In sede di impugnazione il difensore deve sempre munirsi di specifico mandato a impugnare

Gli eventuali vizi della dichiarazione di assenza dell’imputato non incidono sull’obbligo inderogabile del ricorrente di allegare specifico mandato a impugnare nonché di dichiarare o eleggere domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio.

La Corte di Cassazione ribadisce che la dichiarazione di domicilio e la procura ad impugnare, introdotti dalla riforma Cartabia ai commi 1- ter e 1- quater dell' art. 581 c.p.p. a pena di inammissibilità dell'atto di gravame, costituiscono dei requisiti indefettibili e perfettamente compatibili con i principi costituzionali . L'effettività della protezione del diritto di difesa va circoscritta nelle garanzie poste a fondamento dell'imputato giudicato assente e condannato a nulla rilevando l'eventuale illegittimità della dichiarazione di assenza rispetto all'onere allegatorio di cui all' art. 581 c.p.p. Residuano tuttavia parecchi dubbi sulla compatibilità costituzionale della disciplina transitoria della riforma Cartabia, su cui la Corte arresta le proprie valutazioni. I fatti La Corte di Appello di Napoli ha condannato l'imputato alla pena di anni due di reclusione ed euro 600 di multa per il reato di furto aggravato, con concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena. Sebbene nel corso del giudizio di primo grado l'imputato veniva assistito dal difensore di fiducia, il decreto di citazione in appello non veniva notificato al condannato personalmente , perché irreperibile, ma al suo difensore che mai presenziava nel corso del giudizio di gravame. Nel corso dell'appello, infatti, ogni attività difensiva veniva espletata dal difensore d'ufficio ritualmente nominato, sicché all'ultimo di questi ricadeva l'onere di ricorrere per Cassazione. Sulla compatibilità costituzionale del nuovo art. 581 c.p.p. Preliminarmente il ricorrente solleva la questione di legittimità costituzionale dei commi 1- ter e 1- quater dell' art. 581 c.p.p. , introdotti dal d.lgs. n. 150/2022 c.d. riforma Cartabia , che prevedono l'obbligo in capo al difensore di munirsi di specifico mandato a impugnare rilasciato dall'imputato dichiarato assente, poiché introdurrebbero un meccanismo che contrasta con il diritto a un giusto processo art. 111 Cost. , il principio di inviolabilità del diritto di difesa art. 24 Cost. e con il principio di uguaglianza art. 3 Cost. stante la disparità di trattamento tra il condannato in presenza e l'imputato giudicato in assenza. La questione, secondo il ricorrente, investirebbe inoltre i principi europei di ragionevole durata del processo art. 6 C.E.D.U. nonché fonti di diritto internazionale pattizio sui diritti civili e politici. La disciplina transitoria alla riforma Cartabia Venivano altresì sollevate dal ricorrente la questione di legittimità costituzionale in ordine all' art. 89 d.lgs. 150/2022 nella parte in cui sancisce che il nuovo art. 581 c.p.p. trovi applicazione anche alle sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore della novella, invece di limitarne la portata applicativa ai procedimenti istaurati dopo la vigenza della riforma. Viene infatti rilevata la distorsione a carattere sistematico della nuova normativa. Da un lato, infatti, si prevedono ulteriori garanzie all'imputato dichiarato assente mediante più stringenti accertamenti sull'effettiva conoscenza del procedimento si vedano i novellati artt. 420- bis e ss c.p.p. , dall'altro l' art. 581 c.p.p. impone, già all'indomani dell'entrata in vigore del decreto, l'obbligo di allegazione di un mandato a impugnare da parte del condannato che è stato dichiarato assente per effetto della precedente e meno garantista disciplina sull'assenza dell'imputato. La legittimità costituzionale e sovranazionale della Riforma Cartabia La Corte di Cassazione, riprendendo le medesime argomentazioni logiche già sviluppate nella sentenza n. 44630 del 10/10/2023, IV Sez., Cassazione Penale, sancisce la piena legittimità costituzionale della scelta legislativa di prevedere un diverso regime di impugnazione in modo che l'impugnazione costituisca l'espressione