Responsabilità dei sindaci: dovere di vigilanza esteso al controllo di tutta la gestione sociale

Il dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall’art. 2403 c.c. non è circoscritto all’operato degli amministratori ma si estende al regolare svolgimento dell’intera gestione sociale per la tutela non solo dell’interesse dei soci ma anche di quello dei creditori sociali.

La Cassazione nell'esaminare il caso di un' opposizione allo stato passivo promossa dal sindaco di una società fallita, al fine di ottenere il riconoscimento dei propri compensi professionali, affronta il tema dell'ampiezza del dovere di vigilanza dei sindaci ai sensi dell' art. 2403 c.c. Nel caso oggetto della sentenza in commento, il giudice delegato al fallimento respingeva la domanda di ammissione al passivo proposta dal sindaco della società fallita per il compenso maturato per la propria attività professionale svolta precedentemente al fallimento. Il Tribunale di Como, a seguito dell'opposizione allo stato passivo presentata dal sindaco, accoglieva l'opposizione, disponendo la corrispondente variazione dello stato passivo. Il Tribunale di primo grado ha ritenuto infondata l'eccezione con la quale il fallimento aveva eccepito la carenza di vigilanza ” da parte del sindaco , rilevando come non fosse stata proposta alcuna azione di responsabilità nei confronti dell'opponente nonché che non si possa contestare al sindaco la mancata proposizione della denuncia ai sensi dell' art. 2409 c.c. La Cassazione riforma il decreto impugnato e fornisce alcuni importanti chiarimenti in tema di responsabilità dei sindaci. Il Collegio, nel confutare le tesi del Tribunale di prime cure, richiama il proprio orientamento Cass. Sez. U. 42093/2021 , in forza del quale il curatore del fallimento , nel giudizio di verificazione conseguente alla domanda di ammissione del credito vantato dal professionista, è legittimato a sollevare l'eccezione d'inadempimento secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale vale a dire con l'onere di contestare la negligente o incompleta esecuzione della prestazione di vigilanza dovuta , restando, per contro, a carico del sindaco l'onere di dimostrare, di aver, invece, esattamente adempiuto a quanto ad esso richiesto dalla legge con riferimento al caso concreto. La Cassazione, chiarito questo aspetto, allarga poi la disamina al perimetro della responsabilità dei sindaci , affermando che questi non esauriscono l'adempimento dei propri compiti con il solo espletamento delle attività specificamente indicate dalla legge, avendo l'obbligo di adottare ogni altro atto utile e necessario ai fini dell'effettiva ed efficace vigilanza sull'amministrazione della società. Vero che l'obbligazione del professionista è un'obbligazione di mezzi e non di risultati, ma la Cassazione aggiunge che il diritto del professionista al compenso richiede una prestazione idonea a raggiungere il risultato , giustificandosi, in difetto, il rifiuto al pagamento del compenso. La Cassazione ricorda inoltre come il dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall' art. 2403 c.c. è particolarmente ampio, e non si esaurisce con il mero controllo formale sulla documentazione, essendo compito dei sindaci quello di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione . Il sindaco non risponde automaticamente per ogni atto aziendale non conforme alla legge ma, secondo la Cassazione, è necessario che lo stesso abbia esercitato l'intera gamma dei poteri attribuitagli dalla legge. L'inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall' art. 2407, comma 2, c.c. non richiede l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, essendo sufficiente che gli stessi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o che non abbiano reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità. Pertanto, a fronte di iniziative anomale da parte dell'organo amministrativo, i sindaci hanno l'obbligo di porre in essere con tempestività tutti gli atti