Stalking, il sequestro dei quattro cellulari è indispensabile per compiere le necessarie verifiche tecniche

L’esistenza del fumus commissi delicti deve essere valutato alla luce della congruità degli elementi raccolti e non nella prospettiva del giudizio di merito e tali elementi devono risultare idonei a rendere utile l’espletamento di ulteriori atti di indagine tesi a acquisire prove certe o ulteriori del fatto.

Il ricorrente propone ricorso avanti la Corte di Cassazione avverso l'ordinanza di conferma della misura cautelare del sequestro di quattro telefoni cellulari disposta nei suoi confronti dal Procuratore della Repubblica e confermata dal Tribunale di Riesame di Piacenza. Il ricorrente risultava indagato per il reato di atti persecutori ex art. 612- bis c.p. Nel ricorso presentato il ricorrente lamenta, tra l'altro, la violazione di legge circa la non plausibilità dell'ipotesi accusatoria che lo ritiene colpevole di condotte illecite nonché all'apposizione e al mantenimento di un vincolo di indisponibilità non necessario. I Giudici, nel ritenere il ricorso infondato, si soffermano sul fumus commissi delicti e sulla necessità di mantenere il vincolo di indisponibilità sui quattro cellulari sequestrati. Nel confermare la misura cautelare, il giudice del riesame aveva dato rilevanza alle dichiarazioni della persona offesa sulla gelosia manifestata dal ricorrente che dopo la fine della relazione, si era presentato sotto casa sua e, dopo averle intimato di scendere, si era introdotto nel giardino ed aveva ivi depositato alcuni oggetti non solo, ma le chiamate anonime ricevute dalla persona offesa che riteneva provenire dall'indagato, le avevano ingenerato un forte stato di ansia e preoccupazione, inducendola a intraprendere un percorso di psicoterapia, a cambiare il numero di telefono e installare un impianto di allarme domiciliare. Pertanto, il mantenimento del vicolo di indisponibilità risultava funzionale all'individuazione dell'autore dei messaggi molesi. Sul punto i Giudici richiamano la giurisprudenza già consolidatasi da tempo secondo cui in sede di riesame del sequestro probatorio il Tribunale è chiamato a verificare l'astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il fumus commissi delicti ” in relazione alla congruità degli elementi rappresentati , non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell'accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità egli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti reperibili senza la sottrazione del bene all'indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria cfr. Cass. pen., n. 25320 del 2016 , n. 15254 del 2015 , n. 24589 del 2011 . Giova inoltre ricordare che il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse in sede di sequestro preventivo o probatorio è ammissibile solo in caso di violazione di legge, intendendosi sia come error in procedendo che error in iudicando . Nel caso di specie, però, affermano i Giudici che il Tribunale del riesame ha spiegato in maniera puntuale e precisa l'esistenza del fumus commissi delicti e la necessità di mantenere il sequestro disposto dei cellulari perché dagli elementi raccolti il reato di atti persecutori risulta astrattamente ipotizzabile e i cellulari utili a effettuare accertamenti funzionali a comprendere, anche nell'interesse dell'indagato, se e in quale misura sia stato coinvolto nei messaggi inviati alla persona offesa. Infine, precisano i Giudici, come chiarito anche dal giudice del rinvio, il reato di atti persecutori può essere commesso anche indirizzando messaggi a persona diversa dalla vittima ma comunque a quest'ultima vicina. Sicché l'eventualità che l'attività di disturbo nei confronti della vittima messa in atto anche con l'ausilio di persone diverse dal ricorrente, non può escludere la sussistenza né del fumus commissi delicti , né la necessità di mantenere il vincolo di indisponibilità sui telefonini cellulari fino al compimento delle necessarie verifiche tecniche.