di un consapevole interesse dell'imputato e non un automatismo difensivo. Sintomatico di tale ratio legis sarebbe la lettera dell' art. 164 c.p.p. che ad oggi non prevede più la validità dell'elezione di domicilio per ogni stato e grado del procedimento, ma che al contrario dovrà rinnovarsi in sede di impugnazione. Nessuna disparità di trattamento, nessuna correlazione fra gli istituti Secondo i Giudici di legittimità l'aver riconosciuto in capo all'imputato dichiarato assente un aumento di 15 giorni per proporre impugnazione consentirebbe al difensore di munirsi per tempo di specifico mandato a impugnare e impedire così la disparità di trattamento. Ma soprattutto, motiva la Cassazione, che la protezione del diritto alla difesa dell'imputato passa attraverso un'attenta valutazione della sua dichiarazione di assenza e sui possibili rimedi esperibili in sede di rescissione del giudicato o di restituzione nel termine per impugnare art. 175 c.p.p. . Sicché l'eventuale vizio di legittimità della stessa dichiarazione di assenza non inciderà in alcun modo in capo agli obblighi di cui all' art. 581 c.p.p. Pertanto Il diritto di difesa dell'imputato assente, nell'ipotesi in cui la celebrazione del processo sia avvenuta senza che lo stesso abbia avuto reale conoscenza della citazione in giudizio, non integra una zona franca del sistema penale, ove la nullità derivata dalla violazione della disciplina dell'assenza rimanga imprigionata per effetto della nuova disciplina della procura nelle impugnazioni . Criticità irrisolte La Corte, seppur fornisca una motivazione sulla indipendenza dei due istituti, nulla dice in ordine alla legittimità costituzionale della disciplina transitoria della riforma Cartabia . E in effetti, può facilmente accadere che nel corso del procedimento un soggetto venga dichiarato assente sulla base della disciplina precedente al D.lgs. 150/2022 , ossia in assenza di più stringenti accertamenti giudiziari sulla effettiva conoscenza del procedimento penale. In tale contesto, sarebbe ingiusto penalizzare l'imputato, dichiarato assente troppo sommariamente, onerandolo di un'allegazione che mette rischio la stessa ammissibilità degli atti di gravame. L'assenza di punti fermi ermeneutici Infine non può non rilevarsi come la risposta applicativa alla riforma Cartabia si stia già manifestando con eccessiva frammentazione. Ci si riferisce, ad esempio, a quanto recentemente sancito da Cass. Pen., Sez. VI, sent. 41309 del 11/10/2023 , secondo cui il mandato a impugnare dell'imputato dovrà necessariamente rilasciarsi in data successiva al provvedimento oggetto di eventuale gravame . Laddove, in direzione diametralmente opposta a quanto ora affermato, sempre la Suprema Corte ha sancito che il difensore, qualora abbia motivo di ritenere che non riuscirà a farsi rilasciare il mandato specifico in tempo utile, potrà suggerire all'imputato, anche prima dell'emissione della sentenza , di nominare un procuratore speciale, come previsto dall'art. 571, co. 1, che abbia il potere di proporre l'impugnazione Cass. pen., Sez. IV, n. 44630 del 7/11/2023 . E infine, le regole introdotte dall' art. 581 c.p.p. , in ragione di una tassatività legislativa mai espressamente sancita, devono applicarsi limitatamente all'impugnazione delle sentenze e non per le ordinanze , financo quelle che dichiarano l'inammissibilità di un atto di appello Cass. Pen., Sez. VI, sent. 224 del 4/1/2024 . La necessità di uno specifico mandato a impugnare potrebbe pertanto configurare una lesione del diritto di difesa dell'imputato dichiarato assente se manca una disciplina processuale precisa e coerente.