necessari all'assolvimento dell'incarico. Neppure rileva il fatto che il collegio sindacale abbia ignorato le operazioni gestorie compiute dagli amministratori, la colpa infatti può consistere tanto in un difetto di conoscenza che in un difetto di attivazione. Non è neppure sufficiente, per escludere la responsabilità dei sindaci , il fatto di essere stati tenuti all'oscuro di alcuni fatti dannosi, qualora gli stessi abbiano mantenuto un comportamento inerte non vigilando adeguatamente sulla condotta degli amministratori. Infine, secondo la Cassazione, non rileva la circostanza sostenuta dal Tribunale per il quale l' inadempimento contestato al sindaco non ha arrecato un danno alla società l'eccezione di inadempimento, infatti, non è subordinata alla presenza dei presupposti della gravità e della dannosità dell'inadempimento dedotto Cass. n. 12719/2021 . Per tali motivi, il decreto impugnato è stato cassato per aver, il Tribunale di Como, escluso l'inadempimento dedotto dal curatore senza valutare se e in quale misura il sindaco aveva effettivamente vigilato sulle operazioni documentate dal curatore.

Presidente Ferro – Relatore Dongiacomo Fatti di causa 1.1. Il giudice delegato al fallimento della M. P. s.r.l. ha respinto la domanda di ammissione al passivo proposta da P.C. del credito al compenso dallo stesso maturato, quale sindaco della società fallita, in collocazione privilegiata, per mancanza di prova della attività, della pattuizione del compenso richiesto e comunque non risultando una utile attività di vigilanza sulla società, da tempo in crisi”. 1.2. P. C. ha proposto opposizione avverso tale decreto. 1.3. Il tribunale, con la pronuncia in epigrafe, ha accolto l'opposizione ed ha, per l'effetto, disposto la corrispondente variazione dello stato passivo del fallimento. 1.4. Il tribunale, in particolare, dopo aver affermato che l'opponente ha effettivamente ricoperto la carica di sindaco … a far tempo dalla nomina”, con l'atto di costituzione della società, sino alle dimissioni rassegnate con missiva 22-6 2011” è inconfutabile l' effettivo svolgimento nel periodo stesso della attività corrispondente a tale carica” lo statuto della società attribuisce alla assemblea la competenza a stabilire il relativo emolumento, il che la assemblea fece in data 8-7 2009, deliberando di attenersi alle tariffe dei dottori commercialisti vigenti al momento della maturazione del compenso” il ricorrente, nella elaborazione delle proprie notule”, si è attenuto a tale criterio senza che il fallimento abbia contestato la mancata corrispondenza delle stesse ai valori tariffari ha, in sostanza, ritenuto l'infondatezza dell'eccezione con la quale il fallimento ha dedotto la carenza di vigilanza” da parte dell'opponente. 1.5. Il tribunale, al riguardo, ha rilevato che non risulta sia stata sinora promossa alcuna azione di responsabilità nei confronti dell'ex sindaco, né viene allegato dalla curatela se e quando essa sarà promossa” il Fallimento, pur avendo sostenuto che la società fallita nel 2014 non aveva contratto nuovi debiti successivamente alle dimissioni del collegio sindacale, rassegnate nel 2011, ha contraddittoriamente dedotto che sino al fallimento il passivo si sarebbe incrementato a dismisura”, risultando, quindi, problematico affermare l'incidenza causale delle omissioni imputate all'opponente rispetto all'evento lesivo costituito dall'aumento della massa passiva la vigilanza del sindaco, contrariamente all'assunto del Fallimento, non si estende alla verifica della convenienza delle scelte gestionali, dovendo, piuttosto, vigilare sulla legittimità delle scelte gestorie e la correttezza dei procedimenti decisionali nel caso in esame, il collegio sindacale, come si evince dal contenuto delle verifiche svolte dai sindaci e dalle relazioni periodiche predisposte dagli stessi, ha preso effettivamente atto dell'incremento dell'indebitamento, e degli insoluti via via maturati …, invitando il consiglio di amministrazione ed il socio di maggioranza ad effettuare concreti interventi finanziari, manifestando comunque sempre la propria preoccupazione per lo equilibrio finanziario della società”. 