Stalking e rischio di reiterazione del reato: confermato il divieto di avvicinamento

Posto che il delitto di atti persecutori sussiste in presenza di anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, la Cassazione ha confermato la misura cautelare disposta a carico di un uomo in base al pugno sferrato al volto della persona offesa e agli atti emulativi consistenti nel rovesciamento dei bidoni di immondizia di fronte alla sua porta di casa.

Il Tribunale di Catanzaro confermava la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa e alla sua abitazione disposta dal GIP nei confronti di un uomo imputato per stalking . La decisione è stata impugnata in Cassazione dalla difesa senza però avere successo. Il ricorso lamenta, da un lato, l'omessa considerazione della revoca della querela da parte della persona offesa e del fatto che quest'ultima non ha assolutamente modificato il proprio stile di vita. Sul punto, la Cassazione precisa che non risulta agli atti alcuna formale remissione di querela , seguita da una formale accettazione da parte dell'imputato, come richiesto dall' art. 340 c.p.p. , condizioni indispensabili affinché la remissione della querela produca l'effetto estintivo del reato previsto dall' art. 152, comma 1, c.p. La necessità di una formale remissione di querela, seguita da una formale accettazione del querelato, è, infatti, imposta dall' art. 612- bis , comma 4, c.p. , secondo cui la remissione della querela può essere soltanto processuale, con esclusione, dunque, della remissione extraprocessuale, espressa o tacita che sia, dovendosi intendere per remissione processuale quella disciplinata dal combinato disposto degli artt. 152, c.p. , e 340, c.p.p. . Gli ulteriori motivi di ricorso risultano infondati e versati in fatto . Occorre infatti ribadire, precisa la S.C., che in materia di provvedimenti de liberate , la Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende, trattandosi di apprezzamenti di merito. Unico margine di apprezzamento rimesso al giudice di legittimità, è verificare se il giudice di merito ha dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione. Sul punto, il provvedimento impugnato risulta immune da vizi, avendo valorizzato attentamente la ricostruzione dei fatti, sia in base alle dichiarazioni della persona offesa che ad elementi esterni, come il referto del Pronto Soccorso che testimonia l'aggressione fisica subita da quest'ultima. Inoltre, non assume valore decisivo il fatto che la persona offesa nel corso della deposizione testimoniale abbia escluso di essere stata minacciata dall'imputato, ammettendo solo di avere subìto l' aggressione fisica e di essere stata esposta a una serie di atti emulativi definiti dalla donna dispetti, dispettucci , consistenti nello spostamento e nel rovesciamento del bidone della spazzatura, posto all'esterno della sua abitazione . Assolutamente costante è infatti l'orientamento giurisprudenziale secondo cui integrano il delitto di atti persecutori ex art. 612- bis c.p. , anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo, idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in prolungata sequenza temporale cfr., ex plurimis , Sez. 5, n. 46331 del 05/06/2013, Rv. 257560 Sez. 5, n. 33842 del 03/04/2018, Rv. 273622 . Nel caso di specie, dunque, oltre all' aggressione fisica , anche a non voler considerare le minacce, vanno comunque evidenziati quanto meno gli atti emulativi consistenti nello spostamento ovvero nel rovesciamento dei bidoni di immondizia di fronte alla sua porta di casa, correttamente valorizzati dal tribunale del riesame, costituenti vere e proprie molestie, essendosi concretizzati tali atti in un' indebita ingerenza nella sfera individuale della persona offesa, idonea a comprometterne la serenità e la libertà psichica, come dimostrato in tutta evidenza dal conseguente insorgere nella [persona offesa] del denunciato grave stato di ansia e di paura , derivante dalla consapevolezza di essere esposta alle intemperanze e alla violenza del ricorrente. In conclusione, viene condiviso anche l'apprezzamento del pericolo di recidiva reso particolarmente elevato dalla prognosi sulla probabile reiterazione di occasioni criminose , di cui il ricorrente sarebbe in grado di approfittare, che il giudice della impugnazione cautelare ha ricollegato, sulla base di un ragionamento dotato di intrinseca coerenza logica, alla gravità dei fatti, che, attraverso l'aggressione fisica culminata nel pugno sferrato al volto della donna non appena quest'ultima aprì la porta di casa, denotano una particolare pericolosità sociale dell'imputato, in tutta evidenza incapace di contenere le sue pulsioni, nonché alla circostanza che quest'ultimo è stato deferito all'autorità giudiziaria il 24 agosto del 2022, dunque in epoca non lontana nel tempo dai fatti per cui si procede, per il porto ingiustificato di un coltello .

