Possibile stop alla detenzione per il boss mafioso 80enne gravemente infermo

Messo in discussione il pronunciamento del Tribunale di sorveglianza che, nonostante le precarie condizioni di salute del detenuto, ha confermato il carcere. Per il Tribunale è sufficiente il richiamo all'alto indice di pericolosità sociale del boss. Questo elemento non basta, invece, secondo i Giudici di Cassazione, per negare il differimento dell'esecuzione della pena.

Possibile lo stop alla detenzione del boss mafioso che ha quasi 80 anni, è affetto da una insufficienza renale cronica terminale e, per giunta, a causa della frattura al femore sinistro riportata a seguito di una caduta in carcere, è costretto a muoversi con l'ausilio di un girello , che rende ancora più complicati gli spostamenti – tre volte a settimana – in ospedale per le sedute di emodialisi. Condannato e costretto in carcere, l'esponente di spicco della mafia presenta un' istanza di differimento dell'esecuzione della pena – anche in forma di detenzione domiciliare – per grave infermità. Per il Tribunale di sorveglianza, però, non ci sono i presupposti per ritenere legittima la richiesta. Nessun dubbio, viene precisato, sulla precaria condizione di salute del boss mafioso, affetto da insufficienza renale cronica terminale – e sottoposto a dialisi tre volte a settimana – ipertensione arteriosa, diverticolosi del sigma e del colon, ipertrofia prostatica . Peraltro, egli risulta in lista di attesa per trapianto renale ed è stato ricoverato di recente in ospedale per frattura del femore sinistro, ed ora deambula con girello, spostandosi tre volte alla settimana in ospedale per le sedute di dialisi . A completare il quadro, poi, anche una presunta temporanea incompatibilità con la restrizione in carcere, a causa delle barriere architettoniche presenti nell'istituto penitenziario. Ciò nonostante, il Tribunale di sorveglianza ritiene prevalente l' alto indice di pericolosità sociale del boss, pericolosità attuale anche alla luce dell'evasione realizzata nel 2018, nonché delle informazioni provenienti dagli organi dello Stato . Nel contesto della Cassazione, però, il legale del boss mafioso ritiene illegittima la decisione del Tribunale di sorveglianza. Soprattutto alla luce della precaria condizione di salute del detenuto , incompatibile , secondo il legale, con il regime carcerario . Su questo fronte viene anche aggiunto che le attuali condizioni di salute del detenuto sono state gravemente pregiudicate, da ultimo, da una caduta all'interno del carcere, caduta che ha causato la rottura del femore ed il totale allettamento del detenuto . Per completare la linea difensiva, infine, il legale sottolinea che persino il dirigente sanitario dell'istituto ha attestato la temporanea incompatibilità con la struttura carceraria delle attuali condizioni di salute del detenuto , soggetto quasi ottantenne e sottoposto a dialisi tre volte a settimana, e ha affermato che le attuali condizioni cliniche del detenuto non lo rendono compatibile con il Servizio di assistenza intensificata regionale . Non a caso, aggiunge il legale, proprio per tali condizioni fortemente pregiudicate, il detenuto era stato ristretto agli arresti domiciliari per tutta la fase del giudizio merito, cioè per quasi cinque anni . Prima di prendere in esame le osservazioni proposte dal legale del boss mafioso, i Magistrati di Cassazione ribadiscono che ai fini del differimento facoltativo dell'esecuzione della pena per infermità fisica del detenuto, il grave stato di salute va inteso come patologia implicante un serio pericolo per la vita o la probabilità di altre rilevanti conseguenze dannose, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti tali da non poter essere praticati in regime di detenzione inframuraria, neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura . E nella valutazione della gravità dell'infermità ci si deve riferire al combinato disposto dei referenti di rango costituzionale quali l'esigenza di certezza dell'esecuzione della pena e l'eguaglianza di fronte alla legge, il divieto di trattamenti disumani, il principio di legalità della pena e il diritto alla salute . I Giudici aggiungono poi che può rilevare una grave infermità fisica , tale da comportare un'intollerabile sofferenza aggiuntiva nello stato di detenzione . Difatti, ragionando in questa ottica, ai fini dell'accoglimento di un'istanza di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, non è necessaria