1.6. Né, infine, ha concluso il tribunale, può contestarsi ai sindaci, quale colpevole inadempimento alle loro obbligazioni, la mancata proposizione della denuncia a norma dell' art. 2409 c.c. , trattandosi di un potere la cui titolarità in capo ai sindaci, nel contesto normativo in cui hanno operato, non risultava affatto certa, tanto più che, a fronte di tutte le operazioni finanziarie censurate dal Fallimento e non funzionali all'interesse del socio unico, e cioè il Comune di M., quest'ultimo, essendo un soggetto particolarmente qualificato, ben avrebbe potuto esercitare i poteri di vigilanza e di ispezione nei confronti degli amministratori. 1.7. Il tribunale, quindi, in accoglimento dell'opposizione, ha ammesso l'istante al passivo del fallimento. 2.1. Il Fallimento, con ricorso spedito per la notifica lunedì 6/6/2016, ha chiesto, per quattro motivi, la cassazione del decreto. 2.2. P. C. ha resistito con controricorso. 2.3. Le parti hanno depositato memorie. Ragioni della decisione 3.1. Con il primo motivo, il ricorrente, lamentando l'omesso esame circa fatti decisivi per la decisione e la violazione degli artt. 2477, 2403, 2403 bis , 2404, 2406, 2407 e 2377 c.c. , ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha respinto l'eccezione d'inadempimento sollevata dal Fallimento in ragione della mancata esperibilità da parte dei sindaci di una società a responsabilità limitata del rimedio previsto dall' art. 2409 c.c. , senza, tuttavia, considerare che, a fronte delle operazioni gestorie compiute dagli amministratori, così come documentate dal Fallimento e dall'opponente non specificamente contestate, prima facie contrarie al principio di corretta amministrazione ed ai criteri di razionalità economica che consentono la conservazione del patrimonio sociale”, come la concessione di prestiti senza garanzie ad una società controllata, l'erogazione di ingenti somme senza alcun vantaggio per la società ma solo per il Comune controllante, la conclusione di contratti e di convenzioni con il Comune gravemente sbilanciate in favore dell'ente controllante e dallo stesso costantemente inadempiute senza l'adozione di alcuna reazione a tutela della società, nonché l'appostazione in bilancio di crediti inesistenti, come quelli derivanti dal contratto di servizio con il Comune di M., i sindaci, tra cui l'opponente, senza riunirsi tra il 14/3/2011 al 10/5/2012, non hanno adottato, in violazione delle norme sopra invocate, le necessarie iniziative, come il compimento di atti di ispezione e di controllo, anche individuale, non hanno richiesto notizie agli amministratori o informato i soci in sede assembleare, non hanno valutato i presupposti per impugnare le decisioni dell'organo di gestione, né, pur a fronte degli indici dello stato di insolvenza in cui versava la società sin dal 2011, hanno provveduto a convocare i soci ovvero formulare un esposto al pubblico ministero così ritardando la dichiarazione di fallimento con un aggravio del dissesto in conseguenza della prosecuzione dell'attività sociale. 3.2. Con il secondo motivo, il ricorrente, lamentando la violazione dell' art. 1460 c.c. e dell'art. 112 c.p.c. nonché la violazione dei principi in materia di onere della prova e degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c., ha censurato il decreto impugnato nella parte in cui il tribunale ha respinto l'eccezione d'inadempimento sollevata dal Fallimento in ragione dell'incertezza circa la sussistenza di un'incidenza causale tra le omissioni imputate all'opponente e l'evento lesivo costituito dalla dilatazione della massa passiva, senza, tuttavia, considerare che il convenuto, come il curatore che sollevi l'eccezione d'inadempimento, deve limitarsi ad allegare l'inadempimento dell'attore, spettando a quest'ultimo, come l'opponente, l'onere di provare di aver adempiuto alle proprie obbligazioni. 