Procedura fallimentare durata oltre 18 anni: risarcito anche il danno morale

La Cassazione sottolinea che davanti all'ampio superamento del limite di 7 anni decorrente per i creditori ammessi dall'approvazione dello stato passivo, la complessità del caso non avrebbe potuto giustificare la totale esclusione dell'indennizzo perché il danno non patrimoniale per l'irragionevole durata del processo, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, si intende come conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo .

Tizia, in qualità di erede di Caio interpellava la Corte di Appello per vedersi riconoscere l'equo indennizzo spettante per la durata non ragionevole della procedura concorsuale relativa al fallimento della Zeta s.r.l. La Corte di Appello confermava il rigetto dell'istanza di liquidazione dell'indennizzo per durata non ragionevole della procedura fallimentare . In sostanza, stabiliva che a Tizia erede del creditore ammesso al passivo non spettasse l'equa riparazione per la durata irragionevole” della procedura fallimentare, durata oltre 18 anni. Evidenziava la Corte di Appello che il termine di 6 anni previsto per il completamento della procedura costituiva una presunzione di ragionevolezza della durata del procedimento che poteva essere superata con la prova contraria . Lamenta Tizia, con il ricorso in Cassazione, la violazione dell' articolo 2 L.89/2001 in relazione all'articolo 6 par. 1 della CEDU , all'articolo 1 del primo protocollo addizionale, nella parte in cui la Corte di Appello ha giustificato l'irragionevole durata con la complessità della procedura fallimentare. L' articolo 2, comma 2 della L.89 del 2001 prevede infatti che nell'accertare la violazione, il giudice valuta la complessità del caso, l'oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento […]. Ancora, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis della citata legge, si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni . Ne consegue che, sostiene sempre Tizia, in tema di equa riparazione per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, la durata delle procedure fallimentari deve rispettare la soglia di sei anni . Secondo poi lo standard ricavabile dalle pronunce della Corte Edu , si può tenere conto della particolare complessità della procedura concorsuale solo per un temperamento” di detta soglia, nel senso che la complessità del caso può giustificare uno slittamento della procedura concorsuale da sei a sette anni […] La Cassazione sottolinea allora che davanti all' ampio superamento del limite di 7 anni , decorrente per i creditori ammessi dall'approvazione dello stato passivo, la complessità del caso non avrebbe potuto giustificare la radicale esclusione dell'indennizzo perché il danno non patrimoniale per l'irragionevole durata del processo, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, nel rispetto dei principi cardine che la Corte Edu ritrae dall'articolo 6 CEDU , si intende come conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo […] . Secondo la Cassazione è quindi caduta in errore la Corte di Appello che, davanti a una procedura fallimentare durata oltre 18 anni , ha negato l' an ” del diritto alla equa riparazione al creditore ammesso al passivo , non bastando ad escludere l'indennizzabilità, per una procedura concorsuale protrattasi secondo i tempi anzidetti, la constatazione della particolare complessità della procedura . Non vi è nel decreto impugnato alcun richiamo all'avvenuta soddisfazione di una consistente quota del credito ammesso, all'esito del primo riparto, avvenuto nei tempi ragionevoli, quale condizione inibitoria della spettanza del diritto all'indennizzo - come invece ha osservato il controricorrente -, che invece ha escluso la fondatezza della pretesa azionata sotto il profilo della complessità della procedura concorsuale in concreto. Accoglie il motivo di ricorso e cassa il decreto impugnato rinviando alla Corte di Appello in diversa composizione.