Presidente Piccialli – Relatore Calafiore Ritenuto in fatto 1. Con sentenza del 12/1/2023, la Corte di Appello di Napoli ha rigettato l'appello proposto da A. J. avverso la sentenza del Tribunale di Latina del 10/9/2021, condannando l'imputata alle spese del grado. Il Tribunale aveva condannato la A.J., per il capo a della imputazione, alla pena di anni due di reclusione ed euro 600 di multa, perché in concorso con altri per cui si era proceduto con giudizio direttissimo , al fine di trarne ingiusto profitto, si era introdotta, tramite effrazione in una abitazione, impossessandosi di diversi beni di valore che sottraeva al legittimo proprietario, riponendoli all'interno dell'autovettura Alfa Romeo 147 con la quale si dava alla fuga. Era stata concessa la sospensione condizionale della pena ed il beneficio della non menzione della condanna nel certificato del casellario giudiziale. 2. L'imputazione prevedeva anche un capo b , relativo al reato previsto e punito dall' articolo 116, comma 1, e 13 del codice della strada , dal quale l'imputata era stata assolta in quanto il fatto non è più previsto dalla legge come reato. 3. La Corte d'appello, ha dato atto che il primo giudice aveva accertato, mediante esame testimoniale, che l'imputata, unitamente ad altre tre persone, era stata fermata mentre era alla guida di una autovettura al cui interno erano stati rinvenuti diversi oggetti, proventi di un furto avvenuto poco prima, nell'abitazione della parte offesa che aveva riconosciuto gli oggetti, con effrazione di una finestra dell'appartamento. Tra le persone viste dal teste oculare vi era anche la A.J., unica donna ed in stato di gravidanza, che guidando l'auto aveva fornito un valido contributo agevolatore alla commissione del reato. 4. Avverso tale sentenza, ricorre per cassazione A.J. a mezzo del difensore d'ufficio Avvocato B. L., sulla base di due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione art. 173 disp. att. cod. proc. pen. . 5. Il ricorso pone, preliminarmente, la questione di legittimità costituzionale del D.lgs. n. 150 del 2022, art. 89 e art. 581 cod. proc. pen. , comma 1-ter e 1-quater per violazione dei principi di uguaglianza, effettività della tutela giurisdizionale, presunzione di non colpevolezza e giusto processo, di cui agli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost. e per contrasto con l'art. 14, paragrafo 5, del Patto internazionale sui diritti civili e politici adottato a New York il 16 dicembre 1966 e reso esecutivo in Italia con legge n. 881 del 1977 e con l'art. 2 del Protocollo n. 7 alla Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell'Uomo e dalle Libertà Fondamentali - adottato a Strasburgo il 22 novembre 1984 e ratificato e reso esecutivo con legge n. 98 del 1990 , là dove prevedono che il difensore debba munirsi di specifico mandato ad impugnare rilasciato dopo la pronuncia della sentenza e debba essere depositata l'elezione di domicilio per il grado di giudizio successivo, a pena di inammissibilità e là dove non prevede che tali limitazioni non si applichino alle difese d'ufficio. 6. Si espone che le disposizioni introdotte dal d.lgs. n. 150 del 2022 realizzano un complesso di formalità inderogabili, di cui una mandato ad impugnare addirittura successiva alla sentenza impugnata che compromette in modo eccessivo il diritto autonomo ad impugnare del difensore che, nella disciplina precedente, non subiva tali limitazioni proprio in funzione delle garanzie riconosciute all'imputato assente, in caso soprattutto di difesa d'ufficio. Infatti, solo nell'ipotesi di difesa fiduciaria sarebbe possibile ipotizzare la presenza di reali contatti tra imputato e difensore, tale da sorreggere la ragionevolezza delle nuove imposizioni, ciò non potrebbe dirsi di certo per il caso della difesa d'ufficio dell'imputato assente, che, per comune esperienza pratica, si connota per una totale assenza ai contatti reali con l'assistito. 7. Il meccanismo introdotto, definito di formalità imperative , si porrebbe dunque in contrasto con il principio di inviolabilità del diritto di difesa art. 24 C. come ribadito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 111 del 2022 , con il principio di uguaglianza art. 3 C. per l'evidente disparità di trattamento tra condannati in presenza, per i quali non è presente alcun necessario formalismo, e quelli condannati in assenza. Peraltro, il principio di ragionevole durata del processo non potrebbe porsi in comparazione con il diritto di difesa, come affermato dalla Corte costituzionale che ha sottolineato la stretta relazione di tali garanzie con l'effetto espansivo dell'art. 6 CEDU nella interpretazione della Corte di Strasburgo. 