4.1. I motivi, da esaminare congiuntamente, sono fondati, con assorbimento degli altri due, aventi ad oggetto, rispettivamente, la violazione degli artt. 2477 e 2409 c.c. e l'omessa pronuncia sul privilegio richiesto ai sensi dell' art. 2751 bis c.c. e contestato dal Fallimento. 4.2. Il tribunale, infatti, pur avendo correttamente affermato che la vigilanza dei sindaci non si estende alla verifica della convenienza delle scelte gestionali degli amministratori, dovendo, piuttosto, riguardare la legittimità delle scelte e la correttezza dei procedimenti decisionali seguiti dagli stessi, ha ritenuto l'infondatezza dell'eccezione d'inadempimento con la quale il Fallimento aveva dedotto la carenza di vigilanza” da parte del sindaco opponente in ordine ad alcune operazioni gestorie compiute dagli organi di gestione, limitandosi a rilevare, per un verso, che non era emersa la necessaria incidenza causale tra le omissioni imputate allo stesso e l'evento lesivo consistito nell'aumento indebito della massa passiva, e, per altro verso, che il collegio sindacale, come si evince dal contenuto delle verifiche svolte e dalle relazioni periodiche predisposte dagli stessi, aveva preso effettivamente atto dell'incremento dell'indebitamento e degli insoluti via via maturati, invitando il consiglio di amministrazione ed il socio di maggioranza ad effettuare concreti interventi finanziari e manifestando sempre la propria preoccupazione per l'equilibrio finanziario della società. 4.3. Il tribunale, tuttavia, ha, in tal modo, illegittimamente omesso di considerare, così cadendo nel vizio di falsa applicazione delle norme invocate dal ricorrente, come in precedenza indicate, il principio, che questa Corte ha ripetutamente affermato, secondo il quale il curatore del fallimento della società committente, nel giudizio di verificazione conseguente alla domanda di ammissione del credito vantato dal professionista come il sindaco della società poi fallita al compenso asseritamente maturato nei confronti della stessa, è legittimato a sollevare l'eccezione d'inadempimento anche nel caso in cui si fosse prescritta la corrispondente azione art. 95, comma 1°, l.fall. secondo i canoni diretti a far valere la responsabilità contrattuale vale a dire con il solo onere di contestare, in relazione alle circostanze del caso come le operazioni gestorie, asseritamente contrarie ai principi di corretta amministrazione, che ha specificamente dedotto e altrettanto doverosamente documentato in giudizio quali fatti storici che avrebbero imposto al sindaco la condotta che, in relazione al mandato ricevuto, avrebbe dovuto tenere e non ha, invece, tenuto , la negligente o incompleta esecuzione, ad opera del professionista istante, della prestazione di vigilanza dovuta, restando, per contro, a carico di quest'ultimo l'onere di dimostrare, a fronte delle circostanze dedotte e provate dal curatore, di aver, invece, esattamente adempiuto per la rispondenza della sua condotta al modello professionale e deontologico richiesto in concreto dalla situazione su cui è intervenuto con la propria opera cfr. Cass. SU n. 42093 del 2021 . 4.4. In tema di prova dell'inadempimento di un'obbligazione, infatti, il creditore che agisca per l'adempimento oltre che per la risoluzione contrattuale ovvero per il risarcimento del danno deve soltanto provare la fonte del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell'inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell'onere della prova del fatto estintivo dell'altrui pretesa, costituito dall'avvenuto adempimento Cass. SU n. 13533 del 2001 4.5. Si tratta, peraltro, di un criterio di riparto dell'onere della prova applicabile anche al caso in cui il debitore convenuto si avvalga, com'è accaduto nel caso in esame, dell'eccezione d'inadempimento di cui all' art. 1460 c.c. poiché il debitore eccipiente può limitarsi ad allegare l'altrui inadempimento o l'inesatto adempimento alle obbligazioni assunte dal creditore di cui deve dedurre e dimostrare il fatto costitutivo , spettando, per contro, a chi ha agito in giudizio l'onere di provare di aver esattamente adempiuto alle stesse Cass. SU n. 13533 del 2001 Cass. n. 3373 del 2010 Cass. n. 826 del 2015 Cass. n. 3527 del 2021 . 