un'incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l'infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario . Di conseguenza, non è sufficiente che l'infermità fisica menomi in maniera anche rilevante la salute del detenuto e sia suscettibile di generico miglioramento mediante il ritorno alla libertà, ma è necessario invece che l'infermità sia di tale gravità da far apparire l'espiazione della pena detentiva in contrasto con il senso di umanità cui si ispira la norma costituzionale. E ciò anche in considerazione della Convenzione europea dei diritti dell'uomo , che afferma che la protrazione dello stato detentivo deve evitare di costituire un fattore di probabile aggravamento delle patologie in atto . In sostanza, la potestà punitiva dello Stato , che l'esecuzione della pena attua con la costrizione del condannato, ha un limite costituito dalla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo, che neppure la generale inderogabilità dell'esecuzione della condanna può sopravanzare allorquando la pena, per le condizioni di grave infermità fisica del detenuto, finisca col costituire un trattamento contrario al senso di umanità, così perdendo la tendenza alla rieducazione . Di conseguenza, è necessario verificare non soltanto se le condizioni di salute del condannato possano essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto di pena o comunque in centri clinici penitenziari, ma anche se esse siano compatibili o meno con le finalità rieducative della pena, alla stregua di un trattamento rispettoso del senso di umanità, che tenga conto della durata della pena e dell'età del condannato comparativamente con la sua pericolosità sociale . Tornando alla vicenda oggetto del processo, i Magistrati pongono in evidenza le condizioni di salute del boss mafioso, che rivestono carattere di cronicità insufficienza renale cronica terminale così da rendere necessaria, alla stregua della documentazione sanitaria, una frequente terapia emodialitica, esigenza ulteriormente complicata dalla caduta del detenuto, caduta che ha comportato per lui la necessità di deambulare con ausilio di un girello e ciò ha indotto il sanitario della struttura carceraria a certificare la temporanea incompatibilità del detenuto con la detenzione in carcere , anche a causa della presenza di barriere architettoniche che rendono difficoltosa la gestione degli spostamenti trisettimanali in ospedale per le sedute di emodialisi . A fronte di tale quadro, il detenuto si trova, osservano i Giudici, in condizioni che rendono difficoltoso l'accesso alle cure necessarie per la vita , ma il Tribunale di sorveglianza ha valorizzato solo la pericolosità sociale del detenuto per confermarne la detenzione in carcere, abdicando erroneamente alla necessità di approfondirne la situazione sanitaria, situazione che allo stato sembra avere determinato una condizione di incompatibilità alla detenzione , sia pure ritenuta transitoria . Proprio per questo, è necessario che il Tribunale di sorveglianza riprenda in esame l'istanza avanzata dall'anziano boss mafioso, tenendo conto delle osservazioni proposte dai giudici di Cassazione e, soprattutto, effettuando i necessari approfondimenti sulle condizioni di salute del detenuto, eventualmente attraverso l'espletamento di una perizia.

Presidente Boni – Relatore Liuni Ritenuto in fatto 1. Con ordinanza del 19/4/2023 il Tribunale di Sorveglianza di Palermo ha respinto l'istanza di differimento dell'esecuzione della pena per grave infermità, anche in forma di detenzione domiciliare, avanzata da C.G. 1.1. L'ordinanza ha motivato il diniego in base alle risultanze della relazione medico-legale del 16 marzo 2023, che - in continuità con quanto rilevato nella precedente relazione del 16 novembre 2022 - ha illustrato che il detenuto è affetto da insufficienza renale cronica terminale in trattamento dialitico trisettimanale, ipertensione arteriosa, diverticolosi del sigma e del colon, ipertrofia prostatica. C.G. risulta in lista di attesa per trapianto renale è stato di recente ricoverato in ospedale per frattura del femore sinistro, ed ora deambula con girello, spostandosi tre volte alla settimana in ospedale per le sedute dialitiche. Era stata segnalata una temporanea incompatibilità con la restrizione inframuraria a causa delle barriere architettoniche dell'istituto. 1.2. Quanto al giudizio di comparazione tra esigenze di tutela generale e special-preventiva, il Tribunale di sorveglianza ha dato atto dell'alto indice di pericolosità sociale, attuale anche alla luce dell'evasione commessa nel 2018, nonché delle informazioni provenienti dai competenti organi dello Stato. 