Figlio maggiorenne con handicap grave: la Cassazione riconosce il solo assegno agli alimenti

I Giudici di legittimità tornano sulla natura e le finalità dell’assegno di mantenimento e dell’assegno alimentare.

La causa trae origine dal ricorso promosso da un figlio nei confronti dei genitori per chiedere, una volta riconosciuto lo stato di bisogno , che venisse lui riconosciuto un assegno a titolo di alimenti di importo di almeno euro 1200. Il figlio maggiorenne già percepiva un assegno di euro 700 sempre da parte dei genitori, inoltre chiedeva anche che potesse trasferire la propria residenza nella casa che abitava in virtù di comodato d'uso con la propria famiglia moglie e figlio . I genitori resistevano in giudizio e in primo grado il giudice, rigettata la domanda attorea, disponeva che il padre versasse la somma di euro 700 mensili in favore del figlio. Proposto appello, la Corte rigettava con condanna alla parziale rifusione delle spese di giudizio. Il figlio proponeva ricorso per cassazione chiedendo che venisse cassata la sentenza di primo grado. Quanto al primo motivo di ricorso concernente soprattutto la possibilità di spostare la residenza nell'abitazione nella quale vive a titolo di comodato gratuito, la Cassazione afferma che tale domanda appare ictu oculi infondata […] non essendo necessari accertamenti in fatto, al riguardo . Sottolineano i Giudici che il trasferimento di residenza in un determinato immobile, nel quale il richiedente è autorizzato dal proprietario a dimorare abitualmente, non può essere oggetto né di consenso, né di dissenso da parte di quest'ultimo. Il riconoscimento della residenza in un determinato luogo, infatti, dipende esclusivamente dalla ricorrenza delle condizioni fattuali di cui all' art. 43, comma 2, c.c. ed è oggetto di un apposito procedimento amministrativo di accertamento regolato dalla l. 24.12.1954, n. 1228 e dal d.p.r. 30.5.1989, n. 223, rispetto al quale il consenso del proprietario non è rilevante . Quanto al secondo motivo, questo verte sull'ammontare dell'assegno alimentare a lui riconosciuto in primo grado e confermato in appello. Secondo il ricorrente, infatti, anche tenuto conto dell'ammontare della pensione di reversibilità euro 299,00 , l'ammontare totale di euro 1000, non sarebbe stato sufficiente a garantire una vita dignitosa per lui e la propria famiglia. Richiama, quindi, le condizioni della propria famiglia con la moglie affetta da uno stato ansioso depressivo e gastrite recidivante nonché priva di occupazione, mentre il figlio soffre di disturbo dell'umore e depressione con marcata componente ansiosa e ossessivo fobica. Il ricorrente, inoltre, non fa mistero di essere lui stesso affetto da disturbo bipolare di tipo I e che per tale motivo gli è stata riconosciuta un'inabilità al lavoro del 100% con conseguente pensione di reversibilità. Sul punto, il figlio ritiene debba applicarsi il principio secondo cui la posizione dei figli maggiorenni portatori di handicap grave è equiparata a quella dei figli minorenni ex art. 337- septies c.c. I Giudici di legittimità ritengono il motivo inammissibile poiché presupposto per il riconoscimento del diritto agli alimenti è lo stato di bisogno del beneficiario che si realizza quando questi non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento art. 438 c.c. . Gli alimenti devono essere determinati in proporzione dello stato di bisogno del richiedente e delle condizioni economiche dell'onerato […] Condizione dell'azione alimentare proposta contro persone obbligate in un grado determinato è, pertanto, la mancanza di obbligati di grado anteriore o la loro incapacità di prestare gli alimenti inoltre, se più persone sono obbligate nello stesso grado, può essere accolta l'azione proposta contro solo alcuni di essi nel caso in cui gli altri risultino incapaci di sostenere la prestazione alimentare . Nel caso di specie, con riguardo al fatto di ricevere un mantenimento a titolo di figlio maggiorenne handicappato, i Giudici affermano che tale questione è stata introdotta come nuova e in via non specifica. Non è stata infatti dedotta come violazione di legge, ma, secondo il Collegio, è solo volta a ottenere un aumento dell'assegno, motivo non ammissibile in sede di legittimità. I Giudici, inoltre, affermano che tale motivo così dedotto introduce surrettiziamente un inammissibile ampliamento della domanda originaria . Quanto alla natura dell'assegno alimentare , questo è diverso rispetto all' assegno di mantenimento e perciò non equiparabili. L'assegno di mantenimento può ricomprendere anche la quota alimentare e può prescindere dallo stato di bisogno. Il ricorrente ha ampiamente insistito sul punto dimostrando, infatti, di aver qualificato l'originaria domanda come domanda di assegno alimentare e non di mantenimento. Se, quindi, la domanda di mantenimento viene formulata per la prima volta in sede di appello è inammissibile e deve essere qualificata come nuova domanda ex art. 345 c.p.c. perché è diversa la natura giuridica degli interessi sottesi, comportando un ampliamento del thema decidendum . Al contrario, proposta la domanda di assegno di mantenimento in primo grado, questa può essere rimodulata come domanda agli alimenti in grado di appello. Su queste basi, la Corte rigetta il ricorso.