Presidente Catena – Relatore Guardiano Ragioni in fatto e in diritto della decisione 1. Con l'ordinanza di cui in premessa il tribunale di Catanzaro, adito ex art. 309, c.p.p. , confermava l'ordinanza con cui il giudice per le indagini preliminari presso il tribunale di Catanzaro, in data 29 dicembre 2022, ha applicato nei confronti di Cu.Vi. la misura cautelare del divieto di avvicinamento alla persona offesa e all'abitazione di quest'ultima, in relazione al reato ex art. 612 bis, c.p. , oggetto dell'imputazione provvisoria, commesso in danno di Gi.Ro. 2. Avverso l'ordinanza del tribunale del riesame ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il Cu.Vi., lamentando 1 violazione di legge, in punto di mancanza di autonoma valutazione da parte del giudice dell'impugnazione cautelare, che si è limitato a riproporre le ragioni poste a fondamento dell'ordinanza cautelare impugnata, anche con riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari 2 violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla ritenuta configurabilità del delitto di cui all' art. 612 bis, c.p. , e all'attualità del profilo cautelare, avendo il tribunale del riesame omesso di considerare la rilevanza della revoca della querela da parte della persona offesa e della circostanza che quest'ultima non ha assolutamente modificato il proprio stile di vita 3 violazione di legge e vizio di motivazione quanto alla ritenuta sussistenza delle esigenze cautelari. 3. Con requisitoria scritta del 7 luglio 2023, il sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte di cassazione, dott.ssa Picardi Antonietta, chiede che il ricorso venga dichiarato inammissibile. Con memoria del 7 settembre 2023, il difensore di fiducia del Cu.Vi., insiste per l'accoglimento del ricorso. 3. Il ricorso va dichiarato inammissibile per le seguenti ragioni. 4. Preliminarmente va fatta chiarezza sulla questione della remissione della querela da parte della persona offesa. Il tema non è stato affrontato dal tribunale del riesame, sul presupposto che la dedotta remissione della querela fosse una circostanza sopravvenuta, estranea al thema decidendum. Su tale profilo il difensore del Cu.Vi. si sofferma nei motivi di ricorso, sia pure al limitato fine di sottolineare come la dedotta circostanza, non valutata dal tribunale del riesame, abbia inciso sui gravi indizi di colpevolezza e sull'attualità dell'esigenza cautelare del pericolo di reiterazione criminosa, determinandone il venir meno cfr. pp. 3 e 6 del ricorso . Solo con la menzionata memoria del 7 settembre 2023, il ricorrente deduce specificamente il venir meno della condizione di procedibilità, stante la remissione della querela da parte della persona offesa, che, nel corso della testimonianza resa in dibattimento come da relativo verbale allegato alla memoria, in conformità al principio dell'autosufficienza del ricorso ha escluso che l'imputato abbia proferito nei suoi confronti minacce reiterate nei modi indicati dall'art. 612, secondo comma , circostanza che, ove sussistente, avrebbe reso irretrattabile la querela, ai sensi dell' art. 612 bis, co. 4, c.p. Orbene sul punto si osserva, innanzitutto, che non risulta agli atti, consultabili in questa sede, essendo stato dedotto un error in procedendo, alcuna formale remissione di querela, seguita da una formale accettazione da parte dell'imputato, ai sensi dell' art. 340, c.p.p. , condizioni indispensabili, ai sensi del combinato disposto degli artt. 152,155, c.p. e 340, c.p.p., affinché la remissione della querela produca l'effetto estintivo del reato previsto dall' art. 152, co. 1, c.p. La necessità di una formale remissione di querela, seguita da una formale accettazione del querelato, è, infatti, imposta dalla previsione dell'art. 612 bis, co. 4, c.p.p., secondo cui la remissione della querela può essere soltanto processuale, con esclusione, dunque, della remissione