Occupazione abusiva d’immobile: lo stato di bisogno non può essere invocato per risolvere definitivamente il problema della casa

La Corte di Cassazione ribadisce nuovamente i confini di applicabilità dell’esimente ex art. 54 c.p. al reato di occupazione abusiva di immobile.

La sentenza in commento prende le mosse dal ricorso presentato da due soggetti ritenuti responsabili di aver occupato abusivamente un immobile . I due condannati propongono ricorso per cassazione e i Giudici, ritenendo i motivi sovrapponibili, li trattano come fossero un solo ricorso. I motivi di impugnazione, ritenuti tutti inammissibili, possono essere così riassunti Difetto di condizione di procedibilità per invalidità della querela . A parere dei ricorrenti, il soggetto querelante non sarebbe stato l' effettivo titolare dell'immobile occupato perché non aveva provveduto ad accettare l'eredità a seguito della morte del padre. Tale motivo, già dedotto in appello e rigettato, è manifestamente infondato. Affermano i Giudici, infatti che il combinato disposto degli artt. 474 e 476 c.c. consente di accettare l'eredità anche in forma tacita. Richiamando alcuni principi in materia, il Collegio afferma che l'accettazione tacita di eredità ovvero la prescrizione del diritto ad accettare l'eredità non possono essere oggetto di una valutazione incidentale svolto nell'ambito di un procedimento penale, a maggior ragione nel corso di un giudizio di legittimità. In primo lugo, perché esula dal perimetro del giudizio di legittimità, in secondo luogo perché mancherebbe il necessario contraddittorio con il controinteressato, nel caso di specie il querelante, chiamato a succedere al padre, originario proprietario dell'immobile occupato Mancato riconoscimento dell' esimente ex art. 54 c.p. in relazione al comprovato disagio abitativo della famiglia che versava in una situazione di difficoltà economica. La Corte richiama il principio di diritto già più volte affermato cfr. Cass. pen., sez. II, n. 10694 del 2019 Cass. pen., sez. II, n. 28067 del 2015 secondo cui l'abusiva occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, che ben può consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall' art. 2 Cost. , sempre che ricorrano, quali l'assoluta necessità della condotta e l'inevitabilità del pericolo ne consegue che la stessa può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alle necessità di reperire un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa . Inoltre, chiariscono i Giudici, tale punto era già stato ampiamente indagato dai giudici del merito che avevano fornito una motivazione non manifestamente illogica, per cui non sindacabile in sede di legittimità Nullità della sentenza impugnata perché i giudici di appello non avevano rilevato la causa di non punibilità ex art. 131- bis c.p. Sul punto la giurisprudenza in materia afferma che è deducibile il difetto di motivazione della sentenza di appello che non abbia rilevato ex officio ” […] la sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, a condizione che siano indicati i presupposti legittimanti la pretesa applicazione dei tale causa proscioglitiva, da cui possa evincersi la decisiva rilevanza della dedotta lacuna motivazionale cfr. Cass. pen., sex VI, n. 5922 del 2023 . A parere del Collegio nel caso di specie non vi è alcuna adeguatezza argomentativa anche perché nei ricorsi viene fatto richiamo a una non meglio precisata esistenza dei requisiti della particolare tenuità del fatto in contestazione e dell'assenza di profili di abitualità dell'agito criminoso e, comunque, di pericolosità sociale degli odierni ricorrenti .