4.6. Pertanto, ove il preteso creditore come il sindaco della società fallita proponga opposizione allo stato passivo, dolendosi dell'esclusione di un credito al compenso maturato del quale aveva chiesto l'ammissione, il Fallimento, dinanzi alla pretesa creditoria azionata nei suoi confronti, può sollevare, per paralizzarne l'accoglimento in tutto o in parte, l'eccezione di totale o parziale inadempimento o d'inesatto adempimento da parte dello stesso ai propri obblighi contrattuali e cioè, com'è accaduto nel caso in esame, la carenza di vigilanza” da parte del sindaco opponente in ordine ad alcune operazioni compiute dagli amministratori, dal curatore eccipiente dedotte e documentate, in quanto, a suo dire, contrarie al principio di corretta amministrazione” , con, appunto, il solo onere di allegare, in relazione alle circostanze di fatto del caso che ha l'onere di provare , l'inadempimento del sindaco istante al suo dovere di vigilanza sull'attività di gestione della società art. 2403, comma 1°, c.c. spetta poi a quest'ultimo il compito di provare il fatto estintivo di tale dovere, costituito dall'avvenuto esatto adempimento, e cioè di aver adeguatamente vigilato sulla condotta degli amministratori, attivando, con la diligenza professionale dallo stesso esigibile in relazione alla situazione concreta, i poteri-doveri inerenti alla carica art. 2407, comma 1°, c.c. . 4.7. I sindaci, in effetti, non esauriscono l'adempimento dei proprio compiti con il mero e burocratico espletamento delle attività specificamente indicate dalla legge avendo, piuttosto, l'obbligo di adottare ed, anzi, di ricercare lo strumento di volta in volta più consono ed opportuno di reazione, vale a dire ogni altro atto del quale il sindaco deve fornire la dimostrazione che, in relazione alle circostanze del caso ed, in particolare, degli atti o delle omissioni degli amministratori che, in ipotesi, non siano stati rispettosi della legge, dello statuto o dei principi di corretta amministrazione fosse utile e necessario ai fini di un'effettiva ed efficace e non meramente formale vigilanza sull'amministrazione della società e le relative operazioni gestorie cfr., al riguardo, Cass. n. 18770 del 2019 , in motiv., per cui l'onere di allegazione e di prova nelle azioni di responsabilità avverso l'organo sindacale si atteggia nel senso che spetta all'attore allegare l'inerzia del sindaco e provare il fatto illecito gestorio, accanto all'esistenza di segnali d'allarme che avrebbero dovuto porre i sindaci sull'avviso assolto tale onere, l'inerzia del sindaco integra di per sé la responsabilità, restando a carico del medesimo l'onere di provare di non aver avuto nessuna possibilità di attivarsi utilmente, ponendo in essere tutta la gamma di atti, sollecitazioni, richieste, richiami, indagini, sino alle denunce alle autorità civile e penale” . 4.8. Né, d'altra parte, può rilevare il fatto il fatto che le obbligazioni inerenti all'esercizio di un'attività professionale, come quelle che gravano sui componenti del collegio sindacale, sono, di regola, obbligazioni di mezzi e non di risultato. 4.9. È senz'altro vero, infatti, che il professionista, assumendo l'incarico, s'impegna a prestare la propria opera per raggiungere il risultato desiderato come, nel caso del sindaco, la legittimità e la correttezza dell'intera gestione sociale ma non anche a conseguirlo e che l'inadempimento del professionista non può essere, pertanto, desunto dal mancato raggiungimento del risultato utile avuto di mira dalla società committente, dovendo essere, piuttosto, valutato alla stregua dei doveri inerenti allo svolgimento dell'attività professionale ed, in particolare, al dovere di diligenza professionale fissato dall' art. 1176, comma 2°, c.c. e, nel caso del sindaci, dall' art. 2407, comma 1°, c.c. . 