Presidente Genovese – Relatore Tricomi Fatti di causa 1.- Con atto di citazione ritualmente notificato, P. G. numero 15/10/1966 convenne in giudizio, dinanzi al Tribunale di Roma, i genitori P. GI. numero nel OMISSIS e S. M. numero nel OMISSIS affinché, accertato e dichiarato il suo stato di bisogno e la sua impossibilità di provvedere al proprio mantenimento, questi venissero condannati a corrispondergli a titolo di alimenti la somma di euro 1.200,00= o quella maggiore o minore ritenuta di giustizia, purché superiore all'importo di euro 700,00= mensili già dagli stessi corrisposto spontaneamente. Chiese, inoltre, che venisse ordinato alla madre, che gli aveva concesso in comodato gratuito l'abitazione nella quale egli viveva con il proprio nucleo familiare composto da moglie e figlio, di autorizzare il trasferimento della propria residenza nell'abitazione. I convenuti P. GI. e S. M. chiesero preliminarmente di dichiarare l'inammissibilità delle domande, in quanto già respinte con decreto numero 9345/2006 e con sentenza numero 21407/2013 nel merito chiesero, in via principale, il rigetto della domanda e la condanna della controparte per lite temeraria in via riconvenzionale, chiesero che fosse dichiarato non dovuto, da parte loro, alcun contributo poiché il figlio aveva dichiarato nei precedenti giudizi di lavorare saltuariamente, e confermato l'importo già dagli stessi versato, considerato che gli avevano messo a disposizione la casa e provvedevano a pagare le utenze ed altro . Il Giudice, dichiarata la decadenza della parte attrice dalla prova testimoniale per mancata comparizione dei testi, introitò la causa a sentenza. Il Tribunale di Roma, con la sentenza numero 1647/2020, rigettò le domande attoree accolse la domanda avanzata in riconvenzionale dalle parti convenute e stabilì in euro 700,00= mensili la somma dovuta dal padre in favore del figlio a titolo di alimenti, dichiarando compensate per metà, tra le parti, le spese del giudizio. L'appello proposto da P. G. è stato rigettato dalla Corte di appello di Roma, con condanna alla parziale rifusione delle spese di giudizio. P. G. ha proposto ricorso con due mezzi, chiedendo la cassazione della sentenza in epigrafe indicata. P. GI. e S. M. hanno replicato con controricorso. È stata disposta la trattazione in pubblica udienza. Il P.G. si è riportato alle conclusioni scritte con cui ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso o, in subordine, il rigetto. I difensori delle parti costituite hanno confermato le conclusioni rassegnate nei rispettivi atti. Ragioni della decisione 2.1. - Con il primo motivo si denuncia la nullità della sentenza o del procedimento per violazione dell' articolo 345 c.p.c. in materia di domande ed eccezioni nuove nel giudizio di appello, ai sensi dell' articolo 360 numero 4 c.p.c. Secondo il ricorrente, la Corte di Appello di Roma erroneamente avrebbe dichiarato inammissibili le domande del ricorrente volte ad ottenere la condanna di S. M. a far eseguire lavori di riparazione dell'immobile concessogli in comodato d'uso e a consentirgli di indicare la sua residenza nell'immobile in questione, in quanto sarebbero state formulate dal ricorrente, per la prima volta, nel giudizio di appello. 2.2.- Il primo motivo è in parte infondato ed in parte inammissibile. 2.3.- Il motivo difetta di autosufficienza, poiché il ricorrente avrebbe dovuto indicare, a fronte della espressa statuizione nella sentenza di appello circa la novità delle suddette domande, in quale atto del giudizio di primo grado tali domande, nella loro esatta consistenza, erano state svolte, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione Cass. numero 23420/2011 . 2.4.