8. La questione di costituzionalità sarebbe rilevante in quanto nel caso di specie, la nomina in primo grado dell'avvocato di fiducia A. C. apparirebbe solo atto formale, non essendo lo stesso mai comparso nel corso del giudizio ed essendo sempre stato sostituito dai difensori d'ufficio peraltro, nonostante l'assenza di revoca al mandato, non gli era stata notificata la citazione per l'appello e ciò ulteriormente renderebbe grave il vulnus difensivo, posto che al difensore d'ufficio sarebbe oggi preclusa la possibilità, prima esistente ex art. 571, comma 3, cod. proc. pen. , di far valere il vizio nel giudizio di cassazione anche in mancanza del mandato specifico ad impugnare. 9. Sempre in via preliminare, il difensore avanza un ulteriore dubbio di costituzionalità riguardo al D.lgs. n. 150 del 2022, art. 89, terzo comma, sempre con riferimento ai medesimi parametri di cui al precedente punto, questa volta là dove prevede che la nuova disciplina si applichi alle sentenze pronunciate in data successiva a quella di entrata in vigore della legge, invece di prevedere che si applichi ai procedimenti penali instaurati dopo l'entrata in vigore della medesima legge. 10. Si ritiene che la disposizione transitoria contrasti con le disposizioni costituzionali prima indicate e con la normativa sovranazionaie in ragione del fatto che la riforma cd. Cartabia aveva previsto un complesso articolato di norme volte ad assicurare la conoscenza da parte dell'imputato del procedimento a suo carico. In particolare, l' art. 420 bis e ss. cod. proc. pen. , dall'entrata in vigore del d.lgs. n. 150 del 2022 , stabilisce la necessità che si abbia la certezza che la vocatio in iudicium sia giunta a conoscenza dell'accusato, a pena di improcedibilità, ma tale garanzia non era sempre realizzata nel regime precedente, tanto che spesso era dovuta intervenire la giurisprudenza di legittimità a porre rimedio al difetto di vocatio in iudicium. Dunque, l'applicazione della nuova disciplina del mandato all'impugnazione anche ai procedimenti nei cui confronti non trova applicazione l' art. 420 bis cod. proc. pen. e ss., realizzerebbe una evidente lesione del diritto di difesa, restando impedita al difensore - specie d'ufficio - l'impugnazione di decisioni di cui l'imputato non ha presumibilmente neanche avuto conoscenza. Anche in queste caso, alla luce delle descritte vicende processuali, la questione assumerebbe rilevanza, non essendovi alcuna certezza della effettiva conoscenza dell'esistenza del processo da parte della imputata, ed essendo il difensore d'ufficio nella impossibilità di munirsi del mandato speciale richiesto dalla nuova disciplina. 11. Con un primo motivo di ricorso, evidentemente subordinato alla auspicata rimessione alla Corte Costituzionale delle questioni o, quanto meno, alla scelta interpretativa sollecitata dal difensore nel senso ritenuto costituzionalmente corretto, si deduce la violazione, ai sensi dell'art. 606 lett. c cod. proc. pen. dell'art. 178 lett. c e 179, primo comma, cod. proc. pen. 12. In particolare, si deduce che dagli atti emerge la nomina del difensore di fiducia, avvocato A. C. del foro di Napoli, da parte dell'imputata, la quale aveva pure eletto domicilio in Napoli, nella via C., presso un campo nomadi. Tuttavia, il decreto di citazione a giudizio non risulta notificato all'imputata, posto il verbale negativo dell'ufficiale giudiziario che non ha potuto reperire in quel luogo alcun numero civico, e per questo è stato notificato al difensore di fiducia. Il difensore, come risulta dagli atti, non ha mai concretamente assunto la difesa dell'imputata e tali circostanze renderebbero assai dubbio che la stessa abbia avuto reale conoscenza dello svolgimento del processo a proprio carico. 