Presidente Rago – Relatore Marra Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 30 novembre 2022 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Palermo, confermava la condanna degli imputati L.G.A. e T.F. per il solo delitto di cui agli artt. 110 - 633 cod.penumero dal 19/10/2015 in permanenza , rideterminando la pena in mesi 1 di reclusione ed euro 90 di multa, con concessione dei doppi benefici. 2. Entrambi gli imputati, a mezzo dei rispettivi difensori, ricorrono per cassazione avverso la suddetta sentenza chiedendo l'annullamento della stessa perché viziata sotto diversi profili. I due ricorsi sostanzialmente sovrapponibili sono articolati in tre distinti motivi. 2.1 Con il primo motivo si eccepisce la violazione di legge in relazione agli artt. 366 cod.proc.penumero , 480 cod.civ., e 633 cod.penumero , rilevando la mancanza di una valida querela, in quanto il soggetto che presentò querela, tale A. D., all'epoca non sarebbe stato titolare del bene da essi occupato, in quanto pur avendolo ereditato dal padre F., deceduto nel 1998, non aveva successivamente accettato l'eredità o compiuto alcun atto di accettazione implicita della stessa, da cui, perciò, l'intervenuta prescrizione ex art. 480 cod.civ. del suo diritto di accettare l'eredità stessa. La sentenza impugnata avrebbe, perciò, errato sul punto in quanto, ad avviso dei ricorrenti, la prescrizione del diritto ad accettare l'eredità opera a favore di chiunque vi abbia interesse, anche se estraneo all'eredità, quindi poteva essere eccepita anche da parte degli imputati che avevano dedotto, già con l'atto di appello, la mancanza di legittimazione del D. a sporgere querela per le ragioni suddette. 2.2. Con il secondo motivo gli imputati lamentano la violazione di legge ed il difetto di motivazione in ordine al mancato riconoscimento dell'esimente dello stato di necessità di cui all' art. 54 cod.penumero , ricorrente, ad avviso della difesa, nel caso di specie in relazione al comprovato disagio abitativo della famiglia T. - L.G., in evidente situazione di difficoltà economica mancanza di un alloggio, mancanza di attività lavorativa, presenza di due minori nel nucleo familiare, di cui una in stato di gravidanza . 2.3. Con il terzo motivo i ricorrenti eccepiscono la nullità della sentenza impugnata perché i giudici di appello hanno omesso di motivare sulla sussistenza della causa di non punibilità di cui all' art. 131 - bis cod.penumero , malgrado tale causa possa essere rilevata d'ufficio anche in difetto di una specifica richiesta della parte interessata nel ricorso del T.F. si afferma che l'esimente dell' art. 131-bis cod.penumero non è stata invocata nell'atto di appello, ma tuttavia richiamata in sede di conclusioni . Considerato in diritto 1.1 ricorsi, sostanzialmente sovrapponibili, sono inammissibile perché proposti con motivi non consentiti o manifestamente infondati. Essi verranno trattati in maniera unitaria, come fosse un unico ricorso. 2. Il primo motivo di ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato. I ricorrenti deducono che la querela sporta da A. D., il quale ereditò dal padre la proprietà dell'immobile occupato abusivamente, sarebbe invalida in quanto il querelante non avrebbe mai accettato l'eredità inoltre eccepiscono che il suo diritto di accettare l'eredità sarebbe prescritto ai sensi dell' art. 480, comma 1, cod. civ. , essendo decorsi più di dieci anni dal giorno dell'apertura della successione, risalente al 1998, data di decesso del padre F. D., senza che vi fossero atti di accettazione tacita dell'eredità. Ne conseguirebbe il difetto della condizione di procedibilità, poiché A. D. non sarebbe, quindi, mai divenuto proprietario dell'immobile oggetto dell'illecito penale. La doglianza è stata oggetto anche del ricorso in appello, ed è stata rigettata dalla Corte territoriale ritenendo che gli imputati non fossero legittimati ad eccepire la prescrizione del diritto del querelante ad accettare l'eredità, in quanto soggetti non titolari di un interesse ereditario da far valere. Inoltre, la sentenza ha sostenuto che la presentazione della querela rappresentasse, in ogni caso, una manifestazione tacita di accettazione dell'eredità da parte del D. stesso. I ricorrenti, nel motivo di ricorso per cassazione, deducono