- Va aggiunto, sia pure per la sola domanda di autorizzazione al trasferimento della residenza - che la stessa sentenza appellata fol. 2, righe 3-6 afferma essere stata proposta in primo grado salvo poi a considerarla nuova e tardiva - che essa, come condivisibilmente osservato dal P.G., si presenta ictu oculi infondata e tale infondatezza può essere affermata anche in questa sede Cass. numero 21272/2015 , non essendo necessari accertamenti in fatto, al riguardo. Appare, infatti, evidente che il trasferimento della residenza in un determinato immobile, nel quale il richiedente è autorizzato dal proprietario a dimorare abitualmente, non può essere oggetto né di consenso, né di dissenso da parte di quest'ultimo. Il riconoscimento della residenza in un determinato luogo, infatti, dipende esclusivamente dalla ricorrenza delle condizioni fattuali di cui all' articolo 43, comma 2, c.c. ed è oggetto di un apposito procedimento amministrativo di accertamento regolato dalla l. 24.12.1954, numero 1228 e dal d.p.r. 30.5.1989, numero 223, rispetto al quale il consenso del proprietario non è rilevante. La domanda di condanna del proprietario alla prestazione del consenso al trasferimento della residenza anagrafica è carente, pertanto, di quella condizione dell'azione che va sotto il nome di possibilità giuridica. 3.1- Con il secondo motivo si denuncia l'omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti. La censura concerne la statuizione con cui la Corte di appello ha affermato che deve ritenersi che l'importo dell'assegno alimentare riconosciuto dal Tribunale sia del tutto adeguato a sopperire alle esigenze personali di vita dell'appellante, in ragione dell'assenza di spese abitative delle quali si fanno carico le controparti e della percezione della pensione di invalidità esso non appare eccessivo, tenuto conto della perdita del potere d'acquisto subito nel tempo dall'importo continuativamente versato dai genitori e delle disponibilità economiche di questi ultimi . Il ricorrente si duole che la Corte di merito non abbia tenuto conto dell'irrisorietà della pensione di invalidità, ammontante ad euro 299,00 - ed ha dedotto l'insufficienza del complessivo importo di euro 1.000,00 - a garantire una vita dignitosa a lui ed alla sua famiglia. Deduce che il proprio nucleo familiare è composto dalla moglie L. C., priva di occupazione e affetta da stato ansioso depressivo e gastrite recidivante, e dal figlio, soggetto con problemi di disturbo dell'umore, ovvero depressione a marcata componente ansiosa e ossessivo fobica. Riferisce di essere affetto lui stesso da disturbo bipolare di tipo I, diagnosticatogli all'età di venti anni, con diversi ricoveri ospedalieri in regime di T.S.O., in ragione del quale gli è stata riconosciuta la inabilità al lavoro al 100% e la pensione di invalidità. Invoca l'applicazione del principio secondo il quale la posizione dei figli maggiorenni portatori di handicap grave è equiparata a quella dei figli minori ex articolo 337-septies c.c. Deduce, inoltre di avere chiesto la verifica della reale situazione reddituale di P. GI., elemento ritenuto rilevante ai fini della corretta determinazione dell'assegno di mantenimento in suo favore, per il quale ha proposto domanda di incremento. 3.2.- Il secondo motivo è inammissibile perché non considera e non censura che la complessiva ratio decidendi. 3.3.- La sentenza impugnata ha affermato nel merito, come è noto, presupposto per il riconoscimento del diritto agli alimenti è lo stato di bisogno del beneficiario che si realizza quando questi non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento articolo 438 c.c. . Gli alimenti devono essere determinati in proporzione dello stato di bisogno del richiedente e delle condizioni economiche dell'onerato, dovendo essere la loro misura circoscritta a quanto necessario per la vita dell'alimentando articolo 438 c.c. . Ai sensi dell' articolo 433 c.c. , in mancanza di coniuge e figli, i genitori sono tenuti all'obbligo di prestare alimenti a favore dei figli. Condizione dell'azione alimentare proposta contro persone obbligate in un grado determinato è, pertanto, la mancanza di obbligati di grado anteriore o la loro incapacità di prestare gli alimenti inoltre, se più persone sono obbligate nello stesso grado, può essere accolta l'azione proposta contro solo alcuni di essi nel caso in cui gli altri risultino incapaci di sostenere la prestazione alimentare. Anche se non è necessario che tutti gli obbligati incapaci economicamente siano