13. Risulterebbe violato il principio della necessità dell'effettiva conoscenza del giudizio, recentemente ribadito da Sez. U -, Sentenza n. 14573 del 25/11/2021 Ud. dep. 14/04/2022 Rv. 282848 - 02, che ha messo in luce la insufficienza della ritualità della notifica per raggiungere la certezza della conoscenza da parte dell'imputata del contenuto dell'accusa e del giorno e dell'ora dell'udienza. Elementi necessari per consentire la dichiarazione di assenza dell'imputata, in difetto dei quali, come accaduto nel caso di specie, si determina la nullità assoluta sia della sentenza di primo grado che di quella d'appello, con necessità di procedere al nuovo giudizio di merito previa notifica del decreto di citazione a giudizio con modalità che assicurino la certezza della sua conoscenza. 14. Con il secondo motivo di ricorso, si deduce, ai sensi dell'art. 606 lett. c cod. proc. pen. sempre la violazione dell'art. 178 lett. c e 179, comma 1, cod. proc. pen. in ragione dell'omessa notifica del decreto di citazione a giudizio in appello dell'avvocato A. C., difensore di fiducia dell'imputata ed alla stessa A.J Si evidenzia che, nonostante l'esistenza del mandato fiduciario in favore dell'avvocato C. risultasse dal verbale della Questura di Latina e dalla stessa intestazione della sentenza di primo grado, il decreto di citazione in appello non gli era stato notificato. Peraltro, sebbene non si fosse mai presentato, il mandato non era stato revocato, né tale mandato risulta essere mai stato conferito di fiducia allo scrivente avvocato che era stato l'ultimo difensore d'ufficio nonostante l'errata indicazione nel frontespizio della sentenza d'appello . Da tali omissioni ed inesattezze deriverebbe dunque la nullità assoluta rilevabile in ogni stato e grado del giudizio d'appello. 15. Il Procuratore generale ha rassegnato requisitoria scritta chiedendo dichiararsi l'inammissibilità del ricorso. 16. L'avvocato L. ha depositato conclusioni scritte con le quali ha insistito nelle richieste. Considerato in diritto 1. Preliminare all'esame dei due motivi è la verifica della legittimazione del difensore d'ufficio Avvocato L. alla presentazione del ricorso per cassazione, in relazione al rispetto dei requisiti imposti dall' art. 581, commi 1-ter ed 1-quater cod. proc. pen. , applicabili ratione temporis, in applicazione della disciplina transitoria contenuta nell' art. 83 D.lgs. n. 150 del 2022 trattandosi dell'impugnazione di sentenza pronunciata il 12 gennaio 2023. 2. Proprio nella consapevolezza dell'inosservanza delle prescrizioni contenute negli artt. 581, commi 1-ter e 1-quater cod. proc. pen. , nella parte in cui prevedono come requisito di ammissibilità dell'impugnazione nei processi con imputato assente, l'elezione di domicilio dell'imputato comma 1 ter e il deposito di uno specifico mandato a impugnare rilasciato successivamente al provvedimento impugnando comma 1 quater , la difesa ha proposto di sollevare la questione di costituzionalità delle citate disposizioni sotto il duplice profilo sopra rappresentato. 3. Già questa Sez. 4, n. 44630 del 7 novembre 2023, Fulli, non mass., ha esaminato la questione del dubbio di compatibilità delle citate disposizioni con i medesimi parametri costituzionali e sovranazionali indicati dal ricorrente. 4. In tale decisione, la novella legislativa non mostra di generare i vizi di legittimità costituzionale sollevati dalla difesa in riferimento ai parametri costituiti dagli artt. 3, 24, 27 e 111 Cost. Si è ricordato che il D.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150 è stato adottato sulla base della delega legislativa conferita dalla L. 27 settembre 2021, n. 134 Delega al Governo per l'efficienza del processo penale nonché in materia di giustizia riparativa e disposizioni per la celere definizione dei procedimenti giudiziari e che la nuova disposizione dell' art. 581 cod. proc. pen. , comma 1 ter, così come sopra riportata, riproduce pedissequamente quanto previsto dall'art. 1, comma 13, lett. a della legge delega e, nella relazione illustrativa al D.lgs. n. 150 del 2022 si legge Il comma 1 ter dell'art. 581 cod. proc. pen., in attuazione del criterio di cui all'art. 1, comma 13, lett. a della legge delega, introduce un'ulteriore condizione di ammissibilità dell'impugnazione con l'atto d'impugnazione deve essere presentata la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione. In caso di impugnazione del difensore dell'imputato assente, per attuare la delega sono aumentati di quindici giorni i termini per impugnare previsti dall'art. 585, comma 1 . Analogo riscontro, nella relazione che ha accompagnato la legge, vi è per l'art. 581, comma 1 quater. 