Presidente Rocchi – Relatore Cappuccio Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 17 marzo 2023, il Tribunale del riesame di Piacenza ha confermato, in quale giudice del rinvio, la richiesta di riesame presentata da C.S.M.A., sottoposto ad indagini preliminari per il reato di atti persecutori in pregiudizio di M.C.R., avverso il decreto con cui il locale Procuratore della Repubblica aveva disposto, nei suoi confronti, il sequestro di quattro telefoni cellulari. 2. C.S.M.A. propone, con l'assistenza dell'avv. G. B., ricorso per cassazione affidato a tre motivi - dei quali, in ossequio alla previsione dell'art. 173-bis, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., si darà atto nei limiti strettamente necessari per la motivazione - con il primo dei quali deduce violazione della legge processuale sul rilievo che il Tribunale del riesame ha fissato l'udienza camerale per la trattazione della richiesta di riesame oltre il termine, stabilito, a pena di inefficacia, dall' art. 311, comma 5-bis, cod. proc. pen. , di dieci giorni dalla ricezione degli atti. Con il secondo motivo, eccepisce violazione di legge per avere il Tribunale del riesame indebitamente disatteso la richiesta di retrodatazione della sua iscrizione nel registro degli indagati, da cui sarebbe discesa l'inutilizzabilità degli elementi sulla base dei quali è stata ritenuta la sussistenza del fumus del reato ascrittogli, acquisiti oltre il termine massimo di durata stabilito dal codice di rito. Con il terzo ed ultimo motivo, lamenta, ancora, violazione di legge in relazione all'implausibilità dell'ipotesi di accusa, che lo vede protagonista di condotte illecite che egli, come puntualmente emergente dagli atti disponibili, non ha commesso, nonché all'apposizione ed al mantenimento di un vincolo di indisponibilità a ben vedere tutt'altro che necessari. 3. Disposta la trattazione scritta ai sensi dell' art. 23, comma 8, d.l. 28 ottobre 2020, n. 137 , il Procuratore generale ha chiesto, il 6 settembre 2023, dichiararsi l'inammissibilità del ricorso, mentre il ricorrente, con atto del 15 settembre 2023, ha insistito per il suo accoglimento. Considerato in diritto 1. Il ricorso è inammissibile perché vertente su censure manifestamente infondate. 2. In ordine al primo motivo, è sufficiente rilevare che l' art. 325 cod. proc. pen. , volto a disciplinare il ricorso per cassazione avverso le ordinanze emesse dal Tribunale del riesame in materia cautelare, prevede, al comma 3, l'applicabilità delle disposizioni dell'art. 311, commi 3, 4 e 5, ma non anche di quella del successivo comma 5-bis, che sancisce, nei casi - quale quello in esame - di annullamento con rinvio, su ricorso dell'indagato, dell'ordinanza che ha confermato una misura coercitiva, il rispetto, a pena di inefficacia, del termine di dieci giorni, tra la ricezione degli atti e la definizione del giudizio di rinvio. Erra, dunque, il ricorrente nell'invocare una norma che, per espressa volontà del legislatore, è destinata ad operare esclusivamente nell'ambito delle misure cautelari personali coercitive. 3. Privo di pregio è, del pari, il secondo motivo, con il quale il ricorrente segnala che la sua iscrizione nel registro degli indagati avrebbe dovuto essere compiuta il 19 ottobre 2021, ovvero all'atto del pervenimento presso il competente ufficio di Procura della denuncia presentata, il giorno prima, da parte della persona offesa, anziché, come effettivamente accaduto, il 17 dicembre 2021, ciò che determinerebbe, a suo modo di vedere, l'inutilizzabilità degli atti compiuti dopo la scadenza del termine massimo di durata massima delle indagini preliminari. Evidenzia, al riguardo, che l' art. 335-quater cod. proc. pen. , di recente introduzione, ha ampliato i poteri attribuiti, al riguardo, al giudice. La questione è già stata esaminata dalla Corte di cassazione che, con la sentenza di annullamento con rinvio n. 2265 del 17/11/2022, dep. 2023, ha ritenuto l'infondatezza della prospettazione del ricorrente, ricordando che, per giurisprudenza consolidata gli eventuali ritardi indebiti nella iscrizione, tanto della notizia di reato che del nome della persona cui il reato è attribuito, pur se abnormi, sono privi di conseguenze agli effetti di quanto previsto dall' art. 407, comma terzo, cod. proc. pen. , fermi restando gli eventuali profili di responsabilità disciplinare o penale del magistrato del P.M. che abbia ritardato l'iscrizione Sez. U, n. 40538 del 24/09/2009, Lattanzi, Rv. 244376 - 01 conf. Sez. 6, n. 4844 del 14/11/2018, dep. 2019, Ludovisi, Rv. 275046 - 01 . A fronte dell'obiezione ulteriormente sollevata, in sede di rinvio, dall'indagato, imperniata sul disposto dell' art. 335-quater cod. proc. pen. , il Tribunale del riesame ha precisato, in termini con i quali C.S.M.A. rinunzia a confrontarsi, che l'art. 88-bis del d.l. 31 ottobre 2022, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2002, n. 199, ha stabilito, tra l'altro, che la disposizione evocata non si applica ai procedimenti, quale quello di interesse, per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto, il pubblico ministero ha già provveduto all'iscrizione nel registro degli indagati, onde del tutto infondata si rivela, anche sotto questo profilo, la proposta censura. 