2. Avverso detta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore del condannato, avv. D.S., deducendo violazione di legge con riferimento all' art. 47 ter, comma 1 ter, L. n. 354 del 1975 , e connesso vizio di motivazione, per avere il Tribunale di sorveglianza rigettato l'istanza formulata nell'interesse del C.G., nonostante la presenza di gravi motivi di salute da ritenere incompatibili con il regime carcerario. 2.1. Il ricorrente rileva che l'impugnata ordinanza si è soffermata sul profilo personologico e sui titoli di reato in espiazione, mentre non ha reso alcuna valutazione sui presupposti giuridici dell'invocato differimento dell'esecuzione della pena, con motivazione apparente e con argomentazioni extra petitum, che non si ricollegano alle attuali condizioni di salute del C.G., gravemente pregiudicate da ultimo da una caduta all'inferno del carcere che ha causato la rottura del femore ed il totale allettamento del detenuto. 2.2. Si sottolinea che anche il dirigente sanitario dell'istituto Pagliarelli ha attestato la temporanea incompatibilità con la struttura carceraria delle attuali condizioni di salute del C.G., soggetto quasi ottantenne e sottoposto a dialisi tre volte a settimana. Proprio per tali condizioni fortemente pregiudicate, il ricorrente era stato ristretto agli arresti domiciliari per tutta la fase del merito, cioè per quasi cinque anni. La ritenuta compatibilità perorata dai giudici della sorveglianza confligge con l'attestazione del responsabile dell'Area sanitaria della Casa circondariale Pagliarelli, che ha invece affermato che le attuali condizioni cliniche del C.G. non lo rendono compatibile con il SAI regionale. Considerato in diritto 1. Il ricorso deve trovare accoglimento nei seguenti termini. 1.1 E' principio recepito che il giudice chiamato a decidere sul differimento dell'esecuzione della pena o, in subordine, sull'applicazione della detenzione domiciliare per motivi di salute, deve effettuare un bilanciamento tra le istanze sociali correlate alla pericolosità del detenuto e le condizioni complessive di salute di quest'ultimo con riguardo sia all'astratta idoneità dei presidi sanitari e terapeutici disponibili, sia alla concreta adeguatezza del livello di cura ed assistenza che nella situazione specifica è possibile assicurare al predetto, valutando anche le possibili ripercussioni del mantenimento del regime carcerario in termini di aggravamento del quadro clinico Sez. 1, n. 37062 del 09/04/2018 , Acampa, Rv. 273699 n. 55049 del 07/06/2017 , Levi, Rv. 271891 . Ai fini del differimento facoltativo dell'esecuzione della pena per infermità fisica, il grave stato di salute va inteso come patologia implicante un serio pericolo per la vita o la probabilità di altre rilevanti conseguenze dannose, eliminabili o procrastinabili con cure o trattamenti tali da non poter essere praticati in regime di detenzione inframuraria, neppure mediante ricovero in ospedali civili o in altri luoghi esterni di cura ai sensi dell' art. 11 della legge 26 luglio 1975 n. 354 Sez. 1, n. 37216 del 05/03/2014 , Carfora, Rv. 260780 Sez. 1, n. 27352 del 17/05/2019 , Nobile, Rv. 276413 . 1.2. Nella valutazione della gravità dell'infermità ci si deve dunque riferire al combinato disposto dei referenti di rango costituzionale ai quali la norma si richiama, cioè l'esigenza di certezza dell'esecuzione della pena e l'eguaglianza di fronte alla legge art. 3 Cost. , il divieto di trattamenti disumani art. 27 Cost. , il principio di legalità della pena art. 25 Cost. e il diritto alla salute art. 32 Cost. , in ordine ai quali si impone un'opera di bilanciamento affidata al giudice. Deve altresì rammentarsi che rileva in materia una grave infermità fisica tale da comportare un'intollerabile sofferenza aggiuntiva nello stato di detenzione infatti, questa Corte ha affermato che Ai fini dell'accoglimento di un'istanza di differimento facoltativo dell'esecuzione della pena detentiva per gravi motivi di salute, ai sensi dell' art. 147, comma primo, n. 2, cod. pen. non è necessaria un'incompatibilità assoluta tra la patologia e lo stato di detenzione, ma occorre pur sempre che l'infermità o la malattia siano tali da comportare un serio pericolo di vita, o da non poter assicurare la prestazione di adeguate cure mediche in ambito carcerario, o, ancora, da causare al detenuto sofferenze aggiuntive ed eccessive, in