5. La disciplina ha inteso imporre alle impugnazioni un regime di necessaria scelta ponderata e rinnovata, e ciò integra l'esercizio di una legittima scelta discrezionale attribuita al legislatore, che non collide con alcuna delle norme costituzionali invocate. Né risulta effettivamente dimostrata una restrizione della facoltà d'impugnazione che deriverebbe dal chiedere all'imputato, assente per sua scelta al processo che lo ha riguardato di cui pure era stato posto a conoscenza, di indicare un domicilio che renda più agevole il processo di notificazione dell'atto d'impugnazione e, soprattutto, di rinnovare la propria volontà di proseguire in un ulteriore grado di giudizio, con possibili conseguenze negative per lui, quanto meno sotto il profilo della possibile condanna ad ulteriori spese. 6. Altrettanto ragionevole appare la ratio legis di operare una diversa scelta tra l'imputato presente nel processo e quello che ha deciso di non parteciparvi, se non attraverso la sua difesa tecnica. Quanto ai tempi a disposizione per poter proporre l'impugnazione, proprio al fine di garantire la compatibilità costituzionale della nuova disciplina, il legislatore ha contemplato tutele compensative rispetto alla nuova previsione, quali l'ampliamento di quindici giorni del termine per impugnane per l'imputato assente e l'estensione del rimedio della restituzione in termini per impugnare. La nuova disciplina prevede che i termini, previsti a pena di decadenza, per proporre impugnazione di cui al comma 1 15, 30 e 45 giorni a seconda dei casi sono aumentati di quindici giorni 30, 45 e 60 giorni per l'impugnazione del difensore dell'imputato giudicato in assenza. E il nuovo comma 2.1 dell' art. 175 cod. proc. pen. prevede, poi, che l'imputato giudicato in assenza sia restituito, a richiesta, nel termine per proporre impugnazione, qualora dia prova di non aver avuto effettiva conoscenza della pendenza del processo e di non aver potuto proporre impugnazione nei termini senza sua colpa. La scelta deve essere volontaria e consapevole e il giudice è tenuto ad accertarlo art. 420-bis, comma 1 e 2 . Del resto, già l'art. 571, comma 3 soppresso dalla L. 16 dicembre 1999, n. 479, art. 46, stabiliva che, contro una sentenza contumaciale, il difensore potesse proporre impugnazione solo se munito di specifico mandato, anche se tale mandato poteva essere rilasciato con la nomina o anche successivamente nelle forme per questa previste. 7. Analogamente, non si rinviene alcun contrasto con le norme costituzionali nell'aver imposto all'imputato assente la dichiarazione o elezione di domicilio ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio. La nuova disposizione dell' art. 581 cod. proc. pen. , comma 1 ter, così come l'analoga incombenza imposta dall' art. 581 cod. proc. pen. , comma 1 quater riproduttiva, dell'art. 1, comma 13, lett. a della legge delega, si coordina perfettamente con il novellato art. 157-ter cod. proc. pen. , comma 3 secondo cui 3. In caso di impugnazione proposta dall'imputato o nel suo interesse, la notificazione dell'atto di citazione a giudizio nei suoi confronti è eseguita esclusivamente presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi dell'art. 581, commi 1 ter e 1 quater e con l'art. 164 rubricato Durata del domicilio dichiarato o eletto , che stabilisce ora quanto segue La determinazione del domicilio dichiarato o eletto è valida per le notificazioni dell'avviso di fissazione dell'udienza preliminare, degli atti di citazione in giudizio ai sensi dell'art. 450, comma 2, artt. 455, 552 e 501, nonché del decreto penale, salvo quanto previsto dall'art. 156, comma 1.” Il dettato normativo, sostituendo l'inciso contenuto nell' art. 164 cod. proc. pen. , in base al quale la dichiarazione o l'elezione di domicilio era valida per ogni stato e grado del procedimento, ha dunque escluso che la dichiarazione o l'elezione di domicilio già presente in atti possa esimere l'impugnante dal deposito di una nuova dichiarazione o elezione di domicilio. 