che, a dispetto di quanto sostenuto dalla Corte di appello, la prescrizione del diritto di accettare l'eredità, ex art. 480 cod. civ. , opera a favore di chiunque vi abbia interesse, come affermato da una pronuncia della Cassazione civile da essi richiamata precisamente l'ordinanza Sez. 2, numero 9980 del 23/04/2018, Rv. 648159-01 . In realtà la doglianza è manifestamente infondata, anche se per ragioni diverse da quelle enunciate dalla Corte di appello. Come è noto il combinato disposto degli artt. 474 e 476 cod. civ. , consente di accettare l'eredità anche in forma tacita. Secondo la consolidata giurisprudenza della Suprema Corte L'accettazione tacita di eredità, che si ha quando il chiamato all'eredità compie un atto che presuppone la sua volontà di accettare e che non avrebbe diritto di compiere se non nella qualità di erede, può essere desunta anche dal comportamento del chiamato, che abbia posto in essere una serie di atti incompatibili con la volontà di rinunciare o siano concludenti e significativi delia volontà di accettare pertanto l'accettazione tacita dell'eredità può essere desunta dal comportamento complessivo del chiamato all'eredità che ponga in essere non solo atti di natura meramente fiscale, come la denuncia di successione di per sè sola inidonea a comprovare l'accettazione tacita, ma anche atti che siano al contempo fiscali e civili, come la voltura catastale che rileva non solo dal punto di vista tributario ma anche dal punto civile per l'accertamento, legale o semplicemente materiale, della proprietà immobiliare e dei relativi passaggi Sez.2 civ., numero 7075 del 7/0/1999, Rv.528409-01 . Risulta evidente che si tratta di un accertamento in fatto, da compiersi in sede giudiziaria nel contradditorio tra le parti interessate, di cui non vi è traccia in atti poiché trattasi di questione che esula completamente dall'ambito del presente procedimento penale nei confronti dei ricorrenti cfr. Sez. 2 civ., numero 2663 del 22/03/1999, Rv. 524414-01 . Va peraltro, sottolineato che la sola constatazione del decorso del termine decennale di cui al comma 1 dell' art. 480 c.c. , infatti, non basta a produrre l'effetto estintivo del diritto di accettare l'eredità, in quanto questo deve essere sempre accertato nel contraddittorio di tutte le parti interessate, dovendo l'atto con cui si solleva l'eccezione di prescrizione, per il suo carattere recettizio, essere partecipato al titolare del diritto stesso così Sez. 2 civ., ord. numero 39340 del 10/12/2021, Rv. 663170-01 . Da questi principi, che il Collegio intende qui ribadire, va perciò affermato che l'accettazione tacita dell'eredità ovvero la prescrizione del diritto ad accettare l'eredità non possono essere oggetto di una valutazione incidentale svolto nell'ambito di un procedimento penale, a maggior ragione nel corso di un giudizio di legittimità. In primo luogo, perché esula dal perimetro del giudizio di legittimità, in secondo luogo perché mancherebbe il necessario contradditorio con il controinteressato, nel caso di specie il querelante, chiamato a succedere al padre, originario proprietario dell'immobile occupato. 3. Il secondo motivo è, anch'esso, inammissibile perché manifestamente infondato. La Suprema Corte più volte si è pronunciata in ordine alla possibile applicabilità della scriminante dell' art. 54 cod. penumero nel caso di abusiva occupazione di immobili, affermando il seguente principio di diritto L'abusiva occupazione di un bene immobile è scriminata dallo stato di necessità conseguente al pericolo di danno grave alla persona, che ben può consistere anche nella compromissione del diritto di abitazione ovvero di altri diritti fondamentali della persona riconosciuti e garantiti dall' art. 2 Cost. , sempre che ricorrano, per tutto il tempo dell'illecita occupazione, gli altri elementi costitutivi della scriminante, quali l'assoluta necessità della condotta e l'inevitabilità del pericolo ne consegue che la stessa può essere invocata solo in relazione ad un pericolo attuale e transitorio e non per sopperire alla necessità di reperire un alloggio al fine di risolvere in via definitiva la propria esigenza abitativa. Sez.2, numero 10694 del 30/10/2019, Tortorici, Rv. 278520-01 Sez.2, numero 28067 del 26/03/2015, Rv. 264560-01 . Anche la sentenza impugnata si è richiamata ai seguenti principi, rigettando l'eccezione circa la mancata applicazione dell' art. 54 cod. penumero sull'assunto che difettino elementi concreti dai quali desumere la sussistenza degli ulteriori elementi integrativi della scriminante dello stato di necessità, quale la necessità della condotta antigiuridica, e l'inevitabilità del pericolo. Invero, siffatte necessità risultano fronteggiabili mediante ricorso ad istituti di assistenza, sussidi economici e redditi sociali di cui non vi è prova fossero stati richiesti dagli imputati, cosicché non può dirsi sussistere, nei loro confronti, l'inevitabilità del pericolo . Si tratta di una valutazione di merito svolta con argomentazioni prive di manifesta illogicità e contraddittorietà, nonché conformi ai principi di diritto espressi dalla Suprema Corte, quindi, insindacabile in questa sede. Va rilevato, altresì, che l'imputazione contestata agli odierni ricorrenti riguarda una condotta illecita protratta dal giorno 19/10/2015 in permanenza , motivo ulteriore per affermare che non si trattava di fronteggiare un pericolo transitorio. 3. Analogamente il terzo motivo è inammissibile perché manifestamente infondato. La giurisprudenza di legittimità è già intervenuta sulla questione relativa alla possibilità di dedurre, per la prima volta con il ricorso per cassazione, il vizio di motivazione della sentenza di appello che non abbia rilevato ex officio la sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto. La Suprema Corte, sul punto, afferma Con riguardo aita possibilità di denunciare il vizio di omessa motivazione in tali ipotesi, va ribadito che in tema di ricorso per cassazione, è deducibile il difetto di motivazione della sentenza d'appello che non abbia rilevato ex officio , alla stregua di quanto previsto dall' art. 129 cod. proc. penumero , la sussistenza della causa di non punibilità della particolare tenuità del fatto, a condizione che siano indicati i presupposti legittimanti la pretesa applicazione di tale causa proscioglitiva, da cui possa evincersi la decisiva rilevanza della dedotta lacuna motivazionale , Sez. 6, Sentenza numero 5922 del 19/01/2023, Camerano, Rv. 284160-01 . Tanto implica che la doglianza esposta in Cassazione deve essere adeguatamente argomentata, con la specifica indicazione delle ragioni legittimanti la pretesa applicazione della causa di non punibilità e, di conseguenza, la rilevanza decisiva della lacuna motivazionale denunciata Sez. 2, numero 30590 del 29/03/2023, Rifici, numero m. . Nello specifico, tale requisito di adeguatezza argomentativa non si rinviene nei due ricorsi esaminati, dove si fa generico richiamo all'integrazione dei requisiti della particolare tenuità del fatto in contestazione e dell'assenza di profili di abitualità dell'agito criminoso e, comunque, di pericolosità sociale degli odierni ricorrenti . Anche la memoria difensiva di T.F. del 28.11.2023, poco aggiunge sul punto, perché si limita a indicare in maniera stringata solo due aspetti della vicenda lo stato di bisogno della famiglia e le condizioni fatiscenti dell'immobile occupato. Si tratta di deduzioni del tutto generiche, che non focalizzano l'eccezione sui presupposti legittimanti la pretesa applicazione dell' art. 131-bis cod. penumero . Nulla viene detto, ad esempio, sull'esiguità del danno effettivamente cagionato alla persona offesa, soprattutto perché non emerge il dato temporale di protrazione dell'occupazione abusiva, che, in astratto, potrebbe essere ancora in atto o comunque essere avvenuta per un lungo periodo, addirittura durato anni, circostanza che appare decisiva o comunque molto rilevante per valutare la possibile applicabilità dell'esimente invocata. 4. Per le considerazioni or ora esposte, dunque, i ricorsi devono essere dichiarati inammissibili. Alla inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali, nonché, ai sensi dell' art. 616 cod. proc. penumero , valutati i profili di colpa nella determinazione delle cause di inammissibilità emergenti dai ricorsi Corte Cost. 13 giugno 2000, numero 186 , al versamento della somma, che si ritiene equa di euro tremila a favore della Cassa delle ammende. P.Q.M. Dichiara inammissibile i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.