extraprocessuale, espressa o tacita che sia, dovendosi intendere per remissione processuale quella disciplinata dal combinato disposto degli artt. 152, c.p. , e 340, c.p.p. cfr. Sez. 4, n. 16669 del 08/04/2016, Rv. 266643 . Sotto diverso profilo, va rilevato, in aggiunta a quanto già osservato, che il tema dedotto in memoria non aveva formato oggetto di una specifica deduzione nei motivi di ricorso con i quali, come si è detto, la dedotta remissione della querela era finalizzata a dimostrare l'insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e dell'attualità delle esigenze cautelari , dovendosi, pertanto, qualificare come motivo nuovo, la cui inammissibilità deriva, ai sensi dell' art. 585, co. 4, secondo periodo, c.p.p. , dall'inammissibilità dei motivi originari. 5. Tali ultimi motivi, invero, risultano inammissibili, perché del tutto generici e aspecifici, nonché manifestamente infondati e versati in fatto. Al riguardo vanno ribaditi i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, che da tempo ha evidenziato come, in materia di provvedimenti de libertate, la Corte di Cassazione non ha alcun potere di revisione degli elementi materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, né di rivalutazione delle condizioni soggettive dell'indagato, in relazione alle esigenze cautelari e all'adeguatezza delle misure, trattandosi di apprezzamenti di merito rientranti nel compito esclusivo e insindacabile del giudice che ha applicato la misura e del tribunale del riesame. Il controllo di legittimità è quindi circoscritto all'esame del contenuto dell'atto impugnato per verificare, da un lato, le ragioni giuridiche che lo hanno determinato e, dall'altro, l'assenza di illogicità evidenti, ossia la congruità delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento cfr. Cass., sez. II, 2.2.2017, n. 9212 , rv. 269438 Cass., sez. IV, 3.2.2011, n. 14726 Cass., sez. III, 21.10.2010, n. 40873 , rv. 248698 Cass., sez. IV, 17.8.1996, n. 2050 , rv. 206104 , essendo sufficiente ai fini cautelari un giudizio di qualificata probabilità in ordine alla responsabilità dell'imputato cfr. Cass., sez. II,10.1.2003, n. 18103 , rv. 224395 Cass., sez. III, 23.2.1998, n. 742 . Pertanto quando, come nel caso, in esame, vengono denunciati vizi del provvedimento di conferma emesso dal tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza, alla Corte di Cassazione spetta il compito di verificare, in relazione alla peculiare natura del giudizio di legittimità e ai limiti che ad esso ineriscono, se il giudice di merito abbia dato adeguatamente conto delle ragioni che l'hanno indotto ad affermare la gravità del quadro indiziario a carico dell'indagato, controllando la congruenza della motivazione riguardante la valutazione degli elementi indizianti rispetto ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l'apprezzamento delle risultanze probatorie, con gli adattamenti resi necessari dal particolare contenuto della pronuncia cautelare, non fondata su prove, ma su indizi e tendente all'accertamento non della responsabilità, ma di una qualificata probabilità di colpevolezza, oltre che all'esigenza di completezza espositiva cfr. Cass., sez. V, 20.10.2011, n. 44139 , O.M.M. . Orbene, non appare revocabile in dubbio che il tribunale del riesame di Catanzaro abbia fatto buon uso di tali principi, in quanto, con motivazione approfondita e immune da vizi, in cui sono stati presi in debita considerazione i rilievi difensivi, ha ritenuto sussistente il requisito dei gravi indizi di colpevolezza a carico del Cu.Vi., in ordine al reato oggetto della contestazione. Ciò sulla base di un'attenta ricostruzione delle risultanze investigative, fondate sulle dichiarazioni della persona offesa, sottoposte a penetrante vaglio critico da parte del giudice dell'impugnazione cautelare, che ha evidenziato come il propalato della vittima appaia coerente, lineare, circostanziato