4.10. È anche vero, tuttavia, che il diritto del professionista al compenso che nel caso dei sindaci è previsto dall' art. 2402 c.c. e dev'essere corrisposto anno per anno Cass. n. 6027 del 2021 , se non implica il raggiungimento del risultato programmato con il conferimento del relativo incarico e cioè la legittimità dell'intera gestione sociale e la sua conformità ai principi di corretta amministrazione art. 2403, comma 1°, c.c. , richiede, nondimeno, che il giudice di merito accerti, in fatto, la concreta ed effettiva idoneità funzionale delle prestazioni svolte a conseguire tale risultato, essendo, in effetti, evidente che, in difetto, pur in difetto di una responsabilità contrattuale del professionista a tal fine incaricato per la mancanza, ad esempio, di danno che ne sia conseguito , non potrebbe neppure parlarsi di atto di adempimento degli obblighi contrattualmente assunti dallo stesso cfr. Cass. n. 36071 del 2022 , in motiv. e giustifica, quindi, il rifiuto del committente, a norma dell' art. 1460 c.c. , al pagamento, in tutto o in parte, del compenso in ipotesi maturato. 4.11. L'eccezione d'inadempimento di cui all' art. 1460 c.c. può essere, di conseguenza, opposta dal cliente o dal curatore del relativo fallimento al professionista come il sindaco che abbia violato l'obbligo di diligenza professionale quando le prestazioni svolte dallo stesso, a prescindere dal mancato conseguimento del risultato perseguito, non sono state, per la negligenza con cui sono state eseguite, oggettivamente funzionali, in tutto o in parte, alla soddisfazione degli interessi del primo, così come dedotti, per volontà delle parti o come nel caso dei sindaci della legge, nel contratto di prestazione d'opera professionale tra loro intercorso ed abbiano, di conseguenza, negativamente inciso sulla effettiva realizzazione o possibilità di realizzazione degli stessi cfr. Cass. n. 13207 del 2021 . 4.12. Il dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall' art. 2403 c.c. è, in effetti, configurato dalla legge con particolare ampiezza poiché non è circoscritto all'operato degli amministratori ma si estende al regolare svolgimento dell'intera gestione sociale in funzione della tutela non solo dell'interesse dei soci ma anche di quello concorrente dei creditori sociali Cass. n. 2772 del 1999 Cass. n. 5287 del 1998 più di recente, in tema di sanzioni amministrative, Cass. n. 1601 del 2021 né, d'altra parte, riguarda solo il mero e formale controllo sulla documentazione messa a disposizione dagli amministratori, essendo conferito ai componenti del relativo collegio il potere dovere di chiedere notizie sull'andamento generale e su specifiche operazioni quando queste possono suscitare perplessità, per le modalità delle loro scelte o della loro esecuzione. 4.13. Il compito essenziale dei sindaci, infatti, è di verificare il rispetto dei principi di corretta amministrazione, che la riforma del diritto societario ha esplicitato e che già in precedenza potevano ricondursi all'obbligo di vigilare sul rispetto della legge e dell'atto costitutivo, secondo la diligenza professionale prevista dall' art. 1176, comma 2°, c.c. , e cioè di controllare in ogni tempo che gli amministratori, alla stregua delle circostanze del caso concreto, compiano la scelta gestoria nel rispetto di tutte le regole che disciplinano il corretto procedimento decisionale. 4.14. Se è pur vero, pertanto, che il sindaco non risponde automaticamente, in termini d'inadempimento ai propri doveri giuridici, per ogni fatto gestorio aziendale non conforme alla legge o allo statuto ovvero ai principi di corretta amministrazione, è, tuttavia, necessario, a fini del corretto adempimento dei propri obblighi, che abbia esercitato o, quanto meno, tentato, con la dovuta diligenza professionale, di esercitare l'intera gamma dei poteri istruttori ed impeditivi affidatigli dalla legge. 