presenti nel giudizio, grava sempre sull'alimentando l'onere della prova delle suddette circostanze, sia pure nei confronti dei soli chiamati in giudizio, quale presupposto per l'accoglimento di una domanda volta ad ottenere gli alimenti da obbligati in un grado ulteriore o da una parte sola dei coobbligati nello stesso grado, tra i quali la prestazione dovrebbe essere ripartita . Invero, il ricorrente, unico originario attore, non tiene in conto e non censura la complessiva decisione che ha riconosciuto gli alimenti in suo favore e ha escluso di dover considerare le esigenze della moglie e del figlio maggiorenne , precisando che questi, avrebbero dovuto autonomamente agire secondo le loro proprie legittimazioni rispetto ai loro obbligati, secondo l'ordine previsto dall' articolo 433 c.c. e, in relazione a questa perimetrazione della domanda, ha proceduto alla comparazione delle condizioni economiche, con motivazione sicuramente sufficiente. 3.4.- Quanto alla prospettazione di un titolo al mantenimento in qualità di figlio maggiorenne handicappato, svolta da P. G. con riferimento a sé medesimo, va osservato che la questione è di nuova introduzione in quanto non assistita dalla dovuta specificità non è stata articolata come violazione di legge - atteso che il motivo è svolto come omessa motivazione - e sembra piuttosto volta a sollecitare una maggiore quantificazione dell'assegno rispetto all'importo riconosciuto, inammissibile in sede di legittimità. 3.5.- Va aggiunto che il motivo, così come formulato, introduce surrettiziamente un inammissibile ampliamento della domanda originaria. L' assegno di natura alimentare non può essere equiparato all'assegno di mantenimento per i figli, essendo diverse sia la natura e sia le finalità proprie dei due tipi di assegno, solo in minima parte potendo coincidere le due provvidenze. Invero, l'assegno di mantenimento può comprende anche la quota alimentare e non presuppone necessariamente lo stato di bisogno, su cui il ricorrente ampiamente ha insistito, dimostrando di avere qualificato la domanda originaria proprio come domanda per alimenti, così come ritenuto dai giudici di merito in primo e secondo grado. In ogni caso, la domanda di assegno alimentare costituisce, comunque, un minus rispetto alla domanda di riconoscimento di un assegno di mantenimento per il figlio maggiorenne portatore di handicap grave e richiede la ricorrenza di un più stringente presupposto, costituito dallo stato di bisogno. 3.6.- Ne consegue che la domanda di mantenimento, ove venga formulata per la prima volta in appello in un giudizio alimentare promosso ex articolo 433 c.c. , diversamente che nel caso inverso, è inammissibile e va qualificata come domanda nuova ai sensi dell' articolo 345 c.p.c. , atteso che la diversa natura degli interessi ad essa sottesi comporterebbe un ampliamento della materia giustiziabile incompatibile con il rispetto dei principi del contraddittorio, del diritto di difesa e del giusto processo. Questo principio non induce alcun contrasto con il principio di ammissibilità affermato da questa Corte in relazione all'opposta fattispecie in cui, proposta in primo grado la domanda di assegno di mantenimento, la stessa venga rimodulata al ribasso” come domanda di alimenti in secondo grado Cass. numero 27768/2022 Cass. numero 27695/2017 . 4.- In conclusione, il ricorso va rigettato. I profili sostanziali sottostanti e la particolare situazione di tutte le parti induce alla compensazione delle spese del giudizio di legittimità. Va disposto che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. numero 196 del 2003, articolo 52 . Raddoppio del contributo unificato, ove dovuto. P.Q.M. - Rigetta il ricorso - Compensa le spese del giudizio di legittimità tra le parti - Dispone che in caso di diffusione della presente sentenza siano omesse le generalità delle parti e dei soggetti in essa menzionati, a norma del d.lgs. numero 196 del 2003, articolo 5 2 - Ai sensi del D.P.R. numero 115 del 2002, articolo 13 , comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello relativo al ricorso, se dovuto.