quanto ai tempi, ai luoghi e all'autore della condotta illecita, oltre che scevro da intenti calunniatori o vendicativi , conformemente al consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui le dichiarazioni della persona offesa possono essere legittimamente poste da sole a fondamento dell'affermazione di penale responsabilità dell'imputato, non trovando applicazione nei confronti della persona offesa le regole di valutazione della prova dettate dall' art. 192, comma 3, c.p.p. , previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell'attendibilità intrinseca del suo racconto, che, peraltro, deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone cfr. Cass., sez. un., 19/07/2012, n. 41461 , P.M., rv. 253214 . Il tribunale del riesame, inoltre, pur non essendo necessario, ha individuato riscontri esterni al narrato della Gi.Ro., con particolare riferimento all'aggressione fisica da quest'ultima patita per mano dell'imputato, nel referto medico dell'Ospedale pugliese Omissis di Ca., attestante l'esistenza di un trauma cranico non commotivo, con prognosi di guarigione in cinque giorni, e nelle informazioni fornite da Ca.Gi., che ha assistito alle fasi immediatamente successive alla menzionata aggressione. Del tutto esaustiva deve ritenersi la motivazione dell'ordinanza impugnata anche sotto il profilo della ritenuta sussistenza di uno degli eventi previsti dalla norma incriminatrice, avendo il tribunale del riesame specificamente chiarito come la Gi.Ro., che viveva da sola ed era abituata a condurre una vita riservata , avesse maturato un perdurante e grave stato di ansia e di paura a causa della frequenza delle condotte dell'indagato . A fronte di tale limpido argomentare, i rilievi difensivi con cui si eccepisce la mancanza di autonoma valutazione da parte del tribunale del riesame e la sussistenza degli elementi costituitivi del reato in contestazione, risultano del tutto generici e versati in fatto, oltre che manifestamente infondati. Sul punto non assume valore decisivo il fatto che la persona offesa, nel corso della deposizione testimoniale resa in dibattimento, il cui relativo verbale, come si è detto, è stato allegato alla memoria difensiva, abbia escluso di essere stata minacciata dall'imputato, ammettendo solo di avere subìto l'aggressione fisica in precedenza indicata e di essere stata esposta a una serie di atti emulativi definiti dalla donna dispetti, dispettucci , consistenti nello spostamento e nel rovesciamento del bidone della spazzatura, posto all'esterno della sua abitazione. Come è noto, infatti, assolutamente costante è l'orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui integrano il delitto di atti persecutori ex art. 612-bis, c.p. , anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo, idonee a costituire la reiterazione richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in prolungata sequenza temporale cfr., ex plurimis, Sez. 5, n. 46331 del 05/06/2013, Rv. 257560 Sez. 5, n. 33842 del 03/04/2018, Rv. 273622. Nel caso in esame accanto all'aggressione fisica in danno della Gi.Ro., sfociata nelle indicate lesioni, anche a non voler considerare le minacce, vanno comunque evidenziati quanto meno gli atti emulativi consistenti nello spostamento ovvero nel rovesciamento dei bidoni di immondizia di fronte alla sua porta di casa, correttamente valorizzati dal tribunale del riesame, costituenti vere e proprie molestie, essendosi concretizzati tali atti in un'indebita ingerenza nella sfera individuale della persona offesa, idonea a comprometterne la serenità e la libertà psichica, come dimostrato in tutta evidenza dal conseguente insorgere nella Gi.Ro. del denunciato grave stato di ansia e di paura, derivante dalla consapevolezza di essere esposta alle intemperanze e alla violenza del Cu.Vi. 6. Manifestamenti infondati e generici appaiono anche i rilievi formulati in ordine alla sussistenza della