spregio del diritto alla salute e del senso di umanità al quale deve essere improntato il trattamento penitenziario Sez. 1, n. 27352 del 17/05/2019 , Nobile, Rv. 276413 . Al riguardo è stato anche affermato Sez. 1, n. 39595 del 29/5/2018 , Rondinone, n.m. che non è sufficiente che l'infermità fisica menomi in maniera anche rilevante la salute del soggetto e sia suscettibile di generico miglioramento mediante il ritorno alla libertà, ma è necessario invece che l'infermità sia di tale gravità da far apparire l'espiazione della pena detentiva in contrasto con il senso di umanità cui si ispira la norma costituzionale. E ciò anche in considerazione dell' art. 3 Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo , che afferma che la protrazione dello stato detentivo deve evitare di costituire un fattore di probabile aggravamento delle patologie in atto, con valutazione da operarsi in concreto sul tema, Sez. 1, n. 30945 del 5.7.2011, Vardaro, Rv. 251478 Sez. 1, in. 22373 del 85.2009, Aquino, Rv. 244132 Sez. 1, n. 16681 del 24.1.2011 , Rv. 249966 Sez. 1, n. 32405 del 23.2.2017 , Farinella, Rv. 270585, in tema di proroga del regime differenziato . 1.3. É risalente l'insegnamento per cui La potestà punitiva dello Stato, che l'esecuzione della pena attua con la costrizione del condannato, ha un limite costituito dalla tutela della salute come fondamentale diritto dell'individuo art. 32 Cost. , che neppure la generale inderogabilità dell'esecuzione della condanna può sopravanzare allorquando la pena, per le condizioni di grave infermità fisica del soggetto art. 147, comma primo n. 2, cod. pen. , finisca col costituire un trattamento contrario al senso di umanità, così perdendo la tendenza alla rieducazione. Nella motivazione del potere di rinvio di esecuzione della pena, il giudice di merito deve dare ragione delle sue scelte, bilanciando il principio costituzionale di eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge art. 3 Cost. con quelli della tutela della salute art. 32 Cost. e del senso di umanità art. 27 Cost. che deve caratterizzare l'esecuzione della pena, per modo che in sede di legittimità se ne possa valutare la correttezza e la completezza Sez. 1, n. 2819 del 15/06/1992, Piromalli, Rv. 191345 . In tale valutazione, il giudice deve verificare non soltanto se le condizioni di salute del condannato, da determinarsi ad esito di specifico e rigoroso esame, possano essere adeguatamente assicurate all'interno dell'istituto di pena o comunque in centri clinici penitenziari, ma anche se esse siano compatibili o meno con le finalità rieducative della pena, alla stregua di un trattamento rispettoso del senso di umanità, che tenga conto della durata della pena e dell'età del condannato comparativamente con la sua pericolosità sociale Sez. 1, n. 53166 del 17/10/2018 , Cinà, Rv. 274879 . 2. L'ordinanza impugnata non ha correttamente valutato gli elementi decisivi in ordine alle condizioni di salute del condannato, che rivestono carattere di cronicità insufficienza renale cronica terminale così da rendere necessaria, alla stregua della documentazione sanitaria citata nell'ordinanza, una frequente terapia emodialitica, esigenza ulteriormente complicata dalla caduta che ha comportato la necessità del detenuto di deambulare con ausilio di girello, il che ha indotto il sanitario della struttura carceraria a certificare la temporanea incompatibilità del C.G. con la detenzione inframuraria, anche a causa della presenza di barriere architettoniche che rendono difficoltosa la gestione degli spostamenti trisettimanali in ospedale per le sedute di emodialisi. In altri termini, l'impugnato provvedimento implicitamente ammette che il C.G. è allocato in condizioni che rendono difficoltoso l'accesso alle cure necessarie quoad vitam, tuttavia, valorizzando un solo polo del bilanciamento di interessi, quello della pericolosità sociale del detenuto, ha abdicato alla necessità di approfondire la situazione sanitaria del ricorrente, che allo stato sembra avere determinato una condizione di incompatibilità alla detenzione, sia pure ritenuta transeunte. 3. In conclusione, l'ordinanza impugnata deve essere annullata onde effettuare i necessari approfondimenti sulle condizioni di salute del condannato, eventualmente attraverso l'espletamento di una perizia, e all'esito operare le conseguenti rivalutazioni in tema di bilanciamento degli interessi costituzionalmente rilevanti. P.Q.M. Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Palermo.