4.15. Come questa Corte ha di recente ribadito, infatti, da un lato, solo un più penetrante controllo, attuato mediante attività informative e valutative, a partire dalla richiesta di informazioni o di ispezione ai sensi dell' art. 2403-bis c.c. , può dare concreto contenuto all'obbligo di tutela degli essenziali interessi affidati al collegio sindacale, cui non è consentito di rimanere acriticamente legato e dipendente dalle scelte dell'amministratore, quando queste collidano con i doveri imposti dalla legge, avendo, piuttosto, il dovere di individuarle e di segnalarle ad amministratori e soci, non potendo assistere nell'inerzia alle altrui condotte dannose senza neppure potersi limitare alla richiesta di chiarimenti all'organo gestorio ma dovendosi spingere a pretendere dal medesimo le cd. azioni correttive necessarie. Così come, dall'altro lato, il sindaco dovrà fare ricorso agli altri strumenti previsti dall'ordinamento, come i reiterati inviti a desistere dall'attività dannosa, la convocazione dell'assemblea ai sensi dell' art. 2406 c.c. ove omessa dagli amministratori, o per la segnalazione all'assemblea delle irregolarità di gestione riscontrate, dunque anche ex artt. 2446 e 2447 c.c. , il ricorso al tribunale per la riduzione del capitale per perdite ai sensi di tali disposizioni , i solleciti alla revoca delle deliberazioni assembleari o sindacali illegittime, l'impugnazione delle deliberazioni viziate, il ricorso al tribunale per la nomina dei liquidatori ex art. 2487 c.c. , la denunzia ove proponibile al tribunale ex art. 2409 c.c. o all'autorità giudiziaria penale ed altre simili iniziative Cass. n. 18770 del 2019 , in motiv. . 4.16. La configurabilità dell'inosservanza del dovere di vigilanza imposto ai sindaci dall' art. 2407, comma 2°, c.c. non richiede, del resto, l'individuazione di specifici comportamenti che si pongano espressamente in contrasto con tale dovere, essendo, piuttosto, sufficiente che gli stessi non abbiano rilevato una macroscopica violazione o, comunque, non abbiano in alcun modo reagito di fronte ad atti di dubbia legittimità e regolarità, così da non assolvere l'incarico con diligenza, correttezza e buona fede, eventualmente anche segnalando all'assemblea le irregolarità di gestione riscontrate o denunciando i fatti al pubblico ministero per consentirgli di provvedere, ove possibile, ai sensi dell' art. 2409 c.c. cfr. Cass. n. 32397 del 2019 Cass. n. 16314 del 2017 Cass. n. 13517 del 2014 . 4.17. D'altra parte, anche la semplice minaccia di ricorrere ad un'autorità esterna può costituire deterrente, sotto il profilo psicologico, al proseguimento di attività antidoverose da parte dei delegati e senza trascurare, altresì, che la condotta impediente omessa va valutata nel contesto complessivo delle concrete circostanze in quanto l'inerzia del singolo nell'unirsi all'identico atteggiamento omissivo degli altri acquista efficacia causale dato che, all'opposto, una condotta attiva giova a rompere il silenzio” sollecitando, con il richiamo agli obblighi imposti dalla legge e ai principi di corretta amministrazione, un analogo atteggiamento degli altri Cass. n. 18770 del 2019 , in motiv. . 4.18. A fronte di iniziative anomale da parte dell'organo amministrativo, i sindaci hanno, dunque, l'obbligo di porre in essere, con debita tempestività, tutti gli atti necessari all'assolvimento dell'incarico con la dovuta diligenza, correttezza e buona fede, attivando ogni loro potere se non di intervento sulla gestione, che non compete se non in casi eccezionali di sollecitazione e denuncia, diretta, interna ed esterna, doveroso per un organo di controllo Cass. n. 18770 del 2019 , in motiv. . 