ritenuta esigenza cautelare di tutela della collettività. Si osserva, al riguardo, come il Collegio condivida il recente orientamento della giurisprudenza di legittimità, secondo cui in tema di presupposti per l'applicazione delle misure cautelari personali, il requisito dell'attualità del pericolo di reiterazione del reato, introdotto nell'art. 274, lett. c , c.p.p., dalla legge 16 aprile 2015, n. 47 , non va equiparato all'imminenza del pericolo di commissione di un ulteriore reato, ma sta invece ad indicare la continuità del periculum libertatis nella sua dimensione temporale, che va apprezzata sulla base della vicinanza ai fatti in cui si è manifestata la potenzialità criminale dell'indagato, ovvero della presenza di elementi indicativi recenti, idonei a dar conto della effettività del pericolo di concretizzazione dei rischi che la misura cautelare è chiamata a realizzare, dovendosi considerare, nella valutazione del pericolo di recidiva al momento dell'adozione della misura, il tempo trascorso dal fatto contestato e la peculiarità della vicenda cautelare cfr. Cass., sez. VI, 27.11.2015, n. 3043 , rv. 265618 Cass., sez. III, 27.10.2015, n. 49318 , rv. 265623 Cass., sez. V, 24.9.2015, n. 43083 , rv. 264902 . Orbene tali profili sono stati attentamente considerati dal tribunale del riesame, che, intervenuto poco tempo dopo il verificarsi dei fatti, ha evidenziato la persistenza del proposito criminoso del ricorrente, tale da consentire di esprimere legittimamente un giudizio in termini di attualità e concretezza del pericolo di recidiva Pericolo, reso particolarmente elevato dalla prognosi sulla probabile reiterazione di occasioni criminose, di cui il ricorrente sarebbe in grado di approfittare, che il giudice della impugnazione cautelare ha ricollegato, sulla base di un ragionamento dotato di intrinseca coerenza logica, alla gravità dei fatti, che, attraverso l'aggressione fisica culminata nel pugno sferrato al volto della donna non appena quest'ultima aprì la porta di casa, denotano una particolare pericolosità sociale dell'imputato, in tutta evidenza incapace di contenere le sue pulsioni, nonché alla circostanza che quest'ultimo è stato deferito all'autorità giudiziaria il 24 agosto del 2022, dunque in epoca non lontana nel tempo dai fatti per cui si procede, per il porto ingiustificato di un coltello. La conclusione cui è giunto il tribunale del riesame appare, pertanto conforme alla previsione dell'art. 274, lett. c , c.p.p., non modificata, sul punto, dalla novella legislativa del 16 aprile 2015, n. 47 , nella parte in cui prevede che il giudizio sulla personalità dell'indagato o dell'imputato possa fondarsi, alternativamente, su comportamenti o atti concreti o sui suoi precedenti penali, interpretata da un consolidato orientamento giurisprudenziale, nel senso che gli elementi per una valutazione di pericolosità possono trarsi anche solo da comportamenti o atti concreti - non necessariamente aventi natura processuale, pur in difetto di precedenti penali cfr. ex plurimis, Cass., sez. V, 25.9.2014, n. 5644 , rv. 264212 . 7. Alla dichiarazione di inammissibilità segue la condanna del ricorrente, ai sensi dell' art. 616, c.p.p. , al pagamento delle spese del procedimento ed, in favore della Cassa delle Ammende, di una somma che si ritiene equo fissare in Euro 3000,00 euro, tenuto conto della circostanza che l'evidente inammissibilità dei motivi di impugnazione, non consente di ritenere quest'ultimo immune da colpa nella determinazione delle evidenziate ragioni di inammissibilità cfr. Corte Costituzionale, n. 186 del 13.6.2000 . Va, infine, disposta l'omissione delle generalità e degli altri dati identificativi in caso di diffusione del presente provvedimento, ai sensi dell' art. 52, co. 5, D.Lgs. 30/06/2003 n. 196 . P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell 'art. 52, D.Lgs. 196/200 3, in quanto imposto dalla legge.