4. Per quanto concerne, infine, la sussistenza, nel merito, dei requisiti del fumus commissi delicti e della necessità del mantenimento del vincolo di indisponibilità sui beni sequestrati, il Tribunale del riesame si è mosso nella cornice disegnata dalla sentenza di annullamento, che aveva stigmatizzato l'originaria ordinanza ascrivendo al Tribunale di non avere chiarito in cosa sarebbero consistiti gli atti persecutori asseritamente compiuti dall'indagato ai danni della giovane sua ex-fidanzata, che viene indicata quale persona offesa del reato, atteso che - per come prospettato dalla Difesa - i messaggi incriminati risulterebbero tutti indirizzati ad una terza persona, alla quale pure sembra riconducibile la creazione di un profilo Instagram ed asserendo, quindi, che finisce per risultare sprovvista di logico supporto argomentativo l'apprensione dei telefoni e delle SIM posseduti dal ricorrente non emergendo il collegamento tra la res e il delitto . In proposito, il giudice del rinvio ha dato atto delle dichiarazioni rese dalla M.C.R. in ordine alla gelosia a più riprese manifestata dall'ex-fidanzato, odierno indagato, il quale, dopo la fine della relazione, si era presentato sotto casa sua e, dopo averle intimato di scendere, si era introdotto nel giardino ed aveva ivi depositato alcuni oggetti. Il Tribunale del riesame ha, ancora, esposto che la ricezione, da parte della ragazza, di chiamate anonime, che ella sospettava provenire da C.S.M.A., aveva contributo ad ingenerare in lei un forte stato di ansia e preoccupazione, che la aveva indotta ad intraprendere un percorso di sostegno psicologico, a cambiare il numero di telefono ed a provvedere, con l'ausilio dei genitori, all'installazione di un impianto di allarme domiciliare. Ha, pertanto, ritenuto che l'apposizione ed il mantenimento del vincolo sui telefoni cellulari in uso all'indagato sia funzionale - tanto più in ragione della sua ferma protesta di innocenza e della possibilità che una terza persona si sia maliziosamente intromessa per screditarlo agli occhi della vittima e, al contempo, acuire il disagio della giovane - all'individuazione dell'autore dei messaggi molesti. 5. In tal modo, il Tribunale del riesame ha adempiuto alle indicazioni contenute nella sentenza di annullamento senza incorrere nel vizio denunziato dal ricorrente. Sul punto, occorre, innanzitutto, ricordare che, per giurisprudenza consolidata, In sede di riesame del sequestro probatorio il Tribunale è chiamato a verificare l'astratta configurabilità del reato ipotizzato, valutando il fumus commissi delicti in relazione alla congruità degli elementi rappresentati, non già nella prospettiva di un giudizio di merito sulla concreta fondatezza dell'accusa, bensì con esclusivo riferimento alla idoneità degli elementi, su cui si fonda la notizia di reato, a rendere utile l'espletamento di ulteriori indagini per acquisire prove certe o ulteriori del fatto, non altrimenti esperibili senza la sottrazione del bene all'indagato o il trasferimento di esso nella disponibilità dell'autorità giudiziaria Sez. 2, n. 25320 del 05/05/2016, Bulgarella, Rv. 267007 - 01 Sez. 3, n. 15254 del 10/03/2015, Previtero, Rv. 263053 - 01 Sez. 5, n. 24589 del 18/04/2011, Misseri, Rv. 250397 - 01 . Sotto altro, connesso aspetto, è utile notare, sempre con il conforto di condiviso indirizzo ermeneutico, Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli errores in iudicando o in procedendo , sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice Sez. 2, n. 18951 del 14/03/2017, Napoli, Rv. 269656 - 01 Sez. 6, n. 6589 del 10/01/2013, Gabriele, Rv. 254893 - 01 Sez. 5, n. 43068 del 13/10/2009, Bosi, Rv. 245093 - 01 . Ora, nel caso di specie, il Tribunale del riesame ha svolto un ragionamento che risponde appieno ai canoni testé indicati, perché si impernia su elementi obiettivi - l'atteggiamento possessivo dell'indagato, la sua resistenza ad accettare la fine del rapporto sentimentale, l'effettuazione di chiamate anonime verso la persona offesa, la circostanza che i messaggi indirizzati a terzi contenessero informazioni riservate, delle quali solo C.S.M.A. era a conoscenza - che, vagliati nel loro complesso, rendono astrattamente configurabile il reato ipotizzato e legittimano l'esecuzione, resa possibile dall'operato sequestro, degli accertamenti funzionali a comprendere, nell'interesse anche dell'indagato, se ed in quale misura egli sia stato coinvolto nella redazione e nella trasmissione dei messaggi de quibus agitur. Il giudice del rinvio ha, d'altro canto, chiarito che il reato di atti persecutori può, in astratto, essere compiuto anche indirizzando i messaggi a persona diversa dalla vittima, ma a lei, comunque, vicina in questo senso, cfr., tra le tante, Sez. 5, n. 8919 del 16/02/2021, F., Rv. 280497 - 01 Sez. 6, n. 8050 del 12/01/2021, G., Rv. 281081 - 01 , sicché la rilevanza penale della condotta non viene meno per il fatto che le comunicazioni di tenore ingiurioso e minatorio siano state recapitate ad alcune amiche della M.C.R. e non direttamente a lei. Rebus sic stantibus, l'eventualità, in effetti tutt'altro che peregrina, che l'attività di disturbo della vittima - che si ipotizza essere sfociata nel compimento di veri e propri atti persecutori - sia stata orchestrata con l'apporto di persone diverse dall'odierno ricorrente, non si sa se con lui concertato o meno, non vale, dunque, ad escludere, allo stato, la sussistenza del fumus commissi delicti né la necessità di mantenere il vincolo sui telefonini sino all'espletamento delle opportune verifiche tecniche, secondo quanto enunciato dal Tribunale del riesame attraverso un percorso argomentativo che appare senz'altro dotato di crismi di coerenza, completezza e ragionevolezza incompatibili con la denunciata violazione di legge. 6. Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile. Alla luce della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale , rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità , alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell' art. 616 cod. proc. pen. , l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in 3.000,00 euro. P.Q.M. Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.