di appello ha applicato il criterio dei giusti motivi a giustificare la compensazione delle spese senza tener conto però che la regola dei giusti motivi è stata sostituita a decorrere dal 10 dicembre 2014 e dunque non poteva applicarsi alla fattispecie in questione, soggetta alla nuova regola delle gravi ed eccezionali ragioni”. Il motivo è fondato. Invero, la ratio dei giudici di appello, che confermano quella del primo grado, è nel senso che non c'è stato esame nel merito della domanda, e dunque non si può prospettare una soccombenza. Criterio che ovviamente comporta che in ogni caso di improcedibilità – in cui non si arriva ad un esame nel merito della domanda si debbano compensare le spese comunque. In realtà, a fronte dell'intervento, la controparte ha dovuto predisporre una difesa, e dunque svolgere una attività processuale che deve essere valutata dal giudice di merito come meritevole o meno di rimborso spese ed onorari. 11. L'ottavo motivo è in realtà un non-motivo in quanto si limita ad auspicare che, nel caso di riforma della sentenza, si faccia altresì modifica del capo sulle spese. P.Q.M. La Corte accoglie il sesto ed il settimo motivo. Rigetta gli altri. Cassa la decisione impugnata e rinvia alla Corte di Appello di Firenze in diversa composizione anche per le spese.