8. A tali motivazioni, che in questa sede vanno pienamente ribadite, può aggiungersi che gli eventuali vizi della dichiarazione di assenza, da inquadrarsi nel riferimento ai contenuti di cui all' art. 420 bis cod. proc. pen. , non possono concorrere a far sospettare di illegittimità costituzionale l'art. 581 comma 1-ter, secondo cui con l'atto d'impugnazione delle parti private e dei difensori è depositata a pena d'inammissibilità, la dichiarazione o elezione di domicilio, ai fini della notificazione del decreto di citazione a giudizio ed 1-quater. 10. In particolare, va ricordato che la questione di costituzionalità non può considerarsi non manifestamente infondata rispetto alla possibile violazione dei parametri evocati, anche perché, pur volendo ipotizzare che nel caso di specie non siano stati compiuti i doverosi accertamenti sull'effettiva conoscenza della citazione in giudizio ai sensi del disposto con l' art. 420 bis cod. proc. pen. , da una parte, si danno per presupposti sintomatici della lesione del diritto di difesa meri accertamenti in fatto, mai emersi in giudizio e quindi doppiamente inidonei ad evidenziare l'illegittimità costituzionale delle disposizioni sul piano astratto. Peraltro, anche a voler considerare - come si deve - solo il piano astratto della compatibilità delle disposizioni in esame con i parametri evocati, è all'interno delle garanzie poste a fondamento dell'imputato giudicato assente e condannato che va ricercata la effettività della protezione del diritto di difesa dello stesso e la idoneità delle nuove disposizioni a vulnerarle. Ed è proprio l'esistenza di tali rimedi che rende manifesta l'insussistenza della violazione dei parametri costituzionali evocati, compresi quelli riferiti ai contenuti convenzionali. Già si è messo in evidenza che il legislatore ha considerato le ipotesi fisiologiche di imputato assente, incrementando i termini per impugnare allo stesso concessi e che a favore del medesimo gioca anche l'istituto della restituzione in termini di cui all' art. 175 cod. proc. pen. 11. Il diritto di difesa dell'imputato assente, nell'ipotesi in cui la celebrazione del processo sia avvenuta senza che lo stesso abbia avuto reale conoscenza della citazione in giudizio, non integra una zona franca del sistema penale, ove la nullità derivata dalla violazione della disciplina dell'assenza rimanga imprigionata per effetto della nuova disciplina della procura nelle impugnazioni. Affinché la questione sia ammissibile occorre infatti che il contrasto con i parametri invocati appaia al giudice a quo non manifestamente infondato, per l'effetto evidentemente lesivo delle disposizioni sospettate di incostituzionalità rispetto alle garanzie costituzionali contenute nell' art. 24 Cost. , nonché all' art. 3 Cost. ed ai parametri sovranazionali per il rinvio di cui all' art. 11 Cost. , anche relativamente alla parità di trattamento dell'imputato assente rispetto alle altre parti. 12. Ciò non può dirsi nel caso di specie alla luce del diritto vivente in materia di tutele riconosciute all'imputato giudicato, seppure in modo illegittimo, in assenza. Infatti, Sez. V, ud. 08/09/2022 dep. 08-11-2022, n. 42218, J. , da una parte, ben tre interventi nomofilattici delle Sezioni Unite di questa Corte hanno delineato i confini del processo in absentia legittimo. Si è affermato che ai fini della restituzione nel termine per impugnare la sentenza contumaciale ex art. 175 cod. proc. pen. , comma 2, nella formulazione antecedente alla modifica operata con L. 28 aprile 2014, n. 67 , l'effettiva conoscenza del procedimento deve essere riferita all'accusa contenuta in un provvedimento formale di vocatio in iudicium, sicché tale non può ritenersi la conoscenza dell'accusa contenuta nell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, fermo restando che l'imputato non deve avere rinunciato a comparire ovvero a proporre impugnazione oppure non deve essersi deliberatamente sottratto a tale conoscenza Sez. U, n. 28312 del 28/02/2019, Innaro, Rv. 275716 - 01 . 