4.19. Né del resto può rilevare il fatto che il collegio sindacale abbia in tutto o in parte ignorato le operazioni gestorie compiute dagli amministratori la colpa, infatti, può consistere tanto in un difetto di conoscenza, quanto in un difetto di attivazione sotto il primo profilo, il sindaco è in colpa per non aver colposamente rilevato l'altrui illecita gestione dove, però, non è affatto decisivo che nulla traspaia da formali relazioni degli amministratori, perché l'obbligo di vigilanza impone, ancor prima, la ricerca di adeguate informazioni sotto il secondo profilo, il sindaco è tenuto a conoscere i doveri specifici posti dalla legge e ad attivarsi perché l'organo amministrativo compia al meglio il proprio dovere gestorio, vigilando per impedire il verificarsi ed il protrarsi della situazione illecita l'inerzia, a fronte dell'illecito altrui, è dunque in sé colpevole e il disinteresse è già indice di colpa Cass. n. 18770 del 2019 , in motiv. Cass. n. 24170 del 2022 , la quale, in materia di sanzioni amministrative, ha osservato come il comportamento inerte dei sindaci integra la mancata adeguata vigilanza da parte degli stessi sulla condotta degli amministratori tutte le volte in cui fosse esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio, di modo che l'attivazione dei poteri sindacali, conformemente ai doveri della carica, avrebbe potuto permettere di scoprire le condotte illecite e reagire ad esse . 4.20. E neppure è sufficiente per escludere l'inadempimento dei sindaci il fatto di essere stati tenuti all'oscuro o di avere assunto la carica dopo l'effettiva realizzazione di alcuni dei fatti dannosi ove gli stessi abbiano mantenuto un comportamento inerte, non vigilando adeguatamente sulla condotta degli amministratori, sebbene fosse da essi esigibile lo sforzo diligente di verificare la situazione e porvi rimedio, di modo che l'attivazione dei poteri sindacali, conformemente ai doveri della carica, avrebbe potuto permettere di scoprire le condotte illecite e reagire ad esse, prevenendo danni ulteriori nello stesso modo in cui le dimissioni presentate, ove non fossero accompagnate anche da concreti atti volti a contrastare, porre rimedio o impedire il protrarsi degli illeciti gestori, non escludono l'inadempimento del sindaco posto che, per la pregnanza degli obblighi assunti proprio nell'ambito della vigilanza sull'operato, la diligenza richiesta al sindaco impone, piuttosto, un comportamento alternativo e le dimissioni diventano, anzi, sotto questo profilo, esemplari della condotta colposa tenuta dal sindaco, rimasto indifferente ed inerte nel rilevare una situazione di reiterata illegalità Cass. n. 18770 del 2019 . 4.21. E neppure, infine, può rilevare il fatto che, come invece affermato dal tribunale, l'inadempimento contestato al sindaco non abbia arrecato un danno alla società committente l'eccezione d'inadempimento, che può essere dedotta anche in caso di adempimento solo inesatto, si limita, infatti, a consentire alla parte che la solleva il legittimo rifiuto di adempiere in tutto o in parte in favore dell'altro contraente che a sua volta non ha adempiuto o ha adempiuto inesattamente la propria obbligazione e, dunque, salvo il limite della buona fede Cass. n. 1690 del 2006 non è subordinata alla presenza degli stessi presupposti richiesti per la risoluzione del contratto e l'azione di risarcimento dei danni conseguentemente arrecati, e cioè, rispettivamente, la gravità e la dannosità dell'inadempimento dedotto cfr. Cass. n. 12719 del 2021 . 5. Il decreto impugnato, lì dove ha escluso l'inadempimento dedotto dal curatore senza valutare se ed in quale misura il sindaco aveva effettivamente vigilato sulle operazioni dedotte e documentate dal curatore opposto e così reagito al compimento delle stesse, si è posto, pertanto, in contrasto con i principi esposti e dev'essere, quindi, cassato con rinvio, per un nuovo esame, al tribunale di Como che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio. P.Q.M. La Corte così provvede accoglie il primo e il secondo motivo di ricorso, dichiara assorbiti gli altri e, per l'effetto, cassa, in relazione ai motivi accolti, il decreto impugnato con rinvio, per un nuovo esame, al tribunale di Como che, in differente composizione, provvederà anche sulle spese del presente giudizio.