Presidente Manna – Relatore Giannaccari Fatti di causa Con ricorso depositato il 29.10.2021 ai sensi della L. 89/2001 , F.P., in qualità di erede di J.P.D.L. adiva la Corte d'appello di Brescia, al fine di vedersi riconoscere l'equo indennizzo spettante per la durata non ragionevole della procedura concorsuale relativa al fallimento della omissis s.r.l., dichiarato dal Tribunale di Brescia con sentenza del 18 maggio 2001 e chiuso il 15.11.2019 con il deposito del riparto finale, come stabilito dalla sentenza di omologa del concordato fallimentare. Si costituiva il Ministero della Giustizia, il quale rilevava l'infondatezza dell'opposizione e insisteva per la conferma del decreto opposto. Quindi, la Corte d'appello di Brescia, in composizione collegiale, con il decreto di cui in epigrafe, respingeva l'opposizione e, per l'effetto, confermava il decreto monocratico di rigetto dell'istanza di liquidazione dell'indennizzo per durata non ragionevole della procedura fallimentare. A sostegno della decisione, la Corte territoriale evidenziava, per quanto interessa in questa sede, che la previsione sulla durata ragionevole della procedura concorsuale di sei anni non escludeva che il superamento di tale termine integrasse di per sé gli estremi della durata irragionevole per la complessità della procedura attesa la massa di documenti da esaminare, la consistenza dell'attivo e del passivo, il numero delle insinuazioni al passivo, le controversie da definire in via stragiudiziale, i plurimi riparti ed il concordato fallimentare. Secondo la Corte d'appello, il termine di sei anni previsto per il completamento della procedura costituiva una presunzione di ragionevolezza della durata del procedimento che poteva essere superata con la prova contraria. Avverso il decreto d'appello ha proposto ricorso per cassazione F.P. affidato a tre motivi. Ha resistito con controricorso il Ministero della Giustizia. La ricorrente ha presentato memoria illustrativa. Ragioni della decisione Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell' articolo 2 L.89/2001 , in relazione all'articolo 6 par 1 della CEDU , all'articolo 1 del primo protocollo addizionale, nella parte in cui la Corte d'appello ha giustificato l'irragionevole durata con la complessità della procedura fallimentare. L' articolo 2, comma 2 della L.89 del 2001 prevede che, nell'accertare la violazione, il giudice valuta la complessità del caso, l'oggetto del procedimento, il comportamento delle parti e del giudice durante il procedimento, nonché quello di ogni altro soggetto chiamato a concorrervi o a contribuire alla sua definizione. Ancora, ai sensi dell'articolo 2, comma 2-bis della citata legge, si considera rispettato il termine ragionevole di cui al comma 1 se la procedura concorsuale si è conclusa in sei anni. Ne consegue che, in tema di equa riparazione per la violazione del termine di durata ragionevole del processo, la durata delle procedure fallimentari deve rispettare la soglia di sei anni. E secondo lo standard ricavabile dalle pronunce della Corte Edu, si può tenere conto della particolare complessità della procedura concorsuale solo ai fini di un temperamento di detta soglia. Al riguardo, secondo i richiami della Corte Edu, la durata tollerabile delle procedure concorsuali sarebbe stata di cinque anni nel caso di media complessità e, in ogni caso, per quelle notevolmente complesse - a causa del numero dei creditori, della particolare natura o situazione giuridica dei beni da liquidare partecipazioni societarie, beni indivisi, ecc. , della proliferazione di giudizi connessi o della pluralità di procedure concorsuali interdipendenti - non avrebbe potuto superare la durata complessiva di sette anni. Sicché i summenzionati indici rivelatori della precipua complessità del caso possono al più giustificare uno slittamento della procedura concorsuale da sei a sette anni, non già una durata ulteriore, addirittura protrattasi nella fattispecie sino a circa 18 anni Cass. Sez. II, 24.10.2022, numero 31274 Sez. 2, Ordinanza numero 16753 del 24/05/2022 Sez. 2, Sentenza numero 20508 del 29/09/2020 Sez. 2, Ordinanza numero 23982 del 12/10/2017 Sez. 6-1, Sentenza numero 9254 del 07/06/2012 Sez. 61, Sentenza numero 8468 del 28/05/2012 . Tale durata massima di sette anni - rispetto alla durata ragionevole ordinaria di sei anni stabilita dalla L. numero 89 del 2001, articolo 2, comma 2- bis comma 2-bis , per la procedura concorsuale - deve essere dunque osservata anche in caso di proliferazione