13. Quanto alla dichiarazione di assenza è stato affermato il principio per cui non si può considerare presupposto idoneo alla stessa la sola elezione di domicilio presso il difensore d'ufficio, da parte dell'indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l'effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l'indagato, tale da farsi ritenere con certezza che quest'ultima abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa Sez. U, n. 23948 del 28/11/2015, dep. 17/08/2020, Ismail Darwish Mhame, Rv. 279420 - 01, principio affermato in relazione a fattispecie precedente all'introduzione dell' art. 162 cod. proc. pen. , comma 4-bis, ad opera della L. 23 giugno 2017, n. 103 . 14. Dal punto di vista dei possibili rimedi, si è legittimato il rimedio della rescissione delia sentenza passata in giudicato, affermandosi il principio per cui le nullità assolute ed insanabili derivanti, in giudizio celebrato in assenza, dall'omessa citazione dell'imputato e/o del suo difensore, non sono deducibili mediante incidente di esecuzione, ai sensi dell' art. 670 cod. proc. pen. , in ragione dell'intervenuto passaggio in giudicato della sentenza, salva restando la possibilità di far valere, attraverso la richiesta di rescissione del giudicato ai sensi dell' art. 629-bis cod. proc. pen. , l'incolpevole mancata conoscenza della celebrazione del processo che si assuma derivata dalle nullità stesse Sez. U, n. 15498 del 25/11/2020, dep. 23/04/2021, Lovric, Rv. 280931 - 01 . Le pronunce citate - anche quella che afferma il principio che occorre che l'imputato abbia contezza dell'inizio del processo a mezzo di notifica dell'atto di citazione in giudizio, direttamente o indirettamente attraverso la notifica al difensore al quale sia legato da rapporto professionale - richiedono comunque che la mancata conoscenza del processo sia incolpevole per potersi verificare la nullità. Si è pure rilevato, come osservato da Sez. 5, n. 19949 del 05/04/2021, Olguin, Rv. 281256 - 01, che il domicilio eletto inidoneo alla notifica non è in sé sintomo di volontaria sottrazione alla conoscenza degli atti. Le Sezioni Unite partendo dal dato normativo dell' art. 420-bis cod. proc. pen. , rilevano come l'unica ipotesi in cui il legislatore ha previsto che possa procedersi alla celebrazione del processo, pur se la parte ignori la vocatio in ius, è la volontaria sottrazione alla conoscenza del procedimento o di atti del procedimento, precisando che di un tale comportamento vi deve essere traccia positiva”, all'esito di un necessario accertamento in fatto, anche quanto al coefficiente psicologico della condotta, poiché la disposizione normativa non tipizza” e non consente di tipizzare alcuna condotta particolare, predeterminata, che possa ritenersi tale. 15. Pertanto, secondo le Sezioni Unite Ismail, non possono farsi rientrare automaticamente in tale ambito le situazioni comuni quali l'irreperibilità o il domicilio eletto, sebbene la manifesta mancanza di diligenza informativa ovvero la indicazione di un domicilio falso”, pur se apparentemente valido, potranno essere circostanze valutabili nei casi concreti, ma non potranno costituire dati di per sè determinanti, su di un piano solo astratto, per potere affermare la ricorrenza della volontaria sottrazione . 16. Da quanto sin qui affermato in tema di garanzie riconosciute al diritto di difesa dell'imputato assente, anche e soprattutto nella ipotesi in cui la dichiarazione di assenza sia frutto di una illegittima attività di accertamento da parte del giudice procedente, emerge con evidenza la manifesta infondatezza della questione di costituzionalità in entrambi i termini in cui è stata posta dal ricorrente. 17. In definitiva, in difetto di mandato speciale rilasciato all'avvocato B.L., unico ricorrente, il ricorso va dichiarato inammissibile, restando assorbiti i motivi proposti. 18. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non versasse in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a sue carico, a norma dell' art. 616 cod. proc. pen. , l'onere di versare la somma di 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.