di giudizi connessi, inerenti alla liquidazione dell'attivo, atteso che nella durata complessiva delle procedure fallimentari devono essere inclusi anche i tempi impiegati per la risoluzione di vicende processuali parallele o incidentali siano esse di natura cognitiva o esecutiva , che costituiscono fasi ed attività processuali eventuali, che comunque ineriscono all'unico processo concorsuale, dovendosi la durata ulteriore ragionevolmente attribuire a disfunzioni o inadeguatezze del sistema giudiziario Cass. Civ., Sez. II, 6.3.2023, numero 6577 Sez. 2, Ordinanza numero 6576 del 06/03/2023 Sez. 2, Ordinanza numero 16745 del 24/05/2022 Sez. 2, Ordinanza numero 13275 del 28/04/2022 Sez. 2, Ordinanza numero 13274 del 28/04/2022 Sez. 2, Ordinanza numero 13273 del 28/04/2022 Sez. 6-2, Ordinanza numero 39564 del 13/12/2021 Sez. 6-2, Ordinanza numero 976 del 17/01/2020 Sez. 2, Ordinanza numero 7 del 03/01/2019 Sez. 1, Sentenza numero 28858 del 27/12/2011 Sez. 1, Sentenza numero 18686 del 23/09/2005 . Ne discende che, a fronte dell'ampio superamento del limite di sette anni, decorrente per i creditori ammessi dall'approvazione dello stato passivo, la complessità del caso non avrebbe potuto giustificare la radicale esclusione dell'indennizzo, in deroga ai casi tassativi nei quali la L. numero 89 del 2001, articolo 2 comma 2-quinques, riconosce la non spettanza del relativo diritto Sez. 2, Ordinanza numero 16745 del 24/05/2022 Sez. 2, Ordinanza numero 12861 del 22/04/2022 Sez. 62, Ordinanza numero 34762 del 16/11/2021 Sez. 6-2, Ordinanza numero 34761 del 16/11/2021 Sez. 2, Ordinanza numero 4440 del 20/02/2020 Sez. 2, Ordinanza numero 964 del 16/01/2019 Sez. 2, Ordinanza numero 23568 del 28/09/2018 Sez. 2, Ordinanza numero 21200 del 27/08/2018 Sez. 2, Ordinanza numero 7864 del 29/03/2018 . E tanto perché, oltrepassato tale termine, il danno non patrimoniale per l'irragionevole durata del processo, inteso come danno morale soggettivo correlato a turbamenti di carattere psicologico, nel rispetto dei principi cardine che la Corte Edu ritrae dall'articolo 6 CEDU , si intende come conseguenza normale, ancorché non automatica e necessaria, della violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, a causa dei disagi e dei turbamenti di carattere psicologico che la lesione di tale diritto solitamente provoca alle parti del processo. Ne consegue che, una volta accertata e determinata l'entità della stessa durata irragionevole, il giudice avrebbe dovuto ritenere tale danno esistente, sempre che non fosse risultata la sussistenza, nel caso concreto, di circostanze particolari idonee, in termini positivi, ad escludere che tale danno fosse stato subito dal ricorrente Cass. Sez. 6-2, Ordinanza numero 7034 del 12/03/2020 Sez. 2, Sentenza numero 26497 del 17/10/2019 Sez. 1, Sentenza numero 2246 del 02/02/2007 Sez. 1, Sentenza numero 7145 del 29/03/2006 . Ha, pertanto, errato la Corte d'appello di Brescia, in presenza di una procedura fallimentare durata oltre 18 anni, a negare l'an del diritto alla equa riparazione al creditore ammesso al passivo, non bastando ad escludere l'indennizzabilità, per una procedura concorsuale protrattasi secondo i tempi anzidetti, la constatazione della particolare complessità della procedura. Non vi è nel decreto impugnato alcun richiamo all'avvenuta soddisfazione di una consistente quota del credito ammesso, all'esito del primo riparto, avvenuto nei tempi ragionevoli, quale condizione inibitoria della spettanza del diritto all'indennizzo - come invece ha osservato il controricorrente -, che invece ha escluso la fondatezza della pretesa azionata sotto il profilo della complessità della procedura concorsuale in concreto. In ultimo, nessun riferimento vi è nel decreto impugnato alla consapevolezza del creditore circa l'incapienza del patrimonio fallimentare, circostanza addotta dal Ministero senza alcun collegamento con la motivazione del provvedimento contestato. Vanno dichiarati assorbiti il secondo motivo di ricorso, con il quale si deduce l'erronea regolamentazione delle spese di lite. Il primo motivo di ricorso deve, pertanto, essere accolto il decreto impugnato va cassato con rinvio, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di Appello di Brescia in diversa composizione. P.Q.M. accoglie primo motivo, dichiara assorbiti i restanti, cassa la sentenza impugnata in ordine al motivo accolto e rinvia, anche per le spese del giudizio di legittimità innanzi alla Corte d'appello di Brescia in diversa composizione.